Attività ispettive e di vigilanza: quali garanzie difensive?

20 Gennaio 2021

La sentenza affronta la questione relativa al raggio di operatività dell'art. 220 disp. att. c.p.p. a mente del quale “quando nel corso di attività ispettive o di vigilanza previste da leggi o decreti emergono indizi di reato, gli atti necessari per assicurare le fonti di prova e raccogliere quant'altro possa servire per l'applicazione della legge penale sono compiuti con l'osservanza delle disposizioni del codice”.
Massima

Deve escludersi che allorquando inizi una verifica fiscale nei riguardi di un soggetto d'imposta che non ha presentato le dichiarazioni annuali dei redditi s'imponga sin dall'inizio l'osservanza delle norme processuali sull'attività d'indagine. È ben possibile che la condotta non integri alcun illecito (perché nei periodi considerati non v'erano dichiarazioni fiscalmente rilevanti da effettuare) ovvero che siano ravvisabili soltanto illeciti amministrativi per essere l'evasione inferiore alla soglia di punibilità penale.

Il momento in cui sorge la necessità di seguire le regole di acquisizione della prova compendiate nel codice di procedura penale coincide con quello in cui è possibile attribuire rilevanza penale al fatto, emergendone tutti gli elementi costitutivi, anche se ancora non possa essere ascritto a persona determinata ciò che nei reati tributari che prevedano soglie di punibilità si verifica allorquando ne risulti il possibile superamento.

Il caso

Con sentenza del 29 ottobre 2018, la Corte d'appello di Ancona, giudicando sul gravame proposto dall'odierno ricorrente, ha confermato la condanna del medesimo alle pene di legge, resa all'esito del giudizio abbreviato, per il reato continuato di cui al d.lgs. 10 marzo 2000, n. 74, art. 5, per non aver presentato la dichiarazione dei redditi per gli anni d'imposta dal 2012 al 2014, al fine di evadere le tasse ed in concreto evadendo l'IRPEF per importi superiori alla soglia di punibilità. Avverso la sentenza di appello, a mezzo del difensore fiduciario ha proposto ricorso per cassazione l'imputato, deducendo, con unico motivo, la violazione ed errata applicazione degli artt. 191 e 347 c.p.p. e art. 220 disp. att. c.p.p., per non essere stata dichiarata l'eccepita inutilizzabilità del processo verbale di constatazione (PVC) redatto dalla Guardia di Finanza il 23 febbraio 2016, che nel giudizio rappresenta l'unica prova su cui si è fondata l'affermazione di penale responsabilità.

Come si legge nel medesimo processi verbale - si argomenta - il controllo fiscale era avvenuto perchè l'imputato, titolare di ditta individuale, non aveva presentato le dichiarazioni annuali relative ai periodi di imposta dal 2010 al 2015, sicchè sin dall'inizio della verifica fiscale sussistevano indizi del reato di cui al d.lgs. n. 74 del 2000, art. 5, - non essendo rilevante la mancata certezza circa il superamento delle soglie di punibilità - che avrebbero imposto l'osservanza della disciplina contenuta negli artt. 347 ss. c.p.p., a norma dell'art. 220 disp. att. c.p.p.. La Corte territoriale, inoltre, non aveva valutato nè indicato se ed in quale momento della verifica fossero comunque emersi indizi di reità che avrebbero imposto l'attivazione delle garanzie processuali di legge.

La questione

La sentenza affronta la questione relativa al raggio di operatività dell'art. 220 disp. att. c.p.p. a mente del quale “quando nel corso di attività ispettive o di vigilanza previste da leggi o decreti emergono indizi di reato, gli atti necessari per assicurare le fonti di prova e raccogliere quant'altro possa servire per l'applicazione della legge penale sono compiuti con l'osservanza delle disposizioni del codice”.

Le soluzioni giuridiche

Secondo un consolidato orientamento giurisprudenziale, il processo verbale di constatazione redatto dalla Guardia di finanza, in quanto atto amministrativo extraprocessuale, costituisce prova documentale utilizzabile nel processo penale; tuttavia, per la sua utilizzabilità processuale, quando emergano indizi di reato, occorre procedere secondo le modalità previste dall'art. 220 disp. att. c.p.p., perché, altrimenti, la parte del documento redatta successivamente a detta emersione non può assumere efficacia probatoria (Cass. pen., Sez.III, 23 ottobre 2018,n. 54379, G., Rv. 274131).

Con riferimento, invece, al momento in cui sorge la necessità di seguire le regole di acquisizione della prova compendiate nel codice di procedura penale, secondo una decisione della Sez. III esso coinciderebbe con quello in cui è possibile attribuire rilevanza penale al fatto, emergendone tutti gli elementi costitutivi, anche se ancora non possa essere ascritto a persona determinata (Cass. pen., Sez.III, 4 giugno 2019,n. 31223, Di Vico, Rv. 276679)

Sotto altro profili, una decisione della stessa Sezione ritiene che spetta al soggetto che deduce la violazione dell'art. 220 disp. att. c.p.p. e l'inutilizzabilità (o la nullità) di atti di acquisizione di prove compendiati nel PVC redatto dagli organi ispettivi l'onere di specificamente allegare il preciso momento di emersione di indizi di reità e di individuare gli atti di acquisizione della prova invalidi o inutilizzabili per non essere state osservate le garanzie previste dalla legge processuale penale (cfr. Cass. pen., Sez.III, 26 ottobre 2016, dep. 2017, n. 6594, Pelini e a., Rv. 269299).

Osservazioni

Nel caso di specie, la guardia di finanza stendeva un processo verbale di constatazione, a seguito dell'accesso per un controllo fiscale nei confronti di un soggetto che non aveva presentato la dichiarazione dei redditi per gli anni di imposta dal 2012 al 2014, con evasione per importi superiori alle soglie di punibilità. La difesa, che aveva richiesto il rito abbreviato, ritenuto il processo verbale l'unica prova della responsabilità, deduce, sia in appello, a fronte della intervenuta condanna, sia in Cassazione, a seguito della conferma della condanna, la sola violazione degli artt. 191 e 347 c.p.p. e dell'art. 220 disp. att. c.p.p.

Non avendo il ricorrente indicato gli elementi fattuali e cronologici dai quali far derivare l'inutilizzabilità dell'atto, ritenendo che questo sia onere del ricorrente, la Cassazione ha dichiarato l'inammissibilità del ricorso, non senza aver anche evidenziato che l'eventuale nullità o l'inutilizzabilità del processo verbale di constatazione risultava sanata dalla richiesta dell'imputato del rito abbreviato.

È sicuramente corretto affermare che è onere della difesa indicare espressamente nei motivi quale sia l'atto invalido e indicare le ragioni in fatto e in diritto che sorreggano queste conclusioni. Il dato emerge con chiarezza da quanto indicato nell'art. 581, lett. d), c.p.p. in relazione all'appello e nell'art. 606, lett. c), c.p.p. con riferimento al ricorso in Cassazione.

È altrettanto vero, che con la richiesta di rito abbreviato, anche prima della modifica normativa intervenuta con il comma 6 bis dell'art. 438 c.p.p. le nullità (non assolute) e la inutilizzabilità (non patologiche) doveva ritenersi sanate dalla richiesta del rito contratto. Le conclusioni erano supportate per quanto attiene alla nullità da una giurisprudenza consolidata (v., per tutte, Cass. pen., Sez. un., 26.9.2006, Cielinsky, RV 269382) nonché dalla Sez. un. Tammaro del 21.6.2000, RV 216246 per quanto attiene alla distinzione della riferita tipologia dell'inutilizzabilità.

Ancorché superata dalle presenti conclusioni, la sentenza merita una qualche riflessione nella parte in cui definisce il momento dal quale sarebbero divenuto applicabili le garanzie difensive nella vicenda de qua, alla luce di quanto affermato dall'art. 220 disp. att. c.p.p., sulla base di quanto precisato dalle Cass. pen., Sez. un. 28.11.2001, Raineri, Cass. pen., 2002, 1304.

Muovendo dalla premessa che spesso nelle operazioni di verifica fiscale confluite nel Pvc rientrano attività che non richiedono l'osservanza di disposizioni processuali di garanzia presidiate da profili sanzionatori e che, dunque, ben possono essere compiute e documentate nel verbale ispettivo attività (dichiarazioni di terzi, indagini bancarie) anche dopo che sono emersi indizi di reità a carico del soggetto sottoposto a verifica, la sentenza ritiene che sia rilevante giuridicamente il momento in cui è possibile attribuire rilevanza penale al fatto, emergendone tutti gli elementi costitutivi, anche se ancora non possa essere ascritto ad una persona determinata.

Si specifica ulteriormente, in modo conseguenziale, che nel caso in cui le fattispecie incriminatrici prevedano soglie di punibilità, il riferito momento si individua nel possibile superamento della soglia.

La conclusione è supportata anche dalla considerazione che l'iniziata verifica, anche nei soggetti che abbiano omesso la presentazione delle dichiarazioni (o di altri adempimenti fiscali) non esclude la legittimità delle omissioni ovvero la loro natura inquadrabile negli illeciti amministrativi.

Si tratta, notoriamente, del profilo più delicato e complesso della disposizione richiamata, essendo necessario individuare il momento non coincidente con il fatto di reato e neppure collocabile nella mera prospettiva di una sua materializzazione.

Sotto questa prospettiva, la sentenza in esame sembra avvicinare in modo accentuato il momento rilevante in una dimensione prossima al materializzarsi del fatto di reato, in relazione al raggiungimento della soglia di punibilità.

Considerata la funzione di garanzia che la norma intende assicurare anche alla luce di quanto affermato dalle Sezioni unite, è necessario assicurare la massima espansione applicativa della previsione risultando sufficiente, per considerare applicabili le norme del codice, la mera possibilità di attribuire comunque rilevanza penale al fatto che emerge dall'inchiesta amministrativa e nel momento in cui emerge (Cass. sez. un., 28.11.2001, Raineri, cit.).

Deve, conseguentemente, ritenersi che la individuazione della rilevanza dell'attività svolta vada collocata nella prospettiva di chi avvia l'azione di accertamento in relazione alle premesse del suo svolgimento.

Muovendo da quanto previsto dall'art. 63 c.p.p. si potrebbero distinguere le situazioni di attività di indagine, ispettive e di vigilanza, collocate in una dimensione “routinaria”, da quelle che fossero originate da mirate individuazioni delle verifiche da effettuare, mutuando anche il relativo, e differenziato, regime sanzionatorio.

Guida all'approfondimento

A. Marandola, I registri del pubblico ministero: tra notizia di reato ed effetti procedimentali, Padova, 2001, 118.

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