Locazione di immobili particolari

Augusto Cirla
01 Dicembre 2020

Il legislatore della l. n. 392/1978 (c.d. sull'equo canone), dopo avere distinto le locazioni nelle due macro-categorie - ossia quelle destinate ad uso abitati-vo e quelle ad uso diverso - ha avvertito l'esigenza di regolare in modo auto-nomo alcuni contratti di locazione relativi ad immobili nei quali si svolgono “particolari attività” non facilmente riconducibili in una delle due categorie ge-nerali previste. Il fondamento dell'art. 42, che detta particolari regole per tali tipologie di locazioni, si manifesta nell'esigenza costituzionale di tutelare le formazioni sociali - tra cui comunità territoriali, associazioni politiche, orga-nizzazioni sindacali, gruppi organizzati ai fini dello svolgimento delle attività ricreative, scolastiche, assistenziali e culturali - viste come momento partico-lare di aggregazione sociale.
Inquadramento

L'art. 42 della l. n. 392/1978, rubricato “destinazioni degli immobili a particolari attività”, contempla una serie di locazioni di immobili con destinazione non abitativa caratterizzate dall'assenza di fini di lucro ed imprenditoriali, caratterizzate sia sotto il profilo delle attività (ricreative, assistenziali, culturali e scolastiche) e sia sotto quello dei soggetti conduttori (partiti, sindacati, Stato e altri enti pubblici territoriali).

L'esigenza sentita dal legislatore è senza dubbio stata quella di estendere il più possibile l'applicazione del corpo di norme di cui al capo II specificatamente dedicato alle locazioni ad uso diverso dall'abitazione anche ad attività, appunto a quelle sopra elencate, che non potevano definirsi “industriali, commerciali e artigianali” oppure di lavoro autonomo svolto in maniera abituale e professionale.

Si tratta di un terzo genere di contratti, oltre a quello abitativo e quello ad uso diverso, per il quali è stato ritenuto di dedicare una tutela più attenuata rispetto quella invece riservata ai primi due.

Il fondamento della norma si manifesta nell'esigenza costituzionale di tutelare le formazioni sociali, intese come momento di aggregazione sociale e come comunità educative che svolgono attività scolastiche.

Può dirsi dunque che tutte le attività contemplate dalla norma sono caratterizzate da una finalità comune, consistente nella presenza di un interesse di rilevanza sociale, e non patrimoniale, in funzione della quale l'attività stessa viene esercitata.

In evidenza

Per questo gruppo di attività non è rilevante la natura del conduttore, bensì l'attività che questi concretamente svolge nell'immobile locato. Quello che distingue queste locazioni da quelle individuate dall'art. 27 della l. n. 392/1978 è la mancanza del fine di lucro dell'attività svolta nell'immobile oggetto del contratto.

Le locazioni particolari

Il legislatore della l. n. 392/1978, dopo avere distinto le locazioni nelle due macro-categorie, quelle destinate ad uso abitativo e quelle invece ad uso diverso, ha avvertito l'esigenza di regolare in modo autonomo alcuni contratti di locazione relativi ad immobili nei quali si svolgono particolari attività non facilmente riconducibili in una delle due categorie generali previste.

Nel novero della fattispecie riconducibile al paradigma “locazione non abitativa”, sono stati ricompresi i contratti di locazione individuati dall'art. 42 della legge che chiude il capo II e, nella rubrica, rimanda alla “destinazione degli immobili a particolari attività”.

Detta norma si riferisce ad ogni attività associativa avente rilevanza sociale, anche se circoscritta ad una cerchia limitata di persone, con la sola esclusione di quelle svolte per mero interesse privato.

Il fondamento della norma si manifesta nell'esigenza costituzionale di tutelare le formazioni sociali - tra cui comunità territoriali, associazioni politiche, organizzazioni sindacali gruppi organizzati ai fini dello svolgimento delle attività ricreative, scolastiche, assistenziali e culturali - viste come particolare momento di aggregazione sociale.

I contratti sono, pertanto, individuati in termini residuali e con riferimento a connotati oggettivi delle attività svolte dal conduttore oppure soggettivi, per essere il contratto stipulato “dallo Stato o da enti pubblici territoriali”.

Le attività contemplate dalla norma, con parziale esclusione - come si vedrà - di quelle scolastiche, sono caratterizzate da una finalità comune, consistente nella presenza di un interesse di rilevanza sociale e non patrimoniale in funzione del quale l'attività stessa viene esercitata.

Può dirsi, dunque, che, ai fini della riconducibilità di un contratto di locazione concernente un immobile non abitativo nell'ambito di applicabilità dell'art. 42 della l. n. 392/1978, occorre avere riguardo - non alla qualifica del conduttore, bensì - all'attività che viene in concreto svolta nell'immobile locato.

La norma opera infatti una chiara distinzione con riferimento ai soggetti che assumono la qualità di conduttore e al tipo di attività svolta nell'immobile. Ciò comporta che i contratti stipulati con lo Stato o da altro ente pubblico territoriale sono sempre sottoposti alla disciplina dell'art. 42, indipendentemente dall'attività da svolgersi nell'immobile locato, a differenza dei contratti stipulati da enti pubblici non territoriali, enti ecclesiastici, associazioni non riconosciute e privati, che trovano invece disciplina nell'art. 42 solo ed in quanto nell'immobile venga svolta un'attività ricreativa, assistenziale, culturale o scolastica.

Ferme le due eccezioni indicate dalla legge, non è dunque sufficiente la natura o la qualifica del conduttore, ma occorre avere riguardo all'attività in concreto esercitata nell'immobile locato. Deve trattarsi quindi di attività effettivamente svolta negli immobili locati in quanto la norma fa riferimento alla destinazione di uso degli immobili.

La disposizione detta per tali contratti una prescrizione esplicita solo in ordine alla durata minima del rapporto contrattuale, mentre richiama specifiche prescrizioni sulle modalità di aggiornamento del canone, sulle norme applicabili e sulla necessità di disdetta per evitare il rinnovo del contratto alla scadenza.

Sembra preferibile considerare le locazioni contemplate dall'art. 42 non già come un tertium genus delle locazioni di immobili urbani, ma piuttosto come una species qualificata delle locazioni non abitative di cui all'art. 27.

Lungo questa traiettoria argomentativa che conduce a conseguenze di non poco momento quanto alle regole applicabili al rapporto, la prefigurazione del tipo supera la difficoltà di ammettere un'applicazione per analogia delle norme contenute nella legge speciale a fattispecie diverse da quelle espressamente contemplate ed invece riconosce una applicazione diretta della regola non richiamata proprio in quanto caratteristica del tipo contrattuale.

I relativi rapporti locativi previsti dalla norma in esame godono dunque, in linea di massima, della tutela prevista per le attività economico-produttive perché così è espressamente dispone l'art. 42. A tali contratti, non si applicano però le norme sulla tutela dell'avviamento commerciale e del riscatto, salvo che l'attività esercitata, pur avendo finalità culturali o lato senso ricreative (quale può essere una attività sportiva consistita nella gestione di una palestra), abbia fine di lucro, nel qual caso prevale la diversa qualificazione della locazione c.d. imprenditoriale (Cass. civ., sez. III, 26 novembre 2002, n. 16690).

Può dirsi, pertanto, che trattasi di una serie particolare di contratti alle quali il legislatore ha riservato una tutela attenuata rispetto a quella invece accordata alle locazioni abitative e commerciali, limitando a poche disposizioni la normativa applicabile.

In ogni caso, è stata garantita una consistente stabilità a quei rapporti che, per le finalità che intendono realizzare o per i soggetti che li pongono in essere, rivestono un particolare rilievo sociale.

La ratio e il contenuto della norma

È pensabile che l'art. 42 in esame, laddove prevede la sua applicazione e delle altre disposizioni che ad esso fanno riferimento ai casi in cui l'immobile sia condotto in locazione dallo Stato o da un Ente pubblico territoriale, sia stato introdotto per porre termine alla dibattuta questione circa l'applicabilità o meno del regime vincolistico ai contratti di cui una pubblica amministrazione fosse parte.

Con tale articolo, il legislatore della l. n. 392/1978 ha inteso, dunque, ampliare il novero delle attività soggette alla particolare disciplina dettata dall'art. 27 in tema di durata del rapporto di locatizio, prevedendo che i relativi contratti, anche di sublocazione, stipulati per unità immobiliari da adibirsi ad attività ricreative, assistenziali, culturali e scolastiche, nonché a sede di partiti o di sindacati e a quelli che vedono come conduttore lo Stato o altri enti pubblici territoriali in qualità di conduttori, abbiano la durata di anni sei.

L'art. 42 prende in considerazione una serie di attività non abitative ritenute meritevoli di tutela, alle quali, benché radicalmente diverse da quelle invece indicate, seppur per grandi categorie, nell'art. 27, sono state assicurate le medesime garanzie in tema di durata.

Sotto tale profilo, si è reso necessario l'intervento delle Sezioni Unite (Cass. civ., sez. un., 9 luglio 1997, n.6227) per risolvere un contrasto giurisprudenziale circa la portata del rinvio operato dal comma 2 dell'art. 42.

Si era, infatti, ritenuto in un primo tempo di escludere la possibilità di rinnovo tacito del contratto in quanto la volontà di obbligarsi della P.A. non può desumersi per implicito da fatti o atti, dovendo essere manifestata nelle forme richieste dalla legge, tra le quali l'atto scritto ad substantiam, sì che nei confronti della stessa P.A. non è configurabile il rinnovo tacito del contratto e detto principio va applicato anche in tema di contratto di locazione di immobili urbani, in cui l'ente pubblico sia locatore.

Dopo il citato intervento delle Sezioni Unite, si è definitivamente consolidato il principio per cui anche ai contratti di locazione di immobili adibiti ad uso diverso da quello di abitazione stipulati dallo Stato o da altri enti pubblici territoriali in qualità di conduttori di cui all'art. 42 è applicabile la disciplina dettata dagli artt. 28 e 29 in tema di rinnovazione che accorda al conduttore una tutela privilegiata in termini di durata del rapporto. Invero, a differenza dell'ipotesi regolata dall'art. 1597 c.c., la protrazione del rapporto alla sua prima scadenza in base alle richiamate norme della l. n. 392/1978 non costituisce l'effetto di una tacita manifestazione di volontà - successiva alla stipulazione del contratto e che la legge presume in virtù di un comportamento concludente e, quindi, incompatibile con il principio secondo il quale la volontà della P.A. deve essere necessariamente manifestata in forma scritta - ma deriva direttamente dalla legge, che rende irrilevante la disdetta del locatore quando la stessa non sia basata su una delle giuste cause specificamente indicate dalla legge quali motivi legittimi di diniego della rinnovazione (Cass.civ., sez.III, 20 marzo 2017, n. 7040).

A conferma della necessità del diniego motivato, in tema di locazione di immobili urbani adibiti ad uso non abitativo, qualora il locatore, trattandosi di ente pubblico anche non economico, intenda adibire l'immobile all'esercizio di attività tendenti al conseguimento delle sue finalità istituzionali, non può limitarsi, nella comunicazione del diniego della rinnovazione del contratto ai sensi dell'art. 29 della citata legge, ad un generico richiamo dei suoi fini istituzionali, in special modo in caso di molteplicità e diversificazione di essi, ma deve specificare, ai sensi del predetto art. 29, comma 4, la concreta attività da svolgere nell'immobile, sì da consentire al giudice e al conduttore di verificare la serietà e l'attuabilità della intenzione indicata (Cass.civ, sez.III, 19 giugno 2015, n.12711).

In evidenza

Per i rapporti di locazione disciplinati dall'art. 42 della l. n. 392/1978, è previsto il rinnovo automatico di sei anni in sei anni subordinato al tempestivo invio della disdetta all'altra parte a mezzo di lettera raccomandata almeno 12 mesi prima della scadenza.

Anche la locazione di immobile urbano conclusa con lo Stato o altro ente pubblico territoriale come conduttore può essere stipulata per una durata più breve di quella sessennale, in presenza di esigenze di carattere transitorio oggettivamente rilevabili e richiamate nel contratto. Tenuto conto quindi della particolare qualificazione della attività del conduttore ovvero della soggettività dello stesso, non può giustificarsi l'impossibilità di prevedere una più breve durata del contratto, in presenza di attività anche oggettivamente riscontrabili come transitorie e espressamente richiamate dalle parti sin dalla stipula del contratto (Cass. civ., sez. III, 23 gennaio 2009, n.1699).

L'art. 42 ha, poi, esteso a tali rapporti di locazione anche l'applicazione della disciplina prevista dall'art. 32 in tema di aggiornamento Istat del canone di locazione, nonché quella di cui agli artt. 7 (nullità della clausola di risoluzione del contratto in caso di vendita dell'immobile locato), 8 (ripartizione tra locatore e conduttore delle spese di registrazione del contratto), 9 (ripartizione tra locatore e conduttore degli oneri condominiali), 10 (diritto del conduttore alla partecipazione alle assemblee condominiali) e 11 (misura del deposito cauzionale), tutti richiamati dall'art 41, unitamente all'esclusione dell'applicabilità degli artt, 38, 39 e 40 alle attività di cui all'art. 35.

DURATA: ORIENTAMENTI A CONFRONTO SUL CONCETTO DI RINNOVO TACITO

Non è applicabile ai contratti di cui all'art. 42 l. n. 392/1978 il rinnovo tacito del contratto

Il richiamo dell'art. 42 al solo “preavviso” di cui all'art. 28, e non all'intera disciplina della tacita rinnovazione dettata da questo articolo, rende inapplicabile il meccanismo del diniego di rinnovazione ex artt. 28 e 29 eccezionalmente previsti con riferimento alla prima scadenza (Cass. civ., sez.III, 28 novembre 1987, n.8876).

È applicabile il rinnovo tacito se è previsto nel contratto o da disposizioni di legge

Il comma 2 dell'art. 42 l. n. 392/1978, nella parte in cui specificamente richiama il preavviso per il rilascio di cui all'art. 28 deve essere interpretato nel senso che ai contratti di locazione di immobili adibiti ad una delle particolari attività contemplate al comma 1 stesso art. 42 si applica l'intera disciplina sulla durata del rapporto contenuta nell'art. 28 e, pertanto, anche la normativa sul diniego motivato di rinnovazione alla prima scadenza contrattuale dettata dall'art. 28, comma 2, e 29 stessa legge (Cass. civ., sez. un.,9 luglio 1997, n.6227).

Le attività previste dall'art. 42

La generica elencazione delle attività effettuata dal legislatore non è di certo casuale, nel senso che la scelta è ricaduta su quelle che non hanno invero un contenuto preciso, per lo svolgimento delle quali però, nella pratica del mercato locatizio, c'è notevole richiesta di unità immobiliari da condurre in locazione.

Trattasi pur sempre di attività che si connotano per i fini di rilevante utilità sociale che perseguono.

Allo scopo di incrementare queste attività, il cui svolgimento è conforme a specifici precetti costituzionali, quali la libertà di associazione, la promozione di manifestazioni dello spirito e la diffusione della cultura e dell'istruzione che non sono prerogative esclusive dello Stato, il legislatore si è preoccupato di garantire a coloro che intendono svolgerle la possibilità di reperire facilmente una sede o un ambiente ove perseguirle.

a - Le attività ricreative, assistenziali, culturali e scolastiche

La nozione di attività ricreativa, in difetto di specifica definizione normativa, va ricostruita sulla base di un criterio storico-funzionale.

Sono quelle attività che offrono svago e divertimento, dirette in senso lato all'impiego del tempo libero per la soddisfazione delle normali esigenze di riposo e distrazione.

Può ritenersi un locale ricreativo quello ove si svolgono incontri con anziani oppure quello dedicato ad impartire ai giovani, senza scopo di lucro, i primi rudimenti di falegnameria, di fabbro o di altro mestiere, quand'anche di mera hobbistica. Vanno quindi inclusi nell'art. 42 i laboratori di vario tipo, disegno, pittura, modellismo, con l'uso di vari materiali, standard o di recupero. Parimenti dicasi per quegli spazi dedicati ai giochi ed allo svago per i bambini, dove svolgere. l'attività di animazione con lo scopo di farli divertire e svagare in un'ottica di organizzazione del loro tempo libero.

Resta invece escluso lo spazio per l'installazione di un impianto sportivo o il locale per l'esercizio di una palestra con fine di lucro e con organizzazione di personale e materiali, caratteristiche prevalenti rispetto alla pur svolta attività culturale.

L'assistenza presuppone invece uno stato di bisogno, che sia economico o sociale oppure sanitario. Si concreta in quelle attività dirette a prestare supporto a persone bisognose di aiuto perché giunti, magari, ad un particolare momento della loro.

Tra le attività assistenziali va ricompresa ogni forma di aiuto prestato a favore dei singoli o di gruppi, attraverso l'erogazione di beni e/o servizi, a fini di solidarietà e sicurezza sociale.

Sono attività che si sviluppano sotto gli aspetti di beneficienza e dell'assistenza in senso stretto e che possono avere un contenuto economico, medio-sanitario, educativo, morale e religioso. Ad esse, nell'ambito pubblico, provvedono, da un lato, gli enti di assistenza sanitaria e ospedaliera e, dall'altro, gli enti istituzionalmente preposti all'assistenza ed alla prevenzione sociale (INPS).

Sono attività assistenziali quelle svolte, in genere, per sopperire alle necessità di persone che si trovano in condizioni di disagio ovvero ai bisogni di intere categorie di persone. Tale può essere considerata, ad esempio, quella svolta dalla Croce Rossa, stante le sue finalità di soccorso in genere e di pronto intervento in caso di calamità.

Si è detto, più sopra, che, ai fini della disciplina dettata dall'art. 42, occorre fare riferimento all'attività in concreto esercitata nell'immobile, come è reso evidente dal riferimento fatto dalla norma alla destinazione di uso degli immobili, che devono cioè essere adibiti ad una delle attività ivi contemplate: il requisito determinante è quindi quello dell'effettiva destinazione di uso degli immobili condotti in locazione.

Per attività culturali vanno intese quelle artistiche, scientifiche e di ricerca, nonché quelle di tutela del paesaggio e del patrimonio artistico nazionale: circoli culturali e letterari, associazioni ecologiche, cineforum, ecc.

Meritano più attenzione quelle scolastiche, quelle che si realizzano cioè attraverso l'insegnamento al fine di istruire, educare ovvero di consentire l'apprendimento di una disciplina, di un'arte o di un mestiere.

Possono essere esercitate sia dallo Stato e sia dai privati. In tale secondo caso capita con frequenza che l'attività venga svolta a fini di lucro, attraverso un'organizzazione di tipo eminentemente imprenditoriale.

La circostanza per cui l'attività di insegnamento ha natura eminentemente intellettuale non vale, di per sé, a contraddire o a negare la possibilità della relativa organizzazione in forma d'impresa, inerendo strettamente, detta natura intellettuale, alla prestazione lavorativa dei docenti, senza tuttavia giungere a connotare l'organizzazione aziendale nel suo complesso.

L'attività deve infatti essere considerata commerciale ai sensi dell'art. 27 della l. n. 392/1978 quando prevalga il profilo imprenditoriale e non meramente scolastico ex art. 42, con conseguenze di carattere pratico. Di fronte ad un immobile locato genericamente a privati per essere adibito ad attività scolastica, dovrà essere l'interprete ad accertare in concreto se l'attività svolta dl conduttore sia o meno riscontrabile sia il carattere imprenditoriale. Qualora invero l'attività di insegnamento o di istruzione si presenti come il risultato di un'organizzazione aziendale, secondario del servizio di istruzione offerto al pubblico, gestito secondo criteri di economicità, deve convenirsi che essa, in quanto non occasionale, debba considerarsi come esercitata in forma di impresa, e dunque avente titolo per la percezione dell'indennità di avviamento (Cass. civ., sez.III, 19 settembre 2019, n.23344).

Può, quindi, concludersi con il richiamo ad una consolidata remota giurisprudenza secondo cui l'attività scolastica esercitata a fini di lucro integra un'attività commerciale rientrante nella previsione di cui all'art. 27, senza che venga in rilievo l'art. 42 che, nel dettare disposizioni particolari per gli immobili adibiti ad attività scolastiche, non ha escluso che la scuola possa avere un fine speculativo, né ha esentato le locazioni concernenti la stessa dall'applicabilità del richiamato art. 27 (Cass. civ., sez.III, 29 maggio 1995, n. 6019).

In evidenza

Nel silenzio della legge, si è sempre adottato un criterio unitario di individuazione delle attività indicate dall'art. 42, riferendosi ad esse come a quelle aventi rilevanza sociale. Stante queste premesse, non può sorgere dubbio sul fatto che anche

l'attività di culto

, benché non menzionata dall'art. 42, possa rientrare tra quelle disciplinate da tale norma. Detta attività, infatti è diretta alla divulgazione di precetti della fede e dell'assistenza spirituale e materiale dei fedeli, rientrante come tale tra quelle assistenziali espressamente richiamante dalla predetta disposizione.

b - Sedi di partiti e di sindacati

Il partito politico è un'associazione di cittadini aderenti ad ideologie ed a programmi determinati, che svolge un'attività politica per la loro attuazione.

Il sindacato è invece un'associazione di persone fisiche che è finalizzata più ad una attività di assistenza e tutela a favore di una determinata categoria, non solo degli iscritti al sindacato stesso.

Trattasi, entrambe, di associazioni non riconosciute sprovviste di personalità giuridica, ma che sono considerate dall'ordinamento come centri di imputazione di interessi, di situazioni e di rapporti giuridici, come soggetti di diritto distinti dagli associati ed aventi una loro capacità sostanziale e processuale esplicata a mezzo delle persone che li rappresentano.

Il contratto viene stipulato, di norma, dal rappresentante, benché nulla impedisca al singolo militante di porre in essere la locazione, sempreché risulti la destinazione del bene locato come sede del partito o del sindacato.

Poiché la norma fa riferimento alla “sede”, inteso come luogo ove si trova l'organo avente la rappresentanza legale dell'ente o, più in generale, ove vengono compiute le attività istituzionali dell'ente stesso, si ritiene che non debbano essere incluse in questa tipologia di contratti quelle locazioni che, pur concluse in nome o nell'interesse dell'associazione, siano relative ad immobili non utilizzati direttamente per lo svolgimento dell'attività tipica dell'ente.

Ogni sezione, cellula o circolo del partito o del sindacato rilevano come autonome associazioni di diritto privato, talché l'attività e la relativa normativa applicabile va rinvenuta nell'effettivo modo di utilizzazione dei locali condotti in locazione.

L'operatività dell'art. 42 nei confronti di partiti politici o dei sindacati presuppone, in buona sostanza, che la locazione veda come conduttore un partito politico o un sindacato e che l'immobile sia da costoro adibito a propria sede o all'esercizio dei propri fini istituzionali.

c - Locazioni stipulate dallo Stato e da altri enti pubblici

L'art. 42 disciplina, sotto il profilo soggettivo, anche i contratti stipulati dallo Stato e dagli altri enti pubblici territoriali in qualità di conduttori. La norma si riferisce espressamente non solo all'amministrazione statale, ma anche a Regioni (ex Province) e Comuni.

La particolare tutela assicurata dalla disposizione in esame non subisce il limite oggettivo della destinazione delle attività svolte nei locali, giacché qualunque sia l'uso che i soggetti indicati ne facciano, la legge prescrive che essi siano sempre tesi alla realizzazione di esigenze sociali meritevoli di tutela.

Simile previsione ha certamente carattere residuale, nel senso che accorda una qualche tutela a rapporti che altrimenti non sarebbero rientrati nell'ambito di applicabilità dell'intera normativa dettata dalla l. n. 392/1978, Qualora invece l'attività sia riconducibile ad una di quelle previste dall'art. 27, la locazione dell'immobile ove essa si svolge gode della più ampia tutela prevista per questi tipi di rapporti.

Nel concetto di Stato, deve ritenersi compresa l'amministrazione statale in tutte le sue articolazioni, con le sue varie aziende autonome, quali le ferrovie, le poste. l'ANAS e quant'altro. Quando però la persona giuridica pubblica svolga un'attività di tipo imprenditoriale (come le aziende pubbliche municipalizzate), il relativo contratto deve ritenersi disciplinato dall'art. 27.

Infine, anche quando l'immobile è preso in locazione dallo Stato o dall''ente locale per destinarlo ad abitazione del dipendente o di terzi (è il caso del Comune che ottiene la disponibilità di alloggi da destinare a sinistrati o sfrattati), deve comunque valere un'interpretazione più ampia del dettato dell'art. 42 e dunque fare rientrare nelle fattispecie ivi disciplinate anche le ipotesi in cui, indipendentemente dalla destinazione assegnata al bene e qualunque sia l'attività che nell'immobile si svolge, lo Stato o altro ente pubblico rivestano la qualità di conduttore, trattandosi comunque di attività il cui svolgimento è conforme a specifici precetti costituzionali.

Casistica

CASISTICA

Contratti stipulati dallo Stato nel ruolo di conduttore: si applica la disciplina dettata dagli artt.28 e 29 l. n. 392/78

Anche ai contratti di locazione di immobili adibiti ad uso diverso da quello di abitazione stipulati dallo Stato o da altri enti pubblici territoriali in qualità di conduttori, di cui all'art. 42 della l. n. 392/1978, è applicabile la disciplina dettata dagli artt. 28 e 29 in tema di rinnovazione, che accorda al conduttore una tutela privilegiata in termini di durata del rapporto. Invero, a differenza dell'ipotesi regolata dall'art. 1597 c.c., la protrazione di tale rapporto alla sua prima scadenza in base alle richiamate norme della l. n. 392/1978 non costituisce l'effetto di una tacita manifestazione di volontà - successiva alla stipulazione del contratto e presunta in virtù di un comportamento concludente -, ma deriva direttamente dalla legge (Cass. civ., sez. III, 20 dicembre 2019, n.34162).

Attività di insegnamento organizzata in forma di impresa

- La circostanza per cui l'attività di insegnamento ha natura eminentemente intellettuale non vale, di per sé, a contraddire o a negare la possibilità della relativa organizzazione in forma d'impresa, inerendo strettamente, detta natura intellettuale, alla prestazione lavorativa dei docenti, senza tuttavia giungere a connotare l'organizzazione aziendale nel suo complesso. Sicché qualora l'attività di insegnamento o di istruzione si presenti come il risultato di un'organizzazione aziendale, secondario del servizio di istruzione offerto al pubblico, gestito secondo criteri di economicità, deve convenirsi che essa, in quanto non occasionale, va considerata come esercitata in forma di impresa, e dunque avente titolo per la percezione dell'indennità di avviamento (Cass. civ., sez. III, 19 settembre 2019, n.23344).

- L'attività scolastica esercitata da un soggetto privato (nella specie una società in accomandita semplice), con organizzazione imprenditoriale finalizzata alla gestione di un servizio con scopo di lucro, riveste un indubbio carattere commerciale. Pertanto, poiché tale attività rientra nell'ambito di operatività di cui al combinato disposto degli artt. 27 e 34 della l. n. 392/1978 (e non invece dell'art. 42 stessa legge), sussiste in favore del conduttore il diritto alla percezione dell'indennità di avviamento (fattispecie in tema di asilo convenzionato con il Comune) (Trib. Prato 9 giugno 2011, n. 630).

Recesso dal contratto

- La disposizione dell'art. 27 della l. n. 392/1978, che consente al conduttore di recedere in qualsiasi momento dal contratto per gravi motivi, è applicabile anche ai contratti di locazione contemplati dall'art. 42 della stessa legge e, tra questi, a quelli conclusi in qualità di conduttore da un ente pubblico territoriale. I gravi motivi devono consistere in un'esigenza oggettiva, imposta dal dover esercitare la funzione e soddisfare l'interesse pubblico che ne è oggetto in modo più idoneo rispetto a quanto assicuri l'esercizio della funzione stessa in atto mediante l'utilizzo del bene condotto in locazione (Cass.civ.,sez.III, 27 agosto 2015, n.17215).

- Il conduttore che per gravi motivi recede dal contratto di locazione di immobile destinato a una delle attività indicate negli artt. 27 e 42 della l. 27 luglio 1978, n. 392 prima della scadenza del termine di durata, senza il preavviso prescritto dall'ultimo comma del citato art. 27, è tenuto al risarcimento dei danni che il locatore provi di aver subito per l'anticipata restituzione dell'immobile a meno che dimostri che l'immobile è stato egualmente utilizzato dal locatore direttamente o indirettamente (nella specie, la Suprema Corte ha confermato la sentenza impugnata che aveva rigettato la pretesa risarcitoria del locatore atteso che nessun pregiudizio era derivato a quest'ultimo dall'anticipato rilascio dei locali, essendo stati gli stessi locati ad altro ente senza alcun apprezzabile intervallo tra il rilascio e la nuova locazione e non essendo stato dimostrato dal locatore che il mancato ripristino dei locali, prima che i medesimi fossero concessi di nuovo in locazione, aveva comportato la pattuizione di un canone di importo inferiore rispetto ad altro proprio per la mancata eliminazione dei danneggiamenti riscontrati) (Cass.civ.,sez.III, 22 agosto 2007, n.17833).

Qualora in un contratto di locazione sia previsto il divieto per il conduttore di apportare modifiche all'immobile locato senza il preventivo ed esplicito consenso del proprietario-locatore, non incombe a quest'ultimo, che abbia agito per l'eliminazione delle modifiche apportate dal conduttore, la prova della sua opposizione, bensì al conduttore la dimostrazione di avere ottenuto il preventivo espresso consenso del locatore, senza che sia sufficiente la mancata opposizione a un progetto genericamente prospettato (Cass. civ., sez.III, 22 aprile 2013, n.9724).

- Anche la locazione di immobile urbano conclusa con lo Stato o altro ente pubblico territoriale come conduttore può essere stipulata per una durata più breve di quella sessennale, in presenza di esigenze di carattere transitorio oggettivamente rilevabili e richiamate nel contratto (nella specie, la locazione era stata stipulata da un'azienda sanitaria per sopperire alla inagibilità di altro immobile, sottoposto a lavori di ristrutturazione) (Cass. civ., sez.III, 23 gennaio 2009, n. 1699).

- Anche ai contratti di locazione di immobili adibiti ad uso diverso da quello di abitazione stipulati dallo Stato o da altri enti pubblici territoriali in qualità di conduttori di cui all'art. 42 della l. 27 luglio 1978, n. 392 è applicabile la disciplina dettata dagli artt. 28 e 29 in tema di rinnovazione che accorda al conduttore una tutela privilegiata in termini di durata del rapporto. Invero, a differenza dell'ipotesi regolata dall'art. 1597 c.c., la protrazione del rapporto alla sua prima scadenza in base alle richiamate norme della l. n. 392/1978 non costituisce l'effetto di una tacita manifestazione di volontà - successiva alla stipulazione del contratto e che la legge presume in virtù di un comportamento concludente e, quindi, incompatibile con il principio secondo il quale la volontà della P.A. deve essere necessariamente manifestata in forma scritta - ma deriva direttamente dalla legge, che rende irrilevante la disdetta del locatore quando la stessa non sia basata su una delle giuste cause specificamente indicate dalla legge quali motivi legittimi di diniego della rinnovazione. (Cass.civ.,sez.III, 24 luglio 2007, n. 16321).

- In tema di locazioni, con riguardo ai relativi contratti aventi ad oggetto immobili adibiti ad una delle particolari attività di cui all'art. 42 della l. 27 luglio 1978, n. 392, il comma 2 di detto articolo, richiamando il preavviso per il rilascio di cui al precedente art. 28, importa l'applicabilità a tali contratti dell'intera disciplina della durata contenuta nel medesimo art. 28, e pertanto anche del diniego motivato di rinnovazione alla prima scadenza contrattuale, dettata dallo stesso art. 28, comma 2, e dall'art. 29 della legge in questione (nella specie, la Suprema Corte ha confermato la sentenza della corte di merito che aveva rigettato la domanda di cessazione del contratto di locazione stipulato con il Ministero dell'Interno perché la disdetta era invalida causa la mancata enunciazione dei motivi inducenti la locatrice medesima al diniego di rinnovazione del contratto) (Cass.civ.,sez.III,6 febbraio 2007,n.2567).

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