Italia condannata per aver violato i diritti di una coppia omosessuale

01 Luglio 2016

La Corte europea dei diritti dell'uomo ha condannato l'Italia per aver violato l'art. 8 in combinato disposto con l'art. 14 CEDU, a causa del rifiuto di rilasciare un permesso di soggiorno per motivi familiari al convivente neozelandese di una coppia omosessuale stabilmente convivente in Italia.

La Corte europea dei diritti dell'uomo ha condannato l'Italia per aver violato l'art. 8 in combinato disposto con l'art. 14 CEDU, a causa del rifiuto di rilasciare un permesso di soggiorno per motivi familiari al convivente neozelandese di una coppia omosessuale stabilmente convivente in Italia. Decidendo di trattare, ai fini della concessione del permesso di soggiorno, le coppie omosessuali alla stessa stregua di quelle eterosessuali – che, pur potendo, non hanno regolarizzato la loro situazione – lo Stato ha violato il diritto dei ricorrenti discriminandoli in base all'orientamento sessuale. Ai fini del rilascio del permesso, lo status di “membro della famiglia” può essere riconosciuto dal diritto nazionale solo ai “coniugi” e non anche ai conviventi. Tuttavia, secondo la Corte, la situazione dei ricorrenti non può essere considerata simile a quella di una coppia eterosessuale, poiché la coppia same-sex non ha in Italia, la possibilità di sposarsi. Dunque, un'interpretazione restrittiva del concetto di “membro della famiglia” rappresenta per le coppie omosessuali un ostacolo insuperabile per una concessione di questo tipo. In tali situazioni non è possibile ottenere una modalità di riconoscimento giuridico diverso dal matrimonio, dal momento che, all'epoca dei fatti, il sistema italiano non prevedeva per le coppie dello stesso sesso o eterosessuali, impegnate in una relazione stabile, la possibilità di accedere ad un'unione civile o ad un partenariato registrato attestante la condizione. La circostanza di non aver applicato un trattamento differenziato non può neppure giustificarsi ai sensi dell'art. 14 CEDU, poiché sebbene la protezione della famiglia tradizionale possa costituire un obiettivo legittimo ai sensi di tale norma, la Corte ritiene che la concessione di un permesso di soggiorno per motivi familiari a un partner straniero gay non può rappresentare un motivo “particolarmente forte e convincente” da giustificare, nelle circostanze del caso di specie, la discriminazione basata sull'orientamento sessuale.

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