Giudizio di rinvio in materia di misure cautelari personali: le Sezioni Unite intervengono sul dies a quo per la decisione

Marzia Minutillo Turtur
11 Novembre 2020

Se, in tema di misure cautelari personali, nel caso di giudizio di rinvio a seguito di ordinanza che abbia disposto o confermato la misura, il termine di dieci giorni dalla ricezione degli atti previsto per la decisione dall'art. 311, comma 5–bis c.p.p., decorra dalla data dell'arrivo alla cancelleria...
Massima

Nel giudizio di rinvio conseguente all'annullamento di un'ordinanza che abbia disposto o confermato una misura cautelare personale, trovano applicazione le previsioni dell'art. 309, commi 5 e 10, c.p.p., con inizio di decorrenza dei relativi termini dal momento in cui gli atti trasmessi dalla Corte di cassazione pervengono alla cancelleria del tribunale.

Il caso

In data 24 ottobre 2018 il Giudice per le indagini preliminari di Taranto applicava al ricorrente in cassazione, in procedimento a carico di numerosi imputati, la misura cautelare degli arresti domiciliari in relazione alle imputazioni provvisorie di associazione a delinquere e furto. L'ordinanza veniva confermata in data 22 novembre 2018 dal Tribunale delle libertà di Taranto. Gli imputati proponevano ricorso per cassazione avverso la predetta ordinanza. La II Sezione penale della Corte di cassazione, con sentenza n. 23459 del 30 aprile 2019, annullava l'ordinanza impugnata limitatamente alla posizione del ricorrente, con rinvio al tribunale di Taranto, sezione per il riesame delle misure cautelari personali, per nuovo esame, mentre dichiarava inammissibili gli altri ricorsi proposti. La Corte di cassazione, richiamando i limiti di sindacabilità dell'ordinanza cautelare impugnata, rilevava, quanto alla posizione del ricorrente, come lo stesso avesse lamentato, anche con motivi aggiunti, la mancata considerazione da parte del pubblico ministero delle sue richieste relative all'audizione diretta dei file audio delle intercettazioni e della visione dei file video che avrebbero dovuto ritrarlo in situazioni indizianti rispetto ai fatti contestati allo stesso. Detta documentazione, secondo la difesa, non risultava depositata dal pubblico ministero, unitamente agli atti di indagine dinnanzi al Tribunale della libertà. La Corte di cassazione riteneva non appaganti le motivazioni sul punto fornite dal Tribunale della libertà di Taranto, poiché non era stato specificato se nell'ambito dei documenti depositati, e segnatamente nell'ambito del dvd, fossero contenuti i file audio e video che la difesa intendeva esaminare direttamente. Di conseguenza veniva disposto l'annullamento con rinvio dell'ordinanza cautelare sul punto predetto, per necessaria integrazione della motivazione sulla questione proposta dal ricorrente.

Il Tribunale della libertà di Taranto, con successiva ordinanza del 19 luglio 2019, confermava la misura degli arresti domiciliari per il ricorrente, il quale aveva, tramite il suo difensore, depositato memoria difensiva nell'ambito della quale aveva eccepito il mancato rispetto dei termini ex art. 311, comma 5bis, c.p.p., considerato che il fascicolo del procedimento di legittimità era pervenuto presso la cancelleria del Tribunale del riesame in data 6 giugno 2019 e la decisione in sede cautelare era giunta oltre il termine previsto di dieci giorni, sicché si doveva ritenere intervenuta la perdita di efficacia della misura. Il Tribunale della libertà di Taranto rilevava l'infondatezza dell'eccezione, evidenziando che gli atti erano pervenuti presso la cancelleria dieci giorni prima della decisione, con pieno rispetto dei termini di cui all'art. 311, comma 5-bis, c.p.p.

Il destinatario della misura ha proposto ricorso per cassazione anche avverso la seconda ordinanza del Tribunale del riesame di Taranto. Con il primo motivo ha sostenuto l'inosservanza ed erronea applicazione della legge penale ex art. 606, comma 1, lett. b) c.p.p. e di norme processuali ex art. 606, comma, 1 lett. c) c.p.p. in relazione all'art. 311, comma 5–bis c.p.p., rilevando la mancanza, contraddittorietà e illogicità della motivazione, con particolare riferimento al travisamento del dies a quo per la decorrenza dei termini ex art. 311, comma 5–bis, c.p.p. Si è, in sostanza, rilevato come le conclusioni del Tribunale del riesame fossero contraddittorie e contra legem, considerato che gli atti erano materialmente pervenuti dalla Corte di cassazione in data 6 Giugno 2019, data nella quale il fascicolo, inviato dalla Corte di cassazione, era giunto presso il Tribunale di Taranto, mentre il Tribunale della libertà aveva individuato il dies a quo nel giorno 10 giugno 2019, data in cui lo stesso fascicolo rescindente era pervenuto presso la cancelleria del Tribunale della libertà. È stata in particolare contestata la seconda data richiamata dal Tribunale della libertà, sottolineando che il funzionario giudiziario aveva inviato richiesta e avviso all'autorità giudiziaria procedente in data 7 giugno 2019 affinché inviasse copia degli atti, con indicazione certa delle generalità degli imputati per procedere alla notificazione degli avvisi nei termini di legge, con preghiera altresì di inviare ulteriori atti (certificazione del casellario giudiziale, ordinanza impugnata, relata di notifica e relativo avviso di deposito ai difensori, eventuale ordinanza di custodia cautelare o sentenza da cui si possano evincere i reati per cui il soggetto è sottoposto a misura cautelare, decreti autorizzativi e di proroga di intercettazioni eventualmente effettuate). La data corretta da considerare, secondo la difesa, al fine della tempestività della decisione era quella del 6 giugno 2019. In tal senso il ricorrente affermava, inoltre, come fosse stato commesso un errore nella procedura di decisione, non essendo in alcun caso prevista la richiesta di documentazione all'autorità procedente. Si è sostenuto quindi che ciò aveva comportato l'indebita considerazione del dies a quo, individuato erroneamente nel 10 giugno 2019, ovvero la data in cui era pervenuta presso la cancelleria del Tribunale del riesame la documentazione richiesta alla autorità procedente. Circostanza, a detta del ricorrente, del tutto irrilevante quanto all'individuazione del termine ex art. 311, comma 5 – bis, c.p.p.

La Sesta sezione della Corte di cassazione, cui era stato assegnato il ricorso, ha evidenziato che la questione processuale circa l'esatta individuazione del dies a quo, ex art. 311, comma 5 - bis, c.p.p., di decorrenza del termine di dieci giorni entro il quale deve intervenire la decisione del giudice del riesame in sede di rinvio, a pena di inefficacia della misura cautelare, a seguito di annullamento da parte della Corte di cassazione, era oggetto di contrasto in seno alla giurisprudenza della Corte ed ha conseguente rimesso la questione alle Sezioni Unite della Corte.Il punto centrale della questione ermeneutica proposta è da individuare nella portata dell'espressione normativa “dalla ricezione degli atti”. Secondo il collegio rimettente, tale espressione si presta ad una duplice alternativa interpretativa, dovendo la Corte a Sezioni Unite chiarire se: a) la decorrenza debba essere individuata con riferimento al momento in cui gli atti sono pervenuti presso la Cancelleria centrale del Tribunale, ovvero presso la Cancelleria della sezione specializzata per il riesame; b) se il medesimo termine decorra dalla ricezione della sentenza di annullamento della Corte di cassazione con invio dell'allegato fascicolo, ovvero dalla ricezione degli atti nuovamente richiesti al pubblico ministero o all'autorità giudiziaria procedente da parte del presidente del Tribunale.

È stato quindi richiamato un primo orientamento interpretativo che risolve entrambi i profili evidenziati affermando che il termine di dieci giorni decorre dalla data in cui il fascicolo relativo al ricorso per cassazione, compresa la sentenza rescindente, perviene alla cancelleria della sezione del tribunale competente per il riesame (Cass. pen., Sez. I, n. 23707 del 29/01/2018, Battaglia, Rv. 273114 – 01). Secondo questa decisione, di fatto, il tribunale del riesame è già in possesso degli atti necessari per la trattazione del giudizio di riesame a seguito di annullamento con rinvio, essendosi già pronunciato con la decisione soggetta a ricorso, e, dunque, non è necessario acquisire nuovamente la documentazione dell'autorità procedente, mentre eventuali sopravvenienze potranno essere prodotte in udienza (nello stesso senso viene richiamato come precedente conforme Cass. pen., Sez. I, n. 42473 del 17/03/2016, Stabile, Rv. 268103 – 01, nonché Cass. pen., Sez. 4, n. 2909 del 20/12/2005, Pristeri, Rv. 232886 – 01 e Cass. pen., Sez. III, n. 4113 del 17/12/2007, Tanase, Rv. 239242 – 01, sia pure in tema di trasmissione degli atti ex art. 309, comma 5, c.p.p.). Tale orientamento trova il proprio fondamento nell'affermazione per cui il tribunale costituisce un unico ufficio giudiziario, sicché non possono avere rilievo i tempi di smistamento tra le varie articolazioni interne. Un secondo orientamento ermeneutico, riferito dalla Sesta sezione al “secondo nodo ermeneutico”, che si oppone in modo netto alle sentenze Stabile e Battaglia, afferma che il termine di dieci giorni per la decisione in caso di annullamento con rinvio da parte della Corte di cassazione decorre dalla data in cui, ricevuta la sentenza rescindente e il relativo fascicolo, il pubblico ministero abbia trasmesso gli atti ex art. 291 c.p.p., e gli eventuali elementi sopravvenuti, a seguito di richiesta del presidente del tribunale (Cass. pen., Sez. II, n. 15695 del 08/01/2016, Lombardo, Rv. 266729 – 01, Cass. pen., Sez. VI, n. 27093 del 01/03/2017, Speranza, Rv. 270410 – 01, Cass. pen., Sez. II, n. 32086 del 15/06/2017, Arena, non massimata, Cass. pen., Sez. V, n. 21710 del 28/02/2018, Marciano, Rv. 273026 – 01, Cass. pen., Sez. II, n. 37585 del 18/12/2018, Giglio, Rv. 277082 – 01, Cass. pen., Sez. II, n. 31281 del 26/06/2019, Montante, Rv. 276737 – 01). Secondo tale lettura interpretativa, gli atti devono essere “nuovamente” trasmessi al tribunale dall'autorità procedente, con ciò richiamando, di fatto, il procedimento ordinariamente previsto in sede di riesame con l'art. 309, comma 5, c.p.p.

La questione

Alle Sezioni Unite è stata, dunque, sottoposta la seguente questione:

Se, in tema di misure cautelari personali, nel caso di giudizio di rinvio a seguito di ordinanza che abbia disposto o confermato la misura, il termine di dieci giorni dalla ricezione degli atti previsto per la decisione dall'art. 311, comma 5–bis c.p.p., decorra dalla data dell'arrivo alla cancelleria del tribunale o alla cancelleria della sezione del riesame del fascicolo relativo al ricorso per cassazione, comprendente la sentenza rescindente e gli atti allegati, ovvero dalla data in cui il tribunale riceva nuovamente dall'autorità giudiziaria procedente gli atti ad essa richiesti a norma dell'art. 309, comma 5, c.p.p.

Nella decisione in commento si è preliminarmente chiarito che il contrasto verte non tanto sull'individuazione del momento di decorrenza del termine per la decisione di riesame in fase di rinvio, che rappresenta in realtà un aspetto consequenziale, quanto sul profilo che attiene propriamente “alla configurazione della sequenza procedurale del particolare giudizio di rinvio di cui si discute”.L'analisi conseguente si è incentrata sulla necessità di stabilire se di tale sequenza, introdotta senza dubbio dall'arrivo presso il tribunale della sentenza rescindente e degli altri atti del fascicolo trasmesso dalla Corte di cassazione, “costituisca o meno passaggio necessario l'avviso all'autorità procedente per l'invio degli atti, evidentemente ulteriore rispetto a quello già formulato nel primo grado del procedimento incidentale cautelare ai sensi dell'art. 309, comma 5, c.p.p.; e pertanto, se si possa concludere che la decorrenza del termine di cui sopra abbia inizio solo con la ricezione degli atti trasmessi a seguito di detto avviso”. L'art. 311, comma 5-bis, c.p.p. non contiene, infatti, alcun riferimento a una nuova richiesta di atti, limitandosi a prescrivere che la decisione del giudice intervenga entro dieci giorni dalla ricezione degli atti, e la sua formulazione letterale è di fatto compatibile con entrambe le letture proposte. L'argomento richiamato dalla sezione rimettente, quanto alla continuità testuale ravvisabile nell'art. 623, comma 1, lett. a), c.p.p. è ritenuto non risolutivo perché troppo generico, attesa la diversa estensione delle materie rispettivamente disciplinate dalle due disposizioni (l'art. 623 c.p.p. riferito in generale agli effetti dell'annullamento in cassazione delle ordinanze, mentre l'art. 311 riguarda la più delimitata fattispecie del giudizio di rinvio, a seguito di annullamento, nella procedura di riesame dei provvedimenti cautelari). Nella considerazione delle Sezioni Unite emerge, dunque, come centrale momento di analisi la considerazione della necessità o meno, al fine del corretto svolgimento del giudizio di rinvio nel procedimento di riesame, di una nuova richiesta di atti all'autorità procedente, in “conseguenza di un implicito richiamo alla previsione posta in tal senso dall'art. 309, comma 5, c.p.p.per il giudizio ordinario”.

Le soluzioni giuridiche

La considerazione relativa all'introduzione del comma 5-bis dell'art. 311 c.p.p. solo con l'art. 13 della l. n. 47 del 2015 rappresenta nella decisione delle Sezioni Unite un primo momento di riflessione. Infatti, in precedenza questa fase era priva di una disciplina specifica, sicché era evidente come ”tale fase non potesse che ritenersi regolata dalle disposizioni previste dall'art. 309 per l'ordinario giudizio di riesame”. Le Cass. pen., Sez. Unite, evidenziano che la stessa giurisprudenza di legittimità ha richiamato, in diverse occasioni, tali disposizioni, con particolare riferimento alla possibilità di valutare in sede di rinvio elementi sopravvenuti rispetto alla decisione di annullamento (Cass. pen., Sez.VI, n. 51684/2014, De Micco, Rv. 261452 -01, Cass. pen., Sez.IV, n. 33659/2010, Calò, Rv. 248344 –01). Si è così sottolineato che la funzione tipica della previsione di cui all'art. 311, comma 5-bis, c.p.p. deve essere considerata in relazione alla volontà del legislatore di regolare la sola fase di “conclusione” del giudizio di rinvio, ovvero quella della decisione, mediante indicazione della dimensione e della perentorietà dei termini per la pronunzia della decisione e per il deposito della motivazione.

Dunque, poiché precedentemente il giudizio di rinvio trovava ordinaria disciplina nella previsione dell'art. 309 c.p.p., si è osservato che, per poter considerare tale normativa del tutto inoperante, a seguito della novella del 2015, quest'ultima avrebbe dovuto sovrapporre una previsione disciplinante in termini altrettanto generali la fase del rinvio. Tuttavia la semplice lettura della norma esclude la possibilità di ravvisare una tale conclusione, tanto che la delimitazione del contenuto della norma è stata immediatamente colta dalla giurisprudenza di legittimità formatasi sulla stessa, che ne ha rilevato la natura essenzialmente sanzionatoria quanto alla possibile inerzia dell'ufficio giudiziario competente a decidere il riesame in sede di rinvio (Cass. pen., Sez. II, n. 15695/2016, Lombardo, Rv. 266729).

Ne consegue che con riguardo a tutti i precedenti passaggi procedurali della fase in discussione la stessa deve ritenersi tuttora ordinata secondo le disposizioni dell'art. 309”.Le Sezioni Unite considerano che tale conclusione sia da ritenere conforme alla disciplina del procedimento incidentale cautelare nel suo complesso, considerato che le decisioni di tale fase sono “necessariamente condizionate dallo stato degli atti” e dai dati di fatto che in quei momenti sono disponibili, “soggetti di per sé a progressive modificazioni in una situazione nella quale il procedimento si svolge parallelamente alla fase delle indagini preliminari”, condizioni che non vengono meno nel corso del giudizio di rinvio. Dunque, pur in presenza del generale dovere del giudice del rinvio di uniformarsi al principio di diritto stabilito con la sentenza rescindente, non ricorrono preclusioni quanto all'esame di circostanze sopravvenute, idonee ad incidere sul quadro cautelare (analogamente anche le decisioni in tema di efficacia preclusiva della decisione definitiva emessa sull'appello del pubblico ministero, che hanno chiarito che si tratta di un'efficacia rebus sic stantisbus, superabile in presenza di nuove acquisizioni probatorie, che determinino un mutamento della situazione di fatto sulla quale la decisione era fondata, Cass. pen., Sez. Unite, n. 18339 del 31 marzo 2004, Donelli, Rv. 227359 – 01). La possibilità di valutare nel giudizio di rinvio elementi sopravvenuti, purchè introdotti nel contraddittorio delle parti, sempre che la valutazione sia condotta in conformità al principio di diritto posto con la sentenza di annullamento, è stata ribadita da anche da decisioni ulteriori rispetto alle sentenze Di Micco e Calò (Cass. pen., Sez. II, n. 22015/2019, Ricucci, Rv. 276652 -01, Cass. pen., Sez.II, n. 53645/2016, Lucà, Rv. 268978 -01, Cass. pen., Sez. II, n. 8854/2016, Vescovi, Rv. 266100 -01), in coerenza con l'orientamento assunto in tema di effetto preclusivo del c.d. “giudicato cautelare” derivante dalla precedente decisione di riesame, considerato anch'esso come limitato allo stato degli atti e non ostativo all'esame di elementi nuovi che modifichino il quadro cautelare (Cass. pen., Sez.II, n. 49188/2015, Masone, Rv. 26555 -01, Cass. pen., Sez.V, n. 1241/2014, Femia, Rv. 261724 -01).

Si è, quindi, considerato che, nel procedimento di impugnazione in materia cautelare, il giudizio di rinvio è condotto in base agli stessi criteri valutativi propri del giudizio ordinario, che presuppongono “un pieno esame del materiale probatorio disponibile al momento in cui il giudizio si svolge”, in aderenza alla situazione di fatto, come è nella natura di tale procedimento. Viene, conseguentemente, ritenuto conforme a logica giuridica che lo svolgimento del giudizio di rinvio sia caratterizzato dalla stessa sequenza prevista per il giudizio ordinario dall'art. 309 c.p.p. L'avviso all'autorità procedente è parte integrante di tale sequenza, così che possano essere trasmessi al tribunale gli atti posti a sostegno della richiesta di applicazione della misura cautelare, nonché gli atti eventualmente sopravvenuti a favore della persona sottoposta ad indagini e tale passaggio procedurale deve essere seguito anche nel giudizio di rinvio. Infatti la “ricezione di questi atti segna anche in sede di rinvio, come previsto dal comma 10 dell'art. 309 per il giudizio ordinario, la decorrenza del termine per la decisione; e che è pertanto a questa ricezione, e non a quella degli atti trasmessi dalla Corte di cassazione, che il comma 5–bis dell'art. 311 fa riferimento in tal senso”. Tale conclusione si giustifica considerando che la decorrenza di un termine è correlata alla disponibilità di atti che consentano di assumere la decisione, rappresentativi all'attualità dello stato delle indagini, e, dunque, non identificabili con gli atti trasmessi dalla Corte di cassazione, individuati ai sensi dell'art. 100 delle disp. att. c.p.p. solo ed esclusivamente in quanto necessari a decidere sull'impugnazione, tenendo conto delle peculiarità del giudizio di legittimità cautelare.

Le Sezioni Unite hanno quindi risolto il quesito posto in termini conformi all'orientamento maggioritario:

“nel senso della decorrenza di detti termini al momento in cui pervengono al Tribunale gli atti nuovamente richiesti all'autorità giudiziaria che procede, secondo la sequenza procedurale prevista dall'art. 309 c.p.p. per l'ordinario giudizio di riesame e con le sanzioni processuali ivi previste”.

È stato affrontato, quindi, il secondo quesito richiamato dall'ordinanza di rimessione della Sesta sezione relativo all'individuazione della cancelleria alla quale riferire l'inizio della decorrenza dei termini a seguito della ricezione degli atti, chiarendo che il quesito, alla luce della soluzione del precedente quesito, viene a porsi in una prospettiva diversa, considerato che la ricezione degli atti dalla Corte di cassazione non determina la decorrenza dei termini per la decisione in sede di rinvio, ma rappresenta invece un presupposto necessario per i passaggi successivi. La ricezione degli atti introduttivi della procedura di riesame (richiesta di riesame per la procedura ordinaria e gli atti inviati dalla Corte di cassazione per quella di rinvio) ha come effetto immediato - una volta rilevata la necessità anche in sede di rinvio dell'avviso all'autorità procedente per la trasmissione degli atti - l'inizio della decorrenza del termine di cinque giorni previsto dall'art. 309, comma 5, perché gli atti pervengano al tribunale.

In tal senso viene richiamata la copiosa giurisprudenza che, superando un precedente orientamento (Cass. pen., Sez. Unite, n. 10/1998, Ravino, Rv. 210804), ha individuato il momento iniziale di decorrenza del termine nella presentazione della richiesta di riesame e non nel successivo recepimento, da parte dell'autorità procedente dell'avviso di detta presentazione emesso dal presidente del tribunale (Cass. pen., Sez. Unite, n. 25/1988, Alagni, Rv. 212073 a seguito della decisione della Corte costituzionale n. 232 del 1998). La ratio della disciplina in questione è, dunque, da identificare nella volontà di evitare che il decorso di termini perentori, stabiliti dalla norma, risulti affidato a scelte di organi giudiziari, senza essere vincolato da tassative scadenze temporali. Ne consegue un'indicazione di carattere generale per cui il procedimento di impugnazione in materia cautelare, incidendo sul valore della libertà personale, impone una rapida trattazione, con esclusione di intervalli temporali non controllabili e non funzionali alle esigenze giudiziarie. Occorre che la sequenza procedurale sia caratterizzata da cadenze temporali certe, al fine di giungere ad una sollecita definizione. Si è difatti evidenziato che: “il transito degli atti dalla cancelleria centrale del tribunale, ove gli stessi siano pervenuti, alla cancelleria della sezione del riesame, costituisce per l'appunto uno dei passaggi burocratici interni all'ufficio giudiziario i cui tempi di espletamento non possono prolungare la sequenza del procedimento di impugnazione in materia cautelare”. Il giudizio di rinvio si deve quindi svolgere seguendo le stesse cadenze temporali e con le stesse sanzioni processuali previste dall'art. 309, commi 5 e 10, c.p.p., con inizio di decorrenza dei relativi termini dal momento in cui gli atti trasmessi dalla Corte di cassazione pervengono alla cancelleria del tribunale

Osservazioni

Sono di particolare rilevanza alcuni aspetti sottesi al ragionamento delle Sezioni Unite nella decisione in esame:

  • la chiara affermazione che anche il giudizio di rinvio è condotto in base agli stessi criteri valutativi propri del giudizio ordinario, che presuppongono “un pieno esame del materiale probatorio disponibile al momento in cui il giudizio si svolge”, in aderenza alla situazione di fatto, come è nella natura di tale procedimento;
  • la conformità a logica giuridica del fatto che lo svolgimento del giudizio di rinvio sia caratterizzato dalla stessa sequenza prevista per il giudizio ordinario dall'art. 309 c.p.p.
  • la considerazione inequivoca circa la valutazione dell'avviso all'autorità procedente come parte integrante di tale sequenza, così che possano essere trasmessi al tribunale gli atti posti a sostegno della richiesta di applicazione della misura cautelare, nonché gli atti eventualmente sopravvenuti a favore della persona sottoposta ad indagini, sicché tale passaggio procedurale deve essere seguito anche nel giudizio di rinvio;
  • la precisazione che la ricezione di questi atti segna anche in sede di rinvio, come previsto dal comma 10 dell'art. 309 per il giudizio ordinario, la decorrenza del termine per la decisione;
  • la chiara indicazione secondo la quale deve pertanto essere riferita a questa ricezione, e non a quella degli atti trasmessi dalla Corte di cassazione, la decorrenza del termine per la decisione, correlata alla disponibilità di atti che consentano di assumere la decisione, rappresentativi all'attualità dello stato delle indagini, dunque, non identificabili con gli atti trasmessi dalla Corte di cassazione.

Infine occorre ricordare come le Sezioni Unite della Cassazione penale abbiano chiarito in modo esplicito che la ricezione degli atti dalla Corte di cassazione non determina la decorrenza dei termini per la decisione in sede di rinvio, ma rappresenta invece un presupposto necessario per i passaggi successivi. Passaggi successivi che saranno disciplinati appunto secondo la previsione e le scansioni, con conseguenti sanzioni, di cui all'art. 309 c.p.p.

Quanto alla Cancelleria alla quale riferire l'inizio del procedimento, occorre considerare come l'opzione ermeneutica prescelta dalle Sezioni Unite trovi il proprio fondamento in una chiara considerazione della volontà del legislatore, nell'ambito del rispetto del diritto di difesa dell'indagato, al fine di evitare che il decorso di termini perentori, stabiliti dalla norma, risulti affidato a scelte di organi giudiziari, senza essere vincolato da tassative scadenze temporali.

In tal senso, il transito degli atti dalla cancelleria centrale del tribunale, ove gli stessi siano pervenuti, alla cancelleria della sezione del riesame, è definito come uno dei passaggi burocratici interni all'ufficio giudiziario i cui tempi di espletamento non possono prolungare la sequenza del procedimento di impugnazione in materia cautelare, soprattutto attesa la delicatezza della materia cautelare in sé. La scelta delle Cass. pen., Sez. Unite, supera quindi un orientamento, ritenuto consolidato, (Cass. pen., Sez. I, n. 42473/2016, Stabile, Rv. 268103 – 01), che aveva affermato che nell'ipotesi in cui la Cassazione annulli per un nuovo esame l'ordinanza che ha disposto o confermato una misura coercitiva, il termine di dieci giorni, entro cui, ai sensi dell'art. 311, comma 5-bis, c.p.p., il giudice del rinvio ha l'obbligo di decidere, decorre dalla ricezione degli atti da parte della cancelleria della sezione competente per il riesame e non dal momento in cui gli atti pervengono alla cancelleria centrale del tribunale.

Tale decisione aveva, comunque, richiamato la ratio di tale complesso sistema, nel senso di impedire l'assunzione di decisioni afferenti la libertà personale in modo non rapido, anche in occasione dell'annullamento di ordinanza da parte della Corte di cassazione, senza che ci si assuma il rischio di far gravare sull'indagato lentezze o ritardi burocratici. Tuttavia, si era ritenuto che una tale ratio non dovesse consentire di trascurare la necessità di un'interpretazione delle norme ragionevole e aderente alla realtà sostanziale operativa (la quale ultima implica, necessariamente, tempi tecnici di realizzazione degli adempimenti previsti dalla norma), così da non incidere sui tempi tecnici necessari allo smistamento del materiale trasmesso dalla Corte di cassazione per condizionare così, ancor più, “un termine, già molto stringato, di dieci giorni (entro cui l'A.G. procedente dovrà controllare gli atti da inviare e trasmetterli alla sezione del riesame)”. In termini analoghi, più recentemente, si era pronunciata anche la sentenza “Battaglia” (Cass. pen., Sez. I, n. 23707/2018, Battaglia, Rv. 273114 – 01), che aveva affermato che nell'ipotesi in cui la Cassazione annulli per un nuovo esame l'ordinanza che ha disposto o confermato una misura coercitiva, il termine di dieci giorni, entro cui, ai sensi dell'art. 311, comma 5-bis, c.p.p., il giudice del rinvio ha l'obbligo di decidere, decorre dalla data in cui il fascicolo relativo al ricorso per cassazione, comprendente la sentenza rescindente, perviene alla cancelleria della sezione del tribunale competente per il riesame.

Le Cass. pen., Sez. Unite hanno superato tale orientamento chiarendo come un adempimento burocratico non possa condizionare la sequenza procedimentale in esame e non possa, conseguentemente, tradursi in un sostanziale peso a carico della persona sottoposta a misura cautelare, dovendo essere garantito che tempi di espletamento e la sequenza del procedimento di impugnazione in materia cautelare non rappresenti di fatto un elemento non controllabile nei suoi tempi e cadenze.

Guida all'approfondimento

M. BARGIS, Commento completo alla legge n. 47/2015, in www.lalegislazionepenale.eu del 21/09/2015.
P. BORRELLI, Una prima lettura delle novità della legge 47 del 2015 in tema di misure cautelari personali, in penalecontemporaneo.it.

R. CALANDRELLI, “Dies a quo” del termine per la decisione da parte del tribunale del riesame chiamato a pronunciarsi in sede di rinvio, Giur. It., Dicembre 2019.

G. COLAIACOVO, I tempi del giudizio di rinvio in materia cautelare (appunti a margine di una recente sentenza della Suprema Corte), in Sistemapenale.it scheda 21 gennaio 2020.

P. DI STEFANO, Il riesame a seguito di rinvio dalla Cassazione, in La cautela nel sistema penale, a cura di A. Bassi, Wolters Kluwer, 2016, 460.
G. ILLUMINATI, Verso il ripristino della cultura delle garanzie in tema di libertà personale dell'imputato, in Riv. It. Dir. Proc. Pen., 2015, 03, 1130.
A. MARANDOLA, La Cassazione “ridisegna” i termini del giudizio di rinvio cautelare, in Il Quotidiano Giuridico del 02/09/2016.
A. Mari, Prime osservazioni sulla riforma in materia di misure cautelari personali, in Cass. Pen. , fasc. 7-8, 2015, 2538 B.
E. MARZADURI, Diritto di difesa e tempi del procedimento dinanzi al Tribunale della libertà, in La riforma delle misure cautelari personali a cura di L. Giuliani, Giappichelli, 2015, 211.

L. SEMERARO, Non solo taglia e incolla, La decorrenza dei termini per la decisione del Tribunale del riesame nel giudizio di rinvio, in www.questionegiustizia.it del 14/06/2017.

G. SPANGHER, Brevi riflessioni sistematiche sulle misure cautelari dopo la L. n. 47 del 2015, in penalecontemporaneo.it.
G. SPANGHER, L'art. 309, 10° comma c.p.p.: una norma “usa e getta”, in Giur. It., 2016, 6, 1499.

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