Legge - 27/01/2012 - n. 3 art. 7 bis - Procedure familiari 1

Francesco Maria Bartolini

Procedure familiari1

1. I membri della stessa famiglia possono presentare un'unica procedura di composizione della crisi da sovraindebitamento quando sono conviventi o quando il sovraindebitamento ha un'origine comune.

2. Ai fini del comma 1, oltre al coniuge, si considerano membri della stessa famiglia i parenti entro il quarto grado e gli affini entro il secondo, nonche' le parti dell'unione civile e i conviventi di fatto di cui alla legge 20 maggio 2016, n. 76.

3. Le masse attive e passive rimangono distinte.

4. Nel caso in cui siano presentate piu' richieste di composizione della crisi da sovraindebitamento riguardanti membri della stessa famiglia, il giudice adotta i necessari provvedimenti per assicurarne il coordinamento. La competenza appartiene al giudice adito per primo.

5. La liquidazione del compenso dovuto all'organismo di composizione della crisi e' ripartita tra i membri della famiglia in misura proporzionale all'entita' dei debiti di ciascuno. Quando uno dei debitori non e' un consumatore, al progetto unitario si applicano le disposizioni in materia di accordo di composizione della crisi

Inquadramento

L’art. 7-bis provvede a disciplinare un ambito delle procedure in materia di crisi per debiti che era rimasto in ombra nella normativa dettata dalla l. n. 3/2012. Non sempre il debitore e il consumatore sono soggetti che agiscono senza avere con altri relazioni di condivisione di rapporti negoziali da cui sorgano obbligazioni in qualche modo riferibili a ciascuno di loro. Spesso quei rapporti coinvolgono terzi a vario titolo, non soltanto di compartecipazione, in situazioni giuridicamente rilevanti che si risolvono in fattispecie di corresponsabilità patrimoniale.

Le situazioni ipotizzabili sono le più varie. Può farsi riferimento, ad esempio, alle posizioni di coeredi per le passività nella successione mortis causa o a titolo particolare; all’acquisto di beni da cointestare a coniugi o a soci; alle garanzie offerte per la concessione di mutui; alle attività esercitate nella gestione di imprese familiari. L’esemplificazione potrebbe continuare a lungo (si pensi alle società di fatto, alla rappresentanza sostanziale, alla solidarietà per risarcimento di danni): ma non è questo il punto cui deve rivolgere l’attenzione l’operatore nell’affrontare l’interpretazione della norma in esame.

La disposizione, infatti, non si cura della natura dei rapporti che possono collegare più debitori ma ne considera solo la particolare relazione che sorge dall’appartenere ad un medesimo nucleo familiare. Questa collocazione è evidentemente considerata nel suo effetto di sostanziale condivisione di vicende e di interessi, nella buona come nella cattiva sorte. E prevale, sino a renderle indifferenti, sulle cause dell’indebitamento riferibile a tale nucleo, contestualmente restringendo, anche, il dettato della norma all’unico dato rilevante, costituito dall’appartenenza alla stessa famiglia. Il peculiare riferimento della disposizione risulta univoco dalle chiare condizioni previste per la sua applicabilità: a) i membri della stessa famiglia devono essere conviventi; oppure b) il sovraindebitamento deve avere origine comune a tutti o ad alcuni di loro.

Il primo requisito trova ragione nel fatto che i debiti contratti dai familiari conviventi incidono sulla comune gestione dei loro rapporti di vita, condivisi sia negli aspetti della normale gestione quotidiana e sia per quanto riguarda le eventuali iniziative comportanti impegni eccedenti l’amministrazione ordinaria. L’altro requisito è in stretto nesso causale con la corresponsabilità che sorge dal riferimento, a ciascuno, del comune titolo che è fonte delle obbligazioni inadempiute. In entrambi i casi non assume rilievo la causa dell’indebitamento, a fronte degli unici elementi di correlazione tra gli indebitati: al di fuori dei quali non sussiste spazio di interesse per il disposto dell’art. 7-bis.

La norma, infatti, si preoccupa unicamente di fornire un criterio procedurale per le fattispecie di condivisione del  sovraindebitamento riguardante plurimi soggetti collegati tra loro da un vincolo che giustifica l’adozione di strumenti idonei a tener conto del loro legame, in nome della coerenza e dell’economicità degli adempimenti da espletare per conseguire l’esdebitazione.

L’esigenza di risparmio di mezzi e di loro coordinamento è resa palese dal disposto dell’ultimo comma della norma citata. Quando uno dei debitori componenti della medesima famiglia non è un consumatore, si deve far capo alle regole dettate in materia di composizione della crisi. La difforme qualità soggettiva, per quanto si riferisce al soccorso offerto contro l’inadempimento, impone anche in questo caso una procedura comune: l’accordo o il piano del consumatore. Nella duplicità dei rimedi praticabili, ne prevale uno, quello più specializzato, all’insegna, pur sempre, di una considerazione unitaria.

In ogni caso, i membri della stessa famiglia, nelle condizioni a) e b) di cui sopra, possono presentare un’unica  procedura di composizione della crisi. L’unicità della proposta e del conseguente procedimento è relativa. Le masse attive e passive rimangono distinte e soltanto per quanto concerne gli atti del procedimento ha senso ed effetto questa unitarietà. La distinzione tra le masse comporta che ciascun compartecipe risponda, per quanto è possibile ricostruire, dei debiti che ha contratto o che ha contribuito a contrarre. La responsabilità per l’adempimento delle misure che vengono adottate non è solidale, non fa capo al gruppo, ma resta individuale. Le stesse spese occorrenti a compensare l’organismo di composizione non fanno carico alla procedura ma sono ripartite in proporzione all’entità del debito di ciascuno. Neppure quando plurime sono le richieste di composizione della crisi si deve giungere ad ottenere un procedimento veramente unico: il giudice, infatti, deve soltanto provvedere ad un coordinamento e non ad una unificazione.

La nozione di “stessa famiglia” va desunta secondo le indicazioni del secondo comma dell’art. 7-bis: ne sono considerati componenti il coniuge; i parenti  entro il quarto grado e gli affini entro il secondo grado; le parti delle unioni civili; e i conviventi di fatto di cui alla l. n. 76/2016. Il requisito della convivenza esclude dal novero di questi soggetti il coniuge separato.   

Bibliografia

Di Marzio, La riforma delle discipline della crisi d’impresa e dell’insolvenza, Milano, 2017

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