Dissenso dei discendenti maggiorenni dell'adottante nel procedimento di adozione di persona maggiore di età: ragioni affettive e interessi patrimoniali

09 Dicembre 2020

Nel procedimento di adozione di persona maggiore di età, va riconosciuta natura vincolante al dissenso espresso dai figli maggiorenni dell'adottante...
Massima

Nel procedimento di adozione di persona maggiore di età, va riconosciuta natura vincolante al dissenso espresso dai figli maggiorenni dell'adottante, non potendosi estendere a tale fattispecie il potere di valutazione discrezionale attribuito al giudice del merito dal 2 comma dell'art 297 c.c., applicabile alla sola e diversa ipotesi di discendenti incapaci di esprimere un valido consenso.


Il caso

Con apposito ricorso gli istanti, rispettivamente adottante e adottando, adivano il Tribunale di Busto Arsizio affinchè, verificata la sussistenza dei requisiti previsti dall'art 291 c.c. e acquisito il consenso dei soggetti a tanto legittimati, autorizzasse l'adozione del figlio maggiorenne dell'attuale moglie del richiedente.

L'adito Tribunale rigettava la formulata richiesta ritenendo ostativo il fermo dissenso del figlio maggiorenne dell'adottante, fondato su esigenze di tutela delle sue ragioni successorie, a suo dire, prevalenti rispetto a qualsivoglia diverso interesse per l'assenza di un minimo legame affettivo e familiare con l'adottando.

La pronuncia resa in primo grado veniva impugnata dinanzi la Corte di Appello di Milano, al fine di pervenire alla sua riforma poiché giudicata errata.

In particolare, ad avviso degli appellanti, il Tribunale avrebbe omesso di considerare, sulla scorta di una lettura costituzionalmente orientata dell'istituto, le ragioni affettive poste a fondamento della proposta azione, strettamente connesse all'esistenza di un legame stabile e duraturo instaurato dall'adottando con la famiglia di accoglienza, situazione che avrebbe dovuto indurre ad una diversa valutazione circa la fondatezza della formulata istanza.

In via subordinata, si sollecitava la Corte a sollevare questione di legittimità costituzionale della normativa di riferimento per contrasto con gli artt. 2, 3 10 e 30 Cost., ravvisandosi una disparità di trattamento con la diversa disciplina dell'adozione dei minori.

I su esposti rilievi non venivano accolti dalla Corte che, per un verso, confermava la pronuncia impugnata, considerata conforme al dato normativo per l'accertata insussistenza di una comunione di vita familiare tra il figlio maggiorenne dell'adottante e l'adottando, a cui ricollegava l'impossibilità di qualsivoglia diversa valutazione sul punto, e, sotto altro aspetto, definiva come manifestamente infondata, oltre che irrilevante, la prospettata questione di legittimità costituzionale.

La questione

La questione posta all'attenzione della Corte di Appello di Milano concerne la verifica della valenza da attribuire, nel procedimento di adozione di persona maggiore di età, al dissenso espresso dal figlio maggiorenne dell'adottante, secondo una valutazione da compiersi sulla scorta non solo del dato normativo ma anche di una lettura costituzionalmente orientata dell'istituto.

Le soluzioni giuridiche

Nella pronuncia in esame, la Corte di Appello di Milano, richiamando le argomentazioni addotte dalla Corte Cost. nei diversi interventi resi sul punto (Cfr. Corte Cost. n. 557/1988; Corte Cost., n. 245/2004), ha rigettato la proposta istanza, attribuendo carattere ostativo al dissenso espresso dal figlio maggiorenne dell'adottante.

Invero, la Corte, ripercorrendo gli interventi della Consulta, puntualizza quale la finalità dell'assenso richiesto ai figli maggiorenni dell'adottante dal comma 1 dell'art 291 c.c., individuandola nella funzione di controllo degli interessi familiari coinvolti, oltre che nell'esigenza di tutela della posizione del singolo componente che si ritenga leso nei suoi diritti personali.

Per effetto di tale premessa giunge a riconoscere valenza vincolante a tale manifestazione di volontà, rispetto alla quale esclude la configurabilità di un potere di valutazione discrezionale da parte dei giudici di merito, previsto, invece, dal comma 2 dell'art 297 c.c. per la sola e diversa ipotesi in cui vi siano discendenti dell'adottante incapaci di esprimere un valido consenso.

A sostegno di tale interpretazione, la Corte pone la stessa giurisprudenza citata in sede di gravame, e in particolare le motivazioni addotte dalla Cassazione nella sentenza Cass. n. 2426/2006, secondo cui la superabilità della condizione ostativa, rappresentata dalla mancanza del consenso dei discendenti dell'adottante, possa essere superata mediante il ricorso ai poteri discrezionali attribuiti al giudice del merito, nella sola ipotesi in cui si tratti di minori o comunque di soggetti incapaci e a condizione che vi sia in concreto una comunione familiare da salvaguardare (nel caso in esame tra i figli minorenni dell'adottante e l'adottando vi era un legame di sangue per avere i bambini un genitore in comune).

Neppure le argomentazioni da ultime espresse dalla Suprema Corte (Cass. n. 7667/2020) sono state ritenute idonee a pervenire, sulla scorta di una lettura costituzionalmente orientata dell'istituto sollecitata dagli istanti, ad una diversa valutazione della questione, mancando nella fattispecie l'elemento essenziale della comunione di vita e di intenti tra il discendente maggiorenne dissenziente e l'adottando, la cui tutela costituisce, per i giudici di legittimità, l'interesse preminente cui l'istituto, nella sua rinnovata veste, è rivolto.

Parimenti disattese sono state le sollecitazioni volte a sollevare questione di legittimità costituzionale dell'attuale disciplina dell'istituto in esame in relazione agli artt. 2, 3, 10 e 30 Cost., trattandosi di questioni già disattese dalla Consulta mancando l'esigenza di tutela dell'interesse di un soggetto vulnerabile posta a fondamento della differente disciplina prevista per l'adozione dei minori.

Osservazioni

Le motivazioni contenute nella decisione in esame offrono importanti spunti di riflessione che inducono a non escludere la possibilità di superare la valenza ostativa riconosciuta dalla Corte territoriale al dissenso espresso dal figlio maggiorenne dell'adottante, pervenendo a diverse conclusioni.

Tralasciando la strada dell'illegittimità costituzionale della normativa di riferimento, esclusa dal granitico orientamento espresso dalla Consulta nelle molteplici pronunce rese sul punto, (ex plurimis Corte cost. 345/1992; Corte cost. n. 89/1993; Corte cost. n. 500/2000), interessante appare il richiamo contenuto nella sentenza in esame alle argomentazioni da ultimo addotte dalla Cassazione (Cass. n. 7667/2020) che - relativamente ad altra questione, e in particolare alla differenza di età che l'art. 291 c.c. impone tra adottante e adottando –giunge a superare i limiti imposti dal dato normativo, ravvisando la necessità di pervenire, sulla scorta di una lettura costituzionalmente orientata della disciplina dell'adozione, alla piena realizzazione delle finalità perseguite dall'istituto nella sua rinnovata veste.

Non può sottacersi, infatti, che, a seguito dell'evoluzione sociologica intervenuta nell'ultimo decennio, di cui già la giurisprudenza di legittima dava atto con pronuncia Cass. n. 354/1999, l'adozione abbia perso la sua originaria connotazione, diretta ad assicurare all'adottante la continuità della sua casata e del suo patrimonio, “per assumere la funzione di riconoscimento giuridico di una relazione sociale, affettiva ed identitaria, nonchè di una storia personale, di adottante e adottando, con la finalità di strumento volto a consentire la formazione di famiglie tra soggetti che, seppur maggiorenni, sono tra loro legati da saldi vincoli personali, morali e civili(Cfr Cass. 7667/2020).

Si tratta, come appare evidente, di una finalità prettamente solidaristica a cui la giurisprudenza di legittimità ha ricollegato la necessità di procedere ad un'interpretazione costituzionalmente orientata delle norme di riferimento, tale da rendere compatibile la sua disciplina sia con le previsioni di cui all'art 30 Cost, nella parte in cui riconosce e garantisce il valore etico e sociale dell'unità familiare, che con il contenuto dell'art 8 CEDU, volto alla salvaguardia della vita privata e familiare di ciascun individuo da qualsivoglia ingerenza arbitraria esterna. (Cfr Fiorendi M., Adozione di maggiorenne e riduzione della differenza di diciotto anni tra adottante e adottato, in ilFamiliarista).

A ben considerare, tale impostazione non può lasciare indenne la questione che ci occupa, configurandosi anche in relazione al consenso del discendente maggiorenne dell'adottante, le medesime esigenze di tutela dell'unità familiare evocate dalla Cassazione e poste a fondamento del riconoscimento, in capo al giudice del merito, di un potere discrezionale volto ad assicurare, in relazione al caso concreto, la piena rispondenza dell'istituto alle finalità che gli sono proprie.

Peraltro, tale diversa lettura della norma non pare ostacolata neppure dall'esigenza di tutela dell'interesse patrimoniale del figlio maggiorenne dell'adottante, alla cui protezione il consenso in esame è espressamente rivolto; sul punto non può non rilevarsi, analogamente a quanto fatto in relazione all'art 291 c.c., che si tratta di una limitazione da riconsiderare alla luce dall'evoluzione che ha interessato l'istituto, apparendo indubbio che, nella valutazione dei contrapposti interessi, dovrà riconoscersi priorità alla realizzazione delle finalità dell'istituto, come tutelate e riconosciute sia a livello costituzionale che dall'ordinamento sovranazionale, rispetto alle quali qualsivoglia diversa impostazione, che appaia con essa confliggente, non potrà che risultare recessiva.

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