Avvocato assente causa Covid: è legittimo impedimento?

04 Novembre 2020

Com'è noto molte e diverse sono le questioni che la pandemia da Covid-19 ha creato nel pianeta Giustizia. Così fra le tantissime questioni sorte sul versante penale si segnala quello riguardante la necessità di rispettare rigorosamente le norme emanate per tentare di contenere la diffusione del virus. L'obbligo riguarda, certo, tutti i cittadini e fra questi anche quanti operano, nell'ambito dei rispettivi ruoli, all'interno dei Palazzi di Giustizia e...

Com'è noto molte e diverse sono le questioni che la pandemia da Covid-19 ha creato nel pianeta Giustizia.

Così fra le tantissime questioni sorte sul versante penale si segnala quello riguardante la necessità di rispettare rigorosamente le norme emanate per tentare di contenere la diffusione del virus.

L'obbligo riguarda, certo, tutti i cittadini e fra questi anche quanti operano, nell'ambito dei rispettivi ruoli, all'interno dei Palazzi di Giustizia e dunque a anche il singolo avvocato che, ove ne sussistano i presupposti, ha il dovere di ottemperare a tali obblighi la cui violazione può comportare sanzioni anche penale.

Allo stesso tempo è dovere (o diritto) di ciascun avvocato assistere il proprio cliente.

L'avvocatura ha, infatti, già sollevato la questione se l'assenza "da coronavirus" integri o meno un'ipotesi di legittimo impedimento.

Allo stato il TAR Lombardia e la Sezione III della Cassazione, nell'affrontare due ipotesi del tutto particolari, si sono espresse in senso negativo.

Così, nel primo caso, il TAR Brescia (Lombardia), Sez. I, 3 marzo 2020, n. 50 ha emesso una pronuncia nel periodo antecedente all'emanazione del DPCM n. 11 del 2020. In particolare, l'avvocato deduceva il legittimo impedimento data la possibilità di essere contagiato in virtù del dilagarsi del fenomeno epidemiologico Covid-19, con l'ulteriore motivo di non poter presenziare all'udienza in quanto padre di minori che, in conseguenza della sua presenza in aula, avrebbe potuto, eventualmente, contagiare. Pertanto, sulla base dei suddetti motivi, richiedeva il rinvio dell'udienza. Il TAR di Brescia rigettava, tuttavia, la richiesta tenuto conto che al momento della sua presentazione non sussistevano, allo stato degli atti, provvedimenti (anche di tipo governativo) volti ad acconsentire l'accoglimento dell'istanza.

Nella seconda evenienza il difensore aveva rinunciato allo spostamento da Trieste a Roma per la trattazione del ricorso innanzi al Supremo Collegio, senza addurre alcun particolare motivo di salute di carattere personale o familiare, ma allegando semplicemente la copia dell'ordinanza adottata il 23 febbraio 2020 dal Ministero della Salute e dal Presidente della Regione Autonoma Friuli Venezia Giulia recante «Misure urgenti in materia di contenimento e gestione dell'emergenza epidemiologica da COVID-19». Il rigetto del giudice di legittimità (Cass., Sez. III, 28 febbraio 2020, n. 13129) riposa, in questo caso, sul fatto che nella regione Friuli Venezia Giulia, in quel momento, non risultava ancora nessun contagio da COVID-19 e che le misure precauzionali adottate dall'ordinanza non incidevano sulla trattazione di procedimenti giudiziari, sull'utilizzo dei mezzi di trasporto o sulla libertà di circolazione all'interno della regione o da questa verso zone non identificate dall'OMS come a rischio epidemiologico; né analoghe restrizioni erano state adottate nella città di Roma e, dunque, l'udienza innanzi alla Corte si era regolarmente tenuta, così come tutte le udienze programmate per altri procedimenti, con la partecipazione di numerosi avvocati provenienti da tutta Italia.

Analogamente, in Veneto, un'avvocatessa ha dedotto come legittimo impedimento l'impossibilità di spostarsi verso Milano in quanto madre di una bambina affetta da sindrome di down. In particolare, stando a quanto affermato dall'ISS le persone che presentano la predetta patologia hanno più possibilità di contrarre il virus Covid- 19 con conseguenze, talvolta, anche fatali. Tuttavia, l'istanza, corredata da certificato medico che attestava la patologia della figlia dell'avvocatessa, nonché le sue ulteriori patologie, tra cui le gravi insufficienze respiratorie, non sono state ritenute dal giudice sufficienti ai fini del rinvio per legittimo impedimento, laddove -per il magistrato- le condizioni menzionate nella richiesta non «prospettano un impedimento giurisprudenziale apprezzabile».

Più di recente, in data 24 ottobre 2020, il Gup del Tribunale di Treviso ha rigettato, invece, l'istanza proposta dal difensore di uno degli imputati che aveva dedotto come legittimo impedimento l'aver contratto il virus Covid-19, adeguatamente motivato tramite invio (nei giorni precedenti all'udienza) del certificato contenente gli esiti del “tampone”. In sostanza, si legge nell'ordinanza di rigetto del Gup che l'essere positivo al covid-19 non rappresenta un legittimo impedimento laddove il difensore “impossibilitato” avrebbe ben potuto nominare un sostituto, a mente dell'art. 102 c.p.p., laddove la fase dell'udienza preliminare non prevedeva interventi tecnici della difesa.

Dunque, com'è comprensibile, anche alla luce della continua evoluzione sanitaria e delle molteplici prescrizioni governative, le situazioni prospettabili possono essere diverse (si pensi al caso dell' avvocato in isolamento fiduciario o in attesa di sottoporsi ad un tampone o in attesa del suo risultato) .

Di qui, dunque, la sollecitazione, da tempo invocata da diverse parti delle istituzioni e associazioni di categoria al riconoscimento normativo, in questi casi, del legittimo impedimento con delle regole uniformi, chiare e adeguatamente pubblicizzate.

Preso atto che il tema non è stato mai contemplato dai vari testi emessi dal Ministero della Giustizia per far fronte all'emergenza Covid-19, né tantomeno nell'ultimo decreto cd. Ristori, è stata appena depositata al Senato un'interrogazione parlamentare al Ministro e un disegno di decreto legge è stato redatto dall'Aiga.

Come ha opportunamente evidenziato un'esponente autorevole dell'avvocatura, infatti, il tema coinvolge non tanto (e non solo) quello della presenza all'udienza, quanto piuttosto quello fondamentale della possibile e completa esplicazione del diritto di difesa, posto che non appare sufficiente richiamarsi, in tal caso, alla giurisprudenza (creativa) formatasi in ordine al concetto stesso di “legittimo impedimento” per la quale, data la presenza di due professionisti, l'ufficio, nel caso di legittimo impedimento di uno dei due, può ben essere rappresentato da uno solo, con buona pace di quanto statuito dall'art. 96 c.p.p.

Dunque, in attesa di un intervento “normativo” che assicuri la “pari dignità” della difesa (come ci ricorda un'espressione tanto cara al compianto Avv. Ettore Randazzo, fondatore, fra l'altro, di questo Portale) essa sembra assicurata – in via mediata- dal documento emesso dal Presidente del Tribunale di Torino (Dott. Terzi) rubricato: Deduzioni di legittimi impedimenti e richieste di rinvio in relazione alle problematiche epidemiologiche.

Con la palese finalità di garantire il diritto di difesa, si indica che: "La peculiarità della situazione suggerisce - (a mio avviso impone) impregiudicata la autonomia di ciascun Giudice - una interpretazione che fondandosi su un principio di realtà valuti le norme - sulla base del fatto notorio della crisi pandemica e delle difficoltà di rapporto con l'Autorità Sanitaria da parte dell'utente - sulla base del doveroso principio di garantire i diritti di difesa - ove non si ritenga (esplicitandone i motivi) che la deduzione sia una evidente strumentale violazione del principio di lealtà e collaborazione- con conseguente ampia disponibilità a riconoscere, ove non vi siano immediate e imprescindibili conseguenze processuali per il richiesto differimento, l'uso più ampio possibile della concessione dei rinvii richiesti. Anche, e soprattutto, in considerazione della obiettiva difficoltà di rapporto tra cliente e difensore ove l'uno o entrambi si deduca siano soggetti e restrizioni per motivi sanitari”.

Certamente l'apprezzabile documento potrà segnare l'avvio di un nuovo percorso “nazionale” nell'adozione, da parte dell'autorità giudiziaria, dei provvedimenti di rigetto delle istanze di legittimo impedimento presentate dai difensori, motivate per l'isolamento fiduciario o addirittura per il periodo di quarantena obbligatoria, considerato il grave contesto nel quale il difensore è chiamato ad ottemperare al proprio dovere/diritto professionale, in attesa di una doverosa e puntuale regolamentazione normativa attuabile, volendo, anche in sede di conversione del d.l. n. 137 del 2020.

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