Sottrazione internazionale: l'esclusiva volontà del minore e la lentezza dei procedimenti nazionali contrastano la CEDU

19 Maggio 2015

Il ricorrente, Blaga, è un cittadino rumeno e americano residente negli Stati Uniti d'America. Nel 1993, il ricorrente ha sposato una donna di identica cittadinanza. Nel settembre 2008, la donna sottrae i figli e si trasferisce in Romania

Il ricorrente, Blaga, è un cittadino rumeno e americano residente negli Stati Uniti d'America. Nel 1993, il ricorrente ha sposato una donna di identica cittadinanza. Nel settembre 2008, la donna sottrae i figli e si trasferisce in Romania. In una sentenza del marzo 2010, i tribunali rumeni, pur riconoscendo che il rifiuto della madre di restituire i figli alla loro residenza abituale negli Stati Uniti era illegittimo ai sensi della Convenzione dell'Aja, ha respinto la richiesta di ritorno di Blaga, principalmente per la circostanza che i figli avevano espresso, liberamente e in modo inequivocabile, il desiderio di non tornare negli Stati Uniti. Nel frattempo, si sono svolti i procedimenti di divorzio e custodia e i giudici rumeni hanno concesso l'affidamento esclusivo dei figli alla madre. La Corte europea, nella sentenza del 1 luglio 2014, divenuta definitiva il 1 ottobre 2014, ha condannato la Romania per aver violato l'art. 8 CEDU (diritto al rispetto della vita privata e familiare) e l'art. 6, par. 1 CEDU (diritto ad un equo processo entro un termine ragionevole). La Corte rileva, infatti, che la decisione del tribunale nazionale di impedire il ritorno dei minori verso lo Stato di residenza abituale era fondata esclusivamente sulla loro opposizione. Secondo la Corte, l'art. 13, par. 2, della Convenzione dell'Aja, concernente le eccezioni al ritorno del minore, non impone al giudice di aderire automaticamente ai desideri dichiarati del minore, anche se egli abbia raggiunto un grado di maturità sufficiente. Prima di rifiutarsi di ordinare il ritorno, i giudici nazionali sono chiamati ad esaminare anche altri aspetti della situazione del minore. Inoltre, il tempo eccessivo impiegato dai giudici nazionali prima di adottare la decisione finale non ha rispettato l'urgenza della situazione e, secondo la Corte, il cambiamento delle circostanze riguardanti i minori è stato notevolmente influenzato da tale lentezza.

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