Residenza turistica: contratto a causa mista diverso dalla multiproprietà azionaria

Maurizio Tarantino
24 Novembre 2020

Chiamata a valutare il difetto di giurisdizione del giudice italiano e la disciplina dettata per a tutela dell'acquirente dei contratti relativi alla multiproprietà, la Corte di Cassazione, a Sezioni Unite, ha precisato che il contratto avente ad oggetto la sottoscrizione di azioni e la conseguente attribuzione a detto socio del diritto di usufruire di residenze turistiche configura un negozio unitario, a causa mista, diverso dalla multiproprietà azionaria. Inoltre, i giudici di legittimità hanno evidenziato che i contratti in esame erano stati conclusi da un consumatore, quindi da una persona per un uso che possa essere considerato estraneo alla sua attività professionale. Pertanto, è stata confermata la giurisdizione del giudice italiano.
Massima

Il contratto avente ad oggetto la sottoscrizione, ad opera di un privato, di azioni di una società e la conseguente attribuzione a detto socio del diritto di usufruire, per le proprie vacanze, di residenze turistiche messe a disposizione dalla società in misura corrispondente alle azioni acquistate, nonché ai titoli denominati “punti vacanze” assegnati ai soci in luogo della distribuzione degli utili, e previa prenotazione attraverso un servizio gestito dalla medesima società, configura un negozio unitario, a causa mista, diverso dalla multiproprietà azionaria - in cui, a fronte dell'assunzione della qualità di socio, l'azionista acquista il diritto personale di godimento di un immobile per un determinato periodo di tempo - caratterizzato, sotto il profilo della concreta funzione perseguita dalle parti, dalla prevalenza, rispetto all'acquisizione della qualità di socio, della prestazione di fornitura dei servizi posta a carico della società.

Il caso

L'attore (domiciliato in Italia) aveva sottoscritto nel 1997 con una Società domiciliata nella Confederazione svizzera, esercente servizi vacanze in multiproprietà, un modulo d'acquisto di azioni unitamente a “titoli vacanze” oltre che una quota annuale per l'anno di stipula. Il pagamento delle azioni era disciplinato da un “programma di anticipazioni”, per cui aveva versato due acconti, impegnandosi poi a corrispondere il residuo in 48 rate mensili. La Società, invece, gli aveva offerto la possibilità di trascorrere una vacanza di due settimane in una località sciistica. Tuttavia, nonostante le reiterate richieste, l'attore non era riuscito ad usufruire della vacanza in nessuna località sciistica per asserita indisponibilità di posti; di conseguenza, l'impossibilità aveva condotto l'attore a chiedere al giudice la risoluzione del contratto per inadempimento della Società. Quest'ultima, invece, aveva richiesto un risarcimento danni e, quindi, aveva trattenuto una data somma di franchi svizzeri, detraendola dagli acconti.

Nel giudizio di primo grado, il Tribunale adìto dichiarava il difetto di giurisdizione del giudice italiano per deroga pattuita in favore del giudice del giudice svizzero (ex art. 4, comma 2, l. n. 218/1995), in forza della clausola del contratto, pur non separatamente sottoscritta, che sottoponeva la proposta di acquisto delle azioni alla legge svizzera.

Successivamente, nel giudizio di secondo grado, la Corte d'Appello, nel confermare la decisione di difetto di giurisdizione del giudice italiano, nonché dell'espressa clausola sulla giurisdizione, evidenziava che non poteva trovare applicazione la disciplina dettata per i consumatori e la normativa sulla tutela dell'acquirente dei contratti relativi alla multiproprietà immobiliare tipica di cui alla direttiva n. 1994/47/CE, attuata con il d.lgs. n. 427/1998.

Avverso la pronuncia in esame, il ricorrente proponeva ricorso in Cassazione eccependo, trai vari motivi, che la clausola sulla deroga della giurisdizione italiana non era stata separatamente sottoscritta. Inoltre, secondo il ricorrente, non era corretta la ricostruzione operata dalla Corte territoriale in merito all'esclusione della disciplina consumeristica poiché nella fase della contrattazione con la società resistente, l'attore non aveva assunto la qualità di socio, bensì di consumatore.

La questione

Le questioni in esame sono le seguenti: a chi spetta la giurisdizione in presenza di clausola contrattatale, non separatamente sottoscritta, che sottopone la proposta di acquisto delle azioni alla legge svizzera? Il contratto avente ad oggetto la sottoscrizione di azioni e la conseguente attribuzione del diritto di usufruire di residenze turistiche configura una multiproprietà azionaria?

Le soluzioni giuridiche

Quanto all'acquisto di azioni di multiproprietà azionaria, gli ermellini hanno precisato che la gravata sentenza aveva prestato adesione ai principi enunciati dai giudici di legittimità in una non recente decisione (Cass. civ., sez. un., 10 maggio 1997, n. 4088). Secondo tale provvedimento, nello schema della c.d. multiproprietà azionaria convivono due distinti ed autonomi rapporti giuridici, sia pure tra loro collegati:

- un primo rapporto si costituisce tra la società e l'acquirente delle azioni (socio), il quale diviene titolare delle situazioni giuridiche proprie di tale stato, tra le quali è compreso il diritto all'attiva partecipazione alla vita della società e alla percezione degli utili alla chiusura di ogni esercizio finanziario;

- un secondo rapporto sorge da un'autonoma e distinta convenzione conclusa dalla società con l'azionista, e, in forza di esso, quest'ultimo acquista il diritto personale al godimento dell'unità immobiliare per il periodo stabilito (convenzione, quest'ultima, comprensiva anche delle norme per l'uso dell'unità immobiliare, delle parti e dei servizi comuni: c.d. regolamento condominiale).

In ciò si risolve, essenzialmente, la figura giuridica definita come multiproprietà azionaria c.d. impura, nella quale, alla creazione dei diritti di godimento in capo ai soci, residua alla società un patrimonio destinato alla produzione di utili da ripartire tra i soci, figura, questa, che si contrappone alla multiproprietà azionaria c.d. pura, in cui lo scopo di lucro è, invece, assente.

Premesso ciò, dopo la citata sentenza, il legislatore ha dato attuazione alla direttiva 1994/47/CE e poi alla direttiva 2008/122/CE, rispettivamente con il d. lgs. n. 427/1998 e, poi, con il d.lgs. n. 79/2011.

In particolare, già la direttiva del 1994 (in Italia con il d.lgs. n. 427/1998) forniva una tutela all'acquirente di un diritto di godimento a tempo parziale di beni immobili limitata a taluni aspetti essenziali (tra cui il diritto di recesso). La successiva direttiva del 2008 (in Italia con il d.lgs. n. 79/2001) ha elevato il livello di tutela del consumatore in ragione dello sviluppo del settore della multiproprietà e della comparsa sul mercato di nuovi prodotti per le vacanze di tipo analogo (ad esempio il contratto accessorio per l'acquisto di servizi connessi ad un contratto di multiproprietà).

A tal proposito - precisano i giudici di legittimità - sebbene nel citato decreto legislativo si evochi la definizione del contratto di multiproprietà alludendo agli effetti di tipizzazione legale, il risultato è, piuttosto, quello di fornire una ricognizione di un'operazione economica tale da rendere in essa sussumibili fattispecie concrete diverse, ma rispondenti al paradigma legale e suscettibili, quindi, di trovare nella relativa disciplina regolamentazione e tutela; di ciò, appunto, la conferma della riconducibilità al contratto di multiproprietà degli schemi della multiproprietà immobiliare e della multiproprietà azionaria.

Alla luce di tutto quanto innanzi esposto, il massimo organo di nomofilachia ha ritenuto errato il ragionamento effettuato dal giudice distrettuale in merito all'esclusione dell'applicazione della disciplina dettata per i consumatori. Difatti, l'analisi dei giudici di merito non aveva tenuto conto della comune intenzione dei contraenti desumibile già dall'elemento letterale dei contatti: il socio, in forza di detta sottoscrizione, aveva il diritto di usufruire per le proprie vacanze delle strutture disponibili messe a disposizione dalla Società utilizzando i “punti” che gli venivano accreditati in ragione delle azioni acquistate. Per meglio dire, la distribuzione degli utili ai soci era sostituita con l'assegnazione dei “punti vacanza” e gli eventuali utili residui venivano destinati ad investimenti nelle strutture della Società per il beneficio dei soci. Tale meccanismo, dunque, non privilegiava la partecipazione del socio alla vita della compagine sociale; quindi, l'attribuzione dei “punti” (fruizione dei servizi vacanze) erano destinati unicamente a “scopi endosociali”.

Per l'effetto, in ragione, dunque, della ritenuta portata giuridica dei due (identici) contratti inter partes, trovava applicazione - secondo le Sezioni Unite - ai fini dell'individuazione della giurisdizione sulle domande giudiziali proposte dall'attore, il foro speciale di cui alla Sezione IV della Convenzione di Lugano del 1988 (ratificata e resa esecutiva in Italia con la l. n. 198/1992) relative alla “Competenza in materia di contratti conclusi da consumatori” (articoli da 13 a 15), che, a determinate condizioni, consentono all'attore-consumatore di proporre azione dinanzi ai giudici dello Stato in cui è domiciliato (art. 14), e ciò in deroga al foro generale stabilito dall'art. 2 della stessa Convenzione, ossia del domicilio del convenuto nel territorio di uno Stato contraente. Tale convenzione trova applicazione ratione temporis in ragione del momento di proposizione della domanda giudiziale dell'attore (2004) - precedente all'entrata in vigore (2011) della successiva Convenzione di Lugano del 30 ottobre 2007 - e, in base al suo art. 54-ter (che disciplina la relazione con la Convenzione di Bruxelles), in forza della posizione della Società convenuta, domiciliata nella Confederazione svizzera.

Oltre a ciò - precisa la Cassazione - i suddetti contratti sono stati conclusi da un “consumatore”, ossia “da una persona per un uso che possa essere considerato estraneo alla sua attività professionale”, non potendosi dubitare che l'attore, di professione notaio, avesse sottoscritto gli accordi con la Società per soddisfare esigenze della vita quotidiana - godimento di vacanze nelle residenze gestite dalla medesima Società - certamente estranee all'esercizio di detta attività.

In conclusione, il ricorso del ricorrente è stato accolto, con contestuale dichiarazione della giurisdizione del giudice italiano e rinvio al Tribunale in diversa composizione.

Osservazioni

Dal punto di vista normativo, si osserva che in Italia è stato necessario attendere la Direttiva comunitaria 94/47/CE emanata dal Parlamento Europeo e dal Consiglio dell'Unione Europea in data 26 ottobre 1994 per la tutela dell'acquirente di immobili in multiproprietà, dopo lunga attesa recepita finalmente con il d.lgs. n. 427/1998 il cui testo è stato successivamente trasfuso nel Codice del consumo (d.lgs. n. 206/2005), in seguito modificato dall'art. 2 del d.lgs. n. 79/2011; il nuovo capo I del titolo IV del Codice del consumo è adesso rubricato “contratti di multiproprietà, contratti relativi ai prodotti per le vacanze di lungo termine e contratti di rivendita e di scambio” (artt. 69/81-bis).

La prassi commerciale ha conosciuto varie figure di multiproprietà, ma non tutte hanno avuto in concreto la stessa fortuna e la stessa diffusione: multiproprietà immobiliare (detta anche multiproprietà condominiale); multiproprietà alberghiera (unità immobiliare che si trova all'interno di una struttura alberghiera, ma, per il resto, non presenta ulteriori particolarità dal momento che utilizza lo schema della multiproprietà immobiliare); multiproprietà azionaria (il diritto del multiproprietario è legato alle sorti della società che gestisce l'operazione).

Ebbene, in merito a quest'ultima figura (c.d. azionaria), la dottrina, ancor prima del recepimento della direttiva CEE, si dimostrava dubbiosa sul fatto di poter utilizzare l'espressione multiproprietà per questa specifica fattispecie, sottolineando inoltre i possibili rischi a carico dei soci in multiproprietà in caso di fallimento della società proprietaria del complesso immobiliare.

Secondo altri autori, la multiproprietà azionaria è caratterizzata da una differente struttura, poiché la proprietà dell'immobile non appartiene pro quota ai soggetti che godono del bene, ma ad una società per azioni che acquista il bene direttamente da un conferimento in natura, con un contratto di compravendita o con altro atto traslativo. La multiproprietà azionaria può avere ad oggetto un immobile destinato a civile abitazione o una struttura alberghiera. La peculiarità della multiproprietà azionaria è che la società che ha nel proprio patrimonio il bene immobile emette azioni privilegiate le quali danno ai titolari delle stesse il diritto di godere del bene sociale con modalità turnaria. Pertanto, le azioni privilegiate de qua contengono il diritto riservato ai titolari di godere del bene immobile della società in diversi momenti senza acquistare alcun diritto reale sulla res. Invero, secondo tale ultima ricostruzione, la posizione dei soci titolari delle azioni privilegiate con diritto di godimento in multiproprietà di determinati beni immobili della società presenta:

- aspetti positivi, in quanto facilità per il socio di acquistare e di cedere il proprio diritto di multiproprietà a terzi a titolo oneroso o gratuito, poiché il diritto di multiproprietà in tal caso non deriva dall'acquisto di un diritto immobiliare, come la quota di comproprietà di un immobile, bensì è collegato alla titolarità delle azioni privilegiate che sono liberamente trasferibili, salvo le limitazioni nella circolazione delle azioni previste statutariamente con le clausole di gradimento e di prelazione ai sensi dell'art. 2355-bis c.c.;

- aspetti critici, in quanto l'emissione delle azioni privilegiate che attribuiscono un diritto di godimento turnario su beni immobili sociali riguarda l'ipotesi dell'emissione di azioni vantaggiose sotto il profilo patrimoniale ma limitate nel voto. In tal caso trova applicazione la disciplina sulle azioni prive di voto o con voto limitato prevista dall'art. 2351, comma 2, c.c. che stabilisce che il valore complessivo di tali azioni non può superare la metà del capitale sociale. Inoltre, in merito alla durata del diritto di godimento del bene in multiproprietà immobiliare (dall'art. 69, comma 1, lett. a, del d.lgs. n. 206/2005), il termine di durata minima superiore ad un anno potrebbe essere messo in gioco dal fatto che le azioni privilegiate, come tutte le azioni, possono essere annullate in caso di riduzione del capitale sociale.

Dal punto di vista giurisprudenziale, i giudici di legittimità hanno osservato che il rapporto sociale convive con quello personale di godimento, la posizione contrattuale del multiproprietario socio non configura un diritto di godimento perpetuo, essendo il termine finale del rapporto determinato, in quanto legato alla scadenza contrattuale e in ogni caso sia pure per relationem all'estinzione della società (Cass. civ., sez. II, 10 maggio 1997, n. 4088). Pertanto, il conferimento dell'immobile nella società alla quale partecipano i soggetti che intendono ripartirsene il godimento, rappresenta il dato caratterizzante della cosiddetta multiproprietà azionaria, la quale si distingue da quella immobiliare tipica per il fatto che non comporta l'attribuzione di un diritto reale in favore dei cosiddetti multiproprietari, i quali acquistano solo una quota del capitale della società proprietaria. Sicché, la violazione della menzionata obbligazione di conferimento assume connotati di indubbia gravità e giustifica di per sé la risoluzione del contratto di trasferimento della partecipazione sociale (Cass. civ., sez. I, 4 giugno 1999, n. 5494).

Premesso quanto esposto, in riferimento alla sentenza in commento, il merito della pronuncia delle Sezioni Unite è quello di aver contribuito a esplicitare meglio alcuni aspetti della multiproprietà azionaria; in particolare del soggetto consumatore.

Difatti, in tal vicenda, i contratti sottoscritti erano stati conclusi da un “consumatore”, ossia “da una persona per un uso che possa essere considerato estraneo alla sua attività professionale”. Secondo il ragionamento in esame, i negozi giuridici erano riconducibili nell'àmbito di contratti aventi “per oggetto una fornitura di servizi”, giacché, in armonia con il profilo funzionale concretamente assunto dal rapporto, la prestazione alla quale era obbligata la Società non si risolveva nel consentire all'attore il mero uso di un immobile a tempo ripartito (c.d. time share), ma aveva una connotazione più ampia e significativa, essendo volta a garantire all'acquirente del “titolo vacanza/azione” il c.d. servizio vacanze, a tal fine provvedendo alla gestione articolata di molteplici strutture turistiche dove far trascorrere al sottoscrittore del contratto, e in base ai “punti” accreditati, un periodo di vacanza.

In conclusione, proprio in ragione dei principi espressi, è stato dato risalto alla dimensione dell'operazione economica “fornitura di servizi”, che le parti avevano inteso realizzare attraverso il concreto regolamento negoziale, più che allo schema tecnico-giuridico utilizzato (“acquisizione della qualità di socio” della Società).

Riferimenti

Politelli, I vantaggi e i rischi per il socio nella multiproprietà azionaria, in Quotidianogiuridico.it, 15 giugno 2020;

Ditta, Multiproprietà, in Condominioelocazione.it, 16 marzo 2018;

Belli, Natura giuridica della multiproprietà e ius poenitendi, in Altalex.com, 22 novembre 2010;

Calliano, La proprietà in generale. La multiproprietà, in Trattato di diritto privato diretto da Rescigno, Torino, 1982, 234.

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