Gli effetti negativi del Covid-19 sul linguaggio di chi scrive le leggi: la sospensione/inefficacia delle procedure esecutive sulla prima casa del debitore

02 Novembre 2020

Nel quadro dei numerosi interventi di contrasto alla pandemia da Covid-19 varati dal Governo, è stato da ultimo licenziato – com'è noto – il cd. decreto-legge Ristori (decreto-legge 28 ottobre 2020 n. 137), entrato in vigore il 29 ottobre 2020. Tra le varie norme del nuovo decreto-legge ne è stata inserita una – l'art. 4 – con cui ci si ripropone per la seconda volta di evitare, quanto meno temporaneamente, che i debitori soggetti a procedure esecutive immobiliari siano costretti a lasciare, quando sia staggita, la propria abitazione...

Nel quadro dei numerosi interventi di contrasto alla pandemia da Covid-19 varati dal Governo, è stato da ultimo licenziato – com'è noto – il cd. decreto-legge Ristori (decreto-legge 28 ottobre 2020 n. 137), entrato in vigore il 29 ottobre 2020.

Tra le varie norme del nuovo decreto-legge con cui si distribuiscono provvidenze finanziarie compensative a chi ha dovuto interrompere la propria attività a causa delle misure restrittive emanate per contenere la seconda ondata della pandemia, ne è stata inserita una – l'art. 4 – con una finalità in parte diversa, quella con cui ci si ripropone per la seconda volta di evitare, quanto meno temporaneamente, che i debitori soggetti a procedure esecutive immobiliari siano costretti a lasciare, quando sia staggita, la propria abitazione (per un primo commento cfr. F. Cesare, Riflessi e illusioni del divieto di pignoramento dell'abitazione principale sul sovraindebitamento nel Decreto Ristori, in questo portale).

Dicevo “per la seconda volta”, poiché già al medesimo fine era stato formulato l'art. 54-ter del decreto-legge 17 marzo 2020, n. 18 (poi convertito, con modificazioni, dalla legge 24 aprile 2020, n. 27), che aveva sospeso, per la durata di sei mesi a decorrere dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del medesimo decreto (verificatasi il 30 aprile 2020), “ogni procedura esecutiva per il pignoramento immobiliare, di cui all'articolo 555 del codice di procedura civile, che abbia ad oggetto l'abitazione principale del debitore”.

Sulla sciatta improprietà linguistica di tale norma già molto è stato scritto, a partire dalla dicotomica ed ambigua indicazione dell'oggetto del procedimento esecutivo, che nella rubrica è la “prima casa” e nel corpo dell'articolo diventa l'“abitazione principale” del debitore, nozioni, come ben si sa, non sempre necessariamente coincidenti; per finire con l'inestricabile nodo dell'espressione “procedura esecutiva per il pignoramento immobiliare” che tanto ha fatto arrovellare gli interpreti.

L'art. 4 del decreto-legge Ristori – come se non bastasse – aggiunge qualche perla in più di rara incompetenza grammaticale, ad esempio laddove, nella rubrica, preannuncia la “Sospensione delle procedure esecutive immobiliari nella prima casa” (e davvero credo di non aver mai sentito parlare, prima d'ora, di procedure esecutive che si sospendano “nella prima casa”….), con un evidente peggioramento dell'espressione – analoga – che si rinviene nella rubrica del citato art. 54-ter del D.L. n. 18/2020, laddove – pur tra le varie improprietà espressive della norma - almeno la preposizione articolata usata nella rubrica non era “nella” (prima casa), ma “sulla” (prima casa) (evidentemente nel frattempo è diventato difficile anche fare un semplice “copia e incolla”).

Ma non finisce qui: il nuovo art. 4 ci elargisce anche altre nuove espressioni tanto immaginifiche, quanto improprie, tipo “(procedura) inefficace” o “(procedura) effettuata”.

Sennonchè ancor più gravi appaiono le incongruenze logiche che viziano le due distinte disposizioni di cui si compone l'unico comma dell'art. 4.

La norma, da un lato, proroga per due mesi ulteriori, fino al 31 dicembre 2020, la sospensione delle procedure esecutive immobiliari riguardanti l'abitazione principale del debitore che, in forza dell'art. 54-ter D.L. 18/2020, sarebbe terminata il 30 ottobre 2020 (in tale data scadendo i previsti sei mesi del blocco decorrenti a partire dal 30 aprile 2020, giusta il computo dei termini a mesi secondo il calendario comune disposto dall'art. 155, comma 2, c.p.c. e tenendo conto che, per la S. Corte, la scadenza dei termini a mese o anno si verifica nel giorno del mese o dell'anno corrispondente a quello del mese o dell'anno iniziale, indipendentemente dal numero di giorni di cui è composto ogni singolo mese o anno, stante il principio “ex numeratione non ex computatione dierum”); dall'altro, dichiara “inefficace” ogni procedura esecutiva “per il pignoramento immobiliare” che abbia ad oggetto l'abitazione principale del debitore, “effettuata” dal 25 ottobre 2020 alla data di entrata in vigore della legge di conversione del medesimo decreto-legge.

Ebbene, quanto alla prima disposizione, credo utile rammentare che già l'art. 54-ter aveva posto agli interpreti un serio dilemma, non essendo affatto chiaro se quella norma intendesse non soltanto sospendere le procedure esecutive aventi ad oggetto l'abitazione principale del debitore già in corso alla data del 30 aprile 2020, ma anche bloccare – per implicito, in quanto non espressamente prevista - la possibilità di procedere al pignoramento immobiliare dell'abitazione principale del debitore nel medesimo periodo semestrale di sospensione (30 aprile 2020 – 30 ottobre 2020), ovvero, nel caso lo consentisse, se anche le procedure in tal modo iniziate fossero comunque soggette alla sospensione (cfr. le osservazioni svolte al riguardo da B. Sassani, B. Capponi, A. Panzarola e M. Farina, Sulla sospensione delle espropriazioni immobiliari aventi ad oggetto l'abitazione principale del debitore, in www.Judicium.it, 20 maggio 2020).

Naturalmente sono state prospettate in dottrina tutte e tre queste possibili soluzioni interpretative, ma ora l'art. 4 del decreto-legge Ristori sembra retrospettivamente avallare – almeno di primo acchito - solo la soluzione più restrittiva, ossia quella che attribuiva al legislatore la sola intenzione di sospendere le procedure pendenti, senza impedire i successivi pignoramenti (né, probabilmente, estendere la sospensione alle susseguenti procedure esecutive ad essi relative).

Infatti, il suddetto art. 4 solo ora, per la prima volta, fulmina con l'inefficacia “ogni procedura esecutiva per il pignoramento immobiliare, di cui all'articolo 555 del codice di procedura civile, che abbia ad oggetto l'abitazione principale del debitore, effettuata dal 25 ottobre 2020 alla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto”, sì che, a parte il rinnovato inestricabile riferimento fatto ad “ogni procedura esecutiva per il pignoramento immobiliare”, che già si rinveniva nell'art. 54-ter, sembra di poterne desumere che, anteriormente, un'inefficacia analoga a quella ora contemplata dall'art. 4 non potesse essersi determinata in forza dell'art. 54-ter, visto che, da un lato, esso non ne faceva alcuna menzione e che, dall'altro, solo ora si è sentita la necessità di prevederla (per la prima volta) espressamente.

Se così è, almeno per il periodo andante fino al 29 ottobre 2020 – data di entrata in vigore del decreto-legge Ristori – avrebbero dovuto e dovrebbero considerarsi efficaci i pignoramenti eventualmente eseguiti dopo il 30 aprile.

Uso comunque il condizionale, perché, dinanzi a norme siffatte, il tasso di aleatorietà di qualunque proposta interpretativa, per quanto basata sui canoni ermeneutici più accreditati e condivisi, è altissimo.

Come che sia, la seconda disposizione dell'art. 4 colpisce ora con la sanzione dell'inefficacia i pignoramenti “effettuati” a partire dal 25 ottobre 2020, il che vuol dire che il decreto-legge è tra l'altro, in parte de qua, retroattivo.

Esso, infatti, lo ripeto, è entrato in vigore il 29 ottobre, e quindi, relativamente alle procedure esecutive iniziate il 25, il 26, il 27 e il 28 ottobre, l'inefficacia che le colpisce ha inesorabilmente carattere retroattivo, almeno se si parte dal presupposto che tale inefficacia non operasse – come pare - già prima, in forza del citato art. 54-ter.

E qui emerge subito la prima incongrua stranezza: che per quel breve lasso di tempo di 4 giorni si produca questa singolare forma di retroattività. Davvero non si comprende perché, non essendo nemmeno chiaro da dove spunti per la prima volta la data del 25 ottobre.

L'unica spiegazione che mi sovviene, per quanto francamente poco plausibile, è che il redattore della norma abbia sbagliato sia nel sopravvalutare gli effetti che poteva produrre l'art. 54-ter del D.L. 18/2020, sia nell'effettuare i calcoli relativi al termine finale del semestre di durata della sospensione disposta da tale norma.

In altre parole, è ipotizzabile che il redattore della norma abbia, da un lato, attribuito all'art. 54-ter la capacità, implicita, di determinare l' “inefficacia/sospensione” anche dei pignoramenti posti in essere dopo il 30 aprile; e forse, dall'altro, che abbia pensato che la data terminale del semestre di sospensione fosse quella del 24 ottobre (probabilmente assumendo come dies a quo la data di promulgazione della legge n. 27/2020 di conversione del D.L. 18/2020 – il 24 aprile 2020 - , e non, come avrebbe dovuto, quella della sua entrata in vigore, ossia il 30 aprile 2020), di talchè, entrando in vigore il decreto-legge Ristori il 29 ottobre, abbia ritenuto che l'art. 54-ter avesse sì già determinato l'inefficacia dei pignoramenti, ma solo di quelli posti in essere fino al 24 ottobre, e che quindi occorresse “coprire” con la medesima sanzione dell'inefficacia i 4 giorni rimasti scoperti (appunto il 25, 26, 27 e 28 ottobre).

Se così fosse, ne seguirebbe non solo un fondato e grave dubbio di costituzionalità, a causa dell'ingiustificabile disparità di trattamento riservata solo ad alcune delle procedure esecutive già pendenti (non avrebbe senso, infatti, che solo alcune procedure pendenti alla data di entrata in vigore del decreto-legge fossero state trattate diversamente da tutte le altre, ossia come inefficaci, anziché sospese, senza alcuna particolare ragione giustificativa); ma anche un ennesimo caso di classica eterogenesi dei fini, poiché, dovendo in realtà fissarsi al 30 ottobre 2020 la fine della sospensione prima disposta dall'art. 54-ter, ne conseguirebbe, per un verso, in senso opposto alle intenzioni del conditor juris, che comunque nessun senso potrebbe avere la retroattività dell'inefficacia limitata ai pignoramenti eventualmente eseguiti nei suddetti fatidici 4 giorni (visto appunto che la sospensione sarebbe durata comunque fino al 30 ottobre), e, per l'altro, che di conserva non possa che attribuirsi efficacia novativa alla sanzione di inefficacia dei pignoramenti che solo ora è stata per la prima volta espressamente prevista, ma solo per quelli, appunto, riferibili ai suddetti 4 giorni (e a quelli eseguiti successivamente fino alla futura data di conversione del decreto-legge Ristori).

D'altra parte, se già l'art. 54-ter avesse determinato l'inefficacia/sospensione dei pignoramenti eseguiti tra il 30 aprile e il 30 ottobre, l'inefficacia - relativamente ai suddetti 4 giorni (ed anzi andrebbero contati in tal caso anche il 29, il 30 e il 31 ottobre) - andrebbe comunque a sovrapporsi incongruamente e senza alcuna ragione a tale già vigente inefficacia/sospensione.

In conclusione, al di là del bislacco tenore letterale della norma, secondo quella che mi sembra la lettura meno incongrua:

i) tutte le procedure esecutive (aventi ad oggetto l'abitazione principale del debitore) iniziate prima della data di entrata in vigore della legge n. 27/2020 (30 aprile 2020) e sospese per 6 mesi a partire da quel momento (con scadenza della sospensione quindi al 30 ottobre 2020) sarebbero da considerare parimenti pendenti anche alla data di entrata in vigore del decreto-legge Ristori n. 137/2020 e soggette al regime di proroga della sospensione fino al 31 dicembre 2020;

ii) tutte le procedure esecutive (aventi ad oggetto l'abitazione principale del debitore) iniziate con pignoramento eseguito dopo la data di entrata in vigore della legge n. 27/2020 (30 aprile 2020) e prima del 25 ottobre 2020, dovrebbero a loro volta considerarsi pendenti alla data di entrata in vigore del Decreto Ristori, ma non sarebbero né inefficaci, né soggette alla sospensione andante fino al 31 dicembre 2020;

iii) tutti i pignoramenti eseguiti dal 25 ottobre fino alla futura data di entrata in vigore della legge di conversione del decreto-legge Ristori sarebbero inefficaci.

C'è però anche un'ultima ciliegina, che riguarda le diverse date finali previste dall'art. 4 per la durata della sospensione, da un lato, e per il prodursi dell'inefficacia, dall'altro.

La prima data è il 31 dicembre 2020; la seconda è la data di entrata in vigore della legge di conversione del decreto-legge Ristori.

Se la legge di conversione entrasse in vigore entro il termine massimo di 60 gg. dalla data della pubblicazione del decreto-legge in Gazzetta Ufficiale (29 ottobre), termine massimo previsto dall'art. 77, comma 3, Cost. affinché il decreto-legge possa efficacemente convertirsi in legge, la data sarebbe nel caso di specie quella del 28 dicembre 2020.

Resta allora da spiegare non solo il perché di questa incomprensibile diversità di estensione temporale della sospensione (31 dicembre), da un lato, e dell'inefficacia (non si quando, ma non oltre il 28 dicembre), dall'altro; ma anche quale sorte avranno le procedure che, per ipotesi, iniziassero tra il 28 dicembre (o la data anteriore in cui intervenisse ed entrasse in vigore eventualmente la legge di conversione) e il 31 dicembre 2020.

Esse, infatti, da un lato, non potrebbero più considerarsi soggette ad inefficacia, stante la sopravvenuta entrata in vigore della legge di conversione, ma, dall'altro, neppure potrebbero considerarsi soggette a sospensione, visto che quest'ultima può riguardare solo le procedure già pendenti alla data di entrata in vigore del decreto-legge, e tali non potrebbero evidentemente considerarsi le procedure iniziate addirittura dopo che il decreto-legge sia stato convertito.

È dunque vivamente auspicabile che, almeno, in sede di conversione in legge, venga posto rimedio a queste e alle altre sopra segnalate incongruenze del decreto-legge.

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