Suicidio assistito: la Corte europea dichiara il ricorso irricevibile ma apre nuovi scenari

11 Giugno 2015

Con una sentenza del 14 maggio 2013 (Gross. c. Svizzera), la Corte europea ha dichiarato che la normativa svizzera viola l'art. 8 della CEDU poiché non indica in modo sufficientemente chiaro le condizioni per accedere al suicidio assistito

Con una sentenza del 14 maggio 2013 (Gross. c. Svizzera), la Corte europea ha dichiarato che la normativa svizzera viola l'art. 8 CEDU poiché non indica in modo sufficientemente chiaro le condizioni per accedere al suicidio assistito. La ricorrente, in particolare, non soffrendo di una malattia terminale, ha lamentato l'impossibilità di ottenere dalle autorità svizzere l'autorizzazione a procurarsi una dose letale per porre termine alla propria esistenza. La legislazione svizzera, infatti, sebbene accordi tale possibilità in forza di prescrizione medica, non fornisce direttive sufficienti a definire con certezza l'ampiezza di tale diritto. Secondo la Corte, la mancanza di chiarezza produce un effetto intimidatorio nei confronti dei medici e grandi sofferenze alla ricorrente. Contro tale sentenza, il Governo svizzero ha presentato ricorso alla Grande Chambre, informando la Corte del decesso della ricorrente – già nel novembre 2011 – per mezzo di una dose letale di pentobarbital di sodio. La Corte ha constatato che la ricorrente ha adottato tutte le misure necessarie al fine di evitare che la notizia del suo decesso fosse rivelata al suo avvocato e, dunque, alla stessa Corte, impedendo così di chiudere la procedura relativa al suo caso. La Corte ha perciò statuito che il comportamento della ricorrente costituisce un abuso del diritto di ricorso individuale e ha dichiarato irricevibile il ricorso.

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