La natura giuridica del regolamento contrattuale di condominio: premesse sostanziali e risvolti processuali

29 Gennaio 2021

Il regolamento contrattuale di condominio ha natura di contratto atipico plurilaterale e conseguentemente impone il litisconsorzio necessario tra tutti i condomini allorché ne sia invocata - in via principale ed anche se limitatamente a singole clausole - la nullità.
Massima

Il regolamento contrattuale di condominio, quali ne siano il meccanismo di produzione ed il momento della sua efficacia, si configura, dal punto di vista strutturale, alla stregua di un contratto plurilaterale, con la conseguenza che l'azione di nullità del regolamento medesimo è esperibile non già nei confronti dell'amministratore, carente di legittimazione in ordine ad una siffatta domanda, quanto, piuttosto, da uno o più condomini nei confronti di tutti gli altri, versandosi in una situazione di litisconsorzio necessario.

Il caso

Tizio evoca in giudizio il proprio condominio, in persona dell'Amministratore pro tempore, al fine di sentire annullare la delibera con la quale l'assemblea, conformemente alle previsioni del regolamento contrattuale - del quale, peraltro, chiede altresì accertarsi la nullità in parte qua -ha negato il proprio diritto al distacco dall'impianto di riscaldamento centralizzato.

Accolta la domanda in prime cure, sull'appello proposto dal Condominio, la Corte territoriale dichiara la nullità della decisione di prime cure, per non essere stati evocati in giudizio, ab ovo, i singoli condòmini, litisconsorti necessari rispetto alla domanda di nullità del regolamento, conseguentemente disponendo la rimessione degli atti al primo giudice ex art. 354 c.p.c.

Avverso tale sentenza, Tizio propone, quindi, ricorso per cassazione, lamentando l'errata interpretazione della domanda proposta e, per l'effetto, la nullità della sentenza per violazione dell'art. 112 c.p.c., per avere la Corte d'Appello erroneamente rimesso gli atti al primo giudice, nonostante la declaratoria di nullità (della clausola) del regolamento contrattuale fosse stata avanzata non già in via principale quanto, al contrario, in via meramente incidentale, sì da escludere qualsivoglia ipotesi di litisconsorzio necessario tra i condomini.

La questione

La questione in esame è la seguente: quale è la natura del regolamento contrattuale di condominio e con quali modalità può procedersi alla impugnazione sua o di singole clausole di cui si compone.

Le soluzioni giuridiche

La Corte sgombra, anzitutto, il campo dal dubbio interpretativo sul quale ruota la censura proposta dalla difesa di Tizio osservando che, con l'originario atto di citazione - notificato al solo Amministratore del Condominio - parte attrice in effetti aveva formalmente domandato al tribunale non solo (a) di “ritenere illegittima la delibera” con la quale l'assemblea aveva rigettato, a maggioranza, l'istanza di “convalida del distacco dell'impianto di riscaldamento ed acqua centralizzato”, ma anche (b) la “declaratoria di nullità del regolamento condominiale, laddove impone il pagamento forfettario del consumo dell'acqua e non in ragione dei consumi effettivi e laddove non consente il distacco dall'impianto centralizzato del riscaldamento e dell'acqua calda (pur essa forfettizzata)”.

Discende da tale constatazione la correttezza, da un lato ed “a monte”, della qualificazione della domanda - e, in ultima analisi, del thema decidendum - operata dalla Corte d'Appello (sui limiti al sindacato di tale attività ermeneutica, di spettanza del giudice di merito, v., da ultimo, Cass. civ., sez. III, 10 giugno 2020, n. 11103), e dall'altro, “a valle”, della dichiarata nullità della sentenza di prime cure, per mancata evocazione in giudizio dei singoli condomini rispetto all'azione di nullità spiegata in via principale, quale applicazione processuale del principio, di carattere sostanziale, per cui il regolamento contrattuale di condominio, quali ne siano il meccanismo di produzione ed il momento della sua efficacia, si configura, dal punto di vista strutturale, come un contratto plurilaterale, avente cioè pluralità di parti e scopo comune (Cass. civ., sez. II, 21 maggio 2008, n. 12850): esso, infatti, in relazione alla sua specifica funzione, di costituire una sorta di statuto della collettività condominiale, si configura come atto volto ad incidere con un complesso di norme giuridicamente vincolanti per tutti i componenti di detta collettività, su un rapporto plurisoggettivo concettualmente unico ed a porsi come fonte di obblighi e diritti non tanto per la collettività come tale quanto, soprattutto, per i singoli condomini (v. anche Cass. civ., sez. II, 29 novembre 1995, n. 12342).

A quanto precede, poi, il giudice di legittimità aggiunge un'ulteriore considerazione: versandosi in ipotesi di cumulo di domande autonome, benché rispetto ad una di esse - quella concernente, cioè, l'illegittimità della delibera assembleare - sia stato correttamente individuato il legittimato passivo, con la corretta evocazione in giudizio dell'Amministratore pro tempore (v. anche Cass. civ., sez. II, 20 aprile 2005, n. 8286), cionondimeno deve ritenersi corretta la statuizione di rinvio dell'intera causa al giudice di prime cure, per effetto della mancata citazione in giudizio di tutti i condomini rispetto all'actio nullitatis di cui si è detto. Ed infatti, ove esista un rapporto di dipendenza tra due o più cause, per la natura propria della situazione giuridica controversa ovvero - come nel caso di specie - per effetto delle domande proposte congiuntamente, di modo che la decisione dell'una (azione di nullità del regolamento condominiale) funge da presupposto logico della decisione dell'altra (impugnazione della delibera assembleare che ne costituisce l'esecuzione), la necessità di evitare giudicati contrastanti sul medesimo oggetto determina l'insorgenza di un vincolo d'inscindibilità tra i relativi giudizi (Cass. civ., sez. lav., 15 ottobre 2013, n.23372), con la conseguenza che, ove il giudice d'appello abbia ritenuto che una di tali cause (l'azione di nullità del regolamento condominiale), per la pretermissione di un litisconsorte necessario, sia stata decisa in primo grado in violazione del principio del contraddittorio, la prosecuzione unitaria delle cause (compresa, dunque, l'impugnazione della delibera assembleare) è necessaria, oltre che in fase di gravame e nel giudizio di rinvio, anche nel giudizio innanzi al giudice di primo grado cui gli atti siano stati rimessi ai sensi dell'art. 354 c.p.c.

Osservazioni

Nel confermare la necessità di proposizione della domanda di nullità del regolamento nei confronti di tutti i condomini, la Suprema Corte fa applicazione, in materia condominiale, di un principio pacifico in ambito di contratti plurilaterali: così, ad esempio, la recente Cass. civ., sez. III, 22 novembre 2019, ha chiarito che, poiché la cessione del contratto ex artt. 1406 ss. c.c. si configura un negozio plurilaterale, per il cui perfezionamento occorre la partecipazione di tutti e tre i soggetti interessati - il cedente, il cessionario e il contraente ceduto - ove il giudizio abbia ad oggetto l'accertamento con efficacia di giudicato di detto negozio vi è fra tali soggetti litisconsorzio necessario.

Diversamente dal caso di proposizione in via principale, l'introduzione della questio nullitatis in via incidentale legittima l'evocazione in giudizio del solo amministratore, in quanto funzionale alla decisione della sola causa sulla validità dell'atto collegiale ma privo di efficacia di giudicato in ordine all'estensione dei diritti reali dei singoli (Cass. civ., sez. II, 31 agosto 2017, n. 20612; conforme anche la già citata Cass. civ., sez. III, 22 novembre 2019, per cui, qualora in una controversia promossa dal cessionario contro il contraente ceduto per l'adempimento della prestazione avente titolo nel contratto, il giudice debba accertare in via meramente incidentale e con effetto di giudicato limitato alle parti in causa la conclusione del negozio in esame, il litisconsorzio necessario non sussiste).

Ipotesi ancora diversa è, poi, quella in cui il condomino faccia valere non già la nullità del regolamento ma la sua inopponibilità nei propri confronti (ad esempio in quanto non trascritto né richiamato nell'atto di acquisto ovvero, ancora, perché ancora in fase di predisposizione a tale momento): in tal caso, infatti, deve escludersi l'integrazione necessaria del contraddittorio nei confronti dei restanti condomini, poiché la domanda è riconducibile alle azioni meramente accertative, che non comportano modifiche della situazione giuridica dipendente dal diritto controverso (Cass. civ., sez. VI/II, 14 ottobre 2013, n. 23224).

Quanto alla sorte della clausola del regolamento di condominio ovvero della delibera assembleare che escludano la facoltà di distacco del singolo condomino - ora prevista dall'art. 1118, comma 4, c.c. - pur in presenza delle condizioni all'uopo previste dalla legge, la Corte ne ha sancito la nullità (argomentando da Cass. civ., sez. II, 30 marzo 2006, n. 7518). Diversa è, al contrario, la questione circa la possibilità di addossare in ogni caso al condomino legittimamente distaccatosi le spese di gestione dell'impianto, in aggiunta a quelle di conservazione (comunque dovute): si regista sul punto, infatti, un contrasto tra Cass. civ., sez. VI/II, 18 maggio 2017, n. 12580, che ammette tale possibilità sulla scorta di quanto disposto dall'art. 1123 c.c. (potendo i condomini regolare, mediante convenzione espressa, adottata all'unanimità, il contenuto dei loro diritti ed obblighi) e Cass. civ., sez. II, 12 maggio 2017, n. 11970, che la esclude giacché, costituendo il regolamento un contratto atipico, meritevole di tutela solo in presenza di un interesse generale dell'ordinamento, una clausola siffatta, oltre a vanificare il principale ed auspicato beneficio che il condomino mira a perseguire distaccandosi dall'impianto comune, si pone in contrasto con l'intento del legislatore di correlare il pagamento delle spese di riscaldamento all'effettivo consumo, come emergente dagli artt. 1118, comma 4, c.c. (nel testo successivo alla novella apportata dalla l. n. 220/2012), 26, comma 5, della l. n. 10/1991 e 9, comma 5, del d.lgs. n. 102/2014.

Diversa ancora, infine, è l'ipotesi in cui il mancato allaccio non sia espressione della volontà unilaterale di rinuncia o distacco, ma una conseguenza dell'impossibilità tecnica di fruire dell'impianto, che non consente neppure un futuro collegamento: in tal caso, che si tratti di originaria esclusione dalla fruizione, ovvero di modifica sopravvenuta dell'impianto (ad esempio, in seguito ad un intervento di sostituzione della caldaia), il condomino non può (più) essere considerato titolare di alcun diritto di comproprietà su tale impianto e, perciò, non deve più partecipare ad alcuna spesa ad esso relativa (v., per la prima ipotesi, Cass. civ., sez. II, 27 novembre 2015, n. 2429 e, per la seconda evenienza, Cass. civ., sez. II, 31 agosto 2020, n. 18131).

Riferimenti

Celeste, Regolamento contrattuale (opponibilità), in Condominioelocazione.it, 26 aprile 2019;

Nasini, Regolamento contrattuale (formazione e contenuto), in Condominioelocazione.it, 5 settembre 2017;

Corona, Regolamento contrattuale di condominio, Torino, 2009;

Salis, Regolamenti contrattuali e inderogabilità di norme, in Riv. giur. edil., 1963, I, 515;

Nasini, Litisconsorzio, in Condominioelocazione.it, 15 settembre 2017.

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