Omesso versamento dell'imposta di soggiorno da parte dell'albergatore: il “decreto Rilancio” non ha determinato una abolitio criminis

Redazione Scientifica
05 Novembre 2020

La Cassazione penale, Sez. VI, 28 settembre 2020 (dep. 30 ottobre 2020), n. 30227 è intervenuta, per la prima volta, sulla questione se, in assenza di norme di diritto intertemporale, l'art. 180 d.l. n. 34/2020 (cd. Decreto Rilancio), conv. in l. 77/2020 abbia determinato una abolitio criminis e quindi la non punibilità dei fatti commessi prima della sua entrata in vigore ex art. 2 c.p.

La Cassazione penale, Sez. VI, 28 settembre 2020 (dep. 30 ottobre 2020), n. 30227 è intervenuta, per la prima volta, sulla questione se, in assenza di norme di diritto intertemporale, l'art. 180 d.l. n. 34/2020 (cd. Decreto Rilancio), conv. in l. 77/2020 abbia determinato una abolitio criminis e quindi la non punibilità dei fatti commessi prima della sua entrata in vigore ex art. 2 c.p.

Nello specifico l'art. 180 ha modificato i compiti affidati al gestore della struttura ricettiva nella riscossione del tributo da ausiliario del soggetto tenuto alla riscossione (ente locale) a soggetto responsabile del pagamento dell'imposta e del contributo di soggiorno con diritto di rivalsa sul fruitore del servizio secondo lo schema delineato dall'art. 64, comma 3, TUIR. Pertanto, a far data dal 19 maggio 2020 (entrata in vigore del d.l. 34/2020), il mancato pagamento dell'imposta non può più rientrare nelle condotte integranti il delitto di peculato ex art. 314 – il quale presuppone la qualifica di incaricato di pubblico servizio

I giudici di legittimità hanno affermato che trattandosi di una modifica delle attribuzioni di un soggetto (il titolare della struttura ricettivo alberghiera) questa opera dall'entrata in vigore della norma e non per il passato: si tratta infatti di una successione nel tempo di norme extrapenali in cui, per i fatti anteriori alla novella legislativa, è rimasto inalterato non solo il precetto (art. 314 c.p.) ma anche la qualifica soggettiva (art. 358 c.p.) la cui sussistenza è richiesta ai fini della punibilità a titolo di peculato.

Si legge in motivazione:

«In estrema sintesi, in precedenza il gestore raccoglieva e custodiva il denaro (pubblico) versato dai clienti a titolo di imposta di soggiorno per poi riversarlo all'ente titolare della riscossione, mentre oggi deve versare il tributo a prescindere dal pagamento da parte opera degli ospiti della struttura ricettiva, sui quali può esercitare diritto di rivalsa secondo modalità tipiche della figura del responsabile d'imposta di cui all'art. 64 TUIR e in particolare del suo comma 3 ("Chi in forza di disposizioni di legge è obbligato al pagamento dell'imposta insieme con altri, per fatti o situazioni esclusivamente riferibili a questi, ha diritto di rivalsa").

Si deve di conseguenza escludere che la modifica del quadro di riferimento normativo di natura extra penale che regola il versamento dell'imposta di soggiorno abbia comportato un fenomeno di abolitio criminis, poichè tale effetto si determina solo quando la modifica abbia riguardato norme realmente integratrici della legge penale, come quelle di riempimento di norme penali in bianco o le norme definitorie, ma non anche le norme richiamate da elementi normativi della fattispecie penale, nessuna di tali tra loro differenti situazioni essendosi, peraltro, determinata nella vicenda normativa in esame».

Alle stesse conclusioni e seguendo lo stesso percorso argomentativo della S.C. si era giunti nel contributo pubblicato su questo portale M. FAGGIOLI – I. BRICCHETTI, Peculato e omesso versamento della tassa di soggiorno, da parte del gestore della struttura, alla luce del decreto rilancio. Nulla cambia, se non per il futuro.

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