L'affidamento condiviso del minore non significa simmetrica ripartizione dei tempi di permanenza

Elisa Pradella
13 Novembre 2020

La riflessione cui richiama l'ordinanza de quo è il delicato rapporto tra affidamento condiviso della prole ad entrambi i genitori ed i tempi di permanenza dei figli da stabilirsi presso ciascuno, in caso di disaccordo.
Massima

La regolamentazione dei rapporti tra i genitori e i figli deve essere frutto di una valutazione ponderata nell'interesse preminente del minore, non potendo avvenire sulla base di una simmetrica e paritaria ripartizione dei tempi di permanenza aprioristicamente stabilita.

La regola dell'affidamento condiviso è la scelta preferenziale onde garantire il diritto al minore "di mantenere un rapporto equilibrato e continuativo con ciascuno dei genitori" e la valutazione per determinare i tempi e le modalità di permanenza del figlio può ravvisare la necessità di decidere che il collocamento avvenga prevalentemente presso un genitore, essendo assicurata la presenza dei figli anche al genitore non collocatario regolamentando il c.d. diritto di visita.

Il caso

Il padre ricorre per Cassazione avverso il decreto del 18/05/2018, reso dalla Corte d'Appello di Genova, che modificava, su istanza della madre, le disposizioni adottate in primo grado in materia di affidamento condiviso, circa i tempi ed i modi della presenza del figlio presso i genitori, in funzione dell'interesse del minore e dell'esigenza della reclamante di poter trascorrervi un tempo continuato. Nell'occasione, la Corte di merito aveva respinto l'appello incidentale del padre teso a rivedere l'ammontare del contributo al mantenimento in capo allo stesso.

La Suprema Corte rigetta il ricorso del padre per inammissibilità ed infondatezza dei motivi, poiché l'affidamento della prole è rimesso alla valutazione discrezionale del giudice di merito e l'omesso, o errato, esame delle risultanze istruttorie non costituiscono un'anomalia motivazionale denunciabile ex art. 360, comma 1, n. 5, c.p.c.

La questione

La riflessione cui richiama l'ordinanza de quo è il delicato rapporto tra affidamento condiviso della prole ad entrambi i genitori ed i tempi di permanenza dei figli da stabilirsi presso ciascuno, in caso di disaccordo.

La Corte ribadisce, in linea con la recente giurisprudenza, che la regola dell'affidamento condiviso non esclude che il minore sia collocato presso un genitore e che la regolamentazione dei tempi di permanenza dei figli sia ripartita asimmetricamente, tantomeno che sia previsto un contributo al mantenimento in favore del genitore collocatario.

Le soluzioni giuridiche

Con l'ordinanza in questione la Suprema Corte riafferma che la gestione del delicato momento disgregativo del nucleo familiare non può rientrare in schemi astratti, ma deve essere oggetto di attente valutazioni da parte del giudice di merito volte a tutelare il minore con provvedimenti preposti ad evitare sbilanciamenti della sfera affettiva verso l'uno o l'altro genitore.

Il legislatore ha previsto che si debba valutare prioritariamente la possibilità che i figli minori restino affidati ad entrambi i genitori e, con la l. 54/2006, ha riconosciuto carattere primario alla bigenitorialità, stabilendo - all'art. 337-ter, comma 1, c.c. - che il minore ha il diritto di mantenere un rapporto equilibrato e continuativo con ciascun genitore che, a propria volta, ha il diritto di mantenere rapporti affettivi con la prole e partecipare alle decisioni nell'interesse della stessa, esercitando la propria responsabilità genitoriale, sin dal momento della gestazione.

L'art. 30 Cost., depositario del principio di responsabilità in capo ad entrambi i genitori, pone un rapporto diretto tra i diritti e doveri reciproci riconoscendo uno specifico ordine di priorità alla necessità dell'adempimento dei doveri genitoriali in chiave solidaristica (art. 3 Cost.). Il diritto dei genitori trova il limite nel dovere che gli stessi hanno nei confronti dei figli, che comporta la responsabilizzazione sia del padre che della madre.

Il principio dell'esercizio condiviso della responsabilità genitoriale - Parental responsibility - ha portata generale e si pone a contrappeso del principio di centralità del minore, la cui preminenza emerge con il diritto all'ascolto.

La regolamentazione del rapporto tra genitori e figli sarà quindi soggetta al contemperamento degli interessi in gioco entro i limiti posti dall'ordinamento.

Il momento separativo è il lasso di tempo in cui si rende necessario svolgere valutazioni prognostiche, al fine di trovare la soluzione più idonea, nel prevalente interesse morale e materiale della prole, per ridurre i danni derivanti dalla disgregazione del nucleo familiare.

In assenza di accordo, sarà il giudice di merito a dover fare quelle previsioni, volte a garantire al minore stabili consuetudini di vita e salde relazioni affettive con entrambi i genitori, in base agli elementi offerti dalle parti. Il giudizio prognostico potrà, così, ricadere su elementi indicativi delle modalità con cui il singolo genitore, in passato, ha svolto il proprio ruolo, anche con riguardo alla capacità di relazione affettiva, nonché della sua personalità.

La giurisprudenza di legittimità, già con la sentenza Cass. n. 18817/2015, ha chiarito che, in tema di affidamento dei figli minori, il giudizio prognostico, circa le capacità genitoriali di crescere ed educare il figlio nella nuova situazione di rottura, va formulato in base ad elementi concreti che indichino le rispettive capacità educative, relazionali, affettive e di disponibilità ad un assiduo rapporto del genitore con il figlio, correlato alle consuetudini di vita ed all'ambiente sociale e familiare che il genitore è in grado di offrire.

La giurisprudenza di merito prevalente ha slegato l'affidamento dalla coabitazione (Trib. min. Emilia Romagna 06 febbraio 2007, Trib. Pisa 20 dicembre 2006, Trib. Firenze 13 dicembre 2006, Trib. Milano 6 ottobre 2006), relegando ad ipotesi eccezionali l'eguale permanenza dei figli con entrambe le figure genitoriali, soprattutto in casi di rilevante distanza tra le abitazioni (Trib. Chieti 28 giugno 2006). L'idea che la condivisione dell'affidamento con collocazione prevalente presso uno dei genitori non contrasti con i principi dell'affidamento condiviso emerge sia in sede di legittimità che di merito (Cass. 22219/2018; Cass. 16297/2015; Trib. Messina 27 novembre 2012; Trib., Messina 18 luglio 2006; Trib. Salerno 30 giugno 2006).

Resta fermo che non si può derogare ad una cornice minima dei tempi di permanenza del figlio con ciascun genitore, poiché va garantita una certa continuità di vita del minore con entrambe le figure genitoriali (Trib. Milano, sez. IX, decr. 14 gennaio 2015; App. Catania, decr. 16 ottobre 2013; Trib. Milano, 3 giugno 2014).

La collocazione prevalente presso un genitore porterà alla conseguenza che il genitore non collocatario sarà tenuto a contribuire alle necessità della prole anche in via indiretta, prevedendosi un assegno periodico, in ossequio al principio di proporzionalità (M. Paladini; Cass. 9372/2012; Cass. 785/2012).

Osservazioni

Le numerose fonti sovranzionali proteggono preminentemente l'interesse del minore.

L'art. 9, co. 3, della Convezione sui diritti del fanciullo del 20/11/1989 (ratificata in Italia con l.n.176/1991), l'art. 84 del Trattato Cost. Europeo ed il Reg. CE 2201/03, che impongono agli Stati di rispettare i diritti del fanciullo affinché mantenga relazioni personali e contatti diretti in modo regolare con entrambi i genitori, nel suo preminente interesse, unitamente alle pronunce della Corte Europea dei Diritti dell'Uomo, hanno fornito indicazioni precise con riferimento al principio della bigenitorialità cui il legislatore italiano, con la l. n. 54/2006, ha riconosciuto carattere primario.

Dal quadro complessivo legislativo e giurisprudenziale, sia nazionale che sovranazionale, emerge che l'affidamento condiviso può essere derogato solo in casi limitati e nemmeno la forte conflittualità tra i genitori toglie preminenza alla condivisione dell'affidamento, eccetto il caso in cui possa arrecare pregiudizio al minore.

Spesso è opportuno regolare i tempi di frequentazione dei figli prevedendo un collocamento prevalente presso l'abitazione di uno dei genitori. Il periodo di convivenza anche con il genitore non collocatario, in ogni caso, non deve essere pregiudicato e rappresenta il modo migliore perché i figli possano conservare quel rapporto significativo importante per la crescita equilibrata.

A tutela del genitore che esercita il c.d. diritto di visita, riconosciuto come vero e proprio diritto soggettivo, il legislatore ha previsto la possibilità della condanna ad una sanzione amministrativa per il genitore che ostacoli le modalità di affidamento (art.709-ter c.p.c.).

L'opportunità di privilegiare la forma di mantenimento diretta è tesa a far sì che ciascun genitore assuma compiti di cura dei figli spendendo parte del proprio tempo a provvedere direttamente ai loro bisogni, compresi quelli economici (Cass. 23411/2009), e l'erogazione di una somma a titolo di contributo al mantenimento, che dovrà seguire il principio di proporzionalità (nel bilanciamento delle variabili che il giudicante dovrà esaminare), avrà una valenza perequativa, dovendo compensare l'eventuale squilibrio, non solo economico, tra i genitori.

Promuovere forme di distribuzione equa dei tempi, c.d. shared residence, compatibilmente con inevitabili asimmetrie di durata, può limitare il disagio dei figli nel momento disgregativo del nucleo familiare.

La rilevanza dell'effettiva eguaglianza tra i genitori deve incoraggiare forme di condivisione volte a ridurre il conflitto, spesso aggravato dalle scarse risorse economiche, anche con strumenti di alternative dispute resolution.

Riferimenti

A.M. Fasano, Filiazione-Status, diritti, doveri e responsabilità genitoriale, Vol. II, cap. 9, Giuffré, 2019;

Frigone, Art. 337 ter provvedimenti riguardo ai figli, Wolters Kluwer, One legale; M. Paladini, Il diritto, enciclopedia giuridica, diretta da S. Patti, Vol. 1, Sole 24 Ore, 2007, p.173 ss.

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