Il contratto di assicurazione della responsabilità civile e l'esclusione della copertura della solidarietà

04 Novembre 2020

La Cassazione, con sentenza n. 20322/2012 (ma v. anche Cass. n. 8686/12), ha affermato il principio per cui, nel caso in cui l'assicurato sia responsabile in solido con altro soggetto, l'obbligo indennitario dell'assicuratore non è riferibile alla sola quota di responsabilità dell'assicurato, ma concerne l'intera obbligazione nei confronti del terzo danneggiato, ferma restando la surroga dell'assicuratore, ex art. 1203, n. 3, c.c., nel diritto di regresso dell'assicurato nei confronti del corresponsabile. Il principio trova applicazione nei casi in cui sia necessario chiarire il contenuto della polizza, ma quid iuris se sia prevista espressamente una clausola di limitazione dell'indennizzo alla sola quota di responsabilità dell'assicurato? L'Autore affronta la questione analizzando la natura di tale clausola - se limitativa della responsabilità dell'assicuratore o specificativa dell'oggetto del contratto - e la compatibilità della stessa con la normativa vigente e con la causa concreta del contratto.
Il quadro normativo e giurisprudenziale

Nell'assicurazione della responsabilità civile l'assicuratore è obbligato a tenere indenne l'assicurato di quanto questi deve pagare a un terzo, in dipendenza della responsabilità dedotta nel contratto (art. 1917, comma 1 c.c.).

La citata sentenza n. 20322/12 della Cassazione ha affrontato approfonditamente la questione riguardante l'estensione dell'obbligo indennitario dell'assicuratore nei casi di responsabilità solidale che si verifica, ai sensi dell'art. 2055, comma 1, c.c., quando il fatto dannoso è imputabile a più persone.

La Corte ha ravvisato nella mancata estensione dell'indennizzo la violazione dell'art. 1917 c.c., poiché l'assicurato rimane privo di tutela rispetto alla quota di responsabilità posta a carico del condebitore solidale, nel caso in cui quest'ultimo sia insolvibile. Ha rilevato inoltre che l'istituto della surrogazione dell'assicuratore, di cui all'art. 1916 c.c., consente comunque alla società assicuratrice di rivalersi sul corresponsabile, esercitando il diritto di regresso dell'assicurato.

Al fine di salvaguardare la funzione del contratto di assicurazione, la prestazione di garanzia dell'assicuratore dedotta nel contratto non può non essere conformata dall'obbligazione stessa dell'assicurato, anche nel caso di responsabilità solidale. In altri termini la copertura assicurativa non può che riferirsi alla obbligazione assicurata, venendo meno, altrimenti, la stessa causa del contratto di assicurazione.

L'ipotesi normale di rischio dedotto in contratto è quindi l'esclusiva responsabilità dell'assicurato verso i terzi danneggiati e, semmai, “l'ipotesi della corresponsabilità dell'assicurato può giocare preventivamente nella direzione della riduzione del rischio”.

Da quest'ultimo inciso della sentenza citata emerge tuttavia una astratta apertura dei giudici di legittimità verso la eventuale pattuizione della esclusione della copertura assicurativa della responsabilità solidale.

Spesso nei contratti di assicurazione della responsabilità civile è presente una clausola del seguente tenore: “Nel caso di responsabilità solidale, l'assicurazione vale esclusivamente per la sola quota di danno direttamente e personalmente imputabile all'assicurato, con esclusione quindi di quella parte di responsabilità che gli possa derivare dal vincolo di solidarietà con altre persone.”.

Sulla validità di tali clausole le pronunce giurisprudenziali sono rare.

Nella sentenza n.25780/19 la Cassazione, in presenza di una clausola di esclusione della solidarietà, ha dichiarato non operativa la polizza, ma la questione in diritto non è affrontata né risulta sollevata dalle parti.

In alcune pronunce di merito invece le clausole vengono espressamente ritenute valide, in quanto limitative del rischio garantito e non della responsabilità (v. sentenze App.Milano, n. 697/19, App. Bologna n. 495/19), venendo in rilievo, altrimenti, anche il rischio dei terzi condebitori solidali, magari non conosciuti al momento della sottoscrizione del contratto, impegno correlato all'entità del premio pattuito (sentenze Trib. Busto Arsizio n. 1201/19, App. Torino, n. 1301/18).

La clausola di esclusione della copertura della solidarietà nelle previsioni di legge

L'esclusione della copertura della responsabilità solidale è espressamente vietata in alcune ipotesi di assicurazione obbligatoria della responsabilità civile.

Per i liberi professionisti l'obbligo di assicurazione, già previsto in generale all'art. 3 del D.L. n. 138/11, e riaffermato nell'art. 5 del D.P.R. n. 13/12, è entrato in vigore nell'agosto 2013, a eccezione di alcune speciali categorie.

Per gli avvocati, ai sensi dell'art. 5, comma 2 dellaL. n. 247/12, l'obbligo assicurativo è divenuto effettivo a seguito dell'adozione del decreto ministeriale del 22.9.2016.

Per i medici invece l'effettiva entrata in vigore dell'obbligo assicurativo è condizionato all'adozione del decreto ministeriale di cui all'art. 10, comma 6, L. n. 24/17 (c.d. legge Gelli).

Sia nel D.M. 22.9.2016, art. 1 comma 10, sia nell'art. 3, comma 6, della bozza del decreto attuativo della legge Gelli, in caso di responsabilità solidale del professionista l'assicurazione deve prevedere la copertura della responsabilità per l'intero. Sono quindi contrarie alla legge le clausole che limitano l'assicurazione alla quota di responsabilità dell'assicurato.

LIMITAZIONE DELLA RESPONSABILITA' E DELIMITAZIONE DEL RISCHIO

Nei casi in cui manchi un espresso divieto di legge, per valutare validità ed efficacia della clausola, può essere utile esaminarne la natura.

La giurisprudenza in più occasioni, in relazione a clausole che incidono sul contenuto della garanzia, ha verificato se le stesse fossero limitative della responsabilità per inadempimento o specificative dell'oggetto del contratto, nonché le conseguenze di tale inquadramento.

Teoricamente la distinzione è netta: le clausole attengono alla responsabilità dell'assicuratore quando riguardano le conseguenze della sua soggezione agli obblighi contrattuali; se invece investono il contenuto dell'obbligazione assunta dall'assicuratore, delimitando l'an e il quantum dell'indennizzo da corrispondere al verificarsi dell'evento di danno, l'obbligazione dell'assicuratore non viene limitata, ma riflette la fisionomia originaria del rischio assicurato.

Secondo la Cassazione, nel contratto di assicurazione sono da considerare clausole limitative della responsabilità, anche agli effetti dell'art. 1341 c.c., quelle che limitano le conseguenze della colpa o dell'inadempimento o che escludono il rischio garantito, mentre attengono all'oggetto del contratto le clausole che riguardano il contenuto ed i limiti della garanzia assicurativa e, pertanto, specificano il rischio garantito (Cass. n. 8235/10 e numerose altre).

Così, ad eccezione delle ipotesi in cui sia imposto ex lege all'assicuratore di stipulare una polizza predeterminata ed inderogabile quanto al suo ambito oggettivo, non è precluso alle parti definire in via negoziale la esatta delimitazione oggettiva del rischio, con l'unico limite soltanto della totale ineliminabilità dello stesso (Cass. n. 1598/19).

L'art. 166, comma 2, D. Lgs. n. 209/05 (Codice delle Assicurazioni Private) si limita a disporre che "le clausole che indicano decadenze, nullità o limitazione delle garanzie ovvero oneri a carico del contraente o dell'assicurato sono riportate mediante caratteri di particolare evidenza", fatta salva l'applicazione delle disposizioni del codice civile richiamate dal precedente art. 165, anche agli effetti dell'eventuale applicazione degli artt. 1229 e 1341 c.c..

Nella fattispecie considerata dalla sentenza n. 8235/2010 si è ritenuto che la clausola era finalizzata non ad una consentita "specificazione" del rischio contrattuale, bensì ad una non corretta esclusione in toto di quest'ultimo, con modalità tali, quindi, da incidere in concreto negativamente sulla sussistenza della causa del contratto di assicurazione, destinato proprio a garantire i rischi collegati all'attività imprenditoriale in questione. In realtà quindi, a partire da tale pronuncia, la Cassazione si è spinta oltre la classica distinzione tra clausole determinative dell'oggetto e clausole limitative della responsabilità, per approdare a una valutazione della meritevolezza della clausola mediante il richiamo alla causa del contratto.

Pertanto, se le prestazioni dovute dal debitore sono coerenti con la causa, la clausola apposta sarà limitativa dell'oggetto del contratto, con la conseguente inapplicabilità dell'art. 1229 c.c. Nell'ipotesi contraria il patto, pur se apparentemente delimiti la prestazione, sarà finalizzato a modificare la responsabilità e dunque soggetto, inderogabilmente, ai limiti di cui all'art. 1229 c.c.

La conseguenza pratica della distinzione è che le clausole limitative della responsabilità, oltre a essere soggette ai limiti di cui all'art. 1229 c.c., saranno vincolate all'obbligo di forma previsto dall'art. 1341, comma 2, c.c..

Qualora l'assicurato rivesta la qualifica di consumatore, la clausola potrebbe ritenersi vessatoria e quindi nulla ai sensi dell'art. 36 comma 2 lett. b) del D.Lgs. n. 206/2005, laddove “escluda o limiti le azioni del consumatore” in caso di inadempimento del professionista. L'indagine del giudice in questo caso verterà sul “significativo squilibrio di diritti ed obblighi derivanti dal contratto” (art. 33 del Codice del Consumo).

Tuttavia, neppure nel contratto tra consumatore e assicuratore il sindacato può spingersi a considerare vessatoria una clausola che definisca o delimiti chiaramente il rischio assicurato e l'impegno dell'assicuratore, se questi offre la prova che i limiti in questione sono stati presi in considerazione nel calcolo del premio pagato dal consumatore (Considerando 19 della Direttiva 93/13 in materia di clausole vessatorie).

Il Codice del Consumo ha una rilevanza però marginale, in quanto riguarda solo i casi di assicurazione di soggetti non professionisti, e considerato che la Cassazione reputa atto della professione la stipula di tutti i contratti utili per il compimento degli atti professionali, compresa l'assicurazione della responsabilità civile professionale (Cass. n. 22810/18).

La natura della clausola di esclusione della copertura della responsabilità solidale

Per lo più le clausole di esclusione della copertura solidale, a parere di chi scrive, riguardano l'oggetto del contratto assicurativo, in quanto nella stipula dei contratti di assicurazione, caratterizzati da inevitabile aleatorietà, si procede normalmente a una operazione di delimitazione del rischio assicurato, dal momento che l'interesse da tutelare è astrattamente suscettibile di lesione per diverse cause.

Se l'obbligazione dell'assicuratore è delineata in modo da escludere l'assunzione di un certo rischio, manca in radice un obbligo che possa considerarsi inadempiuto, e quindi una responsabilità suscettibile di limitazione.

Ciò non esclude la necessità di verificare, ai fini della interpretazione della clausola limitativa del rischio, quale sia la causa concreta del contratto, che non può essere elusa (Cass. n. 2394/2009), in quanto funzione economico-individuale dell'accordo svolgente un ruolo di sintesi tra volontà delle parti e oggetto del negozio, assolvendo quindi a una funzione di controllo dell'autonomia privata.

Analogie con le clausole c.d. claims made

In assenza di pronunce specifiche sulla tematica in questione, può farsi riferimento, quanto alla rilevanza della causa del contratto, all'ampio dibattito giurisprudenziale sulle clausole claims made che pure limitano la garanzia, condizionando la copertura assicurativa alla circostanza che il sinistro sia stato denunziato nel periodo di vigenza della polizza, eventualmente anche per fatti che si siano verificati prima del periodo di copertura.

La Cassazione, con sentenza delle Sezioni Unite n. 9140/16, ha inizialmente affermato che le clausole claims made delimitano l'oggetto del contratto e non la responsabilità, in quanto il “fatto assicurato” di cui all'art. 1917 c.c., è riferito alla vicenda storica di cui l'assicurato è chiamato a rispondere e non già alla richiesta di risarcimento.

La deroga allo schema di cui all'art. 1917 c.c., pur consentita dall'art. 1932 c.c., darebbe vita a un contratto atipico che deve superare il giudizio di cui all'art. 1322, co. 2, c.c., Si tratta quindi di stabilire quale sia il limite oltre il quale la “manipolazione dello schema tipico sia in concreto idonea ad avvelenarne la causa”.

Le Sezioni Unite hanno anche evidenziato che, nelle assicurazioni delle responsabilità civile obbligatorie, il giudizio di idoneità della polizza difficilmente potrà avere esito positivo in presenza di una clausola che espone il garantito a buchi di copertura. Difatti in questi casi “non sono più in gioco soltanto i rapporti tra società e assicurato, ma anche e soprattutto quelli tra professionista e terzo, essendo stato quel dovere previsto nel preminente interesse del danneggiato, esposto al pericolo che gli effetti della colpevole e dannosa attività della controparte restino, per incapienza del patrimonio della stessa, definitivamente a suo carico”.

Anche con la successiva sentenza n. 22437/18 le Sezioni Unite, pur sostenendo che il contratto di assicurazione con clausola claims made resti comunque un contratto tipico cui le parti hanno aggiunto ulteriore contenuto, hanno ribadito che la verifica deve focalizzarsi sulla idoneità del regolamento effettivamente pattuito rispetto all' obiettivo concreto delle parti. Hanno confermato inoltre che nelle assicurazioni obbligatorie tale verifica si risolve nella valutazione della stessa idoneità del prodotto assicurativo a salvaguardare gli interessi che entrano nel contratto, ai quali non è estraneo quello, di natura superindividuale, di una corretta allocazione dei costi sociali dell'illecito che sarebbe frustrata ove il terzo danneggiato non potesse essere risarcito del pregiudizio patito a motivo dell'incapienza patrimoniale del danneggiante, siccome, quest'ultimo, privo di idonea assicurazione.

Sicché rimane intatto il ricorso all'indagine sulla causa concreta del contratto che spazia dalla verifica di sussistenza stessa (ossia della adeguatezza rispetto agli interessi coinvolti) a quella di liceità (intesa come lesione di interessi delle parti tutelati dall'ordinamento).

Il principio di diritto affermato dalle Sezioni Unite è quindi che “(…) la tutela invocabile dal contraente assicurato può investire, in termini di effettività, diversi piani (…), ossia (esemplificando): responsabilità risarcitoria precontrattuale anche nel caso di contratto concluso a condizioni svantaggiose; nullità, anche parziale, del contratto per difetto di causa in concreto, con conformazione secondo le congruenti indicazioni di legge o, comunque, secondo il principio dell'adeguatezza del contratto assicurativo allo scopo pratico perseguito dai contraenti; conformazione del rapporto in caso di clausola abusiva (…) ".

Rapporti tra causa del contratto e carattere obbligatorio o meno della assicurazione - conseguenze

I principi giurisprudenziali affermati a proposito dalle clausole claims made possono essere mutuati anche ai fini della valutazione della clausola di esclusione della responsabilità solidale. La limitazione dell'indennizzo alla quota della responsabilità personale è senz'altro una limitazione della garanzia, astrattamente possibile, e anzi, come visto, contemplata espressamente dal Codice delle Assicurazioni private.

Nel caso della responsabilità del professionista, l'obbligatorietà della assicurazione, in quanto dettata in un'ottica di una corretta allocazione dei costi sociali dell'illecito, integra la causa del contratto. Coerentemente, infatti, come già sopra osservato, sia nel D.M. 22.9.2016, disciplinante le condizioni essenziali per la responsabilità civile professionale degli avvocati, sia nell'art. 3, comma 6, della bozza del decreto attuativo della legge Gelli, in caso di responsabilità solidale del professionista con altri soggetti, la clausola di esclusione della responsabilità solidale è vietata.

Nelle fattispecie analoghe di assicurazione obbligatoria della responsabilità degli altri professionisti, può quindi ritenersi che l'inserimento della clausola limitativa della garanzia in caso di responsabilità solidale comporti la vanificazione dell'anzidetto obiettivo e della reale causa del contratto.

La conseguenza è la nullità della clausola ai sensi degli artt. 1418 e 1419 c.c..

Anche nei residuali casi in cui l'assicurato non sia professionista, e l'assicurazione quindi non sia obbligatoria, la clausola potrebbe presentare profili di illiceità con riferimento alla causa concreta del contratto.

E' vero che alcune assicurazioni prevedono la copertura della solidarietà nelle estensioni di polizza, opzione che apparentemente lascia in capo all'assicurato la libertà di decidere. La valutazione della liceità di tale schema contrattuale passa comunque per l'indagine sulla causa in concreto, dovendosi verificare se realmente il regolamento contrattuale tenga conto della effettiva valutazione da parte dei contraenti di un rischio solo eventuale e comunque marginale di verificazione di responsabilità solidale, e se realmente il rischio correlato ai terzi condebitori solidali non sia conosciuto al momento della sottoscrizione del contratto.

Quanto alla rilevanza del premio pattuito, riconosciuta dalla giurisprudenza ai fini dell'accertamento del contenuto dell'obbligazione dell'assicuratore e della ricostruzione della volontà delle parti (Cass. n.10596/10), poiché nei casi di assicurato non professionista è applicabile il Codice del Consumo, la clausola potrebbe ritenersi nulla in quanto determinante un significativo squilibrio di diritti ed obblighi derivanti dal contratto, salvo che l'assicuratore offra la prova che i limiti in questione sono stati presi in considerazione nel calcolo del premio pagato dal consumatore (Considerando 19 della Direttiva 93/13 già citato).

Normalmente però il premio viene determinato in base ai fattori di rischio, mentre nel caso di responsabilità solidale non è detto che la probabilità di verificazione e l'entità del danno mutino a seconda del numero delle persone coinvolte nella causazione dell'evento dannoso. L'assicuratore dovrebbe dimostrare che il premio è calibrato sulla frequenza statistica della verificazione di una ipotesi di responsabilità solidale e sulla incidenza della quota del contributo al danno da parte dell'assicurato.

In conclusione

Quando nel contratto di assicurazione della responsabilità civile viene inserita espressamente una clausola limitativa dell'indennizzo, anche in caso di responsabilità solidale, alla sola responsabilità personale, occorre innanzitutto distinguere tra assicurazione obbligatoria, riguardante le figure dei professionisti, e facoltativa.

Per alcune categorie (avvocati e, probabilmente, in futuro anche medici) la legge prevede espressamente l'obbligatorietà della copertura della responsabilità solidale. Per gli altri casi di responsabilità professionale obbligatoria, l'esigenza di una corretta allocazione dei costi sociali dell'illecito, anche ai fini della tutela del terzo danneggiato, determina verosimilmente la vanificazione della causa concreta del contratto nel caso di esclusione della copertura solidale.

Per le assicurazioni non obbligatorie è necessaria una verifica caso per caso della rispondenza del regolamento contrattuale alla causa concreta del contratto, e, ai fini della valutazione della abusività della clausola ai sensi del Codice del Consumo, occorre verificare l'eventuale squilibrio tra premio e indennizzo, verificando se il limite della garanzia si accompagna alla considerazione del premio pagato dal consumatore.

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