Controversie fiscali nell'Unione Europea: l'Italia ha attuato la Direttiva (UE) 2017/1852

19 Novembre 2020

È stato pubblicato nella Gazzetta Ufficiale il D.Lgs. n. 49 del 10 giugno 2020, attuativo della direttiva UE n. 2017/1852 in tema di risoluzione delle controversie in materia fiscale nell'Unione europea. Il decreto, entrato in vigore il 25 giugno scorso, stabilisce un meccanismo vincolante e obbligatorio relativo alle procedure amichevoli o ad altre procedure di risoluzione delle controversie tra l'Autorità competente italiana e le Autorità competenti degli altri Stati membri dell'Unione europea che derivano dall'interpretazione e dall'applicazione degli Accordi e delle Convenzioni internazionali per evitare le doppie imposizioni sul reddito e sul patrimonio di cui l'Italia è parte e della Convenzione 90/436/CEE, del 23 luglio 1990 relativa all'eliminazione delle doppie imposizioni in caso di rettifica degli utili di imprese associate.
Premessa
Il decreto, entrato in vigore il 25 giugno scorso, stabilisce un meccanismo vincolante e obbligatorio (con una scadenza chiaramente definita ed un obbligo di risultato per tutti gli Stati membri) relativo alle procedure amichevoli o ad altre procedure di risoluzione delle controversie tra l'Autorità competente italiana e le Autorità competenti degli altri Stati membri dell'Unione europea che derivano dall'interpretazione e dall'applicazione degli Accordi e delle Convenzioni internazionali per evitare le doppie imposizioni sul reddito e sul patrimonio di cui l'Italia è parte e della Convenzione 90/436/CEE, del 23 luglio 1990 relativa all'eliminazione delle doppie imposizioni in caso di rettifica degli utili di imprese associate. Nel comunicato stampa del Governo si evidenzia che la disposizione è volta a creare un ambiente più favorevole per le imprese e per chi svolge attività transfrontaliera, riducendo i costi di conformità e gli oneri amministrativi e, di conseguenza, promuovendo gli investimenti, stimolando la crescita e rafforzando la certezza del diritto in materia fiscale. La particolarità e l'importanza della novità normativa esige un esame dell'istituto in parola.
Lineamenti generali della disciplina

Prima di procedere con l'esame del D.Lgs. 10 giugno 2020, n. 49, occorre porre l'attenzione sulla direttiva (UE) 2017/1852, la quale è stata recepita dal D.Lgs. de quo.

La direttiva affronta uno dei principali problemi riscontrati dalle società che operano a livello cross-border, quale quello della composizione delle controversie internazionali in materia di doppia imposizione.

Prima della emanazione della direttiva, i meccanismi di composizione delle suddette controversie si risolvevano in procedure amichevoli (Mutual Agreement Procedures – MAP) previste dalle Convenzioni per evitare le doppie imposizioni (Double Taxation Conventions – DTCs), ovvero quei trattati internazionali basati sul Modello elaborato dall'OCSE, mediante i quali gli Stati contraenti regolano l'esercizio della propria potestà impositiva al fine di eliminare le doppie imposizioni sui redditi e/o sul patrimonio dei rispettivi residenti, nonché dalla “Convezione relativa all'eliminazione delle doppie imposizioni in caso di rettifica degli utili di imprese associate n. 90/436/CEE del 23 luglio 1990”.

In tale contesto, la composizione delle controversie internazionali avveniva tramite un meccanismo di consultazione diretta tra le Amministrazioni fiscali dei Paesi interessati che dialogano attraverso le rispettive Autorità competenti nelle forme ritenute più idonee e con il fine di prevenire ad un accordo sulle rispettive pretese impositive volto ad eliminare la doppia imposizione internazionale.

Per le procedure amichevoli richieste in base alle Convenzioni per evitare le doppie imposizioni non esiste, tuttavia, un obbligo di risultato, considerata l'assenza di una fase arbitrale da attivarsi in caso di mancato accordo tra le Autorità competenti interessate e, pertanto, tali procedure si sono rivelate talvolta non del tutto efficaci sul piano sostanziale.

Per le procedure amichevoli attivate ai sensi della citata Convenzione n. 90/436/CEE, invece, è disposto un meccanismo di arbitrato, secondo il quale, ove le Autorità competenti non raggiungano un accordo durante la fase di consultazione (fase amichevole), le stesse possono decidere di demandare la controversia ad una commissione consultiva indipendente chiamata ad esprimere un parere al fine dell'eliminazione della doppia imposizione. Tale meccanismo arbitrale, in quanto carente del requisito dell'automaticità ed affidato all'iniziativa degli Stati interessanti, non necessariamente garantisce l'effettiva risoluzione delle controversie.

Tanto premesso, sebbene i suddetti strumenti abbiano operato adeguatamente in molti casi, la Commissione europea, ad esito di un'analisi condotta in particolare sul funzionamento della Convenzione n. 90/436/CEE, ha rilevato criticità in tema di:

a) accesso alla procedura da parte dei contribuenti;

b) eccessiva durata della stessa;

c) scarso ricorso all'arbitrato;

d) ambito di applicazione limitato.

La direttiva (UE) 2017/1852 del Consiglio, del 10 ottobre 2017, sui meccanismi di risoluzione delle controversie in materia fiscale nell'Unione europea riprende, sostanzialmente, l'impianto della Convenzione n. 90/436/CEE, ovverosia:

  • presentazione dell'istanza arbitrale da parte del contribuente;
  • valutazione delle Autorità competenti sull'ammissibilità dell'istanza;
  • raggiungimento entro due anni dell'accordo amichevole volto ad eliminare la doppia imposizione;
  • in mancanza di accordo amichevole, previsione di un arbitrato obbligatorio attraverso l'istituzione di una commissione consultiva con il compito di emanare un parere sulle modalità di risoluzione del caso.

Tale impianto risulta potenziato attraverso, innanzitutto, l'estensione dell'ambito di applicazione, nonché l'introduzione, di una serie di meccanismi attivabili dal contribuente volti a garantire maggior certezza nell'accesso alla procedura, a prevenire possibili fenomeni di inerzia da parte degli Stati membri e ad assicurare il rispetto dei tempi previsti per la risoluzione dei casi e per l'effettiva implementazione dell'accordo raggiunto.

Si è ritenuto che l'obiettivo di una procedura efficace ed efficiente per risolvere le controversie in materia di doppia imposizione nel contesto del corretto funzionamento del mercato interno, non potesse essere conseguito in misura sufficiente dai singoli Stati membri e che la direttiva rappresentasse, invece, in virtù della sua portata sovranazionale, lo strumento normativo più idoneo ed efficace per conseguire tale obiettivo a livello unionale.

Tale intervento si pone, peraltro, in linea con gli orientamenti internazionali in materia, pure diretti al miglioramento dell'effettività dei meccanismi di risoluzione delle controversie fiscali internazionali. Nello specifico, l'Action 14 del progetto OCSE/G20 BEPS (Base Erosion and Profit Shifting) ha definito uno standard comune a livello internazionale.

Stante siffatta situazione l'opzione, da parte dell'Italia, di non regolamentazione non è apparsa praticabile, poiché l'intervento è reso obbligatorio dalla necessità di recepire la direttiva (UE) 2017/1852.

Ciò posto, le norme contenute nella direttiva non hanno lasciato spazio a margini di discrezionalità che consentissero di ipotizzare l'adozione di soluzioni differenti, dal punto di vista regolatorio, da quella proposta.

L'opzione scelta, infatti, è stata innanzitutto quella di adottare un provvedimento normativo autonomo in considerazione del fatto che manca nel nostro ordinamento nazionale un qualsiasi provvedimento il quale possa fungere da cornice normativo o, comunque, da regolamentazione di base su cui operare con una novella in senso integrativo e/o modificativo, funzionale all'adeguamento della normativa nazionale alla normativa unionale.

Inoltre, la scelta di adottare nello specifico un decreto legislativo è stata dettata dal fatto che la direttiva in esame introduce una normativa articolata e complessa la quale, ad opinione del Legislatore nazionale, non poteva che richiedere un intervento unitario ed organico idoneo a disciplinare compiutamente ogni aspetto delle procedure ivi previste.

Il D.Lgs. 10 giugno 2020, n. 49 di recepimento della direttiva (UE) 2017/1852 ha adottato i sopra richiamati principi e criteri direttivi specifici, già così individuati nella legge di delegazione europea:

  1. apportare al decreto legislativo 31 dicembre 1992, n. 546, recante disposizioni sul processo tributario, le modifiche e le integrazioni necessarie al corretto ed integrale recepimento della direttiva (UE) 2017/1852;
  2. coordinare e raccordare le disposizioni dei decreti legislativi per l'attuazione della direttiva (UE) 2017/1852 con gli obblighi internazionali in materia fiscale, ivi compresa la Convenzione relativa all'eliminazione delle doppie imposizioni in caso di rettifica degli utili di imprese associate, con atto finale e dichiarazioni, fatta a Bruxelles il 23 luglio 1990, ratificata e resa esecutiva ai sensi della legge 22 marzo 1993, n. 99.

L'intervento normativo de quo ha modificato l'art. 19 del D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, all'interno del quale è stata inserita la lettera h- bis), la quale dispone l'impugnabilità della “decisione di rigetto dell'istanza di apertura di procedura amichevole presentata ai sensi della direttiva (UE) 2017/1852 del Consiglio del 10 ottobre 2017 o ai sensi degli Accordi e delle Convenzioni internazionali per evitare le doppie imposizioni di cui l'Italia è parte ovvero ai sensi della Convenzione relativa all'eliminazione delle doppie imposizioni in caso di rettifica degli utili di imprese associate n. 90/436/CEE” ed ha riformulato l'art. 39, comma 1- ter, del predetto D.Lgs. prevedendo la sospensione del giudizio tributario “su richiesta del contribuente, nel caso in cui sia stata presentata un'istanza di apertura di procedura amichevole ai sensi della direttiva (UE) 2017/1852 del Consiglio del 10 ottobre 2017”.

In proposito giova evidenziare che la riformulazione operata dell'art. 39, comma 1–ter del D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, consente di richiedere la sospensione del processo non più solo dopo che la procedura amichevole abbia avuto inizio ma, anche nell'ottica di una maggiore certezza, già dal momento della presentazione della relativa istanza.

Inoltre, con riferimento all'istanza di presentazione della procedura amichevole, viene previsto la sospensione giudiziale avvenga su richiesta del soggetto interessato, mentre, per quanto concerne la richiesta presentata ai sensi degli Accordi e delle Convenzioni per evitare le doppie imposizioni stipulate dall'Italia ovvero della Convenzione relativa all'eliminazione delle doppie imposizioni in caso di rettifica degli utili di imprese associate n. 90/463/CEE del 23 luglio 1990, vale la regola generale della richiesta conforme delle parti.

Inoltre, è stata disposta la modifica dell'art. 15 del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 602, mediante l'aggiunta di un nuovo comma 2, a tenore del quale “Nel caso in cui sia stata presentata un'istanza di apertura di procedura amichevole ai sensi della direttiva (UE) 2017/1852 del Consiglio del 10 ottobre 2017, la sospensione del processo, disposta ai sensi dell'articolo 39, comma 1-ter, lettera b), del decreto legislativo del 31 dicembre 1992, n. 546, comporta la sospensione della riscossione degli importi di cui al comma 1. In tal caso, la sospensione della riscossione è effettuata dall'ufficio dell'Agenzia delle entrate competente ed opera sino a conclusione delle procedure previste dalla citata direttiva (UE) 2017/1852”.

Infine, per garantire il necessario raccordo con le disposizioni di cui all'art. 31- quater del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, è stata prevista l'inclusione nel comma 1, lettera a), del richiamato art. 31 – quater delle procedure di risoluzione delle controversie in materia fiscale disciplinate dalla direttiva (UE) 2017/1852, ai fini della rettifica in diminuzione del reddito di cui all'art. 110, comma 7, secondo periodo, del TUIR.

Vediamo nel dettaglio le disposizioni del D.Lgs. in oggetto.

Sulle definizioni di cui al D.Lgs. 10 giugno 2020, n. 49

Il considerando n. 6 della Direttiva (UE) 2017/1852 prevede che il meccanismo della risoluzione delle controversie dovrebbe applicarsi alla diversa interpretazione e applicazione degli accordi o convenzioni fiscali bilaterali e della convenzione sull'arbitrato dell'Unione (specie alla diversa interpretazione e applicazione che risultano in doppie imposizioni).

Ciò dovrebbe essere conseguito attraverso una procedura che preveda, come primo passo, la presentazione del caso alle autorità fiscali degli Stati membri interessati, al fine di risolvere la controversia utilizzando una procedura amichevole. Gli Stati membri dovrebbero essere incoraggiati a ricorrere a forme alternative non vincolanti di risoluzione delle controversie, come ad esempio la mediazione o la conciliazione, durante le fasi finali del periodo coperto dalla procedura amichevole. Se entro un determinato periodo di tempo non dovesse essere raggiunto un accordo, il caso dovrebbe essere oggetto di una procedura di risoluzione delle controversie. La scelta del metodo per la risoluzione delle controversie dovrebbe essere flessibile tale da consentire il ricorso a strutture ad hoc o a strutture più permanenti.

Le procedure di risoluzione delle controversie potrebbero assumere la forma di una commissione consultiva, composta da rappresentanti delle autorità fiscali interessate e personalità indipendenti, o potrebbero assumere la forma di una commissione per la risoluzione alternativa delle controversie (la quale garantirebbe la flessibilità nella scelta dei metodi per la risoluzione delle controversie).

Inoltre, se del caso, gli Stati membri potrebbero scegliere, mediante accordo bilaterale, al fine di risolvere la controversia in modo vincolante, di far ricorso a un'altra procedura di risoluzione delle controversie come la procedura arbitrale con “offerta finale” (altrimenti nota come arbitrato sulla “migliore ultima offerta”). Le autorità fiscali dovrebbero adottare una decisione finale vincolante in riferimento al parere di una commissione consultiva o di una commissione per la risoluzione alternativa delle controversie.

Il Legislatore nazionale con il D.Lgs. 10 giugno 2020, n. 49 si è posto all'interno di tale cornice.

L'articolo 2, comma 1, del D.Lgs. 10 giugno 2020, n. 49, recepisce le definizioni di “autorità competente”, “tribunale competente”, “doppia imposizione” e “soggetto interessato” contenute nell'art. 2, paragrafo 1, della direttiva (UE) 2017/1852.

Con particolare riguardo alla definizione di “doppia imposizione” di cui alla lettera c) del comma 1, essa si riferisce all'ipotesi in cui lo stesso reddito venga tassato più volte sia nei confronti del medesimo soggetto (doppia imposizione giuridica), sia in capo a soggetti diversi (doppia imposizione economica).

Per quanto concerne la definizione di “soggetto interessato” (lettera d), identificato come “qualsiasi soggetto residente ai fini fiscali nel territorio dello Stato o in un altro Stato membro e la cui imposizione è direttamente interessata in una questione controversa”, è stata adottata la medesima formulazione di cui alla direttiva, al fine di prevenire eventuali problemi applicativi derivanti da una elencazione che avrebbe potuto escludere categorie di soggetti invece considerate nell'ambito soggettivo previsto nell'Accordo o nella Convenzione in riferimento.

Il suddetto comma 1 specifica, inoltre, alle lettere e) e f), il significato di “procedura di risoluzione delle controversie con parere indipendente” e “procedura di risoluzione delle controversie con offerta finale”, al fine di chiarire le due definizioni non presenti nel diritto interno consolidate, invece, solo a livello internazionale; la prima è la procedura che si conclude con un parere adottato dalla Commissione consultiva o dalla Commissione per la risoluzione alternativa delle controversie basato su un'analisi dei fatti e delle fonti giuridiche applicabili alla controversia, mentre la seconda procedura si conclude con un parere adottato dalla Commissione per la risoluzione alternativa delle controversie basato su una tra le proposte formulate da ciascuna Autorità competente coinvolta nella controversia.

Con specifico riferimento all'Italia, si precisa che l'Autorità competente è l'Agenzia delle Entrate, mentre il tribunale competente viene individuato nelle Commissioni tributarie territorialmente competenti.

Sull'apertura della procedura amichevole

L'istanza di apertura della procedura amichevole (vale a dire “procedura di risoluzione delle controversie con parere indipendente” o “procedura di risoluzione delle controversie con offerta finale”) deve essere presentata simultaneamente all'Agenzie delle Entrate ed all'Autorità competente degli altri Stati membri interessati assicurando, quindi, una simmetria informativa per tutti gli Stati membri, i quali ricevono allo stesso tempo l'istanza e la documentazione di supporto.

Tra le informazioni che il contribuente deve fornire (dettagliate minuziosamente nel comma 9 dell'art. 6 del D.Lgs. in commento) vi è quella relativa agli “accordi di cui all'art. 31–ter del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, reciprocamente vincolante tra i soggetti coinvolti e l'Agenzia delle entrate o le Amministrazioni fiscali degli altri Stati membri interessati”.

Tale previsione va raccordata con quanto previsto dall'art. 4 del D.Lgs. de quo, il cui primo comma chiarisce che, nel caso in cui la procedura amichevole sia richiesta ai sensi di più basi giuridiche (vale a dire D.Lgs. 10 giugno 2020, n. 49, Convenzione 90/436/CEE, Accordi o Convenzioni internazionali per evitare le doppie imposizioni sul reddito e sul patrimonio), viene dato seguito esclusivamente all'istanza presentata ai sensi del D.Lgs. stesso.

È evidente, quindi, come il Legislatore abbia privilegiato il canale della procedura amichevole (in luogo di quello di cui all'art. 31–ter del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600), in quanto basata sul confronto tra le Amministrazioni.

Ciò risulta avvalorato sia da quanto contenuto nel comma 2 dell'art. 4 del D.Lgs. 10 giugno 2020, n. 49, il quale precisa che in caso di ritiro dell'istanza o di cessazione delle procedure di cui al D.Lgs. per altri motivi, il contribuente potrà chiedere l'attivazione di una procedura amichevole relativamente alla medesima questione controversa ai sensi di una diversa base giuridica (Convenzione 90/436/CEE, Accordi o Convenzioni internazionali per evitare le doppie imposizioni sul reddito e sul patrimonio), nei termini ed alle condizioni previste da questa ultima, sia da quanto chiarito dal comma 3 dell'art. 4, il quale conferma la prevalenza delle procedure di cui al medesimo D.Lgs. anche rispetto a procedure già eventualmente avviate sulla medesima questione controversa in base agli Accordi e Convenzioni per evitare le doppie imposizioni di cui l'Italia è parte e/o alla Convenzione 90/436/CEE del 23 luglio 1990 relativa all'eliminazione delle doppie imposizioni in caso di rettifica di utili di imprese associate.

Giova inoltre precisare che, nella diversa ipotesi in cui una precedente procedura amichevole richiesta sulla stessa questione controversa ai sensi di un Accordo o Convenzione per evitare le doppie imposizioni di cui l'Italia è parte, si sia conclusa senza accordo tra le Autorità competenti interessate (e la fase arbitrale non sia attivabile in base al pertinente Accordo o Convenzione), il soggetto interessato può richiedere l'attivazione delle procedure previste dal D.Lgs., laddove siano ancora sussistenti i termini e le condizioni previste da tale corpus normativo, presentando l'istanza ai sensi dell'art. 3.

Poste tali condizioni, l'istanza deve essere presentata entro il termine di tre anni dalla data in cui si è ricevuta la prima notifica dell'atto o di altro documento equivalente, nonché dalla data in cui si verifica la misura che ha comportato o potrebbe comportare la questione controversa, pena il rigetto della stessa.

Tale previsione è volta ad includere tutte le fattispecie dalle quali possa derivare per il contribuente una doppia imposizione rilevante ai fini della procedura prevista dalla direttiva.

In particolare, oltre all'ipotesi più ricorrente dell'avviso di accertamento, l'istanza può essere presentata anche a fronte:

a) di un diniego di rimborso espresso ovvero nel caso di silenzio – diniego da parte dell'Amministrazione finanziaria, in conformità a quanto previsto dagli artt. 37, secondo comma e 38 del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 602;

b) di un processo verbale di constatazione.

In ogni caso, in tale ultima ipotesi, il comma 1 dell'art. 3 chiarisce che il periodo di tre anni previsto per la presentazione dell'istanza decorre dalla notifica dell'avviso di accertamento.

La disposizione vuole tutelare il soggetto interessato, precisando che, in caso di richiesta della procedura a seguito di PVC, per la decorrenza del periodo di tre anni entro il quale produrre l'istanza, si deve comunque prendere a riferimento la successiva data di notifica dell'avviso di accertamento recante i rilievi che determinano la doppia imposizione.

In tal modo si è voluto sgomberare il campo da possibili fraintendimenti circa il dies a quo da cui conteggiare il suddetto termine. Per completezza, qualora la questione controversa abbia origine in un altro Stato membro, lo stesso comma 1 dell'art. 3 rinvia la qualificazione dell'azione che la comporta al diritto interno di questo ultimo.

Rispetto all'assetto vigente in materia di controversie fiscali internazionali, uno degli elementi più innovativi introdotti dal decreto di recepimento della direttiva (UE) 2017/1852 è il superamento della definitività dell'imposta ai fini dell'attivazione delle procedure previste dalla direttiva (fase amichevole e fase arbitrale).

La possibilità di ottenere l'eliminazione della doppia imposizione viene estesa anche alle ipotesi in cui la controversia fiscale, purchè originata da un'attività di controllo dell'Amministrazione finanziaria, sia stata già oggetto di definizione in via amministrativa.

Tali ipotesi comprendono l'omessa impugnazione e gli istituti deflattivi disciplinati dal D.Lgs. 19 giugno 1997, n. 218, nonché la mediazione tributaria di cui al D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546. Rimane invece preclusa, giova evidenziarlo, la possibilità di accedere alla procedura amichevole nei casi di ravvedimento operoso ai sensi dell'art. 13 del D.Lgs. 18 dicembre 1997, n. 472, per i quali la violazione non sia già stata constatata e non siano iniziati accessi, ispezioni, verifiche o altre attività amministrative di accertamento.

L'istanza di apertura di procedura amichevole non può, altresì, essere presentata qualora sulla questione controversa sia intervenuta una sentenza di merito da parte della commissione tributaria competente (e, pertanto, a contrario si ricava che l'istanza possa essere proposta qualora la sentenza sia di mero rito) ed in presenza di conciliazione fuori udienza o in udienza.

La presentazione dell'istanza non è subordinata alla preliminare instaurazione del contenzioso nazionale. Il contribuente può, dunque, scegliere, come precisa il comma 4 dell'art. 3, se ricorrere o meno alla commissione tributaria competente indipendentemente dal fatto che la stessa questione sia oggetto di procedura amichevole.

Nell'ipotesi in cui venga instaurato anche un contenzioso nazionale, il comma 5 contempla la possibilità di ottenere la sospensione del giudizio ai sensi dell'art. 39, comma 1- ter, lettera b) del D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, permettendo in tal modo al soggetto interessato di valutare la riattivazione del contenzioso domestico qualora non ritenga soddisfacente l'esito delle procedure previste dalla direttiva.

La decisione dell'Agenzia delle entrate in merito all'accoglimento dell'istanza di apertura della procedura amichevole deve essere adottata entro i sei mesi successivi alla ricezione dell'istanza stessa o delle informazioni supplementari, dandone specifica notizia al soggetto interessato e comunicazione alle altre Autorità competenti coinvolte; una volta decorso tale termine, l'istanza si considera accolta anche in assenza di notifica da parte dell'Agenzia delle Entrate.

L'articolo 7 del D.Lgs. 10 giugno 2020, n. 49, regolamenta la fase immediatamente successiva all'accoglimento dell'istanza.

Si tratta della procedura amichevole mediante la quale la questione controversa dovrebbe trovare soluzione entro due anni dall'accoglimento dell'istanza da parte delle Autorità competenti interessate, salva la possibilità, prevista al comma 2, di prorogare tale termine di un ulteriore anno.

Qualora sulla questione controversa intervenga, prima del raggiungimento dell'accordo, una sentenza di merito della commissione tributaria o una decisione del giudice a seguito di conciliazione tributaria, l'Agenzia delle entrate notifica la decisione alle Autorità competenti degli altri Stati membri interessati, ponendo termine alla procedura amichevole.

Nel caso in cui la controversia fiscale, originata da un'attività di controllo dell'Amministrazione finanziaria, sia stata già oggetto di definizione in via amministrativa ai sensi della normativa nazionale, utilizzando gli istituti deflattivi del contenzioso, all'esito della procedura amichevole o della procedura di risoluzione delle controversie l'Agenzia delle entrate, se del caso, ridetermina in aumento o in diminuzione le imposte dovute.

Tale previsione è finalizzata a non vincolare l'Autorità competente italiana agli atti di definizione posti in essere con l'accordo del contribuente in via amministrativa, che possono pertanto essere ridiscussi in sede di procedura amichevole.

L'adozione della decisione e la sua esecuzione

In esecuzione dell'accordo raggiunto con le Autorità competenti degli altri Stati membri interessati, ad esito della procedura amichevole, l'Agenzia delle entrate comunica al soggetto interessato la decisione adottata entro trenta giorni dalla data di conclusione dell'accordo; il mancato raggiungimento dell'accordo entro il termine di sei mesi successivi alla ricezione dell'istanza stessa o delle informazioni supplementari, deve essere comunicato al soggetto interessato dall'Agenzia delle entrate con indicazione delle motivazioni.

Siffatta norma (art. 7 del D.Lgs. 10 giugno 2020, n. 49) deve essere coordinata con quanto previsto nell'art. 19 del D.Lgs. 10 giugno 2020, n. 49.

In particolare il soggetto interessato, entro sessanta giorni dalla comunicazione della decisione, deve esprimere per iscritto la sua accettazione o meno; ciò costituisce condizione essenziale per l'attuazione della decisione.

La decisione costituisce titolo esecutivo tant'è che, laddove la stessa non venga implementata dall'Agenzia delle entrate, il soggetto interessato può ricorrere alla commissione tributaria competente azionando il rimedio dell'ottemperanza di cui all'art. 70 del D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546.

Qualora all'esito della procedura amichevole vengano rideterminate maggiori imposte, sulle stesse non si applicano le sanzioni se queste sono già state definite in via agevolata secondo le norme vigenti.

In tal modo si garantisce al contribuente, il quale abbia definito le controversie in via agevolata (e non si sia limitato alla mera inerzia), il mantenimento dei benefici ottenuti in termini di riduzione delle sanzioni applicate, anche se l'imposta dovuta sia stata successivamente rideterminata (rectius, aumentata).

Viene, altresì, disposta la possibilità di un rimborso delle sanzioni già versate, previa apposita istanza da parte del contribuente, nella sola ipotesi di annullamento integrale della pretesa erariale; il rimborso o lo sgravio delle imposte, dovuti in attuazione della decisione, sono effettivamente garantiti anche in presenza di imposte divenute definitive.

Ricorso dei soggetti interessati avverso la decisione di rigetto

Nel caso in cui sia l'Agenzia delle entrate che le Autorità competenti degli altri Stati membri interessati abbiano rigettato l'istanza di apertura di procedura amichevole, il soggetto interessato può presentare ricorso presso la commissione tributaria competente; il criterio in base al quale viene individuata la commissione tributaria presso la quale presentare il ricorso è quello per territorio di cui all'art. 4 del D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546.

Il Legislatore stabilisce, altresì, l'alternatività tra il rimedio del ricorso e la richiesta di istituire una Commissione consultiva (su cui infra); questa ultima non può essere avanzata se:

  • il ricorso è pendente in conformità dell'ordinamento interno dello Stato membro;
  • la decisione di rigetto può essere ulteriormente impugnata secondo il diritto interno dello Stato membro interessato;
  • la decisione di rigetto è stata confermata, a seconda del caso, con sentenza passata in giudicato o dal tribunale competente di un altro Stato membro interessato con decisione non ulteriormente impugnabile secondo il diritto interno dello stesso Stato.

La Commissione consultiva

Il Legislatore ha previsto l'intervento di una Commissione consultiva nei casi di:

  • rigetto dell'istanza di apertura della procedura amichevole da parte di una delle Autorità competenti degli altri Stati membri interessati. Il soggetto interessato può presentare all'Agenzia delle entrate ed all'Autorità competente degli altri Stati membri interessati la richiesta di istituire la Commissione de qua solo se (i) ai sensi dell'ordinamento interno dello Stato membro in cui è stata emessa la pronuncia di rigetto, non possa essere presentato ricorso avverso la stessa; (ii) non esiste un contenzioso pendente; (iii) il soggetto interessato ha formalmente rinunciato, mediante una dichiarazione scritta, a presentare ricorso avverso la decisione di rigetto. La decisione della Commissione consultiva deve avvenire entro sei mesi dalla data della sua istituzione e deve essere notificata alle Autorità competenti degli Stati membri interessati entro trenta giorni dall'adozione della stessa;
  • rigetto dell'istanza di apertura della procedura amichevole da parte di tutte le Autorità competenti degli Stati membri interessati ed è stata emessa una sentenza favorevole al soggetto interessato, a seguito di ricorso da esso presentato presso il tribunale competente di uno degli Stati membri interessati avverso la decisione di rigetto da parte dell'Autorità competente di detto Stato membro. La decisione della Commissione consultiva deve avvenire entro sei mesi dalla data della sua istituzione e deve essere notificata alle Autorità competenti degli Stati membri interessati entro trenta giorni dall'adozione della stessa;
  • mancato raggiungimento dell'accordo da parte delle Autorità competenti interessate su come risolvere la questione controversa nell'ambito della fase amichevole. Viene così previsto, a carico delle suddette Autorità, un obbligo di risultato da conseguire tramite il ricorso ad una procedura di risoluzione delle controversie (c.d. “fase arbitrale”), dove la Commissione consultiva è chiamata ad esprimere un parere su come risolvere la questione con effetti vincolanti per gli Stati membri in mancanza di un diverso accordo tra le Autorità competenti. Il parere deve essere reso entro sei mesi dalla data dell'istituzione della Commissione, salva una possibile proroga di tre mesi. Tale parere è fondato sulle disposizioni nazionali convenzionali applicabili nel caso di specie, nonché sulle eventuali norme nazionali; lo stesso viene redatto per iscritto e viene notificato dal Presidente alle Autorità competenti interessate;
  • mancato avvio della procedura amichevole da parte delle Autorità competenti nonostante l'accettazione dell'istanza. La Commissione deve rendere il parere entro sei mesi dalla data della sua istituzione, salva una possibile proroga di tre mesi. Tale parere è fondato sulle disposizioni nazionali convenzionali applicabili nel caso di specie, nonché sulle eventuali norme nazionali; lo stesso viene redatto per iscritto e viene notificato dal Presidente alle Autorità competenti interessate.

Le persone fisiche e le imprese che non rientrano nella definizione di grande impresa ai sensi della Direttiva 2013/34/UE e che sono residenti fiscalmente nel territorio italiano, possono richiedere l'istituzione della Commissione consultiva soltanto all'Agenzia delle entrate.

In linea con l'art. 16, paragrafi 6 e 7 della direttiva (UE) 2017/1852, l'Agenzia delle entrate può rifiutare l'accesso alla procedura di risoluzione delle controversie nei casi in cui siano state comminate pene per uno dei delitti dichiarativi di cui al Titolo II del D.Lgs. 10 marzo 2000, n. 74, o qualora la questione controversa non comporti una doppia imposizione.

La Commissione, istituita entro centoventi giorni dalla richiesta, è composta da:

  1. un presidente;
  2. un rappresentante di ciascuna Autorità competente. Previo accordo delle Autorità competenti, il numero di tale personalità può essere aumentato a due per ciascuna Autorità competente;
  3. una personalità indipendente nominata da ciascuna Autorità competente degli Stati membri interessati secondo un elenco istituito presso il Ministero dell'economia e delle finanze. Previo accordo delle Autorità competenti, il numero di tale personalità può essere aumentato a due per ciascuna Autorità competente.

I membri della Commissione consultiva sono soggetti agli obblighi del segreto d'ufficio in relazione alle informazioni che ricevono; la violazione di tali obblighi comporta l'irrogazione di sanzioni amministrative e penali.

Ai fini dell'istruttoria, i soggetti interessati, previo accordo delle Autorità competenti, possono fornire alla Commissione consultiva le informazioni, le prove o i documenti che possono essere rilevanti ai fini della decisione o del parere. I soggetti interessati e le Autorità competenti forniscono le informazioni, le prove o i documenti su richiesta della Commissione consultiva. Tuttavia, tali Autorità competenti possono rifiutare di fornire informazioni alla suddetta Commissione quando:

  • per ottenere le informazioni è necessario applicare misure amministrative contrarie al diritto nazionale;
  • le informazioni non possono essere ottenute nel rispetto del diritto nazionale dello Stato membro interessato;
  • e informazioni riguardano segreti commerciali, aziendali, industriali o professionali o procedure commerciali;
  • la divulgazione delle informazioni è contraria all'ordine pubblico.

Su richiesta della Commissione consultiva i soggetti interessati possono intervenire personalmente o tramite propri rappresentanti muniti di procura generale o speciale dinanzi alla suddetta Commissione. I soggetti interessati possono, altresì, intervenire personalmente o tramite propri rappresentanti muniti di procura generale o speciale su loro richiesta e previo accordo delle Autorità competenti degli Stati membri interessati dinanzi alla medesima Commissione.

Nel caso in cui la Commissione consultiva non venga istituita, il soggetto interessato può ricorrere al Presidente della Commissione tributaria regionale del Lazio se l'Agenzia delle entrate abbia omesso di nominare almeno una personalità indipendente o un sostituto; il termine per ricorrere è di trenta giorni dal decorso del termine di centoventi giorni previsto per l'istituzione della Commissione.

Ai fini della individuazione della Commissione tributaria territorialmente competente, la norma indica il Presidente della Commissione tributaria regionale del Lazio. Tale scelta deriva dalle disposizioni contenute nell'art. 7, paragrafo 3 della Direttiva 2017/1852, le quali stabiliscono che per la procedura di nomina della Commissione consultiva si applicano le norme in materia di arbitrato civile e commerciale. Infatti, l'art. 810, comma 2, c.p.c., stabilisce che, se il luogo dell'arbitrato non è stato fissato o si trova all'estero, il ricorso deve inoltrarsi al Presidente del tribunale di Roma.

Il Presidente della Commissione tributaria regionale del Lazio si pronuncia in merito alla nomina della personalità indipendente e del suo sostituto con ordinanza reclamabile, ai sensi del D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, così come previsto in materia di nomina di arbitri ai sensi dell'art. 810, comma 2, c.p.c.. tale decisione è notificata al richiedente e comunicata all'Agenzia delle entrate, la quale informa le altre Autorità competenti.

Commissione per la risoluzione alternativa delle controversie

Le Autorità competenti coinvolte in una questione controversa possono istituire, in luogo della Commissione consultiva, una Commissione per la risoluzione alternativa delle controversie, anche nella forma di Comitato permanente.

La Commissione in questione può differire dalla Commissione consultiva per quanto riguarda composizione e forma.

Essa, inoltre, può utilizzare procedure di risoluzione delle controversie diverse da quella “con parere indipendente” applicata dalla Commissione consultiva, ivi inclusa la procedura arbitrale “con offerta finale” (altrimenti nota come arbitrato sulla migliore ultima offerta) ed altre tecniche di definizione, come la mediazione, la conciliazione, la consulenza o qualsiasi altro strumento ritenuto adeguato ed efficace.

La direttiva (UE) 2017/1852 ha, infatti, voluto introdurre un meccanismo di risoluzione connotato da una flessibilità tale che consente alle Autorità competenti di scegliere le modalità più idonee a dirimere la questione controversa tenuto conto delle specificità del caso e delle caratteristiche dei contribuenti interessati.

Le norma di funzionamento della Commissione consultiva o della Commissione per la risoluzione delle controversie sono concordate dalle Autorità competenti degli Stati membri interessati.

Tali norme, oltre a definire, in diritto ed in fatto, la questione sulla quale è chiamata ad esprimersi la Commissione in parola, ne specificano composizione e forma, nonché il tipo di procedura adottata per la risoluzione delle controversie se diversa da quella “con parere indipendente” e regolano, inoltre, una serie di aspetti logistici, procedurali ed organizzativi attinenti alle modalità di svolgimento dei relativi lavori.

Qualora le Autorità competenti non abbiano notificato le norme di funzionamento ai soggetti interessati, le personalità indipendenti ed il presidente completano le norme di funzionamento in base alle regole standard stabilite dalla Commissione europea e le trasmettono ai soggetti interessati entro due settimane dalla data in cui è stata istituita la Commissione consultiva o la Commissione per la risoluzione alternativa delle controversie.

Nel caso in cui le personalità indipendenti ed il presidente non siano d'accordo sulle norme di funzionamento o non le abbiano notificate ai soggetti interessati, questi ultimi possono adire il Presidente della Commissione tributaria regionale del Lazio o il tribunale competente di uno degli altri Stati membri interessati al fine di ottenere l'attuazione delle norme di funzionamento.

L'art. 18 del D.Lgs. 10 giugno 2020, n. 49, disciplina la decisione delle Autorità competenti che segue all'emanazione del parere da parte della Commissione consultiva o della Commissione per la risoluzione alternativa delle controversie. In particolare, entro sei mesi dalla notifica del suddetto parere, l'Agenzia delle entrate e le altre Autorità competenti adottano, di comune accordo, una decisione su come risolvere la questione controversa anche in modo difforme dal predetto parere.

In caso di mancato accordo, il parere della Commissione consultiva o della Commissione per la risoluzione alternative delle controversie diventa vincolante.

L'Agenzia delle Entrate, nel caso di questioni già oggetto di definizione in via amministrativa, anche agevolata, ai sensi dell'ordinamento interno, ridetermina, se del caso, in aumento o in diminuzione, le imposte dovute, così come previsto per la procedura amichevole.

La disposizione prevede, inoltre, che la decisione adottata non costituisce un precedente e va notificata al contribuente entro trenta giorni dalla data della sua adozione.

Nel caso in cui l'Agenzia delle entrate non notifichi la decisione di cui sopra al soggetto interessato, questo ultimo potrà rivolgersi alla commissione tributaria competente secondo la procedura prevista per il giudizio di ottemperanza ai sensi dell'art. 70 del D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546.

Conclusioni

L'intervento normativo, avendo come obiettivo il miglioramento degli attuali meccanismi a disposizione del contribuente per la risoluzione delle controversie fiscali internazionali, avrà un impatto positivo sulle imprese del mercato interno le quali operano a livello sovranazionale, nonché nei confronti delle persone fisiche che si trovano ad affrontare sempre più spesso problematiche connesse a fattispecie fiscali le quali coinvolgono i taxing rights di più amministrazioni finanziarie.

L'applicazione delle disposizioni previste dal D.Lgs. 10 giugno 2020, n. 49, comporterà la riduzione della durata delle procedure amichevoli ed arbitrali e costituirà un forte incentivo ad adeguare la capacità amministrativa ed i processi interni in modo ottimale, contribuendo in via significativa a migliorare l'efficienza generale.

Inoltre, essendo le procedure introdotte dal D.Lgs. esaminato disciplinate in ogni loro fase in modo preciso e dettagliato con riguardo ai termini ed alle modalità di svolgimento, nonché caratterizzate dalla possibilità di ricorrere a strumenti volti a superare eventuali inerzie da parte delle Amministrazioni coinvolte, è prevedibile che il nuovo regime possa avere un impatto positivo di aumento della certezza del diritto a livello unionale e di riduzione dei contenziosi in sede domestica.

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