Alle Sezioni Unite il compito di individuare il termine per la riassunzione del processo interrotto per il fallimento di una delle parti

16 Dicembre 2020

Con l'ordinanza in commento la prima sezione civile della Corte di cassazione ha chiesto al Primo Presidente delle Sezioni Unite di valutare se la dibattuta questione circa l'individuazione del momento da cui decorre, per la parte che non sia fallita, il termine per la riassunzione del giudizio nel caso di interruzione ai sensi dell'art. 43 comma 3 l. fall., vada devoluta alle Sezioni Unite.
Massima

Va rimessa alle Sezioni Unite la questione relativa all'individuazione del momento da cui debba aver corso, per la parte che non sia fallita, il termine per la riassunzione del giudizio nel caso di interruzione ai sensi dell' art. 43 comma 3 l. fall.

Il caso

Intervenuta l'interruzione di un giudizio di appello a causa del fallimento della parte appellata ai sensi dell'art. 43 comma 3 l. fall., l'appellante provvedeva alla riassunzione.

Si costituiva in giudizio la curatela fallimentare, eccependo l'estinzione del giudizio, stante l'asserita intempestività della riassunzione.

La Corte di appello di Firenze, in accoglimento dell'eccezione sollevata dalla curatela fallimentare, dichiarava estinto il giudizio atteso che:

  • il fallimento era stato dichiarato con sentenza del 16 aprile 2014;
  • l'appellato aveva ricevuto l'avviso di cui all'art. 92 l. fall. in data 3 maggio 2014;
  • peraltro, il 10 giugno 2014, l'appellante aveva provveduto a sottoscrivere la domanda di ammissione al passivo;
  • la conoscenza legale del fallimento sarebbe dovuta dunque farsi risalire alla data del 3 maggio 2014;
  • in definitiva, il ricorso in riassunzione depositato il 29 aprile 2015 e notificato alla curatela il 25 giugno 2015 sarebbe risultato intempestivo.

La parte originariamente appellante proponeva, dunque, ricorso per cassazione al fine di contestare le modalità di computo del termine per la riassunzione del processo interrotto per il sopravvenuto fallimento della parte appellata.

La questione

Il tema esaminato dalla Corte di cassazione – e di cui è stato reputato opportuno investire il Primo Presidente per l'eventuale assegnazione alle Sezioni unite – è relativo all'individuazione del momento a partire dal quale decorre il termine per la riassunzione del processo interrotto a causa del fallimento di una delle parti del giudizio e ciò con particolare riferimento alla posizione della parte non fallita.

Le soluzioni giuridiche

La Corte ha innanzitutto rilevato come la questione della decorrenza del termine entro cui va riassunto il giudizio interrotto per l'intervenuto fallimento di una delle parti processuali è stata scrutinata in numerose occasioni a seguito della riforma della legge fallimentare del 2006, che introducendo il comma 3 nell'art. 43 l. fall., ha previsto un'ipotesi di interruzione automatica del giudizio in caso di fallimento di una delle parti (tra molte, v. Cass. civ., sez. un., 20 marzo 2008, n. 7443, e Cass. civ., 28 dicembre 2016, n. 27165).

Sul punto – ricorda la Corte di legittimità – è intervenuta anche la Corte costituzionale con sentenza del 21 gennaio 2010, n. 17, la quale ha precisato che il termine stabilito per la riassunzione o la prosecuzione del giudizio interrotto ai sensi dell'art. 305 c.p.c. decorre dal momento dell'effettiva conoscenza dell'evento da parte dell'interessato e non dal verificarsi dal medesimo evento. Per «effettiva conoscenza» si intende peraltro la conoscenza legale, la quale è data da atti muniti di fede privilegiata quali dichiarazioni, notificazioni o certificazioni rappresentative dell'evento medesimo, alla quale non è equiparabile la conoscenza di fatto altrimenti acquisita.

Pertanto, con particolare riguardo al caso in cui la riassunzione debba essere operata dal curatore fallimentare, è stato precisato che, ai fini del decorso del termine per la riassunzione, non è sufficiente la sola conoscenza da parte del curatore fallimentare dell'evento interruttivo rappresentato dalla dichiarazione di fallimento, ma è necessaria anche la conoscenza dello specifico giudizio sul quale detto effetto interruttivo è in concreto destinato ad operare (Cass. civ., 28 dicembre 2016, n. 27165; Cass. civ., 13 marzo 2013, n. 6331; Cass. civ., 7 marzo 2013, n. 5650).

Allo stesso esito la giurisprudenza di legittimità è pervenuta quando ha preso in considerazione la fattispecie della riassunzione operata dalla controparte del fallito, ritenendosi che il termine per la detta riassunzione decorra dall'acquisizione di una conoscenza legale che deve avere ad oggetto tanto l'evento interruttivo, quanto il procedimento in cui tale evento ha operato (Cass. civ., 26 giugno 2020, n. 12890; Cass. civ., 30 gennaio 2019, n. 2658; Cass. civ., 30 novembre 2018, n. 31010; Cass. civ., 15 marzo 2018, n. 6398). Tale soluzione non è stata tuttavia condivisa in via unanime dalla giurisprudenza successiva: ad esempio, Cass. civ., 29 agosto 2018, n. 21325, ha ritenuto che la parte estranea all'evento interruttivo non abbia la necessità di essere resa edotta del fallimento nell'ambito o, comunque, con specifico riferimento al processo del quale è parte, essendo sufficiente una conoscenza generica dell'evento fallimento.

Ancora, altra giurisprudenza di legittimità ha ritenuto che, in tema di interruzione legale del giudizio dovuta al fallimento di una delle parti, la conoscenza legale deve investire non già la parte personalmente, ma il suo difensore costituito nell'ambito dello specifico procedimento in cui è parte il soggetto fallito, essendo soltanto il medesimo difensore in grado di apprezzare gli effetti giuridici dell'evento medesimo e di comprendere se e quando sia necessario attivarsi per riassumerlo (Cass. civ., 26 giugno 2020, n. 12890; Cass. civ., 30 gennaio 2019, n. 2658; Cass. civ., 30 novembre 2018, n. 31010; Cass. civ., 15 marzo 2018, n. 6398; in senso parzialmente difforme, v. Cass. civ., 16 dicembre 2019, n. 33157).

La possibilità di attribuire importanza a una conoscenza non legale, ma effettiva, dell'evento interruttivo è stata di recente esplicitamente affermata da altra pronuncia, Cass. civ., 14 giugno 2019, n. 1599, secondo cui a tal fine rileverebbe il momento in cui è stata depositata o inviata la domanda di ammissione allo stato passivo e anche se ciò sia avvenuto senza avvalersi del patrocinio di un difensore o mediante un difensore diverso da quello costituito nel giudizio interrotto.

Deve, infine, darsi conto di un indirizzo interpretativo che esclude possa esservi un onere di riassunzione in assenza della dichiarazione, da parte del giudice, dell'interruzione del giudizio per l'intervenuto fallimento della parte: in altri termini, se è vero che la riassunzione opera automaticamente, si deve comunque ritenere che la parte non fallita sia tenuta alla riassunzione del processo nei confronti del curatore soltanto dopo che l'interruzione sia stata dichiarata (Cass. civ., 1 marzo 2017, n. 5288; Cass. civ., 27 febbraio 2018, n. 4519; Cass. civ., 9 aprile 2018, n. 8640; Cass. civ., 11 aprile 2018, n. 9016; contra, invece, Cass. civ., 30 novembre 2018, n. 31010).

In definitiva, l'esistenza di plurimi orientamenti giurisprudenziali, a volta contrastanti tra di loro, ha indotto la Corte suprema a rimettere alle Sezioni unite la questione sopra indicata per la sua risoluzione.

Osservazioni

La ricostruzione del panorama giurisprudenziale compiuta dall'ordinanza interlocutoria e sopra riassunta, manifesta come la questione di cui si tratta possa avere diverse soluzioni, tutte astrattamente sostenibili.

Si deve, allora, ritenere che la soluzione da preferire sia quella che consenta, nella misura massima possibile, di prevenire esiti abortivi del processo, dovendo questo di regola concludersi con una pronuncia sul merito della domanda e non con una pronuncia di mero rito.

A tale principio appare d'altronde ispirato l'art. 143 comma 3 del codice della crisi d'impresa, il quale, dopo aver disposto che «l'apertura della liquidazione giudiziale determina l'interruzione del processo», stabilisce, appunto, che «il termine per la riassunzione del processo interrotto decorre da quando l'interruzione viene dichiarata dal giudice».

Tale soluzione, si legge nella Relazione illustrativa al codice della crisi d'impresa, è stata adottata «[a]l fine di consentire al curatore di costituirsi nei giudizi che hanno ad oggetto rapporti patrimoniale compresi nella liquidazione [sicché] l'apertura della stessa comporta di diritto l'interruzione automatica del processo, ma, per assicurare il diritto di difesa delle parti, il termine della riassunzione decorre dal momento in cui il giudice dichiara l'avvenuta interruzione».

Si deve, dunque, ritenere che anche con riferimento all'interpretazione da attribuire alla causa di interruzione di cui all'art. 43 comma 3 l. fall., possa attingersi a quanto previsto dal nuovo corpo normativo, potendosi dunque assumere che il termine per la riassunzione spiri dopo tre mesi dalla dichiarazione dell'interruzione del processo da parte del giudice.

Ciò non dovrebbe, tuttavia, impedire alla parte interessata alla riassunzione o alla prosecuzione del processo (che comunque si interrompe automaticamente al momento dell'apertura della procedura concorsuale) di compiere ugualmente un atto di impulso già prima della formale dichiarazione di interruzione da parte del giudice, dovendo dunque ritenersi che tale ultimo provvedimento serva soltanto al fine di computare il dies ad quem per la riassunzione (i.e. tre mesi dall'avvenuta dichiarazione dell'interruzione da parte del giudice), ma non segni il dies a quo per il deposito dell'atto della parte interessata alla prosecuzione del giudizio: accedendo a tale opzione ermeneutica si potrebbero così coniugare le esigenze difensive delle parti con il principio di ragionevole durata del processo di cui all'art. 111 Cost.

Riferimenti
  • F. Cossignani, Due questioni in tema di processo interrotto, in Dir. fall., 2014, II, 243 ss.;
  • A. Napolitano, L'impatto dell'art. 43, comma 3, legge fallim. sulle cause in corso alla data della dichiarazione di fallimento, in Dir. fall., 2017, II, 185 ss.;
  • C. Pecoraro, Interruzione e riassunzione del giudizio in cui è parte il fallito, in Fall., 2019, 137 ss.

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