Perimento dell'edificio e regime proprietario della nuova costruzione: il condominio risorge … quando meno te l'aspetti!

25 Novembre 2020

L'art. 1128 c.c. detta due regimi disciplinari diversi, a seconda che il perimento dell'edificio sia totale (o pressoché tale) o meno. Tuttavia, anche quando il legislatore ipotizza la nascita di una comunione ordinaria sull'area di sedime residuata dalla demolizione - e, per effetto dell'accessione, sull'erigenda nuova costruzione - il vincolo condominiale ha, comunque, modo di ripristinarsi, quale conseguenza “automatica” derivante dalla divisione della “nuova” cosa comune.
Massima

Il perimento, totale o per una parte che rappresenti i tre quarti, dell'edificio condominiale, determina l'estinzione del condominio per mancanza dell'oggetto, in quanto viene meno il rapporto di servizio tra le parti comuni, mentre permane tra gli ex condomini soltanto una comunione pro indiviso dell'area di risulta, potendo la condominialità essere ripristinata solo in caso di ricostruzione dell'edificio in modo del tutto conforme al precedente. Ne consegue che, in caso di ricostruzione difforme, la nuova costruzione sarà soggetta esclusivamente alla disciplina dell'accessione e la sua proprietà apparterrà ai comproprietari dell'area di risulta in proporzione delle rispettive quote, ripristinandosi il condominio solo allorché i comunisti individuino gli appartamenti di proprietà esclusiva di ciascuno di essi, con un'operazione negoziale che assume la portata di una vera e propria divisione.

Il caso

A seguito del sisma del 1980 un fabbricato, gravemente danneggiato e demolito nei piani superiori, in virtù di specifiche prescrizioni dettate da un'ordinanza sindacale, a seguito di approvazione del progetto da parte dell'assemblea, viene ricostruito, seppure in maniera non conforme all'originaria struttura dell'edificio medesimo. Non raggiungendosi un accordo negoziale sulla suddivisione interna e la distribuzione delle superfici delle singole proprietà, nel rispetto delle carature millesimali preesistenti, alcuni dei comproprietari chiedono lo scioglimento giudiziale della comunione sul nuovo fabbricato, invocando l'applicazione delle tabelle approvate, a maggioranza, dall'assemblea, nelle more della ricostruzione.

Accolta la domanda in primo grado, la decisione viene riformata in Corte d'Appello, la quale osserva che, essendo stata approvata una ricostruzione con modalità difformi dall'edificio originario, non può trovare applicazione il disposto di cui all'art. 12 della l. n. 219/1981 (che permette l'approvazione di delibere condominiali di ricostruzione e riparazione di edifici danneggiati dal sisma del 23 novembre 1980 con le maggioranze di cui all'art. 1136, comma 2,c.c.), dovendosi piuttosto fare ricorso alle norme in materia di accessione, con la nascita di una comunione ordinaria sull'edificio riedificato, da attribuire ai comproprietari del suolo secondo quote determinate o in via negoziale - e, dunque, all'unanimità - dagli ex condomini, divenuti comunisti, oppure in via giudiziale, attraverso un accertamento di carattere peritale.

Difettando il negozio di accertamento della proprietà - improduttiva di effetti essendosi ritenuta una delibera approvata, a maggioranza, dagli ex condomini - dunque, la Corte territoriale addiviene allo scioglimento dell'edificio sulla base degli esiti di una perizia in corso di causa.

Avverso quest'ultima sentenza, viene proposto ricorso per cassazione, affidato a tre motivi, il secondo dei quali concentrato sulla disciplina cui fare riferimento per determinare i millesimi da attribuire ai comproprietari a seguito di demolizione e ricostruzione di un edificio.

La questione

La questione in esame è la seguente: la ricostruzione di un edificio, perito nella sua totalità o in misura pari o superiore ai tre quarti, in maniera difforme rispetto alla struttura originaria, incide sulla disciplina della comproprietà?

Le soluzioni giuridiche

Ai sensi dell'art. 1128, comma 2, c.c., l'assemblea di condominio ha competenza a deliberare e decidere in relazione alla ricostruzione o meno della parte dell'immobile andata distrutta (mentre la stessa, al contrario, non può deliberare alcunché circa l'eventuale vendita all'asta della residua parte ancora intatta) in caso di perimento dell'edificio, ove esso non sia totale ovvero si tratti di una porzione di valore inferiore ai 3/4 del totale: in tale circostanza, diversamente da quanto accade nel caso di perimento totale ovvero in misura dei 3/4 - ipotesi affrontata dal comma 1 della disposizione in esame, v. Cass. civ., sez. II, 20 maggio 2008, n. 12775, nonché infra - il condominio, infatti, non si scioglie (depone in tal senso la constatazione che la norma discorre espressamente di “assemblea dei condomini”, sì da lasciare intendere che il condominio ed i suoi organi non vengono meno per effetto del perimento parziale). L'assemblea, in particolare, è libera di decidere, nella pienezza dei suoi poteri discrezionali, “circa” la ricostruzione (come testualmente si esprime l'art. 1128, comma 2, c.c.) e, cioè, sulle concrete modalità (tecniche, statiche ed estetiche), sui tempi e sulle spese della ricostruzione, senza che il giudice possa ordinare la ricostruzione delle parti comuni perite, sindacando il merito, l'opportunità e l'equità della deliberazione (Cass. civ., sez. II, 2 agosto 1968, n. 2767; nella giurisprudenza di merito, v. Trib. Termini Imerese 13 febbraio 2007).

Esorbita, invece, dalle funzioni assembleari la decisione concernente la ricostruzione dell'edificio, in caso di suo perimento totale ovvero in misura pari o superiore ai 3/4: in simile evenienza, infatti, l'eventuale decisione di ricostruire l'immobile perito non può essere presa in base al procedimento assembleare, sia perché il condominio si è estinto, sia perché una delibera basata sul principio maggioritario non rappresenta lo strumento idoneo per pervenire all'unanimità dei consensi, necessaria, nella specie, in quanto la ricostruzione di un edificio totalmente perito implica un'ingerenza sulle cose di proprietà esclusiva dei singoli, non potendo essere decisa, né tanto meno imposta, dalla volontà del condominio la ricostruzione dell'appartamento del singolo condomino. Ne consegue che una decisione di siffatto tenore assunta a maggioranza va considerata radicalmente nulla, sebbene essa non configuri una delibera assembleare “in senso stretto” e consista, piuttosto, in un ordinario atto negoziale vincolante per i soli dichiaranti/stipulanti (onde neppure sarebbe necessaria la relativa impugnazione da parte dei condomini dissenzienti, v. Cass. civ., sez. II, 5 giugno 1987, n. 4900).

Nel contesto disciplinare da ultimo esposto, si colloca la decisione in esame: se la demolizione integrale dell'edificio (nella specie, conseguente al sisma), determina l'estinzione del condominio per mancanza dell'oggetto, essendo venuto meno il rapporto di servizio tra le parti comuni, cionondimeno permane tra gli ex condomini una comunione pro indiviso dell'area di risulta.

Su quest'ultima, poi, i comunisti medesimi (come detto, ex condomini), possono procedere alla ricostruzione dell'edificio, ma il regime proprietario sul nuovo fabbricato è diverso a seconda della modalità realizzativa per cui si sia optato: a) in caso di ricostruzione dell'edificio in modo del tutto conforme al precedente, deve ritenersi ripristinata la condominialità; b) al contrario, in caso di ricostruzione difforme, la nuova costruzione sarà soggetta esclusivamente alla disciplina dell'accessione e la sua proprietà apparterrà ai comproprietari dell'area di risulta in proporzione delle rispettive quote, ripristinandosi il condominio solo allorché i comunisti individuino gli appartamenti di proprietà esclusiva di ciascuno di essi, con un'operazione negoziale che assume la portata di una vera e propria divisione.

D'altra parte, la conclusione è perfettamente coerente con i principi generali che regolano la materia; se di comunione si tratta, va da sé che il relativo scioglimento richiede l'unanimità dei consensi dei partecipanti ovvero, in alternativa, l'intervento giudiziale (v. gli artt. 1111 c.c. e 791-bis c.p.c.), atti per effetto dei quali, determinandosi la frantumazione dell'unica originaria comproprietà indivisa in proprietà individuali separate, cui accedono beni e servizi comuni, (ri)sorge ipso facto et iure il condominio.

Dalla estinzione del condominio, infine, la Corte fa derivare la conseguenza per cui, prima della sua ricostituzione, l'eventuale approvazione di tabelle finisce con il concernere la misurazione delle quote di proprietà relative ad una divisione di cosa futura: con la conseguenza ulteriore che nel discende per cui la predeterminazione dei (futuri) valori spettanti ad ognuno dei condomini, ove intervenuta in via negoziale, si configura alla stregua di un negozio di accertamento, che presuppone però l'approvazione unanime degli interessati, la cui assenza legittima ed impone, quindi, l'indagine affidata al perito d'ufficio, occorrendo supplire all'inerzia negoziale con la determinazione giudiziale.

Osservazioni

Nell'ipotesi di totale distruzione di un edificio condominiale, venuto meno il presupposto del condominio, l'assemblea degli ex condomini, in quanto tale, non può deliberare la ricostruzione dell'immobile vincolando i dissenzienti a contribuire alle relative spese, sicché una delibera in tal senso ha il valore di un atto negoziale vincolante nei soli riguardi di coloro che la hanno posta in essere e gli ex condomini assenti o dissenzienti non hanno alcun interesse ad impugnarla, salvo il loro obbligo, a norma dell'art. 1128, ultimo comma, ove non abbiano chiesto la vendita all'asta dell'area ai sensi del comma 1 dello stesso articolo, di cedere agli altri ex condomini i loro diritti, con facoltà di preferire soltanto alcuni di essi (v. Cass. civ., sez. II, 5 giugno 1987, n. 4900).

Affinché sorga un “condominio” non occorre un formale atto di costituzione, essendo sufficiente la presenza di un edificio in cui vi sia una separazione della proprietà delle distinte unità immobiliari che lo compongono e la presenza di talune parti comuni, in rapporto alla specifica funzione di esse di servire all'utilizzazione ed al godimento delle parti di proprietà esclusiva (v. Cass. civ., sez. II, 15 novembre 2017, n. 27094): il principio è applicabile anche al c.d. supercondominio, il quale unifica entro una più ampia organizzazione condominiale una pluralità di edifici, costituiti o meno in distinti condomini, legati tra loro dall'esistenza di talune cose, impianti e servizi comuni, in rapporto di accessorietà con i fabbricati (v., da ultimo, Cass. civ., sez. II, 10 dicembre 2019, n. 32237).

Interessante osservare, infine, che, per effetto del principio affermato da Cass. civ., sez. un., 16 febbraio 2018, n. 3873, a conclusioni analoghe - attrazione, cioè, del manufatto al regime della comunione ordinaria in favore di tutti gli ex condomini - si perverrebbe anche in caso di costruzione difforme realizzata, sull'area di sedime comune, da uno solo dei comproprietari.

Riferimenti

Celeste, Art. 1128 c.c., in Codice del condominio, Milano, 2018, 347.

Scarpa, Art. 1128 c.c., in Cod. civ. commentato, in www.dejure.it.

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