La competenza in merito all'accertamento dei crediti prededucibili a fronte di confisca di prevenzione ai sensi del cd. codice antimafia

17 Novembre 2020

Il presente contributo, dopo un inquadramento generale del tema dell'accertamento dei diritti dei terzi rispetto alla confisca di prevenzione ex art. 24 d.lgs. 159/2011, intende fornire una disamina della questione inerente alla competenza in merito all'accertamento dei crediti prededucibili sorti nel corso del procedimento di prevenzione.
Introduzione: il cd. codice antimafia e le misure di prevenzione

Il d.lgs. 6 settembre 2011, n. 159 (“Codice delle leggi antimafia e delle misure di prevenzione, nonché nuove disposizioni in materia di documentazione antimafia, a norma degli articoli 1 e 2 della legge 13 agosto 2010, n. 136”), cd. codice antimafia, prevede misure di prevenzione sia personali che patrimoniali.

Per quanto concerne, in particolare, le misure di prevenzione patrimoniali previste dal d.lgs. 159/2011, la principale è la confisca di prevenzione ex art. 24 d.lgs. 159/2011, preceduta dal sequestro di prevenzione ex art. 20 d.lgs. 159/2011 finalizzato a tale confisca.

Ai sensi del combinato disposto dei summenzionati artt. 20 e 24 d.lgs. 159/2011 (nella versione attualmente in vigore – infatti il cd. codice antimafia ha già subito diverse novelle) è previsto che:

  • il Tribunale Ordinario, sezione misure di prevenzione, anche d'ufficio, con decreto motivato ordina il sequestro dei beni dei quali il cd. proposto alla misura di prevenzione risulti poter disporre, direttamente o indirettamente, quando il loro valore risulti sproporzionato al reddito dichiarato o all'attività economica svolta ovvero quando, sulla base di sufficienti indizi, si abbia motivo di ritenere che gli stessi siano il frutto di attività illecite o ne costituiscano il reimpiego; il sequestro avente ad oggetto partecipazioni sociali totalitarie si estende di diritto a tutti i beni costituiti in azienda;
  • il Tribunale Ordinario, sezione misure di prevenzione, dispone la confisca dei beni sequestrati di cui il proposto alla misura di prevenzione non possa giustificare la legittima provenienza e di cui, anche per interposta persona fisica o giuridica, risulti essere titolare o avere la disponibilità a qualsiasi titolo in valore sproporzionato al proprio reddito (dichiarato ai fini delle imposte sul reddito) o alla propria attività economica, nonché dei beni che risultino essere frutto di attività illecite o ne costituiscano il reimpiego; laddove venga disposta la confisca di partecipazioni sociali totalitarie, va ordinata la confisca anche dei relativi beni costituiti in azienda.
La tutela dei diritti dei terzi su beni oggetto di confisca di prevenzione

La confisca di prevenzione crea un problema di conflitto (e quindi necessario contemperamento) con i diritti vantati da terzi sui beni sottoposti alla confisca.

Vi possono essere diverse tipologie di terzi in vario modo interessati dalla misura di prevenzione:

  • terzi formali intestatari del bene che però sia ritenuto essere nella disponibilità del proposto;
  • terzi titolari di diritti di credito (o di pretese di natura obbligatoria), muniti o meno di diritti reali di garanzia sui beni;
  • terzi successori a titolo universale o particolare;
  • terzi interessati indirettamente, in quanto, senza assumere la qualità di formali intestatari o di titolari di un diritto di credito, sono coinvolti in quanto e.g. partecipanti in comunione e titolari di diritti reali o personali di godimento, proprietari del bene di cui sono confiscati diritti reali di godimento, etc.,

le cui posizioni sono disciplinate in maniera differente.

Ai fini del presente contributo ci si soffermerà principalmente sui terzi creditori.

Per quanto concerne gli effetti della confisca, l'art. 45 d.lgs. 159/2011 prevede che, a seguito della confisca definitiva di prevenzione, i beni sono acquisiti al patrimonio dello Stato, liberi da oneri e pesi (pertanto la regola è che i diritti dei terzi siano “cedevoli” rispetto alla confisca di prevenzione, a seguito della quale il terzo vede sottratti dal patrimonio del proprio debitore i beni su cui poter soddisfare il proprio credito, con conseguente annullamento, qualora sia espropriata la totalità dei beni, della garanzia patrimoniale) e che la tutela dei diritti dei terzi è garantita entro i limiti e nelle forme di cui al titolo IV del libro I del d.lgs. 159/2011.

Tale titolo IV (del libro I del d.lgs. 159/2011) si occupa precipuamente della tutela dei terzi, prevedendo sostanzialmente quanto segue:

  • la confisca non pregiudica i diritti di credito dei terzi che risultano da atti aventi data certa anteriore al sequestro, nonché i diritti reali di garanzia costituiti in epoca anteriore al sequestro, ove ricorrano le seguenti condizioni: a) che il proposto alla misura di prevenzione non disponga di altri beni sui quali esercitare la garanzia patrimoniale idonea al soddisfacimento del credito (salvo che per i crediti assistiti da cause legittime di prelazione su beni sequestrati); b) che il credito non sia strumentale all'attività illecita o a quella che ne costituisce il frutto o il reimpiego, sempre che il creditore dimostri la buona fede e l'inconsapevole affidamento; c) nel caso di promessa di pagamento o di ricognizione di debito, che sia provato il rapporto fondamentale; d) nel caso di titoli di credito, che il portatore provi il rapporto fondamentale e quello che ne legittima il possesso (art. 52, comma 1, d.lgs. 159/2011);
  • i suddetti crediti dei terzi devono essere accertati secondo le disposizioni contenute negli artt. 57, 58 e 59 d.lgs. 159/2011 (art. 52, comma 2, d.lgs. 159/2011);
  • essi concorrono al riparto sul valore dei beni o dei compendi aziendali ai quali si riferiscono in base alle risultanze della contabilità separata tenuta dall'Amministratore Giudiziario in relazione ai vari proposti alla misura di prevenzione (art. 52, comma 1, d.lgs. 159/2011);
  • la confisca definitiva di un bene determina lo scioglimento dei contratti aventi ad oggetto un diritto personale di godimento o un diritto reale di garanzia, nonché l'estinzione dei diritti reali di godimento sui beni stessi e ai titolari di tali diritti spetta in prededuzione un equo indennizzo commisurato alla durata residua del contratto o alla durata del diritto reale (art. 52, commi 4 e 5, d.lgs. 159/2011);
  • nel caso di confisca di beni di cui venga dichiarata l'intestazione o il trasferimento fittizio, i creditori del proposto alla misura di prevenzione sono preferiti ai creditori chirografari in buona fede dell'intestatario fittizio, se il loro credito è anteriore all'atto di intestazione fittizia (art. 52, comma 6, d.lgs. 159/2011);
  • è previsto un limite della garanzia patrimoniale per i crediti per titolo anteriore al sequestro di prevenzione, verificati nella fase di verifica, i quali sono soddisfatti dallo Stato nel limite del sessanta per cento del valore dei beni sequestrati o confiscati, risultante dal valore di stima o dalla minor somma eventualmente ricavata dalla vendita degli stessi, al netto delle spese del procedimento di confisca nonché di amministrazione dei beni sequestrati e di quelle sostenute nel procedimento di verifica dei crediti (art. 53 d.lgs. 159/2011);
  • per quanto riguarda i crediti prededucibili, “sono considerati debiti prededucibili quelli così qualificati da una specifica disposizione di legge, e quelli sorti in occasione o in funzione del procedimento di prevenzione, incluse le somme anticipate dallo Stato ai sensi dell'articolo 42” (art. 61, comma 3, d.lgs. 159/2011);
  • «I crediti prededucibili sorti nel corso del procedimento di prevenzione che sono liquidi, esigibili e non contestati, non debbono essere accertati secondo le modalità previste dagli articoli 57, 58 e 59 (i.e. il procedimento di verifica dei crediti, N.d.R.), e possono essere soddisfatti, in tutto o in parte, al di fuori del piano di riparto, previa autorizzazione del giudice delegato» (art. 54, comma 1, d.lgs. 159/2011); se l'attivo è sufficiente e il pagamento non compromette la gestione, al pagamento provvede l'Amministratore Giudiziario mediante prelievo dalle somme disponibili; in caso contrario, il pagamento è anticipato dallo Stato; tuttavia, se la confisca ha ad oggetto beni organizzati in azienda e il Tribunale Ordinario, sezione misure di prevenzione, ha autorizzato la prosecuzione dell'attività, la distribuzione avviene mediante prelievo delle somme disponibili secondo criteri di graduazione e proporzionalità, conformemente all'ordine assegnato dalla legge; il Giudice Delegato, con il suddetto decreto di autorizzazione, indica il soggetto tenuto al pagamento del credito prededucibile (art. 54, commi 2 e 3 , d.lgs. 159/2011);
  • a seguito del sequestro di prevenzione non possono essere iniziate o proseguite azioni esecutive; le procedure esecutive già pendenti sono sospese sino alla conclusione del procedimento di prevenzione e si estinguono in relazione ai beni per i quali interviene un provvedimento definitivo di confisca; in caso di dissequestro, la procedura esecutiva deve essere iniziata o riassunta entro il termine di un anno dall'irrevocabilità del provvedimento che ha disposto la restituzione del bene (art. 55, commi 1 e 2, d.lgs. 159/2011);
  • se il sequestro riguarda beni oggetto di domande giudiziali precedentemente trascritte, aventi ad oggetto il diritto di proprietà ovvero diritti reali o personali di godimento o di garanzia sul bene, il terzo, che sia parte del giudizio, è chiamato ad intervenire nel procedimento di prevenzione ai sensi degli artt. 23 (i.e. nei trenta giorni successivi all'esecuzione del sequestro, i terzi che risultino proprietari o comproprietari dei beni sequestrati, ma anche i terzi che vantino diritti reali o personali di godimento o diritti reali di garanzia sui beni in sequestro, sono chiamati dal Tribunale Ordinario, sezione misure di prevenzione, ad intervenire nel procedimento con decreto motivato che contiene la fissazione dell'udienza in camera di consiglio e all'udienza gli interessati possono svolgere le loro deduzioni con l'assistenza di un difensore, nonché chiedere l'acquisizione di ogni elemento utile ai fini della decisione sulla confisca) e 57 (i.e. verifica dei crediti) d.lgs. 159/2011; il giudizio civile è sospeso sino alla conclusione del procedimento di prevenzione; in caso di revoca definitiva del sequestro o della confisca per motivi diversi dalla pretesa originariamente fatta valere in sede civile dal terzo chiamato ad intervenire, il giudizio civile deve essere riassunto entro un anno dalla revoca (art. 55, commi 3 e 4, d.lgs. 159/2011).

Dopo aver delineato i tratti essenziali della disciplina concernente la tutela dei terzi rispetto alla confisca di prevenzione, da qui in avanti ci si soffermerà sul procedimento per l'accertamento dei diritti dei terzi.

Il procedimento per l'accertamento dei crediti dei terzi

Come si è visto retroeccezion fatta per i crediti prededucibili sorti nel corso del procedimento di prevenzione che sono liquidi, esigibili e non contestati (v. infra) – i crediti dei terzi su beni oggetto di confisca di prevenzione devono essere accertati secondo le disposizioni contenute negli artt. 57, 58 e 59 d.lgs. 159/2011.

I summenzionati artt. 57, 58 e 59 d.lgs. 159/2011 prevedono sostanzialmente che si svolga, dinanzi al cd. Giudice della prevenzione, un apposito procedimento per la verifica dei crediti (sulla falsariga di quanto previsto in ambito fallimentare) nel quale (in estrema sintesi):

  • i terzi creditori presentano al Giudice Delegato domanda di ammissione del proprio credito;
  • l'Amministratore Giudiziario esamina le domande e redige un progetto di stato passivo;
  • si tiene un'udienza per la verifica dei crediti e i soggetti interessati possono presentare osservazioni scritte, depositare documenti, partecipare all'udienza;
  • il Giudice Delegato forma lo stato passivo, avverso il quale sono proponibili opposizioni e impugnazioni, mediante ricorso al Tribunale Ordinario, sezione misure di prevenzione, che ha applicato la misura di prevenzione, che le tratta in un'apposita udienza in camera di consiglio, all'esito della quale decide con decreto, ricorribile per Cassazione.

Infine, ai sensi dell'art. 61, commi 2 e 3, d.lgs. 159/2011, i crediti, nei limiti previsti dall'art. 53 (ai sensi del quale i crediti per titolo anteriore al sequestro, verificati ai sensi delle disposizioni di cui al suddetto capo II relativo all'accertamento dei diritti dei terzi, sono soddisfatti dallo Stato nel limite del sessanta per cento del valore dei beni sequestrati o confiscati, risultante dal valore di stima o dalla minor somma eventualmente ricavata dalla vendita degli stessi, al netto delle spese del procedimento di confisca nonché di amministrazione dei beni sequestrati e di quelle sostenute nel procedimento di verifica dei crediti), sono soddisfatti nel seguente ordine: 1) pagamento dei crediti prededucibili; 2) pagamento dei crediti ammessi con prelazione sui beni confiscati, secondo l'ordine assegnato dalla legge; 3) pagamento dei creditori chirografari, in proporzione dell'ammontare del credito per cui ciascuno di essi è stato ammesso, compresi i creditori ammessi con prelazione, per la parte per cui sono rimasti insoddisfatti sul valore dei beni oggetto della garanzia

Il giudice competente rispetto ai crediti prededucibili

Come si è visto nel paragrafo che precede, in generale (in disparte per un momento la questione dei crediti prededucibili, v. infra), nessun problema di competenza si pone in relazione al procedimento per l'accertamento dei crediti dei terzi e dei diritti in generale sorti anteriormente al sequestro di prevenzione: tale accertamento, infatti, avviene sotto la direzione del Giudice Delegato (dal Tribunale Ordinario, sezione misure di prevenzione), che si avvale dell'ausilio dell'Amministratore Giudiziario (dopo la confisca di secondo grado sostituito dall'Agenzia nazionale per l'amministrazione e la destinazione dei beni sequestrati e confiscati alla criminalità organizzata).

Di conseguenza, non pare in alcun modo revocabile in dubbio che il Giudice civile non abbia alcuna competenza in merito.

La questione dell'individuazione del Giudice (funzionalmente) competente, fra Giudice della prevenzione e Giudice civile, rispetto all'accertamento dei crediti dei terzi sembrerebbe invece porsi con riferimento ai crediti prededucibili (tale categoria è sostanzialmente importata dalla disciplina fallimentare e, nel settore delle misure di prevenzione, è da ritenersi diretta derivazione dei principi di fondo rappresentati dalla soggezione dell'agire pubblico, nei rapporti con i terzi, alle norme di diritto civile e dalla tutela dell'affidamento; laddove l'azienda sottoposta al sequestro di prevenzione prosegua l'attività di impresa in costanza di amministrazione giudiziaria, vi è piena e inderogabile responsabilità civile per gli obblighi assunti, stante l'assenza di privilegi dell'azione pubblicistica, inconciliabili con la tutela dei diritti fondamentali; da qui deriva la disciplina di legge che, in riferimento ai crediti sorti in occasione o in funzione del procedimento, ne assicura la prededucibilità, ferma restando la liquidazione secondo criteri di graduazione e proporzionalità; Cass. pen., sez. I, 13 luglio 2018, n. 32269).

Infatti, come si è visto retro, per quanto concerne i crediti dei terzi, l'unica eccezione rispetto alla regola dell'accertamento dei crediti all'interno del procedimento della verifica dei crediti riguarda «i crediti prededucibili sorti nel corso del procedimento di prevenzione che sono liquidi, esigibili e non contestati», i quali (ai sensi dell'art. 54, comma 1, d.lgs. 159/2011), non debbono essere accertati secondo le modalità previste dagli artt. 57, 58 e 59 d.lgs. 159/2011 e possono essere soddisfatti (in tutto o in parte) al di fuori del piano di riparto, previa autorizzazione del giudice delegato.

Come si vedrà nel prossimo paragrafo, è proprio tale art. 54, comma 1, d.lgs. 159/2011 ad essere stato utilizzato da una parte della giurisprudenza per affermare che il Giudice della prevenzione non sarebbe competente tout court rispetto ai crediti prededucibili, rispetto ai quali sarebbe quindi competente il Giudice civile.

Segue. L'orientamento che attribuisce la competenza al giudice civile (anziché al giudice della prevenzione) rispetto all'accertamento dei crediti prededucibili

A tal riguardo, va dato atto dell'esistenza di giurisprudenza sia di merito che di legittimità che (specialmente con riguardo ai crediti maturati dai lavoratori nel corso del procedimento di prevenzione, sovente conseguenti a un licenziamento impugnato e quindi accompagnati da una domanda di reintegra o riassunzione, ma anche in via generale per tutti i crediti prededucibili tout court), facendo leva principalmente (come si è detto) sul fatto che l'art. 54, comma 1, d.lgs. 159/2011 prevede che i crediti prededucibili sorti nel corso del procedimento di prevenzione non debbano essere accertati secondo le modalità di cui agli artt. 57, 58 e 59 d.lgs. 159/2011), nega al Giudice della prevenzione la competenza funzionale in merito all'accertamento dei crediti prededucibili, riconoscendola invece in capo al Giudice civile (eventualmente in funzione di Giudice del lavoro), affermando in particolare che:

  • (in un caso in cui il lavoratore licenziato aveva chiesto e ottenuto la reintegra e il pagamento dell'indennità risarcitoria) «non vi è dunque alcuna norma che consenta di ritenere sussistente una competenza funzionale esclusiva della sezione misure di prevenzione del Tribunale penale in ordine al recesso, da parte dell'amministratore giudiziario, nei confronti di un dipendente di impresa sottoposta ad amministrazione giudiziaria ai sensi del ridetto d.lgs. n. 159 del 2011 (…) e in ordine alle controversie che possano instaurarsi a seguito del detto recesso» (Cass civ., sez. lav., 27 aprile 2017, n. 10439);
  • «i diritti di credito formatisi in data anteriore al sequestro devono essere accertati dalla Sezione Misure di Prevenzione del Tribunale, nell'ambito dell'apposita procedura sopra descritta; le considerazioni che precedono non valgono, tuttavia, per le domande di contenuto patrimoniale successive al decreto di sequestro (…) e per le domande relative all'impugnazione del licenziamento, intervenuto (…) successivamente al provvedimento di sequestro (…) Infatti, come si è visto, l'art. 52 prevede che debbano essere accertati nell'ambito della misura cautelare adottata ai sensi del d.lgs. 159/2011 solo i diritti di credito dei terzi aventi data anteriore al sequestro (…) I crediti sorti successivamente al provvedimento di sequestro sono quindi sottratti alla competenza del Tribunale che ha disposto il sequestro penale (…) Del resto lo stesso d.lgs. n. 159/2011, all'art. 54, comma 1, prevede: "I crediti prededucibili sorti nel corso del procedimento di prevenzione che sono liquidi, esigibili e non contestati, non debbono essere accertati secondo le modalità previste dagli articoli 57, 58 e 59, e possono essere soddisfatti, in tutto o in parte, al di fuori del piano di riparto, previa autorizzazione del giudice delegato." (…) Né si rinviene nel corpus normativo del d. lgs. 159/2011 alcuna norma attributiva di una omnicomprensiva competenza funzionale esclusiva del giudice delegato o del Tribunale della prevenzione, comprendente anche le controversie inerenti la risoluzione del rapporto di lavoro. La giurisprudenza di legittimità ha invero ribadito in più occasioni che non vi è alcuna norma che consenta di ritenere sussistente una competenza funzionale esclusiva della sezione misure di prevenzione del Tribunale penale in ordine al recesso, da parte dell'amministratore giudiziario» (Trib. Roma, sez. II lavoro, 12 dicembre 2019, n. 11186);
  • «debbano essere accertati nell'ambito della misura cautelare adottata ai sensi del d. lgs. 159/2011 solo i diritti di credito dei terzi aventi data anteriore al sequestro (…) I crediti sorti successivamente al provvedimento di sequestro sono quindi sottratti alla competenza del Tribunale che ha disposto il sequestro» (Trib. Milano, sez. lav., 8 febbraio 2017, n. 252).

Pertanto, sulla base di tale orientamento, la competenza funzionale del Giudice della prevenzione sussisterebbe esclusivamente con riferimento ai crediti e altri diritti anteriori al sequestro di prevenzione, mentre sussisterebbe la competenza del Giudice civile con riferimento ai crediti prededucibili sorti nel corso del procedimento di prevenzione.

Segue. La diversa opzione interpretativa per cui il giudice della prevenzione ha competenza funzionale anche con riferimento ai crediti prededucibili

All'orientamento esposto nel paragrafo che precede pare potersi contrapporre una diversa opzione ermeneutica, secondo cui la competenza in merito ai crediti prededucibili spetterebbe al Giudice della prevenzione e non al Giudice civile.

Infatti, vero è che (come si è già visto retro) il cd. codice antimafia prevede, come eccezione alla regola del necessario accertamento degli stessi nell'apposita fase di verifica, che «I crediti prededucibili sorti nel corso del procedimento di prevenzione che sono liquidi, esigibili e non contestati, non debbono essere accertati secondo le modalità previste dagli articoli 57, 58 e 59, e possono essere soddisfatti, in tutto o in parte, al di fuori del piano di riparto, previa autorizzazione del giudice delegato» (art. 54, comma 1, d.lgs. 159/2011).

Tuttavia (diversamente da quanto argomentato da diverse pronunce citate nel paragrafo precedente) ciò non implicherebbe che la competenza sia del Giudice civile (eventualmente in funzione di Giudice del lavoro), bensì soltanto che l'accertamento di tali crediti (laddove effettivamente prededucibili e purché siano liquidi, esigibili e non contestati) si svolga con modalità “semplificata” rispetto a quella ex artt. 57, 58 e 59 d.lgs. 159/2011, ma pur sempre dinanzi al Giudice della prevenzione (lo si evince, tra l'altro, anche dal riferimento alla “previa autorizzazione del giudice delegato”).

Vale la pena osservare come autorevole dottrina (Menditto F.) si sia così espressa:

«sembra che: a) non dovrebbe dubitarsi della non esperibilità delle azioni di cognizione relative a crediti (prededucibili) sorti nel corso del procedimento (quindi dopo il sequestro), essendo la relativa tutela (ivi compreso l'accertamento) demandata alla sede propria della prevenzione».

Al fine di inquadrare meglio questa posizione, giova rammentare che, come si è detto, «sono considerati debiti prededucibili quelli così qualificati da una specifica disposizione di legge, e quelli sorti in occasione o in funzione del procedimento di prevenzione, incluse le somme anticipate dallo Stato ai sensi dell'articolo 42» (art. 61, comma 3, d.lgs. 159/2011).

Pertanto sono sostanzialmente due le diverse categorie di crediti prededucibili:

  • da una parte,quelli così qualificati da una specifica disposizione di legge (a tal riguardo, diversamente dall'ambito fallimentare nel quale sono previsti plurimi crediti così definiti, in materia di misure di prevenzione l'unica disposizione che menzioni expressis verbis la prededuzione è l'art. 52, comma 5, d.lgs. 159/2011, che riserva in prededuzione un equo indennizzo, commisurato alla durata residua del contratto o alla durata del diritto reale, a coloro che, a seguito della confisca definitiva di un bene, abbiano subito lo scioglimento del contratto che aveva ad oggetto un loro diritto personale di godimento o diritto reale di garanzia ovvero che abbiano subito l'estinzione di un diritto reale di godimento sul bene stesso);
  • dall'altra parte,quelli sorti in occasione o in funzione del procedimento di prevenzione, incluse le somme anticipate dallo Stato laddove dalla gestione dei beni sequestrati o confiscati non fosse ricavabile denaro sufficiente per il pagamento delle spese necessarie o utili per la conservazione e l'amministrazione dei beni (quelli “sorti in occasione o in funzione del procedimento di prevenzione” sembrano da individuarsi principalmente, mediante rinvio agli artt. 42 e 44 d.lgs. 159/2011, in quelli relativi alle “spese necessarie o utili per la conservazione e l'amministrazione dei beni”, i.e. nei costi della procedura e dunque principalmente i compensi dell'Amministratore Giudiziario e dei Coadiutori e le obbligazioni contrattuali derivate dalla prosecuzione d'impresa; a tal riguardo, in generale, pare possibile prendere come riferimento, mutatis mutandis, gli orientamenti della giurisprudenza di legittimità in materia fallimentare secondo cui occorre un collegamento funzionale e non occasionale con la procedura, inteso non soltanto con riferimento al nesso tra l'insorgere del credito e gli scopi della procedura ma anche con riguardo alla circostanza che il pagamento del credito rientri negli interessi e dunque risponda agli scopi della procedura stessa).

Ciò premesso, a ben vedere, come evidenziato dalla summenzionata autorevole dottrina (Menditto F.), la distinzione tra le due summenzionate diverse categorie di crediti prededucibili è rilevante sotto il profilo delle modalità e del momento del pagamento, dal momento che:

  • i crediti prededucibili “così qualificati da una specifica disposizione di legge sono liquidati all'esito dell'apposito procedimento di verifica, in via prioritaria rispetto agli altri crediti (e quindi prima di ogni altro credito ammesso, anche se con prelazione) e nei limiti (i.e. il suddetto sessanta per cento) previsti dall'art. 53 d.lgs. 159/2011;
  • mentre «i crediti “sorti in occasione o in funzione del procedimento di prevenzione” sono disciplinati, prioritariamente, dall'art. 54 d.lgs. n. 159/11, al di fuori della verifica, previa autorizzazione del giudice delegato il quale effettuerà una sorta di accertamento semplificato ed indicherà il soggetto tenuto al pagamento, purché ricorrano i seguenti requisiti: a) si tratti di crediti liquidi, esigibili e non contestati (categoria in cui rientrano le somme anticipate dallo Stato ai sensi dell'art. 42 d.lgs. cit.); b) non si pregiudichi la gestione. In sintesi, i crediti sorti nel corso del procedimento di prevenzione che sono liquidi, esigibili e non contestati possono essere liquidati senza assoggettamento al procedimento di verifica, salva la possibilità di acconti parziali, anche nel caso di beni organizzati in azienda (di cui il Tribunale ha autorizzato la prosecuzione dell'attività): – se l'attivo è sufficiente e il pagamento non compromette la gestione, al pagamento provvede l'amministratore giudiziario mediante prelievo dalle somme disponibili (art. 54, comma 2, primo periodo; – qualora le somme disponibili siano insufficienti contrario, il pagamento è anticipato dallo Stato (art. 54, comma 2, e 42 commi 2 e 3). Tali somme anticipate costituiranno crediti prededucibili all'esito del procedimento di verifica con pagamento prioritario (art. 61, comma 2 n. 1 e 3); – se la confisca ha ad oggetto beni organizzati in azienda e il tribunale ha autorizzato la prosecuzione dell'attività, la distribuzione avviene mediante prelievo delle somme disponibili secondo criteri di graduazione e proporzionalità, conformemente all'ordine assegnato dalla legge (art. 54, comma 2, ult. per. Il giudice delegato, con il decreto di autorizzazione di cui indica il soggetto tenuto al pagamento del credito prededucibile (art. 54, comma 3)».

Residuerebbe il caso dei crediti “sorti in occasione o in funzione del procedimento di prevenzione” che però non siano “liquidi, esigibili e non contestati, di cui si dirà appresso (v. infra).

Peraltro, come evidenziato dalla sopra richiamata autorevole dottrina (Menditto F.), così come «nel giudizio fallimentare (…) la previsione di un'unica sede concorsuale per l'accertamento del passivo comporta la necessaria concentrazione presso un unico organo giudiziario delle azioni dirette all'accertamento dei crediti e l'inderogabile osservanza di un rito funzionale alla realizzazione del concorso dei creditori, il che determina l'improponibilità della domanda proposta nelle forme ordinarie (…) ad analoga conclusione si può pervenire, in linea generale, per i procedimenti di prevenzione».

Sembrano dare conforto alla tesi per cui il Giudice della prevenzione sarebbe competente anche in merito ai crediti prededucibili alcuni precedenti di merito che hanno affermato:

  • (in un caso avente ad oggetto la richiesta avanzata in via monitoria, da parte di un lavoratore licenziato nel corso del procedimento di prevenzione, dipagamento del T.F.R. e di retribuzioni maturate nel corso del procedimento di prevenzione) che «gli artt. 57 e ss. del d.lgs n. 159/2011 prevedono invero che (…) i crediti di terzi a valere sul compendio sequestrato debbano essere accertati secondo una particolare procedura (…) Le stesse regole valgono per i crediti prededucibili ai sensi dell'art. 54, sebbene essi possano essere pagati, ove certi, liquidi e non contestati, previa autorizzazione del giudice delegato. Tale ‘corpus' di regole, che introducono uno speciale procedimento concorsuale per l'accertamento dei crediti a valere su compensi soggetti a confisca secondo il codice antimafia, appare del tutto analogo alle previsioni della legge fallimentare, nella quale è pacifico che, una volta intervenuto il fallimento, i crediti vanno accertati secondo il particolare procedimento prescritto per l'ammissione al passivo della procedura, restando improcedibili le azioni ordinarie (Cass. 17035/2011, 28481/2005), compresi i crediti prededucibili (Cass. 1065/2002, 515/2003) Poiché da quanto premesso risulta che del credito vantato dal [dipendente, N.d.R.] può giudicare solo il giudice delegato alla procedura di prevenzione e nelle forme prescritte dal d.lgs n. 159/2011, appare evidente l'infondatezza della tesi avanzata dal suo difensore per cui sarebbe necessario o consentito l'accertamento del credito nelle forme ordinarie per ottenere un titolo da far valere nei confronti della procedura» (Trib. Roma, sez. lav., 25 giugno 2018, n. 5418);
  • (in un caso avente ad oggetto l'impugnazione del licenziamento intimato nel corso del procedimento di prevenzione, con richiesta di reintegrazione o riassunzione e pagamento di indennità risarcitorie e t.f.r.) che: «l'assoggettamento del Consorzio convenuto alla misura del sequestro ex d.lgs. 159/2011 da parte del Tribunale Penale di Roma, comporta che le ragioni attoree di credito vantate nei confronti di tale ente, debbano essere accertate davanti al giudice delegato nell'ambito della misura cautelare adottata ex art. 52 e ss. d.lgs. cit. Consegue che in alcun caso questo Giudice potrà rendere pronunce di condanna a contenuto patrimoniale in danno di parte convenuta, per essere competente il Tribunale Penale di Roma» (Trib. Roma, sez. lavoro, 9 febbraio 2017, n. 14393);
  • «ne consegue la non esperibilità delle azioni di cognizione relative a crediti (prededucibili) sorti nel corso del procedimento (quindi dopo il sequestro), essendo la relativa tutela (ivi compreso l'accertamento) demandata alla sede propria della procedura»(Trib. Parma, sez. I, 4 febbraio 2016, n.224);
  • «La peculiarità degli accertamenti richiesti per il riconoscimento di tali crediti, sia di pagamento che di consegna, seppur sorti successivamente alla confisca, esige che la loro verifica venga effettuata dal Tribunale che ha disposto la misura di prevenzione. I crediti in parola, infatti, anche se fossero prededucibili resterebbero sottoposti alle scansioni di tale speciale procedimento (…) dunque preclusa al giudice civile ordinario, diverso da quello competente per la misura di prevenzione, la cognizione relativa all'accertamento di tali crediti, che deve necessariamente compiersi, in virtù della normativa speciale, dinanzi al giudice della misura di prevenzione» (Trib. Pavia, 18/09/2017, n.1434).

Come anticipato supra, dopo aver chiarito il trattamento riservato, da una parte, ai crediti prededucibili «così qualificati da una specifica disposizione di legge» e, dall'altra parte, ai «crediti prededucibili sorti nel corso del procedimento di prevenzione che sono liquidi, esigibili e non contestati», residua il caso dei crediti “sorti in occasione o in funzione del procedimento di prevenzione” che però non siano “liquidi, esigibili e non contestati”.

In tal caso, sembrerebbe ragionevole ritenere che essi debbano essere sottoposti alla verifica.

In tal senso depone un precedente di merito, secondo cui: «Quanto ai crediti sorti in epoca successiva al sequestro (cd. crediti prededucibili), come nel nostro caso, l'art. 54 del Codice Antimafia prevede che "l crediti prededucibili sorti nel corso del procedimento di prevenzione che sono liquidi, esigibili e non contestati, non debbono essere accertati secondo le modalità previste dagli articoli 57, 58 e 59, e possono essere soddisfatti, in tutto o in parte, al di fuori del piano di riparto, previa autorizzazione del giudice delegato"; Diversamente, i crediti prededucibili (in mancanza di liquidità, esigibilità o in presenza di contestazione) devono essere accertati secondo il procedimento di verifica e composizione del passivo di cui all'art. 57 e ss., per il quale è funzionalmente competente il giudice delegato» (Trib. Parma, sez. I, 4 febbraio 2016, n. 224).

Va comunque dato atto, ai fini di completezza, di un precedente di merito che, ritenendo nel caso in esame di non poter inquadrare la fattispecie concreta (i.e. richieste patrimoniali a vario titolo avanzate dal lavoratore in forza di un contatto di lavoro stipulato in epoca successiva al sequestro) fra i crediti prededucibili vista l'insussistenza del requisito della “non contestazione”, ha concluso nel senso della competenza del Giudice civile (in funzione di Giudice del lavoro): «pertanto ad essa non è applicabile la disciplina di cui all'art. 52 del d.lgs. 159/11 (che regola i diritti di credito dei terzi sorti in epoca anteriore al sequestro). Neppure, la vicenda in esame potrebbe ricondursi alle ipotesi del successivo art. 54, che disciplina i crediti prededucibili. La norma, infatti, richiede che questi ultimi, oltre ad essere liquidi ed esigibili, siano 'non contestati', circostanza evidentemente non ricorrente nel caso di specie. Per tali motivi, non sussistendo una norma che sottrae al giudice 'competente' per materia il giudizio di cognizione in relazione alla vicenda in esame, deve ritenersi la competenza funzionale del giudice del lavoro» (Tribunale Napoli, sez. lav., 29 settembre 2016, n. 6901).

Segue. Il peculiare caso della richiesta contestuale, da parte del lavoratore licenziato nel corso del procedimento di prevenzione, di reintegra o riassunzione e pagamento somme

Merita qualche considerazione a parte la peculiare ipotesi in cui un lavoratore licenziato nel corso del procedimento di prevenzione chieda contestualmente sia la reintegra o riassunzione sia una condanna di tipo patrimoniale per crediti maturati a vario titolo durante il procedimento di prevenzione, anche ma non soltanto in conseguenza del licenziamento.

È stato rilevato come «(…) infondata è l'eccezione di incompetenza funzionale del giudice del lavoro adito, fondata sull'asserita competenza esclusiva del Giudice della Prevenzione (…) La posizione del lavoratore che chieda accertarsi la illegittimità della risoluzione del rapporto di lavoro da parte dell'amministrazione giudiziaria e invochi una pronuncia costitutiva inerente al rapporto stesso (nella specie, la reintegrazione nel posto di lavoro) non è assimilabile ai diritti di credito dei terzi di cui all'art. 52 comma 1 del d. lgs. 159/2011. In detta ipotesi, infatti, il lavoratore invoca la tutela di un interesse ulteriore e distinto rispetto ai meri diritti patrimoniali di credito che concorrono, ai sensi dell'art. 52, comma 2, al riparto sul valore dei beni o dei compendi aziendali» (Trib. Roma, sez. III lavoro, 19 ottobre 2018).

A tal riguardo anzitutto (senza alcuna pretesa di esaustività, in ragione dell'oggetto del presente contributo) va dato atto (vista la “vicinanza” fra le due materie) dell'orientamento della giurisprudenza di legittimità in ambito fallimentare, che sembra far leva, ai fini dell'individuazione del Giudice competente, sul concetto di “strumentalità” o meno delle domande di mero accertamento o costitutive rispetto ai diritti patrimoniali che si intenda far valere in sede fallimentare, e.g.:

  • affermando che «il discrimen tra le due sfere di cognizione deve essere individuato nelle rispettive speciali prerogative: del giudice del lavoro, quale giudice del rapporto e pertanto delle controversie aventi ad oggetto lo status del lavoratore, in riferimento ai diritti di corretta instaurazione, vigenza e cessazione del rapporto, della sua qualificazione e qualità, miranti a pronunce di mero accertamento oppure costitutive, come quelle di annullamento del licenziamento e di reintegrazione nel posto di lavoro (…); del giudice fallimentare, quale giudice del concorso, nel senso dell'accertamento e della qualificazione dei diritti di credito dipendenti da rapporto di lavoro, in funzione della partecipazione al concorso (anche eventualmente in conseguenza di domande di accertamento o costitutive in funzione strumentale (…) e con effetti esclusivamente endoconcorsuali (…) ovvero destinate comunque ad incidere sulla procedura concorsuale e che pertanto devono essere esaminate nell'ambito di quest'ultima per assicurarne l'unità e per garantire la parità tra i creditori» (Cass civ., sez. lav., 30 marzo 2018, n. 7990, ma nello stesso senso anche Cass. civ., sez. lav., 16 ottobre 2017, n. 24363);
  • facendo riferimento a «principi da tempo elaborati anche in materia di lavoro, per cui le domande di mero accertamento o anche costitutive (p.es. annullamento licenziamento e reintegrazione) che siano "mero strumento di diritti patrimoniali da far valere sul patrimonio del fallito" sfuggono alla competenza funzionale del giudice del lavoro, cui restano invece soggette allorquando si fondino anche sull'interesse del lavoratore a tutelare la sua posizione all'interno della impresa fallita, sia per l'eventualità della ripresa dell'attività lavorativa (conseguente all'esercizio provvisorio ovvero alla cessione dell'azienda, o a un concordato fallimentare), sia per tutelare i connessi diritti non patrimoniali, ed i diritti previdenziali, estranei all'esigenza della par condicio creditorum» (Cass. civ., sez. I, 7 febbraio 2020, n. 2990);
  • ma anche, tuttavia, dell'orientamento per cui (anche in un caso in cui non si sia chiesta, perché non prevista, la tutela reale) il Giudice del lavoro sia competente non soltanto in merito all'an ma anche al quantum del credito destinato ad essere ammesso allo stato passivo, essendogli preclusa soltanto le condanna pecuniaria:
  • «divengono improponibili (…) le azioni del lavoratore dirette ad ottenere una condanna pecuniaria della datrice di lavoro (anche se accompagnate da domande di accertamento o costitutive aventi funzione strumentale) invece devono essere proposte (…) davanti al giudice del lavoro le azioni del lavoratore non aventi ad oggetto la condanna della società datrice di lavoro al pagamento di una somma di denaro. Tra queste ultime rientrano senz'altro tutte quelle dirette ad impugnare il licenziamento, per le quali la possibilità dell'insinuazione nello stato passivo dei relativi crediti risarcitori del lavoratore presuppone che ne siano stati determinati l'an e il quantum, da parte del giudice del lavoro» (Cass. civ., sez. lav., 19 giugno 2017, n. 15066);

e, infine, dell'orientamento che invece nega rilevanza a tale “strumentalità”:

  • «la controversia instaurata dal dipendente il quale impugni il licenziamento e chieda la reintegrazione (…) ha un oggetto che, non essendo costituito da crediti nei confronti del datore, è diverso da quello che caratterizza le pretese dei creditori: e resta pertanto estranea alle finalità (…) della competenza del tribunale fallimentare (…) pertanto la predetta domanda, per il suo stesso oggetto (ed indipendentemente dalla sua strumentale utilizzazione ai fini della condanna al pagamento di somme), resta estranea allo spazio devoluto alla competenza del tribunale fallimentare» (Cass. civ., sez. lav., 6 ottobre 2017, n. 23418).

Con precipuo riferimento al procedimento di prevenzione si rinviene un precedente di merito (sostanzialmente in linea con quanto appena esposto per l'ambito fallimentare) che (in un caso avente ad oggetto l'impugnazione del licenziamento intimato nel corso del procedimento di prevenzione, con richiesta di reintegrazione o riassunzione e pagamento di indennità risarcitorie e t.f.r.) ha affermato che: «l'assoggettamento del Consorzio convenuto alla misura del sequestro ex d.lgs. 159/2011 da parte del Tribunale Penale di Roma, comporta che le ragioni attoree di credito vantate nei confronti di tale ente, debbano essere accertate davanti al giudice delegato nell'ambito della misura cautelare adottata ex artt. 52 e ss. d.lgs. cit. Consegue che in alcun caso questo Giudice potrà rendere pronunce di condanna a contenuto patrimoniale in danno di parte convenuta, per essere competente il Tribunale Penale di Roma, permanendo in capo al tribunale adito la competenza a conoscere la domanda di reintegrazione/riammissione in servizio, stanti le analogie con la procedura fallimentare» (Trib. Roma, sez. lavoro, 9 febbraio 2017, n. 14393).

Pertanto, in assenza di un orientamento consolidato, con riferimento al caso di un lavoratore licenziato nel corso del procedimento di prevenzione che chieda contestualmente sia la reintegra o riassunzione sia una condanna pecuniaria per crediti maturati a vario titolo durante il procedimento di prevenzione, anche ma non soltanto in conseguenza del licenziamento, potrebbe ipotizzarsi (anche sulla base degli orientamenti espressi nel contiguo ambito fallimentare) la competenza del Giudice civile (in funzione di Giudice del lavoro) ad accertare l'eventuale illegittimità del licenziamento e ad ordinare l'eventuale reintegra o riassunzione (a meno che le domande di mero accertamento o costitutive siano nel caso di specie mero strumento di diritti patrimoniali da far valere verso la procedura, dovendosi in tal caso rivolgersi al Giudice della prevenzione) e la competenza del Giudice della prevenzione ad accertare i crediti del lavoratore, a fortiori in considerazione del fatto che tali crediti presumibilmente non saranno “liquidi, esigibili e non contestati” e non saranno quindi (ex art. 54, comma 1, d.lgs. 159/2011) suscettibili di essere soddisfatti al di fuori del piano di riparto sfuggendo all'accertamento nel procedimento di verifica.

In conclusione

Come si è illustrato supra, in contrapposizione a un orientamento che sembra sottrarre alla competenza del Giudice della prevenzione (a favore del Giudice civile) l'accertamento di tutti i crediti sorti nel corso del procedimento di prevenzione, sembra potersi sostenere che, anche con riferimento ai crediti prededucibili (di qualunque tipo fra quelli summenzionati), il Giudice civile non sia competente, essendo funzionalmente competente il Giudice della prevenzione.

A ben vedere, dall'esame delle pronunce che hanno affermato che in merito ai crediti prededucibili non sarebbe competente il Giudice della prevenzione, bensì il Giudice civile, risulta che esse avevano sempre ad oggetto, congiuntamente alla richiesta di pagamento di somme da parte del lavoratore, anche la sua domanda di una pronuncia costitutiva (reintegrazione o riassunzione). Pertanto pare possibile ipotizzare che tali statuizioni in merito all'asserita incompetenza tout court del Giudice della prevenzione (e quindi competenza del Giudice civile) in merito ai crediti prededucibili siano state in qualche modo “trainate” dalla presenza contestuale della domanda di natura costitutiva (reintegrazione o riassunzione).

Tuttavia, pare possibile chiedersi se la compresenza di tali domande di natura costitutiva (reintegrazione o riassunzione) e di domande tese all'accertamento (e condanna) di crediti del lavoratore avrebbe potuto/dovuto invece indurre a riflessioni specifiche in merito al fatto che la presenza delle prime potesse o meno consentire anche alla seconde di essere accertate dal Giudice civile (in funzione di Giudice del lavoro), senza spingersi fino ad affermare, con portata generale, che (sostanzialmente poiché l'art. 54, comma 1, d.lgs. 159/2011 prevede che «i crediti prededucibili sorti nel corso del procedimento di prevenzione che sono liquidi, esigibili e non contestati, non debbono essere accertati secondo le modalità previste dagli articoli 57, 58 e 59») il Giudice della prevenzione non sia competente tout court in merito ai crediti prededucibili.

Riferimenti

Menditto F., Confisca di prevenzione e tutela dei terzi creditori. Un difficile bilanciamento di interessi, in Diritto Penale Contemporaneo, 7 luglio 2015, pp. 42-47.

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