Inadempimento professionale in condominio e prova del danno

Guerino De Santis
21 Gennaio 2021

La ristrutturazione di un immobile in condominio è spesso necessaria atteso il passare del tempo e le sempre più rigorose norme in materia di qualificazione energetica ed urbanistica dei fabbricati nei contesti abitativi. Tale attività coinvolge, non rientrando tra i lavori di ordinaria manutenzione, tutta una serie di protagonisti a partire dall'amministratore, passando per l'assemblea dei condomini, fino ad arrivare a professionisti competenti che, con la loro opera, permettono una qualificata esecuzione dei lavori ed un corrispondente risultato finale. Sta di fatto, però, che tra il professionista ed il committente condominio possano nascere delle incomprensioni circa il compenso da corrispondere per l'opera svolta, nonché contestazioni su presunti inadempimenti con annesse richieste di risarcimento del danno. Il caso che ci occupa è uno di questi.
Massima

In tema di perfezionamento del contratto di prestazione d'opera intellettuale, esso si considera concluso anche verbalmente o per fatti concludenti, laddove il prestatore abbia svolto in favore del committente prestazioni professionali propedeutiche all'esecuzione dei lavori deliberati con verbale di assemblea condominiale, dovendosi considerare non verosimile che il primo abbia svolto di sua sponte l'attività professionale in favore del secondo senza che quest'ultimo fosse consenziente.

Il caso

Un architetto veniva incaricato da un condominio di dirigere i lavori di ristrutturazione successivamente non saldati, vedendosi così costretto ad azionare un procedimento monitorio per il pagamento delle sue spettanze. Il Condominio ed alcuni condomini in proprio proponevano opposizione al decreto ingiuntivo, chiedendo, tra l'altro, di chiamare in causa un altro professionista precedentemente incaricato per lo stesso motivo, nonché già amministratore del condominio stesso.

Nelle more, si costituiva in giudizio il professionista opposto, alcuni altri condomini proponevano giudizio in proprio contro questi ed il precedente amministratore, nonché precedente tecnico nominato.

I giudizi venivano riuniti ed in entrambe le cause venivano avanzate richieste di danni nei confronti dei professionisti per presunto inadempimento nell'esecuzione della prestazione professionale.

All'esito del giudizio veniva dichiarata l'inammissibilità della chiamata in causa di terzo e veniva parzialmente accolta l'opposizione, modificando il quantum come da indicazioni del CTU. Veniva rigettata la richiesta di risarcimento dei danni da inadempimento contrattuale di prestazione d'opera professionale, perché non provata.

La questione

Il giudice salernitano è chiamato a decidere tre questioni fondamentali della controversia.

L'inammissibilità della chiamata in causa, l'esistenza del contratto di prestazione d'opera professionale tra i professionisti ed il Condominio e la sussistenza della responsabilità per i danni arrecati dai primi al secondo a causa di presunti inadempimenti nell'esecuzione del contratto d'opera professionale.

Le soluzioni giuridiche

Il vaglio decisorio è stato orientato a dichiarare l'inammissibilità della chiamata in causa perché non effettuata secondo criteri processual-civilistici canonici.

Ed infatti, sul punto, la Suprema Corte ha ribadito che “l'opponente a decreto ingiuntivo che intenda chiamare in causa un terzo non può direttamente citarlo per la prima udienza ma deve chiedere al giudice, nell'atto di opposizione, di essere a ciò autorizzato, determinandosi, in mancanza, una decadenza rilevabile d'ufficio ed insuscettibile di sanatoria per effetto della costituzione del terzo chiamato, ancorchè questi non abbia, sul punto, sollevato eccezioni, in quanto il principio della non rilevabilità di ufficio della nullità di un atto per raggiungimento dello scopo si riferisce esclusivamente all'inosservanza di forme in senso stretto, e non di termini perentori, per i quali vigono apposite e distinte norme”. (Cass. civ., sez. I, 29 ottobre 2015, n. 22113).

In merito alla contestazione circa l'inesistenza del contratto di prestazione d'opera intellettuale, il decidente ha ricordato come più volte la Corte di Cassazione abbia ribadito che qualsiasi incarico professionale possa essere conferito non necessariamente per iscritto ma in una qualsiasi forma idonea a manifestare, chiaramente ed inequivocabilmente, la volontà da parte del cliente di avvalersi della attività e delle opere del professionista (in tali sensi, Cass. civ., sez. II, 1 marzo 1995, n. 2345)

Ed ancora, con riferimento ai richiesti danni da inadempimento, il giudicante ha affermato che la pretesa risarcitoria per danni asseritamente conseguenti all'inadempimento del prestatore d'opera intellettuale presuppone la prova sia del danno patito che del nesso causale tra la condotta del professionista ed il pregiudizio del cliente, in applicazione del principio generale di cui all'art. 1223 c.c., secondo cui il risarcimento del danno per l'inadempimento o per il ritardo deve comprendere la perdita subita dal creditore e il mancato guadagno, soltanto in quanto ne siano conseguenza immediata e diretta (Cass. civ., sez. III, 5 febbraio 2013, n. 2638)

Viene affermato anche il principio secondo cui l'inadempimento del professionista ed il nesso di causalità tra questo ed il danno costituiscono l'oggetto di due accertamenti concettualmente distinti, sicchè la sussistenza del primo non dimostra, di per sé, anche la sussistenza del secondo (Cass. civ., sez. III, 14 novembre 2017, n. 26825).

Secondo la curia salernitana, quand'anche risulti provato l'inadempimento del professionista alla propria obbligazione, il danno che si assume derivante da tale inadempimento deve ritenersi sussistente solo qualora, sulla scorta di criteri probabilistici si accerti che, senza quell'omissione, il risultato sarebbe stato conseguito (ex multis, Cass. civ., sez. III, 14 maggio 2013, n. 11548), così come per valutare se sussista un apprezzabile collegamento causale tra il comportamento contrario agli obblighi professionali ed il danno arrecato, diventa onere del danneggiato fornire gli elementi di prova necessari alla relativa indagine (Cass. civ., sez. II, 27 maggio 2009, n. 12354).

Osservazioni

La dottrina tradizionale suole distinguere, nell'ambito della categoria delle obbligazioni aventi ad oggetto un facere, tra obbligazioni di mezzi e di risultato, in ragione di un diverso riparto dell'onere della prova che ha dato vita alla teoria dicotomica sottoposta a dura revisione critica da parte della dottrina e della giurisprudenza più recente a partire da una storica sentenza della Cassazione Civile a Sezioni Unite (Cass. civ., sez. un., 30 ottobre 2001, n. 13533).

La peculiarità del contratto di opera professionale e la necessità che il professionista presti la propria opera diligentemente ma nella più ampia libertà, hanno indotto il legislatore a disciplinare il problema della responsabilità in maniera parzialmente difforme dal rapporto obbligatorio in generale.

Ed infatti, il professionista non risponde dei danni a meno che non si abbia dolo o colpa grave, ex art. 2236 c.c., per quel che concerne l'individuazione di problemi tecnici di speciale difficoltà, ci si deve riferire a quelle situazioni in cui, per l'esecuzione della prestazione, sono richieste particolari conoscenze ed esperienze che vanno oltre quelle che sono le normali conoscenze e la normale preparazione che il professionista deve possedere nel suo ambito.

Il fatto che egli possieda un certo margine di discrezionalità nel compiere la prestazione, fa sì che ciò possa comportare anche un certo rischio per il cliente che gli conferisce l'incarico.

Opinione dottrinaria prevalente, in aderenza alla decisione del Tribunale di Salerno, ritiene che il cliente ha l'onere di provare la responsabilità del prestatore di opera intellettuale dimostrando, oltre alla esistenza di un danno, anche l'esistenza di un nesso causale tra il danno subito e l'inadeguatezza del comportamento adottato dal professionista nell'esecuzione della prestazione, che potrà rivelarsi addirittura anche difettosa.

Riferimenti

Di Corrado, La responsabilità del professionista ai fini della richiesta del danno, in Guida al lavoro, 2018, fasc. 44, 28;

Cameriero, Contratto d'opera intellettuale: responsabilità del professionista, in Ventiquattrore avvocato, 2012, fasc. 4, 10;

Di Majo, Responsabilità contrattuale, in Digesto civile, XVII, Torino, 1998;

Rubino - Iudica, Dell'appalto, in Commentario al codice civile a cura Scialoja e Branca, sub art. 1655, Bologna, 1992;

Riva Sanseverino, Del lavoro autonomo, in in Commentario al codice civile a cura Scialoja e Branca, sub, artt. 2222-2246, Bologna, 1972.

Vuoi leggere tutti i contenuti?

Attiva la prova gratuita per 15 giorni, oppure abbonati subito per poter
continuare a leggere questo e tanti altri articoli.