Illegittima dichiarazione di inammissibilità dell'appello, annullamento con rinvio e necessità di una “cognizione piena”

Marzia Minutillo Turtur
24 Giugno 2020

La questione involge il tema, assai dibattuto e oggetto di molte decisioni della Corte di legittimità, relativo al proscioglimento nel merito o meno in caso di presenza di una sopravvenuta causa estintiva del reato. Il principio di diritto affermato dalle Sez. Unite. Tettamanti
Massima

Nel giudizio di cassazione, qualora risulti che la sentenza di appello ha illegittimamente dichiarato l'inammissibilità dell'impugnazione avverso la condanna di primo grado e si proceda contestualmente anche agli effetti civili, la Corte non può immediatamente dichiarare l'estinzione del reato per sopravvenuta prescrizione, limitandosi ad escludere la possibilità di un più favorevole proscioglimento per ragioni di merito ex art. 129 c.p.p., poiché il ricorso dell'imputato in ordine all'affermazione di responsabilità impone la valutazione del compendio probatorio "a cognizione piena", sia agli effetti penali che a quelli civili, con conseguente trasmissione degli atti al giudice penale a seguito di annullamento con rinvio.

Il caso

La Corte d'appello di Napoli ha dichiarato inammissibile, per difetto di specificità dei motivi, l'appello proposto dagli imputati avverso la sentenza con la quale il Tribunale di Nola li aveva dichiarati colpevoli di concorso in truffa aggravata, con condanna alle spese di giustizia, oltre che al risarcimento del danno in favore della parte civile. Con il ricorso per cassazione gli imputati denunciavano la violazione degli art. 581 e 591 c.p.p. e vizi di motivazione quanto alla declaratoria d'inammissibilità dell'appello, nonché quanto all'affermazione di responsabilità.

La Corte di cassazione, richiamando la giuprudenza vigente in relazione all'epoca in cui era stato proposto l'appello (Sez. Unite Galtelli, Rv. 268822), ha affermato che l'appello risultava certamente specifico, con conseguente illegittima dichiarazione di inammissibilità dello stesso. Veniva quindi riscontrato il sopravvenuto decorso del termine di prescrizione.

Si è posta conseguentemente la questione relativa alla necessità o meno di dichiarare l'intervenuta estinzione del reato per prescrizione e, quindi, di individuare il competente giudice di rinvio.

La questione

La questione involge il tema, assai dibattuto e oggetto di molte decisioni della Corte di legittimità, relativo al proscioglimento nel merito o meno in caso di presenza di una sopravvenuta causa estintiva del reato.

Il principio di diritto affermato dalle Sez. Unite. Tettamanti (Cass. pen., n. 35490 del 28/05/2009, Rv. 244273) ha chiarito come il proscioglimento nel merito, in caso di contraddittorietà o insufficienza della prova, non prevale rispetto alla dichiarazione di una immediata causa di non punibilità, salvo che, in sede di appello (e precisa la Corte, con riferimento al caso in esame, anche in sede di legittimità), sopravvenuta una causa estintiva del reato, il giudice sia chiamato a valutare, per la presenza della parte civile, il compendio probatorio ai fini delle statuizioni civili, oppure ritenga infondata l'impugnazione del pubblico ministero proposta avverso una sentenza di assoluzione in primo grado, ex art. 530, comma secondo, c.p.p.

Come è noto, le Sez. Unite hanno condiviso l'opzione ermeneutica di alcune decisioni precedenti che avevano chiarito come la valutazione approfondita, a fini civilistici, che porti all'accertamento dell'evidenza della mancanza di responsabilità penale con una formula assolutoria ampia, può incidere sulla decisione penale, pur in presenza di una causa estintiva, sebbene non risulti evidente ab initio che il fatto non sussiste o l'imputato non lo ha commesso.

Ulteriore questione collegata a quella appena richiamata, e non affrontata dalla sentenza delle Sez. Unite Tettamanti, è quella relativa all'individuazione del giudice competente in caso di annullamento con rinvio.

Ed è proprio su questo tema, e sulle sue diverse implicazioni (anche considerata la nota sentenza delle Sez. Unite Sciortino Cass. pen., n. 40109 del 18 luglio 2013, Rv. 256087, richiamata in motivazione dalla Sez. II, ma ritenuta non rilevante nel caso in esame) che si articola il ragionamento decisorio della Sez. II, chiarendo portata ed implicazioni del giudizio “a cognizione piena” dinnanzi al giudice penale nel caso in cui, in presenza di ricorso dell'imputato ai fini penali e della parte civile, debba essere affrontata, procedendosi contestualmente agli effetti civili, la considerazione completa del compendio probatorio.

Le soluzioni giuridiche

La Sez. II ha affermato, quindi, in continuità con il dictum delle Sez. Unite Tettamanti, che all'esito del giudizio il proscioglimento nel merito, in caso di contraddittorietà o insufficienza della prova, prevale, rispetto alla declaratoria immediata di una causa di non punibilità imposta dall'art. 129 c.p.p. quando, in sede di appello (o anche, per evidente identità di ratio, in sede di legittimità), pur essendo sopravvenuta una causa estintiva del reato, la presenza della parte civile imponga di valutare a cognizione piena il compendio probatorio ai fini delle statuizioni civili. La Corte ha chiarito come le doglianze difensive - in caso di illegittima dichiarazione di inammissibilità e in presenza della parte civile - formulate con riferimento all'affermazione di responsabilità, devono essere contestualmente esaminate agli effetti civili, e conseguentemente a cognizione piena, anche agli effetti penali, e quindi, necessariamente dal giudice penale.

Nella motivazione si evidenzia la ragione posta a fondamento del necessario rinvio al giudice penale, proprio perché dell'effettiva ricorrenza della responsabilità penale si deve decidere, secondo canoni valutativi e di giudizio del tutto differenti da quelli che potrebbero essere considerati dal giudice civile.

In tal senso, la Corte sottolinea come sia elemento normativo di discrimine l'art. 578 c.p.p., sicchè deve essere applicato il principio della prevalenza del proscioglimento nel merito rispetto alle esigenze di economia processuale sottese alla previsione di cui all'art. 129 c.p.p.

Si sottolinea come nessuna contraria indicazione possa essere tratta dalle Sez. U Sciortino, poiché la decisione della questione sottoposta alle Sez. Unite riguardava un caso nel quale l'imputato aveva proposto ricorso “ai soli effetti civili”, mentre nel caso in esame gli imputati avevano proposto ricorso agli effetti penali, quanto alla loro responsabilità, a causa dell'illegittima dichiarazione di inammissibilità dell'appello, che non aveva di fatto loro consentito il pieno espletamento dei due gradi di giudizio in ordine all'imputazione contestata. Accertamento che avrebbe inevitabilmente inciso anche sulla valutazione delle pretese azionate dalla parte civile nel giudizio penale.

Osservazioni

La decisione in commento si segnala per la sua originalità, non essendo presenti precedenti specifici sul punto, rappresentando di fatto un'evoluzione interpretativa e applicativa dei principi affermati dalle Sez. Unite. Tettamanti. Si inserisce, tra l'altro, nell'ambito di un articolato insieme di decisioni recenti, di cui si dirà in seguito, con le quali, in considerazione del singolo caso concreto è stato disposto un annullamento con rinvio al giudice penale (o un annullamento senza rinvio) nel caso di giudizio d'appello conclusosi in violazione delle disposizioni sul giusto processo in ordine all'assunzione di prova decisiva in presenza di parte civile costituita.

Il punto centrale della decisione in esame è rappresentato dalla necessità di considerare che una valutazione approfondita a fini civilistici, può eventualmente condurre all'accertamento della evidenza della mancanza di responsabilità penale con una formula assolutoria ampia, e conseguentemente può incidere sulla decisione anche a fini penali.

Il tema è dunque quello di comprendere se effettivamente sia possibile o meno demandare al giudice civile (come sembrerebbe in considerazione della sentenza Sez. Unite Sciortino) la valutazione quanto all'effettiva ricorrenza o meno della responsabilità penale, con conseguente considerazione delle statuizioni civili. Il giudice civile dovrebbe, nel caso in esame, valutare il profilo della responsabilità penale degli imputati che sono stati in concreto privati, a causa dell'illegittima dichiarazione di inammissibilità dell'appello, di un grado di giudizio. La diversità dello statuto probatorio, le caratteristiche del giudizio civile, comportano secondo la Sez. II una assoluta necessità di riferire la relativa valutazione e, dunque, il giudizio di rinvio al giudice penale, essendo di fatto mancato il giudizio sulla responsabilità penale nel secondo grado di giudizio.

Il tema involge una prospettiva anche più ampia, relativa a diversi casi, come sopra evidenziati, relativi alla violazione delle regole del giusto processo quando sia presente e costituita la parte civile (da richiamare, su questa rivista, “Annullamento con rinvio della sentenza penale ai soli effetti civili: quale giudice e quali regole di giudizio per la cognizione delle residue questioni civili?”, di Giovanni Canzio). Recenti analisi della giurisprudenza di legittimità (con particolare riferimento alla Cass. pen., Sez. IV, n. 12174 del 2020) hanno richiamato, come nel caso in esame, l'effettiva possibilità di un rinvio al giudice civile ex art. 622 c.p.p. esclusivamente nel caso in cui non residuino ulteriori spazi per l'accertamento del fatto in sede penale (Cass. pen., Sez. III, n. 14229/2020, Rv. 278762). Si è chiarito da parte della giurisprudenza che, ove vengano riscontrate violazioni dei canoni costituzionali e convenzionali relativi alle regole probatorie del giudizio penale, nonostante l'irrevocabilità dell'esito assolutorio, occorre che l'accertamento del fatto reato che ha provocato il danno, avvenga rispettando i canoni di giudizio penalistici (con particolare riferimento al nesso causale, alla utilizzabilità delle prove, alla acquisizione delle stesse e rinnovazione istruttoria rispetto alle diverse regole di giudizio in sede civile). In sostanza, pur in presenza di una sopravvenuta prescrizione, l'interesse penalistico alla vicenda non può dirsi irrilevante, poiché proprio dalla valutazione della posizione degli imputati nella sua integralità, secondo i canoni penalistici di giudizio, discende poi la definzione delle questioni civilistiche.

Emerge, dunque, un'interpretazione restrittiva dell'ambito di applicabilità dell'art. 622 c.p.p. che trova la propria origine nelle soluzioni della Giurisprudenza di legittimità civile in sede di annullamento con rinvio. La Giurisprudenza civile di legittimità ha rilevato la necessaria applicazione in sede di giudizio di rinvio delle regole processuali e probatorie civili e la non vincolatività del principio di diritto eventualmente espresso dalla Corte di cassazione penale in sede di annullamento con rinvio. (Sez. III, Cass. pen., n. 9358/2017, Rv. 644002, Cass. pen., n. 15859/2019, Rv. 654290, Cass. pen., n. 16916/2019, Rv. 654433, Cass. pen., n. 22729/2019, Rv. 655473, Cass. pen., n. 25917/2019, Rv. 655376, Cass. pen., n. 26918/2019, Rv. 655377). Tale interpretazione della Corte di cassazione in sede civile trova il proprio fondamento ermeneutico nell'escludere che il giudizio di rinvio exart. 622 c.p.p. possa essere considerato la fase rescissoria del ricorso proposto davanti alla Corte di cassazione penale, e, dunque, una mera prosecuzione del giudizio penale. Si è invece sostenuta la piena autonomia del nuovo giudizio dinnanzi alla Corte di cassazione civile sia dal punto di vista strutturale che funzionale, considerata la definitiva scissione delle materie sottoposte a giudizio a seguito del passaggio in giudicato della sentenza penale agli effetti penali, anche al fine di evitare eventuali contrasti tra le due diverse articolazioni della Corte di cassazione nel realizzare soluzioni interpretative in potenziale contrasto nell'ambito di un medesimo processo. Da ciò derivano alcune conseguenze in tema di parametri di valutazione probatoria (quanto alla portata delle dichiarazioni della parte offesa, alla diversa caratterizzazione di quelle che sono ritenute prove inutilizzabili in sede penale, tenuto conto dell'ammissibilità di prove atipiche nel processo civile, e alla disciplina convenzionale e interna quanto alla necessaria rinnovazione dell'istruzione dibattimentale, principio non applicabile in sede risarcitoria civile).

Ciò posto, appare utile per l'approfondimento sollecitato dalla decisione in commento, considerare a titolo esemplificativo altre decisioni penali che hanno applicato principi sostanzialmente in linea con quello affermato dalla Sez. II, rilevando la necessità di una cognizione de giudice penale piena del compendio probatorio - seppure sia intervenuta la prescrizione del reato, o quando siano stati violati i gli obblighi di rinnovazione dell'istruttoria dibattimentale - quanto alle pretese restitutorie o risarcitorie della parte civile.

In particolare la Sez. III Cass. pen., n. 14229/2020, Rv. 278762, in caso di ricorso proposto dall'imputato ai soli effetti civili, per violazione da parte del giudice di appello dell'obbligo di rinnovazione dibattimentale ha ritenuto coerente che la pronuncia sulle pretese civili, una volta esercitata l'azione nel giudizio penale, venga definita proprio in quella sede, anche quando l'unica impugnazione proposta sia quella della parte civile, poiché ai sensi degli artt. 538, 573, 574, 575, 576, 578 c.p.p. appare evidente la scelta del legislatore in tal senso, sicché l'esercizio dell'azione civile in sede penale importa l'applicazione del regime probatorio penale, con la conseguenza che, anche se a fini civili, le garanzie poste a tutela dell'imputato dall'ordinamento costituzionale devono trovare applicazione piena nella valutazione dell'azione civile nei suoi confronti intentata in sede penale.

È proprio, dunque, la permanenza di un interesse penalistico alla vicenda, da intendere nel senso del rispetto dei principi costituzionali del giusto processo, a determinare la competenza del giudice penale in sede di rinvio quando si tratti di valutare la sussistenza del fatto contestato anche se solo per rilievi relativi alla costituzione di parte civile.

Anche in questo caso si richiama, nel senso dell'irrilevanza, la sentenza Sez. Unite Sciortino, perché relativa a questione incentrata sulla sopravvenienza di causa di estinzione del reato, che tuttavia, come ha osservato la Sez. II, può portare a riscontrare la assenza di un interesse penalistico alla vicenda essendo stata l'impugnazione proposta solo dalla parte civile.

In generale emerge la considerazione dell'art. 622 c.p.p. quale norma a carattere eccezionale e non generale, che di fatto si connota per la sua applicabilità a casi limitati. (Sez. IV, Cass. pen., n. 11958/2020, Rv. 278746, Sez. II Cass. pen., n. 9542/2020, Rv. 278589, Sez. VI, Cass. pen., n. 31921/2019, Rv. 277285).

Tornando al tema della decisione in commento, occorre considerare come la Sez. II abbia puntualizzato che, in presenza di ricorso dell'imputato e della parte civile, occorra avere una cognizione piena sia agli effetti penali, che agli effetti civili, considerato che in mancanza di un grado di giudizio, a causa dell'illegittima dichiarazione di inammissibilità dell'appello, la valutazione sulla responsabilità penale potrebbe portare ad una assoluzione nel merito, anche in caso di contraddittorietà e insufficienza della prova, e, dunque, ad un superamento delle questioni civili. In caso contrario il giudice civile si dovrebbe trovare a giudicare e valutare incidentalmente anche sulla responsabilità penale, secondo standard probatori del tutto diversi, mentre, ovviamente l'imputato mantene l'interesse ad una verifica completa, secondo i principi costituzionali sopra richiamati, della propria responsabilità.

Sul tema del rapporto tra intervenuta prescrizione e proscioglimento del merito sono da richiamare, a fini ricognitivi e di valutazione dello stato complessivo della giurisprudenza, le seguenti decisioni:

  • Sez. VI, Cass. pen., n. 4855/2010, Rv. 246138, che, pur in presenza della parte civile (non ricorrente in cassazione) ha ritenuto corretta la decisione che ha dichiarato l'estinzione del reato, affermando che una piena cognizione è necessaria solo a seguito di espressa domanda quanto agli effetti civili da parte di chi persegue una apposita statuizione sul punto, cosa non avvenuta nel caso concreto, considerato che l'imputato aveva articolato ricorso e relativi motivi solo a fini penali.
  • Sez. II, Cass. pen., n. 38049/2014, Rv. 260586, nello stesso senso, in caso di ricorso del solo imputato ai soli effetti penali, nonostante la presenza della parte civile; la Corte ha rilevato la necessità di giungere ad una prova piena solo a seguito di una espressa domanda da parte di chi persegue una decisione sulle statuizioni civili, così dichiarando inammissibile il ricorso.
  • Sez. IV, Cass. pen., n. 20568/2018, Rv. 273259, secondo la quale salvo il caso in cui il giudice civile, in sede di appello, sia chiamato a valutare, ai sensi dell'art. 578 c.p.p. il compendio probatorio ai fini delle statuizioni civili, il proscioglimento prevale sulla dichiarazione immediata di una causa di non punibilità.
  • Sez. IV, Cass. pen., n. 53354/2018, Rv. 274497, che ha rigettato il ricorso dell'imputato in un caso in cui in primo grado lo stesso era stato assolto, mentre in appello era stato dichiarato non doversi procedere per prescrizione, con parte civile in primo grado, che aveva revocato la propria costituzione prima dell'udienza di appello; in concreto il ricorrente aveva rilevato l'erronea applicazione dell'art. 129 c.p.p. rispetto all'art. 530, comma 2, c.p.p. Nel rigettare il ricorso la Corte ha richiamato le decisioni della Corte costituzionale secondo le quali si esclude la previsione dell'art. 129 c.p.p. solo nel caso di prova piena di innocenza e non nel caso di contraddittorità della prova. L'assenza della parte civile rendeva dunque preminente il principio di economia processuale.
  • Sez. V, Cass. pen., n. 42135/2011, Rv. 251707, una articolata e interessante decisione che chiarisce, in epoca di molto precedente al dibattito sopra richiamato, che è illegittima la decisione con cui il giudice di appello dichiari non doversi procedere in ordine ai reati - per i quali in primo grado sia intervenuta sentenza di condanna alle pene di giustizia, nonché al risarcimento dei danni - perché estinti per prescrizione, omettendo di motivare e, quindi, di esaminare i motivi di gravame in funzione del giudizio di responsabilità, sia pure ai soli riflessi civilistici afferenti alla determinazione dell'"an debeatur"; in tal caso, il giudice di legittimità deve annullare con rinvio al giudice penale, in quanto l'annullamento con rinvio al giudice civile, ex art. 622 c.p.p., postula il definitivo accertamento della responsabilità penale - non sussistente nella specie, in ragione dell'intervenuta declaratoria di prescrizione, la cui applicazione richiede soltanto che non risulti l'evidenza di più favorevole causa di proscioglimento nel merito, ai sensi dell'art. 129, comma secondo, c.p.p. - o l'accoglimento dell'impugnazione proposta dalla sola parte civile avverso sentenza di proscioglimento. Il caso affrontato dalla sentenza era parzialmente diverso da quello oggetto della sentenza in commento: in primo grado condanna più risarcimento del danno, in appello prescrizione e conferma delle statuizioni civili, quindi ricorso per cassazione dell'imputato per illogicità rispetto alla conferma delle statuizioni civili (apoditticamente confermate), con mancato esame dei motivi che avrebbero potuto condurre ad un proscioglimento. La Corte ha ritenuto la fondatezza del motivo proposto, richiamando esplicitamente il disposto dell'art. 578 c.p.p. e il principio affermato dalle Sez. Unite Tettamanti; si chiarisce come sia ineludibile compito del giudice esaminare compiutamente i motivi di gravame in funzione del giudizio di responsabilità, sia pure con esclusivo rifrimento ai riflessi civilistici afferenti all' an debeatur. Per la sua puntualità vale la pena poi riportare proprio la motivazione in ordine alla individuazione del giudice competente, per la prima volta affrontato in modo così chiaro ed esplicito:
  • Si pone, a questo punto, il quesito relativo alla formula di annullamento, se con rinvio o senza rinvio. Quesito di agevole soluzione, non potendo condividersi l'isolato precedente di questa Corte di legittimità (cfr. Cass. sez. 5, 9.6.2006, Cass. pen., n. 26061, rv. 231914) in favore dell'annullamento senza rinvio, posto che tale soluzione interpretativa non sembra trovare conferma nel dettato normativo ed appare anzi in palese dissonanza con la stessa logica del sistema, secondo cui la riscontrata esistenza, in sede di legittimità, di un vizio di motivazione incidente sulla validità della decisione impugnata non può non implicare l'individuazione da parte dello stesso giudice di legittimità della via per porvi rimedio attraverso una successiva pronuncia giudiziale”.

Non resta, allora, che affrontare l'ulteriore profilo problematico, consistente nello stabilire quale debba essere il giudice del rinvio:
se il giudice civile competente per valore in grado di appello, ai sensi dell'art. 622 c.p.p., ovvero il giudice penale. La quaestio iuris ha avuto contrastanti soluzioni nella giurisprudenza di questa Corte di legittimità, in favore ora dell'una ora dell'altra ipotesi ermeneutica.
Ai fini di una ragionata opzione per l'una o per l'altra tesi occorre ovviamente prendere le mosse dalle coordinate normative di riferimento, rappresentate, fondamentalmente, proprio dalle due norme processuali sopra menzionate.
L'art. 578 dispone, come è noto, che, in ipotesi di riforma di una sentenza che abbia condannato l'imputato alle restituzioni od al risarcimento dei danni derivati da reato in favore della parte civile, il giudice di appello e la corte di cassazione, nel dichiarare il reato estinto per amnistia o per prescrizione, decidono sull'impugnazione ai soli effetti delle disposizioni e dei capi della sentenza che concernono gli interessi civili.
L'art. 622, rubricato “annullamento della sentenza ai soli effetti civili”, dispone che fermi gli effetti penali della sentenza, la Corte di cassazione, se ne annulla solamente le disposizioni o i capi che riguardano l'azione civile, ovvero se accoglie il ricorso della parte civile contro la sentenza di proscioglimento dell'imputato, rinvia quando occorre al giudice civile competente per valore in grado di appello anche se l'annullamento ha per oggetto una sentenza inappellabile. Con riferimento a tale ultima disposizione, è indiscussa affermazione di principio che essa postuli o il già definitivo accertamento della responsabilità penale o l'accoglimento dell'impugnazione proposta dalla sola parte civile avverso sentenza di proscioglimento (cfr. Cass. pen., sez. III,27.2.2008,n.15653, Rv. 239865).
La locuzione “fermi gli effetti penali” sta a significare, nel suo perspicuo tenore letterale, che quella di riferimento è l'ipotesi che sia stato positivamente affermato il giudizio di penale responsabilità o che tale profilo, in mancanza di ricorso della parte pubblica avverso una sentenza di proscioglimento impugnata dalla sola parte civile, sia impregiudicato, facendosi oramai questione di soli profili civilistici. Il rinvio - che, a questo punto, concerne non già il profilo civilistico in genere, ma lo specifico aspetto del “quantum debeatur”, essendo ormai intangibile l'“an” - deve essere fatto al giudice civile competente per valore in grado di appello. Ed infatti, in siffatta evenienza, il rinvio non può aver luogo in favore del giudice penale, non residuando più spazio alcuno per una sua deliberazione, dopo che si è irrevocabilmente pronunciato sulla responsabilità dell'imputato con gli effetti vincolanti del giudicato per il giudizio civile, relativamente all'an, a mente dell'art. 651 c.p.p., comma 1. Nella diversa ipotesi in cui il profilo della penale responsabilità non sia stato definitivamente accertato, per via dell'intervenuta declaratoria di prescrizione, manca invece, come è noto, il positivo accertamento della penale responsabilità, postulando l'applicazione della causa estintiva soltanto che non risulti l'evidenza di più favorevole causa di proscioglimento nel merito, ai sensi dell'art.129 c.p.p., comma 2. Nel silenzio della legge, come era per l'analoga situazione disciplinata dall'art. 152 c.p.p., la cognizione del giudice penale avrebbe dovuto arrestarsi al rilievo tout court della causa di estinzione, in esito alla mera presa d'atto dell'inesistenza di più favorevole ragione di proscioglimento nel merito. In epoca più recente - e soltanto per l'ipotesi di declaratoria di estinzione del reato per amnistia - il legislatore, con la l. 3 agosto 1978, n. 405, art. 12, ha imposto al giudice di appello ed alla Corte di cassazione
di decidere ugualmente sull'impugnazione, ai soli effetti delle disposizioni e dei capi della sentenza che concernono gli interessi civili.
La novella dell'art. 578 del vigente codice ha esteso siffatto obbligo all'ipotesi della prescrizione, ove, nel precedente grado di giudizio, vi sia stata condanna dell'imputato anche al risarcimento dei danni derivati da reato in favore della costituita parte civile (cfr., sulla necessità - imposta dalla presenza della parte civile - della valutazione del compendio probatorio ai fini delle statuizioni civili, Cass. Sez. Unite, n. 28.5.2009, n.35490 rv. 244273). Le ragioni del plus di cognizione, nonostante il rilievo dell'estinzione, che, diversamente, avrebbe potuto esaurire l'ambito delle valutazioni del giudice penale, è dovuto a sostanziali esigenze di economia processuale, che, sottese alla riconosciuta facoltà per il danneggiato di esercitare l'azione civile nel processo penale, resterebbero ovviamente vanificate ove, per effetto di mera declaratoria di estinzione del reato, la regiudicanda fosse trasferita in sede civile. E, comunque, è parso opportuno al legislatore che, alla delibazione del profilo di responsabilità in funzione dell'an debeatur in chiave civilistica, attendesse proprio il giudice penale. Non tanto perché il giudice civile non sia capace di valutare, sia pure incidenter tantum (come, ad esempio, nel casi in cui, mancando la querela, non si è proceduto in sede penale) l'esistenza del fatto-reato, quanto perché al relativo esame, ove vi sia già stato un giudizio penale in precedente grado di giurisdizione, può utilmente, e più tempestivamente, provvedere lo stesso giudice penale già investito della cognizione di quel fatto- reato, relativamente al quale, con il corredo degli atti di causa e segnatamente della pronuncia di primo grado, potrà più adeguatamente apprezzare il profilo della responsabilità, ancorché ai soli effetti civili.
Non solo, ma il coefficiente di approfondimento dell'esame richiesto è così accentuato che, ove mai, in esito alle pertinenti valutazioni, dovesse emergere, sia pure in un contesto di contraddittorietà ed ambivalenza degli elementi di prova, una situazione tale che, ove delibata in ambito penalistico, avrebbe portato ad una pronuncia assolutoria, a mente dell'art. 530 c.p.p., comma 2, la causa di proscioglimento, pure emersa in diversa sede di
cognizione, rivivrebbe anche agli effetti penali, prevalendo sulla causa di estinzione del reato (cfr., in tal senso, Cass. Sez. Un, cit.).
Orbene, semmai fosse consentito al giudice penale di sottrarsi ad una cognizione siffatta, egli eluderebbe un preciso obbligo di legge, in spregio, peraltro, della generale disposizione dell'art. 124 c.p.p., secondo cui i magistrati sono tenuti ad osservare le disposizioni processualpenalistiche anche quando l'inosservanza non importi nullità od altra sanzione processuale.

Non solo, ma quella doverosa delibazione deve poi essere supportata da motivazione congrua ed adeguata, che tenga conto delle deduzioni difensive espresse nell'atto di gravame, posto che la violazione di un obbligo siffatto è, stavolta, positivamente sanzionata di nullità in virtù della generale previsione dell'art. 125 c.p.p., comma 4. Per quanto si è osservato in premessa, ad un onere siffatto il giudice a quo non ha adempiuto. Una siffatta inadempienza comporta annullamento in parte qua della sentenza impugnata, che va, quindi, dichiarato nei termini indicati in dispositivo, con rinvio al competente giudice penale.” (Nello stesso senso si sono espresse Sez. III, Cass. pen., n. 26863/2012, Rv. 254054, Sez. V. Cass. pen., n. 5764/2012, Rv. 254965, Sez. V. Cass. pen., n. 21251/2013, Rv. 25565, Sez. II, Cass. pen., n. 29499/2017, Rv. 270322. In senso diverso invece ritenendo la competenza del giudice civile in sede di rinvio in casi di dichiarazione di estinzione del reato per omesso compiuto esame dei motivi proposti dall'imputato, Sez. V, n.3869/2014, Rv. 262175, Sez. VI, Cass. pen., n. 44685/2015, Rv. 265561, Sez. VI, Cass. pen., n. 5888/2014, Rv. 258999, Sez. IV, Cass. pen., n. 48781/2016, Rv. 268344).

In conclusione occorre considerare, come già sottolineato su questa rivista, come l'interpretazione volta a superare la disciplina tradizionale in tema di rinvio del processo dinnanzi al giudice competente per valore e grado di appello ex art. 622 c.p.p. possa determinare un deficit di prevedibilità delle decisioni giudiziarie su questo punto.

Appare tuttavia assai rilevante l'opera di dinamica intepretazione posta in essere da questa decisione, e dalle altre in tema di violazione dei canoni di assunzione della prova in appello in caso di riforma di sentenza assolutoria. Tale dinamismo trova il proprio fondamento in una lettura restrittiva della portata dell'art. 622 c.p.p. nella dichiarata necessità che tale previsione venga considerata in applicazione dei principi generali del giusto processo. All'imputato deve dunque essere garantito il diritto a che il processo nel quale egli è chiamato a difendersi, anche sul piano civilistico, sia appunto giusto secondo il parametro costituzionale di cui all'art. 111 Cost.

Guida all'approfondimento

Vedi

Cass. pen., n.29499 del 2017 Rv. 270322 - 01

Cass. pen., n.31921 del 2019 Rv. 277285 - 01

Cass. pen., n.26863/2012

Cass. pen., n.46476/2017

Cass. pen., n.23594/2013

Cass. pen., n. 53354/ 2018

Cass. pen., n.38049/2014

Cass. pen., n.44685/2015

Cass. pen., n.20568/2018

Cass. pen., n.5888/2014

Cass. pen., n. 13844/2017

Cass. pen., n.29627/2016

Cass. pen., n.35490/2009

Cass. pen., n.40109/2013

Cass. pen., n.28954/2017

CANZIO, “Annullamento con rinvio della sentenza penale ai soli effetti civili: quale giudice e quali regole di giudizio per la cognizione delle residue questioni civili?”, Il Penalista, 22 aprile 2020.

ROMEO, “Le Sezioni Unite sull'individuazione del giudice di rinvio quando il giudice di appello abbia dichiarato la prescrizione omettendo di motivare sulla responsabilità civile”, Diritto penale contemporaneo, 30 settembre 2013.

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