L'azione di rivalsa prescinde dal giudizio azionato dal danneggiato

18 Novembre 2020

Il Collegio della III Sezione Civile della Corte di Cassazione, con l'ordinanza 9 novembre 2020, n. 25087, ha chiarito che l'azione di rivalsa, da parte della compagnia di assicurazione, può essere esercitata a prescindere da un giudizio azionato dal danneggiato. Ha inoltre precisato che, in presenza di una formale richiesta risarcitoria formulata dai danneggiati verso l'impresa di assicurazione, quest'ultima non deve attendere l'instaurazione del giudizio, bensì può eseguire la propria prestazione entro il massimale di legge, finanche in presenza di eccezioni derivanti dal contratto.

La vicenda. Un ragazzo, trasportato a bordo di un ciclomotore, perdeva la vita in un incidente stradale.
L'assicurazione citava in giudizio la proprietaria del veicolo ed i genitori del conducente, minore di età, facendo valere, tra le altre cose, il diritto di rivalsa ex art. 144, n. 2, del d.lgs. n. 209/2005 (Codice delle Assicurazioni Private), nei confronti sia della proprietaria che del conducente del veicolo. La compagnia, quanto alla domanda di rivalsa, spiegava di aver corrisposto delle somme in favore dei fratelli della vittima, in tal modo assolvendo al proprio obbligo risarcitorio, e di aver agito in rivalsa per recuperare dette somme verso la propria assicurata, ai sensi dell'art. 144, comma 2, codice delle assicurazioni, nonché dei genitori del conducente, responsabili ex art. 2048, comma 1, c.c.
La proprietaria del mezzo, costituitasi in giudizio, eccepiva l'infondatezza delle pretese avanzate dalla compagnia di assicurazione, sostenendo che l'esercizio dell'azione di rivalsa doveva considerarsi improponibile in assenza della previa instaurazione dell'azione diretta da parte dei danneggiati.
Il Tribunale respingeva la domanda di rivalsa formulata dalla società, condividendo la tesi della necessità del previo esercizio dell'azione diretta da parte dei danneggiati, mentre la Corte d'Appello accoglieva parzialmente le doglianze formulate dalla compagnia, condannando, per l'effetto, in via solidale, gli appellati, a corrispondere alla compagnia appellante, la somma di circa 88.000 euro. Quindi condannava la proprietaria del motoveicolo, dichiarando compensato ex art. 1241 c.c., il credito vantato nei confronti dell'assicurazione, col diritto di quest'ultima derivante dall'esercizio dell'azione di rivalsa. Più in dettaglio, il Giudice di secondo grado aveva considerato ammissibile l'azione di rivalsa, ritenendo che in presenza di una formale richiesta risarcitoria verso l'impresa di assicurazione, quest'ultima non dovesse attendere l'instaurazione del giudizio, bensì potesse eseguire la propria prestazione entro il massimale di legge, finanche in presenza di eccezioni derivanti dal contratto. Lo stesso giudice d'appello accertava la responsabilità esclusiva del conducente minorenne nella causazione del sinistro.

Rivalsa e regresso. La vicenda approda presso la Corte di Cassazione dove, tra gli altri motivi, la proprietaria del motociclo ha lamentato che l'azione di rivalsa fosse riconducibile al genus del regresso e, quindi, sottoposta alle stesse regole operative. Per il Collegio di legittimità assimilazione siffatta non è corretta, non trovando univoci riferimenti normativi, stante la polisemia dei termini “rivalsa” e “regresso”, accomunati da una finalità recuperatoria in senso lato, e rappresentando ambedue strumenti a disposizione del “solvens” finalizzati a rimuovere il depauperamento patrimoniale subito.
Il Giudice di legittimità ha osservato che nessuno dei due strumenti risulta disciplinato quale azione di carattere generare nel codice civile e che, dal punto di vista normativo, ricorre una pluralità di ipotesi eterogenee: regresso, rivalsa, pagamento con surrogazione, il cui comune denominatore risulta l'attribuzione, in capo al solvens, della facoltà di recuperare, secondo le fattispecie, in tutto o in parte, quanto corrisposto. Non sempre il solvens, risulta infatti titolare ovvero titolare esclusivo dell'interesse passivo sottostante l'obbligazione adempiuta, pertanto l'esercizio della facoltà di recuperare quanto pagato deve essere adeguato alla specificità della fattispecie, in modo da redistribuire il sacrificio patrimoniale tra soggetti, e di modo che ognuno risponda in misura relazionata al proprio interesse nella vicenda obbligatoria.
Per l'effetto, ipotesi per ipotesi, l'esercizio della facoltà recuperatoria deve essere regolato in modo da tener conto sia della circostanza che il solvens può avere eseguito, verso il creditore, la prestazione dovuta, posta finanche a suo carico poiché contitolare, al medesimo titolo ovvero per titoli differenti, dell'interesse debitorio, che nei casi ove non sussista coincidenza, bensì dissociazione, tra il titolare dell'interesse passivo ed il solvens, che interviene nella vicenda obbligatoria attuando il pagamento dovuto da altri, per contratto o per legge.
Consegue che regresso può essere considerato lo strumento-modello impiegabile dal solvens in ottica recuperatoria, tuttavia ciò non significa che l'esercizio in concreto di tale strumento debba essere sottoposto a operazioni che non tengano conto della differenza, in ambito funzionale, delle fattispecie di riferimento.
Il Collegio, inoltre, ha precisato non deve trarre in inganno la promiscuità dei termini regresso e rivalsa, in quanto il loro impiego risulta spesso “atecnico”, dovendolo ritenere meramente descrittivo dell'effetto finale che ai realizza nel rendere reversibile il depauperamento patrimoniale del solvens, così come occorre avere ben chiaro che un conto è occuparsi della facoltà recuperatoria (e cioè del diritto), mentre altro è l'esercizio della stessa (quindi, l'azione).

Il supporto giurisprudenziale. Per motivare il rigetto delle doglianze interposte dalla proprietaria del veicolo, il collegio ha richiamato alcune pronunce (Cass. civ., sez. I, Sent. 20 giugno 2000 n. 8371; Cass. civ., Sez. VI, Ord. 12 ottobre 2018, n. 25429) traendo la conclusione che devono essere valorizzati profili che diversificano il diritto recuperatorio in favore della compagnia da quello riconosciuto al condebitore solidale, principiando da quello dell'apprezzabilità dell'interesse dell'assicurazione ad adempiere, essendo esposta all'azione del creditore. L'assicuratore, difatti, ha interesse al pagamento proprio come ogni debitore ha interesse a liberarsi dal vincolo e, in linea con la giurisprudenza di legittimità, l'esercizio dell'azione di rivalsa può essere arrestato dall'asserita incongruità della somma offerta, posto che l'assicurato può formulare tutte le possibili eccezioni in ordine la sua responsabilità e all'entità del risarcimento, eccezioni che, come correttamente evidenziato dal giudice di seconde cure, sono essere fatte valere anche in sede stragiudiziale. E ciò va a confutare le difese della ricorrente, secondo la quale l'azione di rivalsa dovrebbe essere esercitata unicamente nel corso di un giudizio azionato dal danneggiato.

*Fonte: dirittoegiustizia.it

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