Il legame di fratria diventa un effetto automatico dell'adozione in casi particolari

Margherita Tudisco
30 Novembre 2020

La questione che si pone all'organo giudicante è quella di chiarire se dall'adozione omoparentale operata mediante il ricorso all'art. 44 lett. d) discenda anche il legame di parentela tra i fratelli...
Massima

L'adottante non ha interesse ad agire per ottenere l'estensione del legame di fratellanza tra il figlio e l'adottato poiché si tratterebbe di un'azione di stato atipica, non ammessa, ed altresì perché il diritto in parola non è controverso, trattandosi di effetto automatico discendente dalla pronuncia di adozione.

Il caso

Tizia, unita civilmente con Caia, ricorreva al Tribunale per i minorenni di Venezia al fine di adottare il figlio della compagna, concepito mediante tecniche di procreazione medicalmente assistita. Le due donne desideravano in tal modo dare veste giuridica alla propria famiglia, già precedentemente ampliata con l'arrivo del primo figlio, riconosciuto nel 2018 da Caia, mediante ricorso all'adozione in casi particolari.

Tizia chiedeva in via principale di poter adottare il figlio di Caia ai sensi dell'art. 44 lett. b) adducendo l'equivalenza tra il matrimonio e l'unione civile.

In via subordinata, la ricorrente formulava istanza di adozione ex art. 44 lett. d) sulla scorta di nutrita giurisprudenza che accorda l'istituto nei casi di impossibilità di affidamento preadottivo, come nel caso di specie.

In ogni caso, si chiedeva che il cognome di Tizia venisse posposto a quello d'origine al fine di equiparare l'adottato al fratello, anche dal punto di vista formale.

Infine, sulla scorta di una pronuncia del Tribunale per i Minorenni di Bologna, che per la prima volta statuiva in ordine al legame di fratria, l'adottante chiedeva che venisse costituito il legame di parentela tra i fratelli ai sensi di una lettura evolutiva e costituzionalmente orientata dell'art. 74 c.c.

La questione

La questione che si pone all'organo giudicante è quella di chiarire se dall'adozione omoparentale operata mediante il ricorso all'art. 44 lett. d) discenda anche il legame di parentela tra i fratelli.

In caso positivo, occorre una pronuncia ad hoc per detto riconoscimento oppure esso si considera un effetto automatico della costituzione, mediante l' adozione, dello status filiationis?

Le soluzioni giuridiche

Orbene, il Tribunale per i minorenni di Venezia è stato chiamato a dirimere alcune questioni poste alla sua attenzione dalla ricorrente e che qui cercheremo di sintetizzare.

In primo luogo, Tizia ha chiesto una pronuncia di adozione ai sensi dell'art. 44 lett. b) l. 184/83, ovvero l'adozione del figlio del coniuge, richiamando quanto disposto dal Tribunale di Cagliari con sentenza del 5 gennaio 2018. La ricorrente argomentava tale istanza sostenendo che l'art. 1 comma 20 della l. 76/2016 esclude espressamente l'equivalenza tra i coniugati e gli uniti civilmente solo per quanto attiene alle richieste di adozione legittimante mentre tale discrimen non sussisterebbe in ordine all'adozione in casi particolari.

Il Collegio, tuttavia, rimarcando come tale interpretazione si allontani dalla previsione normativa, ha evidenziato che una siffatta pronuncia costituirebbe un'inutile forzatura per ottenere un risultato identico a quello già previsto e consentito dalla legge. Infatti, non vi è alcuna differenza tra gli effetti derivanti da un'adozione ex lett. b) piuttosto che ex lett. d) trattandosi, all'evidenza, di norme che afferiscono allo stesso istituto dell'adozione in casi particolari. Sulla scorta di tali argomentazioni, la domanda di adozione del figlio del coniuge è stata quindi rigettata.

In via subordinata, veniva espressa una richiesta di adozione ex art. 44 lett. d) l. 184/1983; quest'ultima accolta. Il Tribunale, infatti, aderendo ad una giurisprudenza ormai consolidata e pacifica, ha ritenuto che sussistesse sia l'impossibilità di affidamento preadottivo cui fa riferimento la norma, sia l'interesse del minore all'adozione da parte della compagna della madre, con la quale è cresciuto e con cui convive stabilmente.

I giudici, nell'accoglimento della richiesta, ripercorrono l'orientamento giurisprudenziale inaugurato dalla celebre sentenza della Corte di Cassazione, n. 12962/2016, con la quale si afferma che la constatata impossibilità di affidamento preadottivo deve essere interpretata in modo estensivo e pertanto non limitata alle situazioni di difficoltà ad adottare ma a tutti i casi di impossibilità giuridica di ricorrere all'adozione legittimante.

In secondo luogo, è stata esaminata la richiesta di posposizione del cognome dell'adottante a quello dell'adottato, come effetto della pronuncia di adozione.

Sul punto, il Collegio, ha affermato il superamento della lettura tradizionale del combinato disposto degli artt. 55 l. adoz. e 299 c.c. che prevedevano regole rigide e automatiche di attribuzione del cognome, poiché la loro applicazione tout court avrebbe creato un risultato paradossale. Infatti, benché la ratio dell'istituto dell'adozione in casi particolari sia quella della tutela e del mantenimento di due famiglie, quella d'origine e quella dell'adottante, nel caso di specie, ad avviso del Tribunale, anteporre il cognome, disattendendo la richiesta della ricorrente, avrebbe indubbiamente avuto la conseguenza di evidenziare lo status di figlio adottivo in capo al minore, rispetto a quello del fratello. I due, infatti, pur nella comunanza di vita, avrebbero avuto due cognomi diversi, con tutti i pregiudizi che ne derivano.

Tale soluzione viene altresì rigettata dall'intento primario della riforma attuata con la l. 219/2012 la quale, introducendo lo status unico di figlio, ha voluto eliminare ogni discriminazione tra i figli naturali e adottivi, predisponendo per essi le medesime tutele.

Proprio per la mutata sensibilità giuridica ed altresì richiamando un precedente del Tribunale per i minorenni di Genova del 13 giugno 2019, il Collegio ha ritenuto di dover fare applicazione dell'art. 262 c.c. rubricato “cognome del figlio” che al comma 2 prevede, in caso di riconoscimento del figlio, successivo a quello già effettuato da parte di un genitore, la possibilità di aggiungere o sostituire il proprio cognome a quello del minore. La norma, infatti, senza precisare se sia necessario anteporlo o posporlo, enuncia solo la possibilità di aggiungerlo, pertanto dal suo tenore letterale è possibile rimettere tale facoltà nelle mani del Giudice che, a sua volta, cercherà di soddisfare le richieste genitoriali, laddove compatibili con l'interesse del minore.

Infine, l'organo giudicante è stato investito della rilevante questione del riconoscimento del legame di fratria tra l'adottato e il di lui fratello.

Il Tribunale precisa che la domanda della ricorrente sul punto è stata svolta solo successivamente a quanto statuito dal Tribunale per i minorenni di Bologna che, pochi mesi prima, si era espresso con una sentenza innovativa, pertanto la motivazione nel merito ripercorre di pari passo quella richiamata, talvolta accostandosi e talaltra prendendone le distanze.

Innanzitutto, il Collegio, sulla scia di quanto statuito dai giudici bolognesi, muove dalla considerazione preliminare dell'abrogazione tacita dell'art. 55 l. 184/1983, da parte dell'art. 74 c.c., sulla base dell'intervenuta riforma del 2012 che ha parificato tutti i figli, eliminando ogni norma pregiudizievole che fosse da ostacolo a una piena equiparazione.

Sulla scorta di quanto sopra, l'art. 74 c.c., definendo la parentela come il “legame tra persone che discendono da uno stesso stipite”, deve trovare applicazione anche nei casi di adozione in casi particolari come quello in esame poiché l'adottato indubbiamente – ad avviso del Tribunale – discende dallo stesso stipite del figlio dell'adottante, avendo questi ultimi un genitore in comune.

La conferma di ciò, proseguono i giudici, la si desume a contrariis per il solo fatto che il tenore letterale della norma esclude espressamente il vincolo di parentela solo nei casi di adozione del maggiorenne.

Tuttavia, nonostante il chiaro favor per il riconoscimento di tale legame, il Collegio dichiara l'inammissibilità di una domanda volta a dichiarare l'effetto ex art. 74 c.c. in quanto è la legge stessa a prevederlo come conseguenza immediata e diretta della pronuncia de qua e il diritto non è affatto controverso. Pertanto, attesa l'insussistenza dell'interesse ad agire della ricorrente non è stato possibile statuire sul punto.

I giudici veneziani, inoltre, rimarcano come le azioni in materia di status siano governate dal principio della tassatività e pertanto non sia possibile avallare un'istanza atipica in tal senso.

Osservazioni

La pronuncia in esame si mostra degna di nota non solo per il riconoscimento del legame di fratellanza tra l'adottato e il figlio dell'adottante in casi particolari, ma anche per il ragionamento giuridico condotto dall'organo giudicante.

Un breve cenno merita l'accoglimento dell'istanza di adozione ex art. 44 lett. d) che, come pacificamente ammesso dalla giurisprudenza, si mostra quale istituto idoneo ad apprestare tutela a situazioni eterogenee, fungendo da norma residuale. Esso, invero, è ad oggi l'unico strumento effettivo per le famiglie omogenitoriali che vogliano ottenere in Italia il riconoscimento dello status filiationis nei confronti di un minore concepito, con il ricorso a tecniche di procreazione medicalmente assistita, all'interno di un progetto di genitorialità condivisa.

Il Collegio, a rigore, ha infatti dovuto rigettare la richiesta svolta in via principale ex art. 44 lett. b) poiché una diversa pronuncia avrebbe prodotto un risultato contra ius, per le motivazioni correttamente individuate ed esposte dal giudici di prime cure.

La scrivente, invero, pur condividendo nel merito le deduzioni del ricorrente e pur ravvisando un'evidente distorsione normativa laddove da un lato la l. 76/2016 tende ad equiparare l'unione civile al matrimonio e, dall'altro, però, ne esclude l'applicabilità rispetto all'istituto dell'adozione, ritiene di doversi allineare a quanto statuito dalla pronuncia in commento in quanto, ad oggi, l'unica protezione che è possibile accordare alle famiglie arcobaleno non può che essere ricondotta sotto l'egida dell'art. 44 lett. d).

Il cuore della motivazione, tuttavia, per novità e rigore metodologico, attiene senza dubbio al rapporto di fratria, il cui riconoscimento veniva richiesto espressamente dall'adottante.

La questione che spesso si pone, su diretta istanza dei ricorrenti, è infatti quella di chiarire se con l'adozione in casi particolari ex art. 44 l. adoz. si instauri anche un rapporto di parentela tra l'adottato e la famiglia dell'adottante ai sensi dell'art. 74 c.c.

Il vincolo di parentela definito dalla norma sussiste infatti tra persone che discendono da uno stesso stipite e viene legittimamente riconosciuto, a prescindere dalla natura della filiazione, anche nei casi in cui il figlio sia adottivo; l' unica eccezione riguarda i casi di adozione di persone maggiori di età, per i quali non può essere giuridicamente riconosciuto tale legame.

Il Tribunale di Venezia fonda, invero, la propria decisione proprio sulla discendenza dallo stesso stipite dei due fratelli, aventi in comune un genitore, e sulla sola esclusione, operata dalla norma expressis verbis, dell'adozione del maggiorenne.

A ben vedere, infatti, tale locuzione era originariamente utilizzata per indicare il vincolo di consanguineità che, però, pur essendo stato affievolito con l'introduzione della l. 219/2012, non può tout court essere escluso. Ecco che, allora, l'unico iter giuridico che permette il superamento di tale preclusione è legato all'interpretazione costituzionalmente orientata e conforme all'impianto ordinamentale, così come modificato dalla riforma che ha introdotto lo status unico di figlio. Si può infatti affermare che tale innovazione abbia, inevitabilmente, apportato significative modifiche anche alla formulazione dell'art. 74 c.c. per cui oggi si può ritenere che il vincolo di parentela sussista tra persone che discendono da uno stesso stipite, a prescindere dalla natura della filiazione ed anche nei casi in cui il figlio sia adottivo, ivi comprendendovi anche l'adottato in casi particolari.

Su queste basi, il Tribunale per i minorenni di Venezia ha ammesso la costituzione del legame di fratellanza aderendo ad illustre dottrina e all'unico precedente bolognese, statuendo che la l. 219/2012 avesse operato un'abrogazione tacita dell'art. 55 l. n. 184/1983 nella parte in cui richiama l'art. 300, comma 2, c.c., ultimo periodo.

Oggi, infatti, grazie ad una giurisprudenza attenta e sempre più tutelante, l'adozione ex art. 44 l. adoz. abbraccia situazioni eterogenee, tra le quali, appunto, quelle di minori nati e cresciuti all'interno di coppie arcobaleno. In questi casi, il minore è da sempre stato inserito in un unico nucleo familiare, quello composto dal genitore biologico e dall'adottante e, pertanto, non sussiste l'esigenza di tutelare un nucleo familiare diverso da quello attuale. Anzi, in questi casi l'esigenza di ottenere il riconoscimento della parentela è avvertita con maggiore intensità in quanto il figlio di una coppia omogenitoriale viene privato ingiustamente di una cerchia parentale.

Il Tribunale, dopo aver esplicitato tale ragionamento, conclude però per l'inammissibilità della domanda stante la carenza di interesse ad agire della ricorrente poiché il diritto che ne forma oggetto non sarebbe controverso.

Tale considerazione, indubbiamente innovativa, non si mostra affatto priva di pregio tuttavia, pur aderendo alle considerazioni svolte, sarebbe stato, forse, maggiormente tutelante l'accoglimento della predetta istanza in quanto, come noto, si tratta delle prime pronunce in materia che si prestano, purtroppo, ad incontrare resistenze al momento della loro applicazione pratica. Con ciò si intende che un'inammissibilità potrebbe precludere l'estensione della parentela, anche se dichiarata come effetto automatico, in sede di trascrizione da parte dell'ufficiale di stato civile o, ancora, in ambito successorio.

Infine, per quanto attiene alla preclusione di una pronuncia ad hoc in merito al legame di fratria, sulla base del principio di tipicità delle azioni di stato, si ritiene che tale conclusione sia stata agevolmente superata ab origine dal Collegio il quale ha comunque fatto discendere la parentela come effetto automatico dell'adozione. Infatti, è lo stesso art. 277 c.c. a prevedere che la sentenza che dichiara la filiazione produce gli effetti del riconoscimento e quindi induce ipso iure anche il rapporto di parentela.

In conclusione, si può affermare la pregevolezza della decisione in commento con riferimento particolare alla parentela intesa come effetto automatico derivante anche dall'adozione in casi particolari: tale punto di arrivo, purtroppo ancora controverso, si ritiene sia indubbiamente rispettoso dell'intero sistema valoriale e ordinamentale oltre che del best interest del minore.

È quindi auspicabile che vi siano future pronunce dello stesso segno che si pongano nel solco del necessario rinnovamento della materia, inaugurato dalle due sentenze di Bologna e Venezia.

Riferimenti

MOROZZO DELLA ROCCA, P., Il nuovo status di figlio e le adozioni in casi particolari, in Famiglia e diritto, 2013, p. 839 ss;

SASSI, A., SCAGLIONE, F., STEFANELLI, S., La filiazione e i minori, in Trattato di diritto civile di Sacco, 2018, pp. 343 ss.

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