Furto in area condominiale e nozione di privata dimora

11 Dicembre 2020

La Corte di Cassazione qualifica come furto in abitazione ai sensi dell'art. 624-bis c.p. la condotta di sottrazione ed impossessamento avente ad oggetto di beni temporaneamente depositati presso l'area di pertinenza di un condominio, sebbene i beni non siano di proprietà né di uno dei condomini né del condominio, ma di proprietà di terzi estranei. Infatti, ai fini della qualificazione giuridica non assume alcuna rilevanza la natura del bene, ma il luogo in cui si realizza la condotta. Le aree condominiali sono luoghi finalizzati a soddisfare esigenze della vita domestica e familiare, pur non essendo direttamente destinati all'abitazione, fanno parte integrate del luogo abitato, in ragione del carattere di indispensabile strumentalità.
Massima

Costituisce reato di furto in abitazione la condotta di sottrazione ed impossessamento avente ad oggetto di beni temporaneamente depositati presso l'area di pertinenza di un condominio, sebbene i beni non siano di proprietà né di uno dei condomini né del condominio, ma di proprietà di terzi estranei.

Il caso

La Corte d'Appello di L'Aquila conferma la condanna dell'imputato per il reato di furto in abitazione o in luogo di privata dimora, avente ad oggetto beni temporaneamente depositati nell'area privata di pertinenza di un condominio, ma non di proprietà né di un condomino né del condominio, ma di una ditta che stava svolgendo lavori sulla rete fognaria.

Avverso la sentenza di condanna, ricorre per cassazione l'imputato, il quale lamenta l'erronea applicazione della legge penale in relazione alla mancata qualificazione del fatto come furto semplice. In particolare, il ricorrente lamenta l'errata applicazione della nozione di privata dimora così come scolpita dalla recente sentenza delle Sezioni Unite Cass. pen. n. 31345/2017, la quale ha risolto il contrasto giurisprudenziale relativo all'applicazione del reato di cui all'art. 624-bis c.p. in relazione ai casi in cui l'azione delittuosa veniva posta in essere in esercizi commerciali, studi professionali, stabilimenti industriali e in generale luoghi di lavoro, segnatamente quando la condotta fosse realizzata in orario di chiusura al pubblico della sede lavorativa nell'assenza di persone dedite a qualche attività o mansione all'interno di tali luoghi.

Inoltre, il ricorrente rileva che la sottrazione e l'impossessamento ha riguardato beni non appartenenti ai proprietari dei luoghi (i condomini o il condominio) ma a terzi estranei al condominio, pur verificandosi all'interno di un'area condominiale. Questo dato fattuale imporrebbe, a detta del ricorrente, la diversa qualificazione del fatto di reato, anche in considerazione della natura condominiale del luogo in cui è avvenuto il furto, che non costituisce né dell'abitazione né della privata dimora del proprietario della res.

Infine, invoca l'applicazione dell'attenuante della speciale tenuità di cui all'art. 62, comma 4, c.p., in ragione del fatto che l'imputato abbia restituito i beni sottratti.

La questione

La questione sottoposta alla Suprema Corte concerne la qualificazione del fatto di reato come furto semplice, punito dall'art. 624 c.p., e non come il più grave reato di furto in abitazione previsto dall'art. 624-bis c.p., in quanto il fatto sarebbe commesso in area condominiale tendenzialmente non destinata ad abitazione - e quindi non equiparabile a privata dimora - nonché in relazione al fatto che l'oggetto del furto non appartenesse a nessuno dei condomini, ma a terzi estranei.

In proposito, occorre fare qualche cenno al reato di furto in abitazione previsto dall'art. 624-bis c.p.

Fra i più rilevanti interventi di riforma apportati dalla l. 26 marzo 2001, n. 128, recante interventi legislativi in materia di tutela della sicurezza dei cittadini, vi è, senza dubbio, l'introduzione dell'art. 624-bis c.p.

Il reato di furto in abitazione punisce la condotta di chi si impossessa della cosa mobile altrui sottraendola a chi la detiene, al fine di trarne profitto per sè o per altri, mediante introduzione in un edificio o in altro luogo destinato in tutto o in parte a privata dimora o nelle pertinenze di essa.

La citata legge ha trasformato il furto in abitazione da ipotesi aggravata del delitto di furto semplice a figura autonoma di reato, in modo da evitare il bilanciamento con eventuali circostanze attenuanti a norma dell'art. 69 c.p. La fattispecie di furto in abitazione reca tutti gli elementi del reato di furto, in aggiunta all'elemento specializzante concernente il luogo in cui si verifica il furto: l'abitazione o la privata dimora.

II legislatore ha voluto, quindi, rafforzare la risposta sanzionatoria in relazione a quelle modalità di realizzazione del furto che si rilevano più odiose e insidiose, realizzate mediante introduzione nell'abitazione, in assenza del consenso del proprietario, e quindi lesive non solo del patrimonio ma anche della intimità e riservatezza di cui ciascuno gode all'interno della propria abitazione.

È necessario un nesso finalistico tra l'introduzione nei luoghi di privata dimora e l'impossessamento della cosa, e non un mero nesso occasionale posto che non si configura la fattispecie nel caso di abusivo intrattenimento nell'edificio (Cass. pen., sez. IV, 28 marzo 2019, n. 18792).

Va evidenziato che il legislatore abbia accolto l'interpretazione giurisprudenziale secondo la quale nella nozione di privata dimora vanno incluse anche le pertinenze, quali ad esempio garage, cantine, magazzini e ripostigli esterni, giardino privato.

In proposito, la giurisprudenza di legittimità ha precisato che il reato de quo sia configurabile ogniqualvolta il soggetto attivo del furto, per commettere il reato, si sia introdotto in un luogo che sia destinato potenzialmente ad essere abitato: non è, però, necessario che lo sia anche concretamente essendo irrilevanti le concrete modalità di utilizzazione.

Si pone, quindi, la questione se anche l'area privata di pertinenza di un condominio possa essere considerata come “privata dimora” sebbene non sia affatto destinata, neppure in astratto, ad essere abitata e possa essere concretamente accessibile a chiunque.

Le soluzioni giuridiche

La Suprema Corte, nel dichiarare l'inammissibilità del ricorso per manifesta infondatezza, ricorda che le nozioni di abitazione e di privata dimora, evocando i luoghi finalizzati a soddisfare esigenze della vita domestica e familiare, includono anche tutti i locali che, pur non essendo direttamente destinati all'abitazione, fanno parte integrate del luogo abitato, in ragione del carattere di indispensabile strumentalità. Pertanto, deve ritenersi che anche le aree condominiali sono funzionali all'esigenze della vita abitativa e alla libera fruibilità della propria abitazione dimora e debbano essere considerate incluse nella nozione di abitazione o privata dimora (Cass. pen., sez. IV, 11 febbraio 2019, n. 6387).

A riprova di ciò, si fa riferimento alla citata sentenza delle Sezioni Unite Cass. pen. n. 31345/2017 che definisce la privata dimora come qualsiasi luogo che serva all'esplicazione di atti della vita privata, comprese attività di lavoro, culturali, professionali e politiche. Peraltro, nel caso di specie, neppure si può obiettare che, dalla suddetta nozione, esulino i luoghi che consentano a chiunque l'accesso al pubblico, posto che i beni si trovavano all'interno di un'area condominiale, privata e, quindi, potenzialmente preclusa all'accesso degli estranei.

Inoltre, nessuna rilevanza assume il fatto che il bene oggetto del furto non appartenga al soggetto proprietario del luogo, posto che la speciale tutela apprestata dal legislatore rispetto la fattispecie comune di furto attiene ai luoghi in cui si realizza il furto, non in relazione ai beni.

Anche il motivo in ordine all'applicazione dell'attenuante del danno di speciale tenuità risulta inammissibile in quanto infondato. Tale circostanza attenuante presuppone necessariamente che il pregiudizio causato sia lievissimo, di valore pressoché irrilevante, mentre nel caso di specie il giudice di merito, con valutazione non sindacabile in sede di legittimità, ha ritenuto di dover valutare il pregiudizio complessivamente arrecato al soggetto passivo con l'azione criminosa, anche alla luce delle conseguenze dannose arrecate dalla sottrazione della res.

Infine, la Corte di Cassazione ha precisato che, in tema di furto, ai fini della configurabilità della circostanza attenuante del danno di particolare tenuità, occorre che l'entità del danno cagionato alla persona offesa sia verificato al momento della consumazione del reato, dal momento che la restituzione della refurtiva costituisce solo un post factum non valutabile a tal fine.

Osservazioni

La Suprema Corte ha fatto buon governo dei principi giurisprudenziali in tema di reato di furto in abitazione e di privata dimora, lumeggiati dalla citata sentenza delle Sezioni Unite Cass, pen. n. 31345/2017.

Occorre partire dalla considerazione che il concetto di privata dimora sia più ampio di quello di abitazione, in quanto tale da ricomprendere tutti i luoghi non pubblici nei quali le persone si trattengono per compiere anche in modo transitorio, atti della vita privata. La giurisprudenza ha ritenuto, quindi, configurabile il furto, ai sensi dell'art. 624-bisc.p., se commesso all'interno di un ristorante in orario di chiusura, all'interno di un cantiere edile allestito nel cortile di un immobile in cui erano in corso lavori di ristrutturazione (Cass.pen., sez.V,1 ottobre 2014, n. 2768), all'interno di uno studio medico, in farmacia durante l'orario di apertura, all'interno di un ripostiglio di un esercizio commerciale, nella baracca di un cantiere adibito a spogliatoio. Si è infatti ritenuto che non solo le abitazioni e le pertinenze (comprese le aree del condominio come androne, cortile interno, giardino, ecc.), ma anche i luoghi di lavoro potessero essere considerati private dimore. Non è, infatti, qualificante la tipologia di immobile o di attività cui esso è astrattamente destinato, ma il concreto utilizzo privato a qualificare come privata dimora un luogo privato non accessibile al pubblico.

Pertanto, anche i luoghi di lavoro, che di per sé non sono private dimore, in quanto luoghi di regola accessibili anche senza il preventivo consenso dell'avente diritto, tuttavia possono assumere in concreto la caratteristica di privata dimora qualora siano effettivamente utilizzati come delle abitazioni, in quanto luoghi ove il soggetto compie atti della vita privata non occasionalmente, se non accessibili al pubblico o a terzi senza il consenso del titolare.

Riferimenti

Fiandaca - Musco, Diritto penale. Parte speciale, vol. 2, tomo II, Torino, 7^ ed., 2015;

Mezzetti, Trattato di diritto penale, Parte speciale, Reati contro il patrimonio, Milano, 2014.

Vuoi leggere tutti i contenuti?

Attiva la prova gratuita per 15 giorni, oppure abbonati subito per poter
continuare a leggere questo e tanti altri articoli.