Azione revocatoria ordinaria e assegno di mantenimento per la prole

28 Gennaio 2021

L'ordinanza in commento affronta la questione dell'elemento psicologico del terzo acquirente nell'azione revocatoria a tutela dell'assegno di mantenimento per la prole.
Massima

Ai fini dell'accoglimento dell'azione revocatoria di un genitore avverso l'atto di trasferimento immobiliare compiuto dall'altro genitore - debitore dell'assegno di mantenimento in favore del figlio - dopo la proposizione della domanda di contribuzione al mantenimento e prima dell'emissione del relativo provvedimento, non è richiesta la partecipatio fraudis del terzo acquirente, ma la semplice scientia damni di quest'ultimo.

Il caso

L.V. si rivolgeva al tribunale per ottenere la condanna dell'ex convivente B.R. al pagamento del mantenimento in favore di R.R., il figlio nato dalla loro relazione.

Dopo l'instaurazione della causa, B.R. vendeva l'unico bene immobile di cui era ancora proprietario.

Avverso l'atto di compravendita, L.V. e R.R. proponevano domanda di simulazione assoluta o subordinata revocatoria.

In primo e secondo grado, veniva rigetta sia la domanda di simulazione assoluta, essendo stata accertata la volontà delle parti di porre in essere un negozio giuridico, sia quella revocatoria, sul presupposto che non fosse stata provata la partecipatio fraudis in capo al terzo.

Contro la pronuncia della corte di appello, L.V. e R.R. ricorrevano in cassazione. La Suprema Corte accoglieva il ricorso, cassando la sentenza e rinviando la causa alla Corte di appello di Perugia.

La questione

Per l'accoglimento dell'azione revocatoria avverso l'atto di disposizione patrimoniale compiuto da un genitore dopo la proposizione nei suoi confronti della domanda di contribuzione al mantenimento del figlio, ma prima dell'emissione del relativo provvedimento di condanna, quale elemento soggettivo in capo al terzo acquirente, è richiesta la partecipazione alla dolosa preordinazione o è sufficiente la mera consapevolezza del pregiudizio arrecato alle regioni del creditore?

Le soluzioni giuridiche

Con l'azione revocatoria, prevista e disciplinata dagli artt. da 2901 a 2904 c.c., il creditore può domandare che siano dichiarati inefficaci nei propri confronti gli atti di disposizione patrimoniale con il quale il debitore abbia recato pregiudizio alle sue ragioni. Ai fini dell'accoglimento della domanda, devono sussistere alcune condizioni, oggettive e soggettive. Condizioni oggettive sono la sussistenza di un credito (anche sottoposto a condizione o termine, configurabile anche in caso di mera ragione o aspettativa di credito, con conseguente irrilevanza dei normali requisiti di certezza, liquidità ed esigibilità), il compimento di un atto di disposizione del patrimonio e, infine, il danno, inteso come lesione della garanzia patrimoniale a seguito del compimento da parte del debitore dell'atto dispositivo.

Dal punto di vista soggettivo, l'elemento psicologico in capo al debitore e al terzo acquirente (quest'ultimo solo nel caso di atto dispositivo a titolo oneroso) varia a seconda che il credito sia sorto anteriormente o posteriormente al compimento dell'atto di disposizione.

Nell'ipotesi di credito anteriore all'atto di disposizione, debitore e terzo acquirente devono essere consapevoli che l'atto dispositivo venga a diminuire le garanzie spettanti ai creditori (scientia damni).

In caso di credito posteriore all'atto di disposizione è, invece, richiesto in capo al debitore la specifica intenzione di pregiudicare la garanzia del futuro credito (consilium fraudis) e in capo al terzo la consapevole partecipazione alla dolosa preordinazione ai danni del creditore (partecipatio fraudis).

Nella causa in oggetto, i giudici di merito hanno escluso la revocatoria poiché non era stata provata in capo al terzo la partecipatio fraudis, ritenuta essenziale sul presupposto che il credito fosse sorto dopo il compimento dell'atto revocando con l'emissione del provvedimento di condanna al mantenimento.

Il ricorso proposto dai creditori si articolava in cinque motivi.

Con il primo si lamentava la violazione dell'art. 2901 c.c. nella parte in cui era stata esclusa l'esperibilità dell'azione revocatoria in presenza di una mera aspettativa e/o ragione di credito da accertare giudizialmente.

Con il secondo motivo, si deduceva che, riguardo all'anteriorità o posteriorità dell'atto dispositivo rispetto al sorgere del credito, occorresse riferirsi alla data in cui era sorta l'aspettativa, con la conseguenza che il credito era da qualificarsi anteriore alla comprevendita immobiliare.

Con il terzo motivo si lamentava la violazione dell'art. 2901 c.c. con riferimento alla ritenuta insussistenza dell'elemento soggettivo relativo al terzo acquirente, qualificato come partecipazione alla dolosa preordinazione del debitore.

Con il quarto motivo si deduceva l'omesso esame di fatti decisivi per il giudizio, non avendo la corte territoriale considerato i numerosi elementi idonei a provare l'elemento psicologico del terzo, quali, ad esempio, il mancato possesso del bene immobile da parte del terzo e l'irrisorietà del prezzo di vendita.

Con il quinto ed ultimo motivo, i ricorrenti deducevano che, benchè non necessaria, era comunque stata data prova della partecipatio fraudis del terzo.

La Suprema Corte, ritenendo fondati i primi tre motivi e dichiarando assorbiti gli ultimi due, ha accolto il ricorso e ha formulato il seguente principio: «Poiché il credito vantato dal genitore per il contributo da parte dell'altro genitore al mantenimento del figlio minore regolarmente riconosciuto è da ritenersi insorto non oltre il momento della proposizione della relativa domanda, ai fini dell'azione revocatoria ordinaria avente ad oggetto un'alienazione immobiliare posta in essere dopo la proposizione di una tale domanda, quel credito va qualificato come insorto anteriormente all'alienazione ed è allora sufficiente, ad integrare l'elemento soggettivo della revocatoria dispiegata contro il genitore inadempiente alienante, che il terzo acquirente sia stato consapevole del pregiudizio delle ragioni creditorie, non occorrendo invece pure la prova della partecipatio fraudis e cioè delle conoscenza, da parte di quest'ultimo, della dolosa preordinazione dell'alienazione ad opera del disponente rispetto al credito».

L'ordinanza ha osservato che, nel caso in oggetto, non fosse necessaria la prova della partecipatio fraudis del terzo ma solo quella della scientia damni, in quanto il credito era da considerarsi anteriore (e non posteriore) all'atto di disposizione, giungendo a tale conclusione attraverso la lettura coordinata dei seguenti principi:

1) L'obbligo di contribuzione al mantenimento della prole sorge con la nascita del figlio, a prescindere da qualsiasi statuizione del giudice al riguardo (Cass. 15481/2003; Cass. 5586/2000; Cass. 7285/1987).

2) Sufficienza, ai fini della proponibilità dell'azione revocatoria, della sussistenza dei presupposti del credito, a prescindere dalla data dell'accertamento giudiziale (Cass. ord. 22161/2019 e Cass. ord. 30737/2019).

3) Sufficienza della proposizione della domanda prima dell'atto revocando, quale corollario del principio per cui un diritto non può restare pregiudicato dal tempo necessario per farlo valere in giudizio.

4) In materia familiare, la domanda con cui un genitore chiede la condanna dell'altro al pagamento di un assegno di mantenimento per i figli va accolta, in mancanza di espresse limitazioni, con decorrenza dalla data della sua proposizione e non da quella della pronuncia (Cass. 21087/2004; Cass. 15481/2003; Cass. 7770/1997).

La Corte, pertanto, ha cassato la sentenza e rinviato alla corte territoriale in diversa composizione per rivalutare il materiale probatorio senza focalizzarsi sulla dolosa preordinazione, ma solo sulla generica consapevolezza del pregiudizio delle ragioni del creditore in capo al terzo.

Osservazioni

L'ordinanza in commento affronta la questione dell'elemento psicologico del terzo acquirente nell'azione revocatoria a tutela dell'assegno di mantenimento per la prole.

Riportandosi ad una serie di principi generali già espressi in precedenti pronunce, la Corte Suprema li applica alla specifica ipotesi del credito al mantenimento dei figli, affermando che, nello stabilire se l'atto di cui si chiede la revoca sia anteriore o posteriore all'insorgenza del credito, deve aversi riguardo al momento della domanda di contribuzione al mantenimento, e non a quello della successiva condanna.

Il principio espresso nell'ordinanza renderà più semplice l'ottenimento della revocatoria ordinaria, non dovendosi dare prova della partecipatio fraudis del terzo acquirente tutte le volte in cui la domanda di condanna al pagamento dell'assegno di mantenimento sia stata incardinata anteriormente all'atto dispositivo.

Può fondatamente ritenersi che il principio formulato dalla Corte di legittimità, in ordine all'anteriorità o posteriorità del credito tutelato rispetto all'atto dispositivo, avrà ripercussioni anche sulla corretta qualificazione dell'elemento psicologico in capo al debitore alienante, nel senso che – in caso di atto di disposizione compiuto dopo l'instaurazione della domanda di contribuzione - sarà sufficiente provare in capo a quest'ultimo la mera consapevolezza che l'atto dispositivo diminuisca le garanzie dei creditori (scientia damni), anziché la specifica intenzione di pregiudicare la garanzia del futuro credito (consilium fraudis).

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