Se le perquisizioni e le ispezioni sono operate abusivamente, l'illegittimità si estende ai risultati probatori?

27 Novembre 2020

In tema di inutilizzabilità delle prove, la Corte Costituzionale ha dichiarato manifestamente inammissibile la q.l.c. dell'art. 191 c.p.p. nella parte in cui non prevede l'inutilizzabilità delle prove acquisite a seguito di perquisizione e ispezione compiuti fuori dai casi previsti dalla legge o non convalidati. È invece costituzionalmente illegittimo l'art. 103, comma 3, t.u. stup. nella parte in cui non prevede che anche le perquisizioni personali e domiciliari autorizzate per telefono debbano essere convalidate.

In tema di inutilizzabilità delle prove, la Corte Costituzionale ha dichiarato manifestamente inammissibile la q.l.c. dell'art. 191 c.p.p. nella parte in cui non prevede l'inutilizzabilità delle prove acquisite a seguito di perquisizione e ispezione compiuti fuori dai casi previsti dalla legge o non convalidati. È invece costituzionalmente illegittimo l'art. 103, comma 3, T.U. stup. nella parte in cui non prevede che anche le perquisizioni personali e domiciliari autorizzate per telefono debbano essere convalidate.

Con la sentenza n. 252/20 della Corte Costituzionale si torna a parlare dell'utilizzabilità probatoria dei sequestri del corpo del reato e delle cose pertinenti al reato frutto di attività illegittima.

Il caso. Il Tribunale di Lecce dubita della legittimità costituzionale dell'art. 191 c.p.p. nella parte in cui non prevede che la sanzione di inutilizzabilità delle prove acquisite in violazione di un divieto di legge riguardi anche gli esiti probatori – compreso il sequestro del corpo del reato o delle cose pertinenti al reato – degli atti di perquisizione e ispezione domiciliare e personale compiuti dalla polizia giudiziaria fuori dai casi tassativamente previsti dalla legge oppure non convalidati dal pubblico ministero con provvedimento motivato.

Il dubbio di legittimità costituzionale riguarda anche l'art. 103 t.u. stup. nella parte in cui prevede che il pubblico ministero possa consentire l'esecuzione di perquisizioni in forza di autorizzazione orale senza necessità di una successiva documentazione formale delle ragioni per cui l'ha rilasciata.

Se il mezzo di ricerca della prova è illegittimo, gli esiti probatori dovrebbero essere inutilizzabili... Il giudice rimettente osserva che l'inutilizzabilità non colpisce neanche gli esiti delle perquisizioni e delle ispezioni operate dalla polizia giudiziaria sulla base di elementi non utilizzabili quali le fonti confidenziali, l'assenza della flagranza di reato, l'autorizzazione solo verbale del pubblico ministero; infine, l'inutilizzabilità non colpisce neanche le attività poste in essere ai sensi del Testo unico stupefacenti quando manchi l'autorizzazione del pubblico ministero e non consti l'impossibilità di chiederla.

La rilevanza delle questioni. Nei casi concreti che hanno dato origine alle ordinanze di rimessione, la prova esclusiva o principale dei fatti era costituita dal sequestro del corpo del reato rinvenuti presso l'abitazione degli imputati a seguito di perquisizioni eseguite dalla polizia giudiziaria. Secondo i verbali le perquisizioni erano state effettuate sulla base di notizie fornite da fonti confidenziali o acquisite tramite una attività “infoinvestigativa” oppure sulla base di una segnalazione della persona offesa, in assenza di una situazione di flagranza del reato.

Le limitazioni della libertà, la riserva di legge e di giurisdizione. Il tema oggetto del confronto è quello degli artt. 13 e 14 Cost. che prevedono che ogni forma di limitazione della libertà personale, compresa quella insita nelle ispezioni e nelle perquisizioni personali, possa essere disposta solo con atto motivato dell'autorità giudiziaria e nei soli casi e modi previsti dalla legge. Principio questo che è derogabile, come noto, unicamente in casi eccezionali di necessità e urgenza, indicati tassativamente dalla legge, nei quali l'autorità di pubblica sicurezza può adottare provvedimenti provvisori soggetti a convalida da parte dell'autorità giudiziaria, in difetto della quale essi si intendono revocati e restano privi di ogni effetto. Tra le ipotesi eccezionali derogatorie vi è l'intervento legittimo delle forze di polizia in caso di flagranza di reato nonché quella prevista dall'art. 103 t.u. stup. che abilita la polizia giudiziaria a procedere all'ispezione dei mezzi di trasporto, dei bagagli e degli effetti personali, e a perquisizioni, quando vi sia fondato motivo di ritenere che possano essere rinvenute sostanze stupefacenti e ricorrano altresì motivi di particolare necessità e urgenza che non consentono di richiedere l'autorizzazione telefonica al pubblico ministero; è previsto, comunque, l'obbligo di dare notizia, entro quarantotto ore, al procuratore della Repubblica che le convalida entro le successive quarantotto ore, se ne ricorrono i presupposti.

Gli atti abusivi della polizia giudiziaria dovrebbero essere inefficaci sul versante probatorio. Secondo il giudice rimettente, gli atti di ispezione e di perquisizione eseguiti abusivamente dalla polizia giudiziaria o non convalidati dall'autorità giudiziaria con atto motivato, dovrebbero rimanere privi di effetto anche sul piano probatorio. L'efficacia di tali atti nel tempo perdura dal punto di vista della capacità probatoria; si assume, invece, che la perdita di efficacia di tali atti dovrebbe equivalere ad una inutilizzabilità delle prove assunte in violazione di un divieto di legge.
Ciò perché, secondo il giudice a quo, l'art. 191 c.p.p., prevedendo l'inutilizzabilità, mira ad offrire una tutela efficace dei diritti costituzionalmente garantiti, disincentivando le violazioni finalizzate all'acquisizione della prova.
Al riguardo, la giurisprudenza di legittimità risalente ad una pronuncia delle Sezioni unite del 1996 (n. 5021) si pone in contrasto con le conclusioni raggiunte dal giudice rimettente, nella misura in cui la Corte di cassazione ha ritenuto valido il sequestro conseguente ad una perquisizione eseguita fuori dai casi e dai modi previsti dalla legge, quando abbia ad oggetto il corpo del reato o cose pertinenti al reato, e ciò perché il sequestro costituisce un atto dovuto che non potrebbe essere omesso dalla polizia giudiziaria quand'anche abbia abusivamente proceduto all'atto di ricerca della prova.

Funzione e ratio della norma sull'inutilizzabilità delle prove. La Corte costituzionale si è soffermata sul fondamento della disposizione censurata, osservando che il legislatore abbia inteso introdurre un meccanismo preclusivo che direttamente attingesse all'idoneità probatoria di atti vietati dalla legge, dissolvendola e ciò distinguendo tale fenomeno dai profili di inefficacia conseguenti alla violazione di una regola sancita a pena di nullità dell'atto.
L'inutilizzabilità è anch'essa soggetta ai paradigmi di tassatività e legalità ed è quindi solo la legge che stabilisce quali siano e come si atteggino i divieti probatori, in funzione di scelte di politica processuale che competono al solo legislatore, nei limiti della ragionevolezza. È dunque impossibile attribuire al vizio dell'inutilizzabilità il regime di “vizio derivato” che l'ordinamento contempla nel solo campo delle nullità.

Ne consegue che la censura dell'art. 191 c.p.p. è dichiarata manifestamente inammissibile.

L'art. 103, comma 3, t.u. stup. è incostituzionale. La Corte costituzionale osserva che la disposizione si colloca all'interno delle norme speciali che attribuiscono alla polizia giudiziaria il potere di compiere perquisizioni e ispezioni d'iniziativa in casi diversi e ulteriori rispetto a quelli del codice di rito. Le operazioni possono avere carattere preventivo, se compiute da appartenenti alla polizia giudiziaria, prescindendo dall'acquisizione di una notizia di reato e rientrano nell'attività di polizia di sicurezza, oppure possono avere carattere repressivo se presuppongono la commissione di un reato e si riconducono all'attività autonoma della polizia giudiziaria.

Potenziata l'operatività della polizia giudiziaria. Tali forme di perquisizioni e ispezioni speciali sono accomunate dall'intento di apprestare strumenti di contrasto di determinate forme di criminalità maggiormente incisivi di quelli prefigurati dal codice di rito, attraverso l'attribuzione alla polizia giudiziaria di poteri più ampi rispetto a quelli codificati. L'art. 103 t.u. stup., infatti, potenzia l'operatività della polizia giudiziaria al fine di rendere più efficace l'attività di prevenzione e di repressione dei traffici illeciti di stupefacenti.

Il fondato motivo. La norma prevede che nel corso di operazioni per la prevenzione e la repressione del traffico illecito di droga, gli ufficiali e gli agenti di polizia giudiziaria possono procedere, in ogni luogo, all'ispezione dei mezzi di trasporto, dei bagagli e degli effetti personali, quando hanno fondato motivo di ritenere che possano essere rinvenute sostanze stupefacenti o psicotrope. Delle operazioni deve essere redatto verbale da trasmettere entro quarantotto ore alla Procura per la convalida nelle successive quarantotto ore.

I motivi di particolare necessità e urgenza e la convalida. Altresì la norma prevede che quando ricorrano motivi di particolare necessità e urgenza che non consentono di richiedere l'autorizzazione telefonica del magistrato, la polizia giudiziaria può procedere a perquisizioni dandone notizia, senza ritardo e comunque entro quarantotto ore, al procuratore della Repubblica il quale, se ne ricorrono i presupposti, le convalida entro le successive quarantotto ore.
La convalida è necessaria quando non sia stato possibile richiedere (e quindi ottenere) l'autorizzazione telefonica del magistrato competente.

Non è sufficiente l'autorizzazione telefonica. Secondo la Corte costituzionale la norma è incompatibile con i parametri costituzionali perché la motivazione dell'atto è funzionale alla tutela della persona che subisce la perquisizione che deve essere posta in condizione di conoscere le ragioni per le quali è stata disposta una limitazione dei suoi diritti fondamentali alla libertà personale e domiciliare.
Sotto questo profilo, insufficiente è l'autorizzazione telefonica che non lascia traccia vanificando la tutela prefigurata dalle norme costituzionali.
In proposito il giudice rimettente propone di colmare tale vulnus imponendo al pubblico ministero una successiva documentazione formale delle ragioni che lo hanno indotto ad autorizzare oralmente l'atto.

La norma del t.u. è dichiarata costituzionalmente illegittima. Per la Corte costituzionale la soluzione va individuata nel richiedere che anche la perquisizione autorizzata telefonicamente debba essere convalidata, con provvedimento motivato, entro il doppio termine delle quarantotto ore.

Fonte: Diritto e Giustizia

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