Sul principio della c.d. appropriatezza prescrittiva

Redazione Scientifica
29 Dicembre 2020

La consolidata giurisprudenza, nell'avallare il bilanciamento tra l'interesse pubblicistico della stazione appaltante ad indire...

La consolidata giurisprudenza, nell'avallare il bilanciamento tra l'interesse pubblicistico della stazione appaltante ad indire la gara e il diritto alla salute dei pazienti, ha affermato in più occasioni che l'obbligo di una rigorosa motivazione da parte del medico, che ritenga di dover necessariamente utilizzare un farmaco più costoso rispetto a quelli di gara, non può considerarsi limitativo della libertà prescrittiva, tenuto conto che, attraverso tale motivazione, comunque giustificata dalla necessità di tenere sotto controllo l'ammontare della spesa pubblica sanitaria in virtù della c.d. appropriatezza prescrittiva, il medico può comunque disporre l'utilizzazione del farmaco da lui ritenuto maggiormente appropriato al caso di specie.

La lett. e) dell'art. 15, comma 11-quater, del d.l. n. 95 del 2012, nello stabilire che «eventuali oneri economici aggiuntivi, derivanti dal mancato rispetto delle disposizioni del presente comma, non possono essere posti a carico del Servizio sanitario nazionale», si riferisce non già alla prescrizione di un farmaco appropriato diverso dai primi tre classificati da parte del medico secondo scienza e coscienza, bensì alla prescrizione di un farmaco inappropriato e, cioè, che sia prescritto dal medico, in modo irragionevole e/o immotivato, rispetto alle tre alternative terapeutiche, una delle quali risulti almeno adeguata a tutelare la salute del singolo paziente; la disposizione rimanda, cioè, al concetto di appropriatezza prescrittiva, principio-cardine, ormai, del nostro ordinamento sanitario, e immanente al sistema, per un razionale contenimento della spesa pubblica e un'equilibrata erogazione delle cure a tutti i cittadini senza inutili dispendi.

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