La rilevanza dei fatti sopravvenuti in corso di causa: onere della prova e pronuncia sui medesimi nei giudizi di separazione e divorzio

26 Novembre 2020

La domanda proposta in corso di causa e fondata su un fatto sopravvenuto in pendenza di quel procedimento non dovrà essere valutata allorché sia inibita ogni possibilità di interlocuzione alla controparte.
Massima

Il principio rebus sic stantibus, che legittima la proposizione di domande fondate su fatti sopravvenuti nei giudizi di separazione e divorzio, non può alterare l'applicazione del principio del contradditorio, cosicché la domanda proposta in corso di causa e fondata su un fatto sopravvenuto in pendenza di quel procedimento, non dovrà essere valutata allorché sia inibita ogni possibilità di interlocuzione alla Controparte.

La parte richiedente la revisione delle statuizioni consequenziali alla separazione personale e al divorzio, assumendo la sopravvenienza di circostanze modificative, deve dimostrarne la sussistenza.

Il caso

Il Tribunale di Modica, a parziale modifica delle condizioni della separazione consensuale tra i coniugi, revocava il contributo per il mantenimento della moglie, posto a carico di Tizio, aumentava ad € 450 l'importo dovuto da quest'ultimo per il mantenimento del figlio e riduceva, invece, ad € 150 il concorso paterno al pagamento del canone di locazione dell'immobile nel quale il figlio viveva con la madre.

Il provvedimento era reclamato da Tizio – divenuto papà di un'altra figlia – che riteneva indebita tale ultima corresponsione, così come il disposto incremento dell'assegno periodico in favore del figlio, stanti il miglioramento della condizione di Caia, che aveva dato inizio ad una convivenza, e le immutate esigenze del figlio.

La Corte d'Appello riteneva infondata l'istanza di riduzione paterna, non avendo Tizio dimostrato un effettivo miglioramento della condizione economica di Caia e confermava l'obbligazione (assegno e concorso al canone di locazione) a carico del padre sino alla data (30/8/2014) di trasferimento del figlio, divenuto maggiorenne, presso il padre stesso: evento, quest'ultimo, sopravvenuto rispetto al deposito del ricorso.

Nulla disponeva in merito alla richiesta avanzata da Tizio con le note conclusive (e senza concessione di termine a Caia per difendersi al riguardo) per ottenere un contributo al mantenimento del figlio maggiorenne, ma non economicamente autosufficiente, e con lo stesso convivente, da parte della madre.

Decidendo, invece, sul reclamo incidentale di Caia, la Corte respingeva la richiesta di incremento del concorso al canone, già previsto in capo a Tizio, mentre ne accoglieva la domanda di un assegno personale, quantificandolo in € 200.

Tizio proponeva, quindi, ricorso per cassazione e Caia resisteva con controricorso.

La questione

Può configurarsi il vizio di omessa pronuncia quando la domanda, giustificata da una sopravvenienza fattuale ed avente ad oggetto le statuizioni consequenziali alla separazione personale ed al divorzio, venga proposta allorché risulti inibita alla controparte la possibilità di interlocuzione?

Su chi grava l'onere di dimostrare le circostanze sopravvenute legittimanti la revisione delle clausole di separazione e di divorzio?

Le soluzioni giuridiche

La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso, ritenendo infondata la prima censura ed inammissibile la seconda.

In particolare, il ricorrente lamentava la violazione dell'art. 112 c.p.c., poiché la Corte territoriale aveva omesso di pronunciarsi su una domanda proposta da Tizio, riguardante l'obbligo di porre a carico della moglie un contributo in favore del figlio maggiorenne, ma non economicamente autosufficiente, con decorrenza dal 30/8/2014.

L'art. 112 c.p.c. prevede che «Il giudice deve pronunciare su tutta la domanda e non oltre i limiti di essa (…)»: tale norma impone, quindi, di individuare il contenuto e la portata delle domande e di pronunciarsi nei limiti della stessa.

Nel caso in questione, però, Tizio ha richiesto il contributo per il figlio nelle note conclusive, escludendo ogni possibilità di interlocuzione alla Controparte. Il Supremo Collegio, verificata l'omessa pronuncia, ha richiamato il consolidato orientamento per cui la Corte di Cassazione, anche in virtù dei principi di economia processuale e di ragionevole durata del processo, può evitare il rinvio della sentenza impugnata e decidere la causa nel merito «allorquando la questione di diritto posta con il suddetto motivo risulti infondata, di modo che la pronuncia da rendere viene a confermare il dispositivo della sentenza di appello (…) sempre che si tratti di questione che non richiede ulteriori accertamenti di fatto» (v. Cass. Civ. 16171/2017; Cass. Civ. 2313/2010).

Con il secondo motivo Tizio lamentava la violazione dell'art. 115 c.p.c., in merito alla disponibilità delle prove da porre a fondamento della decisione e la non ammissione delle istanze ex artt. 210 e 213 c.p.c.

La Corte d'Appello non ha ritenuto provato né il mancato rifiuto ad offerte di lavoro da parte di Caia, né la sopravvenuta situazione di stabilizzazione economico-reddituale in capo a quest'ultima: insindacabile, quindi, la valutazione di irrilevanza delle istanze istruttorie nel giudizio di legittimità.

Osservazioni

Pare opportuno precisare che l'art. 112 c.p.c. esprime il c.d. principio di corrispondenza tra chiesto e pronunciato, e rappresenta il logico completamento del principio della domanda, stabilito con riferimento alle parti dall'art. 99 c.p.c. (v. Comoglio, Azione e domanda giudiziale, in Comoglio, Ferri, Taruffo [a cura di], Lezioni sul processo civile, I, Bologna, 2007, 231).

Il suddetto principio è formulato in modo sintetico ma efficace e racchiude in sé tre differenti precetti. Esso comporta, infatti, che il giudice: debba decidere su tutta la domanda; non possa pronunciare oltre i limiti della domanda formulata; non possa pronunciare su eccezioni la cui rilevabilità è rimessa all'iniziativa delle parti (v. Mandrioli, Diritto processuale civile, I, Torino, 2009, 93 ss).

Il caso in questione offre anche un ulteriore spunto di riflessione. Caia, infatti, richiedeva con reclamo incidentale, ed otteneva, un assegno per sé, sostenendo vi fosse una rilevante sperequazione economica tra i coniugi.

Sul punto la Corte di Cassazione si è espressa, richiamando il principio del rebus sic stantibus (v. anche N. Merola, Le circostanze note e non dedotte non possono ritenersi sopravvenute ai fini della revisione delle condizioni di divorzio, in ilFamiliarista.it): clausola che nell'ambito della separazione e del divorzio, permette di proporre domande in corso di causa ove siano giustificate da sopravvenienze fattuali.

A tal proposito occorre ribadire che la domanda di assegno deve essere proposta nel rispetto degli istituti processuali propri di quel rito, dovendo essere contenuta nell'atto introduttivo del giudizio o nella comparsa di risposta e che «deve escludersi la relativa preclusione nei casi in cui i presupposti del diritto all'assegno maturino nel corso del giudizio” poiché “la natura e la funzione dei provvedimenti diretti a regolare i rapporti economici fra i coniugi (…) postulano la possibilità di modularne la misura al sopravvenire di nuovi elementi di fatto» (v. Cass. Civ., 17666/2015; Cass. Civ., 3925/2012).

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