Questioni aperte sul cram down nella transazione fiscale
25 Gennaio 2021
Il legislatore dell'emergenza ha introdotto il meccanismo del cram down in ambito di transazione fiscale nei procedimenti di omologazione del concordato preventivo e degli accordi di ristrutturazione dei debiti. In particolare, con riferimento al concordato preventivo, l'art. 3, comma 1-bis, lett. a), D.L. n. 125/2020, ha integrato l'art. 180, comma 4, l. fall., prevedendo che il tribunale omologhi la proposta in mancanza di voto da parte dell'ufficio erariale o degli enti previdenziali-assistenziali, qualora l'adesione sia determinante ai fini del raggiungimento delle maggioranze ex art. 177 l. fall. Quanto sopra, a condizione che il professionista indipendente attesti, nella propria relazione ex art. 161, comma 3, l. fall., che la proposta di trattamento del credito erariale e/o contributivo sia più conveniente rispetto all'alternativa liquidatoria. Con riferimento agli accordi di ristrutturazione, l'art. 3, comma 1-bis, lett. b), D.L. n. 125/2020 ha integrato l'art. 182-bis, comma 4, l. fall., prevedendo che il tribunale omologhi l'accordo in mancanza di adesione da parte dei suddetti creditori quando l'adesione sia decisiva ai fini del raggiungimento della percentuale del 60%, sempreché il professionista indipendente attesti – anche in questo caso – che la proposta sia più conveniente rispetto all'alternativa liquidatoria. La norma, per il concordato preventivo, parla di “mancanza di voto”, per gli accordi di ristrutturazione, di “mancanza di adesione”. La locuzione “mancanza di voto”, per il caso del concordato preventivo, dà adito ad incertezze interpretative, potendosi astrattamente leggere, tale espressione (invero dalla formulazione atecnica), come: - mancanza di esercizio del diritto di voto - mancanza di voto favorevole espresso. Accedendo alla prima soluzione, il rimedio del cram down sarebbe circoscritto al caso in cui l'ente pubblico non esprima alcun voto nei termini fissati dall'art. 178, comma 4, l. fall. (entro venti giorni dalla chiusura del verbale relativo all'adunanza dei creditori). Accedendo alla seconda soluzione, il cram down sarebbe applicabile anche ai casi in cui, sussistendo le condizioni di legge (rilevanza del voto ai fini delle maggioranze, convenienza della transazione), l'ente pubblico esprima voto contrario alla proposta. Minori incertezze interpretative vi sono per gli accordi di ristrutturazione: in questo caso, si ha “mancata adesione” alla proposta sia laddove l'ente pubblico manifesti di non aderirvi, sia laddove lo stesso non esprima alcun intendimento. In ambito di accordi, pertanto, il tribunale, sussistendo le condizioni di legge, potrebbe omologare l'accordo in caso di “mancata adesione” dell'ufficio erariale e/o dell'ente previdenziale-assistenziale, vuoi per inerzia, vuoi per diniego espresso. D'altra parte, nel contesto degli accordi ex art. 182-bis l. fall., in caso di “silenzio” da parte dell'ente pubblico, la mancata adesione alla proposta transattiva discende dalle regole “negoziali” che informano l'istituto. Limitare l'applicazione del cram down alla sola inerzia del creditore pubblico contrasterebbe, oltreché con la ratio dell'intervento (in linea, peraltro, con quanto previsto dal Codice della crisi, sub art. 48, comma 5, con la stessa formulazione della norma. Ma anche in ambito di concordato preventivo la mancata espressione di voto circa una proposta contenente la transazione fiscale/contributiva determina l'effetto sostanziale del diniego, e ciò in applicazione della regola ex art. 178, comma 4, l. fall. (cd. silenzio-rifiuto). L'art. 3, comma 1-bis, lett. a), D.L. n. 125/2020, per quanto disponga in funzione della fase di omologazione del concordato, ha tuttavia natura sostanziale: si tratta, nel concreto, di una deroga alle regole generali d'approvazione della proposta; in questo contesto, il giudizio di convenienza dovrebbe poter “superare” ogni possibile tipologia di diniego, sia esso tacito, sia lo stesso espresso. Limitare l'applicazione del cram down in ambito di concordato al mancato esercizio di voto, fra l'altro con trattamento difforme rispetto a quanto accada in sede di accordi, comprimerebbe oltremisura la ratio della norma che è – in ultima analisi – quella di superare possibili “resistenze” degli enti pubblici nei confronti di soluzioni concordate, nella prospettiva della continuità aziendale (in tempi emergenziali), che siano più convenienti rispetto alle alternative liquidatorie, e ciò anche in conformità al principio di buon andamento dell'attività amministrativa.
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