Non va accolta l'impugnativa della delibera condominiale per mancata redazione del verbale di prima convocazione

Katia Mascia
16 Novembre 2020

La sentenza emessa dal Tribunale di Nocera Inferiore offre l'occasione per ritornare sul tema dell'impugnazione della delibera emessa in seconda convocazione dall'assemblea condominiale, nell'ipotesi in cui non sia stata redatto il processo verbale della prima adunanza. Revocata la delibera e dichiarato estinto il processo per cessata materia del contendere, il giudice deciderà sul regolamento delle spese di causa.
Massima

In tema di invalidità di delibera assembleare, l'omessa redazione del verbale che consacra la mancata riunione dell'assemblea in prima convocazione non impedisce che si tenga l'assemblea in seconda convocazione, nè la rende invalida.

Il caso

Un condomino conveniva in giudizio, dinanzi al Tribunale di Nocera Inferiore, il proprio Condominio al fine di ottenere l'annullamento di due delibere assembleari con le quali era stato autorizzato l'amministratore a stipulare, con una ditta, un contratto di appalto per l'esecuzione di lavori di straordinaria manutenzione all'interno dell'edificio condominiale. In particolare, l'attore evidenziava la nullità della seconda delibera, tenuto conto del fatto che non era stato redatto il verbale di prima convocazione dell'assemblea, facendo, inoltre, presente che, trattandosi di opere rientranti nell'ambito delle innovazioni e non di lavori di straordinaria manutenzione, non era stata rispettata la maggioranza qualificata richiesta dall'art. 1120 c.c. per l'approvazione della delibera assembleare, ossia, più precisamente, quella indicata dal comma 5 dell'art. 1136 c.c.

Il Condominio convenuto restava contumace. Si costituiva in giudizio un condomino, il quale, ritenendo valida la seconda deliberazione e che l'attore non avesse indicato i motivi di impugnazione della prima, chiedeva il rigetto della domanda attorea, in quanto infondata in fatto e in diritto.

Nelle more del giudizio il Condominio revocava le delibere impugnate.

Pertanto, ritenuta cessata la materia del contendere, essendo venuto meno l'interesse dell'attore all'accoglimento della sua domanda, il giudizio proseguiva al fine di ottenere la statuizione sulle spese processuali.

La questione

Si trattava di stabilire se, nella fattispecie in esame, dichiarata cessata la materia del contendere, fosse applicabile il principio della soccombenza virtuale, per il quale le spese processuali vanno poste a carico della parte che sarebbe risultata soccombente, in base ad un apprezzamento prognostico su quello che sarebbe stato l'esito del processo, qualora esso fosse proseguito sino al suo sbocco naturale.

Le soluzioni giuridiche

Il Tribunale di Nocera Inferiore - rilevato, preliminarmente, sia la tardività della costituzione del Condominio convenuto (formalizzata quando la causa era stata già assegnata in decisione), sia la non legittimazione a resistere in giudizio del singolo condomino costituitosi, essendo l'interesse in discussione non individuale, ma collettivo - dichiara cessata la materia del contendere, essendo venuto meno l'interesse dell'attore alla propria domanda, e compensa tra le parti le spese processuali, ritenendo che, alla luce delle allegazioni processuali, la domanda attorea non possa essere accolta, non sussistendo i presupposti per fondare una pronuncia di soccombenza virtuale.

Osservazioni

Anteriormente alla riforma della disciplina condominiale operata con la l. n. 220/2012, l'ultimo comma dell'art. 1136 c.c. prevedeva la necessità di redigere processo verbale delle "deliberazioni" dell'assemblea, da trascriversi in un registro tenuto dall'amministratore. Secondo un arresto di legittimità risalente alla fine degli anni novanta, sussisteva, dunque, la necessità di redigere il verbale anche quando l'assemblea condominiale non si fosse costituita regolarmente ovvero non avesse deliberato (Cass. civ., sez. II, 22 maggio 1999, n. 5014). Per la Suprema Corte, nel condominio, poichè la redazione del verbale dell'assemblea costituisce una delle prescrizioni di forma che devono essere osservate al pari delle altre formalità richieste dal procedimento collegiale (avviso di convocazione, ordine del giorno, costituzione, discussione, votazione, ecc.) e la cui inosservanza importa l'impugnabilità della delibera, in quanto non presa in conformità alla legge (art. 1137 c.c.), una volta convocata l'assemblea, occorre dare conto, tramite la verbalizzazione, di tutte le attività compiute, anche se le stesse non si sono perfezionate e non siano state adottate deliberazioni, allo scopo di permettere a tutti i condomini, compresi quelli dissenzienti ed assenti, di controllare lo svolgimento del procedimento collegiale e di assumere le opportune iniziative.

In seguito alla Riforma del 2012, stante la nuova formulazione dell'art. 1136, ultimo co., c.c., il legislatore ha previsto la redazione di un processo verbale, da trascrivere nel registro tenuto dall'amministratore, “delle riunioni dell'assemblea” e non più solo delle “deliberazioni”. Inoltre, ai sensi del novellato art. 1130, n. 7), c.c., nel registro dei verbali delle assemblee devono altresì annotate le eventuali mancate costituzioni dell'assemblea.

Tuttavia, si ritiene che l'omessa verbalizzazione della mancata tenuta dell'assemblea in prima convocazione non possa comportare l'inesistenza o l'invalidità di quella tenutasi in seconda convocazione.

Nella fattispecie sottoposta al suo esame, il Tribunale di Nocera Inferiore, nel ritenere non meritevole di accoglimento la domanda di nullità della delibera assembleare, per mancata redazione del verbale di prima convocazione, si richiama ad un principio, già affermato dalla giurisprudenza di legittimità (Cass. civ., sez. VI, 24 ottobre 2014, n. 22685), secondo il quale la necessità della verifica del negativo esperimento della prima convocazione non comporta anche quella di redigere un verbale negativo, ma attiene alla validità della seconda convocazione assembleare, la quale è condizionata dall'inutile e negativo esperimento della prima, sia per completa assenza dei condomini, sia per insufficiente partecipazione degli stessi in relazione al numero e al valore delle quote. Infatti, la verifica di tale condizione va espletata nella seconda convocazione, sulla base delle informazioni orali rese dall'amministratore, il cui controllo può essere svolto dagli stessi condomini, i quali o sono stati assenti alla prima convocazione, o, essendo stati presenti, sono in grado di contestare tali informazioni.

Pur convenendo sul fatto che la delibera assembleare del Condominio richiede la forma scritta, non potendosi prescindere dalla sua verbalizzazione, deve tuttavia sostenersi che, una volta accertata la regolare convocazione dell'assemblea, l'omessa redazione del verbale che consacra la mancata riunione dell'assemblea in prima convocazione non impedisce che si tenga l'assemblea in seconda convocazione e neppure ne determina l'invalidità.

Il Tribunale nocerino non ravvisa la nullità della deliberaneppure per mancata osservanza della maggioranza qualificata di cui al comma 5 dell'art. 1136 c.c., ritenendo che i lavori che erano stati deliberati, essendo finalizzati alla cura e al mantenimento della cosa comune, riguardando il risanamento di alcune parti del fabbricato condominiale, non potevano intendersi come volti all'introduzione di innovazioni. Per il legislatore, infatti, costituisce innovazione non qualsiasi modificazione della cosa comune, ma soltanto quella che alteri l'entità materiale del bene operandone la trasformazione, ovvero determini la trasformazione della sua destinazione, nel senso che detto bene presenti, a seguito delle opere eseguite, una diversa consistenza materiale o sia utilizzato per fini diversi da quelli precedenti l'esecuzione delle opere.

Ciò premesso, il Tribunale, in relazione al merito della domanda formulata dall'attore, dichiara cessata la materia del contendere, e, con riguardo alla liquidazione delle spese del giudizio, giunge alla conclusione che non ci siano le condizioni per una pronuncia di soccombenza c.d. virtuale.

Ai sensi dell'art. 91 c.p.c. il giudice, con la sentenza che chiude il processo davanti a lui, condanna la parte soccombente al rimborso delle spese a favore dell'altra parte, vittoriosa in giudizio, e ne liquida l'ammontare insieme con gli onorari di difesa.

La condanna alle spese consiste in una pronuncia consequenziale e accessoria alla definizione del giudizio, potendo, tra l'altro, essere legittimamente emessa dal giudice, a carico del soccombente, anche d'ufficio, in mancanza di una esplicita richiesta dalla parte che risulti vittoriosa, sempreché la stessa non abbia manifestato espressa volontà contraria, e fino a quando il giudice debba dichiarare cessata la materia del contendere, dovendosi in tal caso delibare il fondamento della domanda per decidere sulle spese, secondo il principio della soccombenza virtuale.

La cessazione della materia del contendere costituisce un'ipotesi di estinzione del processo non regolamentato dal codice di rito e di stretta elaborazione giurisprudenziale, contenuta in una sentenza dichiarativa della impossibilità di procedere alla definizione del giudizio per effetto della sopravvenuta carenza d'interesse delle parti alla definizione naturale del giudizio.

La sentenza che dichiara cessata la materia del contendere è di carattere meramente processuale ed è inidonea a costituire giudicato sostanziale sulla pretesa fatta valere nel relativo giudizio. La declaratoria di cessazione della materia del contendere o la valutazione di soccombenza virtuale per la liquidazione delle relative spese di lite non sono idonee ad acquistare autorità di giudicato sul merito delle questioni oggetto della controversia, né possono precluderne la riproposizione in diverso giudizio.

Riferimenti

AA.VV., Il nuovo condominio (a cura di Triola), Torino, 2017;

Celeste - Terzago, Il condominio, Milano, 2008.

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