Morto il legatario di usufrutto, la facoltà di rinunziarvi si trasmette al suo erede

Nelson Alberto Cimmino
25 Novembre 2020

Se il legato in sostituzione di legittima ha ad oggetto il diritto di usufrutto ed il legatario muore prima di averlo accettato, la facoltà di rinunziarvi si trasmette al suo erede?
Massima

Ove il legato in sostituzione di legittima abbia ad oggetto il diritto di usufrutto ed il legatario muoia prima di averlo accettato, la facoltà di rinunziarvi si trasmette all'erede di costui, divenuto titolare iure hereditatis dell'azione di riduzione, non rilevando, in senso contrario, che l'erede medesimo non possa subentrare nel diritto già acquistato dal proprio dante causa, potendo egli comunque scegliere se renderlo definitivo, assumendo su di sé obblighi ed eventuali diritti nascenti dall'estinzione dell'usufrutto ovvero rinunciarvi, assolvendo all'onere cui è subordinata l'azione di riduzione.

Il caso

Tizia è destinataria, in base a testamento pubblico del coniuge Caio, di un legato in sostituzione di legittima, avente per oggetto il diritto di usufrutto vitalizio su un terreno compreso nell'eredità.

Il coniuge legittimario, legatario in base al testamento, con raccomandata indirizzata a Mevia (erede universale di Caio), rileva che le disposizioni testamentarie ledono la sua quota di legittima e pertanto dichiara che saranno soggette a riduzione nei limiti del consentito come previsto per legge.

Tizia muore e suo unico erede è, in base a testamento olografo, Sempronio, il quale, nella suddetta qualità di unico erede di Tizia, dichiara formalmente di rinunciare al legato sostitutivo disposto da Caio in favore della sua dante causa.

Tale dichiarazione è resa con raccomandata diretta a Mevia, erede universale di Caio.

A tale dichiarazione segue la domanda di riduzione delle disposizioni testamentarie di Caio, proposta da Sempronio nei confronti di Mevia.

Il Tribunale accoglie la domanda ed attribuisce a Sempronio (erede della legittimaria Tizia) una quota di comproprietà del terreno caduto in successione.

Proposta impugnazione da parte di Mevia, la Corte d'Appello conferma la sentenza di primo grado.

La corte di merito ha riconosciuto che la raccomandata spedita da Tizia conteneva l'univoca rinuncia al legato sostitutivo previsto nel testamento di Caio; in ogni caso, la rinuncia era stata reiterata con la raccomandata di Sempronio, erede di Tizia, il quale aveva formalmente rinunciato al legato in sostituzione di legittima disposto in favore della propria dante causa.

Mevia ricorre in Cassazione sostenendo, da un lato, che la dichiarazione fatta in vita da Tizia non conteneva una univoca rinuncia al legato in sostituzione di legittima, non essendo la stessa dichiarazione incompatibile con la volontà di trattenere il legato e pretendere la legittima, dall'altro, che la dichiarazione successiva, proveniente dall'erede della legittimaria, era irrilevante, in quanto riferita a legato avente ad oggetto un diritto (quello di usufrutto) che si era estinto con la morte della legataria.

La questione

Se il legato in sostituzione di legittima ha ad oggetto il diritto di usufrutto ed il legatario muore prima di averlo accettato, la facoltà di rinunziarvi si trasmette al suo erede?

Le soluzioni giuridiche

A parere della Cassazione, il legato in sostituzione di legittima rimane soggetto alla norma generale dell'art. 649 c.c., per cui il legato si acquista immediatamente all'apertura della successione, senza bisogno di accettazione, salva tuttavia la facoltà di rinunciarvi.

Il fatto che l'acquisto del legato avvenga automaticamente non vuol dire che l'accettazione sia inutile o irrilevante. Con l'accettazione, infatti, il legatario fa definitivamente proprio il beneficio del legato e ciò si traduce nella definitività giuridica dell'acquisto, che non è più rinunziabile.

Consegue da quanto sopra che se il legatario muore senza averlo accettato, la facoltà di rinunziare, quale potere inerente al rapporto successorio in atto non esauritosi con il definitivo conseguimento del legato, passa all'erede.

L'applicazione di tale regola al legato sostitutivo comporta che l'erede del legittimario si trova, sotto questo aspetto, nella stessa condizione del legittimario proprio dante causa.

Se il dante causa era ancora nella condizione di poter rinunciare al legato, nella medesima condizione si troverà il suo erede, il quale potrà perciò rinunciare al legato sostitutivo e chiedere la legittima.

Inoltre – precisano gli ermellini – non c'è alcuna ragione per cui tali principi non debbano ritenersi applicabili anche nel caso in cui il legato sostitutivo abbia ad oggetto il diritto di usufrutto.

Infatti, con riferimento al legato di usufrutto, non si trasmette all'erede il diritto (che si estingue con la morte dell'usufruttuario), ma si trasmette comunque la posizione giuridica connessa al legato acquistato ope legis dal legatario, inclusa la facoltà di rinunciare.

Pertanto – prosegue la corte di legittimità – il rilievo che l'erede del legatario non subentra nel diritto di usufrutto non fornisce argomento per negare che egli possa compiere la scelta, cui allude l'art. 551, comma 2, c.c. fra rendere definitivo il diritto già acquistato dal proprio dante causa, assumendo quindi su di sé gli obblighi e gli eventuali diritti nascenti dall'estinzione dell'usufrutto (artt. 1001, 1011 c.c.), o rinunciarvi, assolvendo all'onere cui è subordinata l'azione di riduzione.

È chiaro – conclude la Suprema Corte – che l'eventuale rinuncia sarebbe inefficace se la facoltà di rinuncia si fosse già consumata in vita del legatario, in presenza di una accettazione o comunque di atti incompatibili con la volontà di rinuncia.

Osservazioni

La Cassazione ribadisce il principio, del tutto pacifico in dottrina ed in giurisprudenza, secondo cui il legato in sostituzione di legittima è soggetto alla norma generale per cui esso si acquista senza bisogno di accettazione, salva la facoltà di rinunziare.

Più precisamente, il legato sostitutivo, previsto dall'art. 551 c.c., è una disposizione a titolo particolare sottoposta a condizione risolutiva, nel senso che l'eventuale rinuncia determina il venire meno della sostituzione e consente al legittimario di reclamare la quota di riserva spettantegli per legge sui beni ereditari (Cass. 27 giugno 2013, n. 16252).

Il potere attribuito al legittimario, che sia destinatario di un legato in sostituzione di legittima, di conseguire la parte dei beni ereditari spettantegli per legge anziché conservare il legato, postula l'assolvimento di un onere, consistente nella rinuncia al legato medesimo, che, integrando gli estremi di una condizione dell'azione, può essere assolto fino al momento della decisione (Cass. 4 agosto 2017, n. 19646).

La Suprema Corte precisa esattamente che il fatto che l'acquisto del legato avvenga automaticamente non vuol dire che l'accettazione sia inutile o irrilevante. Con l'accettazione, infatti, il legatario fa definitivamente proprio il legato e ciò si traduce nella irrinunziabilità dell'acquisto.

Nel codice civile manca una specifica norma che regoli espressamente la rinunzia al legato; si applica pertanto il principio generale della libertà delle forme, fatta eccezione per i legati immobiliari per i quali vige l'obbligo della forma scritta (ma non autentica), ai sensi dell'art. 1350, primo comma, n. 5 c.c., risolvendosi la rinuncia in un atto dismissivo di diritti già acquisiti al patrimonio del beneficiario. Infatti, l'automaticità dell'acquisto non è esclusa dalla facoltà alternativa attribuita al legittimario di rinunciare al legato e chiedere la quota di legittima, tale possibilità dimostrando soltanto che l'acquisto del legato a tacitazione della legittima è sottoposto alla condizione risolutiva costituita dalla rinuncia del beneficiario, che, qualora riguardi immobili, è soggetta alla forma scritta, richiesta dalla esigenza fondamentale della certezza dei trasferimenti immobiliari (Cass. Sez. Unite, 29 marzo 2011, n. 7098; Cass. 9 giugno 2017, n. 14503; Cass. 7 maggio 2013, n. 10605; Cass. 22 giugno 2010, n. 15124. Contra Cass. 23 luglio 2010, n. 17413).

La Cassazione nella sentenza in commento afferma il principio secondo cui se il legatario muore senza averlo accettato, la facoltà di rinunziare, quale potere inerente al rapporto successorio in atto non esauritosi con il definitivo conseguimento del legato, passa all'erede, il quale viene così a trovarsi, sotto questo aspetto, nella stessa condizione del legittimario proprio dante causa.

Il fatto che il legato abbia ad oggetto il diritto di usufrutto non incide sulla conclusione della Cassazione in quanto, pur estinguendosi il diritto con la morte dell'usufruttuario, si trasmette comunque la posizione giuridica connessa al legato acquistato ope legis dal legatario, inclusa la facoltà di rinunciare. Di conseguenza, l'erede del legatario può validamente compiere la scelta di cui all'art. 551, comma 2, c.c. fra rendere definitivo il diritto già acquistato dal proprio dante causa, o rinunciarvi.

Il punto nevralgico della ricostruzione della Suprema Corte consiste dunque nel verificare se, al momento della sua morte, il legatario era ancora nella condizione di poter rinunciare al legato; evidentemente se in tale momento era ancora attuale il diritto alla rinuncia, esso si trasmetterà all'erede.

In pratica, bisogna verificare se il legatario aveva o meno accettato il legato, con ciò precludendo a se stesso (e quindi anche al proprio erede) definitivamente la facoltà di rinunciarvi.

Dunque, se il legato è stato accettato (espressamente o tacitamente), l'acquisto diventa definitivo ed il legatario perde il diritto di chiedere la legittima a norma dell'art. 551 c.c., conseguenza alla quale non può essere posto rimedio neppure con eventuali successivi atti di resipiscenza, attese la definitività e l'irretrattabilità degli effetti acquisitivi del lascito testamentario correlati a detta manifestazione di volontà e la consequenziale impossibilità di reviviscenza del diritto di scelta fra il legato sostitutivo e la richiesta della legittima, rimasto caducato al momento stesso in cui è stata manifestata la volontà di conservare il legato (Cass. 22 luglio 2004, n. 13785).

Se l'accettazione del legato è stata espressa, evidentemente non vi saranno grossi problemi a provare la definitività dell'acquisto del legato.

Maggiori difficoltà si riscontrano invece nel caso in cui l'accettazione del legato sia stata tacita, in quanto in tal caso bisogna valutare la condotta complessiva del legatario.

A tal proposito, la giurisprudenza ha affermato che la facoltà di rinuncia è preclusa quando il legatario abbia manifestato con il suo comportamento una volontà incompatibile con quella di rinunciare ovvero con una condotta che, estrinsecandosi nelle facoltà inerenti al diritto acquisito, manifesti l'intenzione di compiere atti di esercizio del relativo diritto, che è evidentemente contraria a una volontà dismissiva dello stesso; in tal caso, non si tratta di verificare la volontà di compiere un negozio giuridico ovvero di accettare o meno la disposizione testamentaria quanto piuttosto occorre accertare la sussistenza di comportamenti che siano manifestazione non equivoca della intenzione di esercitare il diritto oggetto del legato, quali possono essere gli atti di utilizzazione o di godimento pertinenti alla titolarità dello stesso che evidentemente assumono rilevanza a prescindere dalla consapevolezza degli effetti giuridici che ad essi la legge ricollega (Cass. 10 settembre 2013, n. 20711; Cass. 16 maggio 2007, n. 11288; Cass. 27 maggio 1996, n. 4883).

Con riferimento specifico al legato di usufrutto, la Cassazione ha affermato che si ha una accettazione tacita del legato (con conseguente inefficacia di una eventuale rinuncia) quando il legatario, godendo del bene e consumandone i frutti, ha esercitato le facoltà spettanti all'usufruttuario a norma dell'art. 981 c.c.

In tal caso, a parere della Suprema Corte, quel che appare decisivo è stabilire l'effettivo esercizio del diritto oggetto del legato e se, come tale, esso sia espressivo della volontà di fare proprie le utilità ad esso inerenti, dando così il legatario esecuzione alle disposizioni testamentarie.

In sostanza, i giudici hanno ritenuto che, in considerazione del possesso e del godimento dei beni, può ritenersi compiuta la scelta prevista dall'art. 551 c. c. a favore del legittimario nel caso in cui il legatario non si limiti a compiere atti di gestione e di conservazione dei beni o ad effettuare adempimenti contabili o fiscali ma, consumando i frutti, eserciti quelle che sono le facoltà spettanti all'usufruttuario ai sensi dell'art. 981 c.c., senza fornire alcun rendiconto né offrire la restituzione dei frutti percepiti (Cass. 10 settembre 2013, n. 20711).

Al fine di evitare che una possibile situazione di incertezza circa la stabilità dell'acquisto da parte del legatario si protragga per un tempo indeterminato, l'art. 650 c.c. stabilisce che chiunque ha interesse può chiedere che l'autorità giudiziaria fissi un termine entro il quale il legatario dichiari se intende esercitare la facoltà di rinunziare. Trascorso questo termine senza che abbia fatto alcuna dichiarazione, il legatario perde il diritto di rinunziare.

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