La contestazione del progetto di distribuzione ai sensi dell'art. 512 c.p.c. e la sua impugnazione

09 Febbraio 2021

Nell'ordinanza in commento, la Corte di cassazione ha stabilito che, in merito alla controversia distributiva, lo strumento per proporre opposizione è sempre l'opposizione agli atti esecutivi prevista dall'art. 617 c.p.c., indipendentemente dalla natura delle contestazioni mosse dall'opponente.
Massima

Ai sensi dell'art. 512 c.p.c., tutte le controversie distributive vanno introdotte e trattate nelle forme di cui all'art. 617 c.p.c., anche quando la causa petendi sia costituita dalla denuncia di vizi formali del titolo esecutivo di uno dei creditori partecipanti alla distribuzione ovvero da qualsiasi altra questione - anche relativa ai rapporti sostanziali - che possa dedursi in tale sede. Pertanto, il giudizio introdotto ex art. 512 c.p.c. (con l'impugnazione del provvedimento del giudice dell'esecuzione) è destinato a concludersi in ogni caso con sentenza non appellabile.

Il caso

Una banca proponeva opposizione avverso l'ordinanza con cui il giudice dell'esecuzione del tribunale di Latina aveva disatteso la contestazione del progetto di distribuzione delle somme ricavate da una procedura esecutiva immobiliare, deducendo motivi attinenti alla validità e alla titolarità dei crediti azionati dal creditore concorrente. Il Tribunale rigettava l'opposizione e la Corte d'appello, successivamente adita, dichiarava inammissibile il gravame, ritendendo che la pronuncia di prime cure potesse essere impugnata solo con ricorso straordinario per cassazione.

La decisione di secondo grado è stata fatta oggetto, da parte della banca, di ricorso per Cassazione ai sensi dell'art. 360 comma 1 nn. 3 e 5 c.p.c.

La questione

La questione affrontata dalla Suprema Corte è quella prospettata dalla ricorrente con l'unico motivo di ricorso. La Banca, in particolare, sosteneva che il Tribunale di Latina avrebbe espressamente escluso che l'opposizione proposta dalla banca concernesse la regolarità formale del titolo esecutivo del creditore concorrente nella distribuzione delle somme ricavate dall'espropriazione forzata. Conseguentemente, la decisione avrebbe dovuto essere impugnata col mezzo processuale dell'appello, piuttosto che del ricorso straordinario per Cassazione.

Le soluzioni giuridiche

La Suprema Corte, ritenendo manifestamente infondate le ragioni espresse dalla banca, ha rigettato il ricorso ed ha precisato che, in merito alla controversia distributiva, lo strumento per proporre opposizione è sempre l'opposizione agli atti esecutivi prevista dall'art. 617 c.p.c., indipendentemente dalla natura delle contestazioni mosse dall'opponente a prescindere, cioè, dalla circostanza che la causa petendi sia costituita dalla denuncia di vizi formali del titolo esecutivo di uno dei creditori partecipanti alla distribuzione, ovvero da qualsiasi altra questione - anche relativa ai rapporti. sostanziali - che possa dedursi in tale sede.

Precisa infine La Corte nomofilattica che, laddove sia il debitore esecutato a muovere contestazioni circa il diritto dei creditori a partecipare alla distribuzione del ricavato, la contestazione deve essere introdotta ai sensi dell'art. 615 comma 2 c.p.c., configurandosi – in tal caso – un'opposizione all'esecuzione.

L'art. 512 c.p.c., nella formulazione attuale per come modificata dalle l. n. 80 e n. 263/2005, di fatto deformalizza le controversie distributive trasformando l'incidente cognitivo da regola in eccezione.

Al giudice dell'esecuzione viene attribuito il potere di dirimere i contrasti che potrebbero sorgere nella fase di riparto con ordinanza, previo svolgimento di un'indagine sommaria.

Come dispone testualmente la norma citata, il provvedimento con il quale il giudice dell'esecuzione provvede sulle controversie sorte in sede di distribuzione è impugnabile nelle forme e nei termini di cui all'art. 617 c.p.c. (ex multis, Cass. civ., n. 8950/2016 e n. 1075/2016).

Concretamente, non ci si trova più in presenza di una parentesi a cognizione piena, bensì di un procedimento a struttura bifasica articolato in un primo stadio a cognizione sommaria da svolgersi dinanzi al giudice dell'esecuzione ed a cui può far seguito, nel termine di venti giorni, l'instaurazione di un giudizio a cognizione piena mediante l'esperimento dell'opposizione agli atti esecutivi.

Va sottolineato che l'opposizione agli atti esecutivi prevista dall'art. 512 c.p.c. non ha ad oggetto il progetto di distribuzione in sé, ma l'ordinanza che risolve le controversie sorte tra i creditori concorrenti ovvero tra creditore e debitore o terzo in merito alla sussistenza o l'ammontare di uno o più crediti, alla presenza o meno di diritti di prelazione.

Nonostante la lettera della norma non indichi chiaramente le questioni prospettabili dal debitore o dai creditori concorrenti nella fase di riparto, non si può escludere che le stesse possano avere contenuto sia formale che sostanziale.

La questione non è andata esente da censure che hanno portato la dottrina ad elaborare differenti teorie.

Secondo un primo orientamento l'ordinanza resa dal giudice dell'esecuzione a risoluzione delle controversie distributive è sottoponibile al rimedio dell'opposizione agli atti esecutivi perché il giudizio che si apre ex art. 512 c.p.c. ha ad oggetto non la sussistenza del diritto di credito o del suo ammontare o del privilegio (diritti sostanziali), ma più semplicemente si contesta il solo diritto al concorso, un diritto meramente processuale.

Da tale impostazione consegue che il provvedimento, avendo ad oggetto un diritto meramente processuale, non acquista mai il giudicato sostanziale. Ed inoltre, avverso la sentenza pronunciata all'esito dell'opposizione agli atti esecutivi non è possibile proporre appello, in quanto solo ricorribile per cassazione.

Di contro, altri Autori hanno autorevolmente offerto una diversa lettura della novellata opposizione distributiva: se è vero che la riforma del 2005 ha radicalmente modificato i connotati dell'art. 512 c.p.c., è altresì vero che, in realtà, nulla è variato relativamente all'oggetto delle controversie. E' la stessa lettera dell'art 512 c.p.c. a definire l'oggetto del giudizio come un diritto sostanziale ('sussistenza o l'ammontare di uno o più crediti o circa la sussistenza di diritti di prelazione' ). Inoltre non è richiamata l'opposizione agli atti esecutivi (ma solo le forme ed i termini previsti per la stessa) né tantomeno l'art 618 c.p.c..

In pratica, considerato che la parentesi cognitiva che si apre ai sensi dell'art. 512 c.p.c. è una cognizione sommaria ('sentite le parti e compiuti i necessari accertamenti'), il provvedimento (anche se ha la forma dell'ordinanza) accerta un diritto sostanziale e, pertanto -nonostante la norma parli di impugnazione - in realtà siamo di fronte a un'opposizione (consistente in un giudizio sempre in primo grado ma a cognizione piena). Ne consegue che, avverso la sentenza che chiude tale giudizio, saranno esperibili le normali impugnazioni e se l'ordinanza non viene impugnata nei termini diviene definitiva per la sua idoneità ad acquistare l'efficacia di giudicato.

Infine, non si può prescindere dall'evidenziare che, per lungo tempo, si è dibattuto sulla possibilità di proporre l'opposizione all'esecuzione ai sensi dell'art. 615 comma 2 c.p.c. anche in fase distributiva.

A tal proposito sembra preferibile la posizione di coloro che hanno ritenuto possibile il concorso dei due rimedi dell'opposizione all'esecuzione e della controversia distributiva, come affermato anche dalla giurisprudenza di legittimità (ex multis, Cass. civ., n. 7108/2015).

Difatti, se la controversia distributiva ha ad oggetto il «diritto al concorso» e viene definita con provvedimento avente efficacia endoprocedimentale, va da sé che l'opposizione all'esecuzione, idonea ad avere efficacia extraprocedimentale, costituisca un rimedio concorrente con quello previsto dall'art. 512 c.p.c.. Il soggetto che subisce l'esecuzione, cioè, dovrebbe essere legittimato a contestare la sussistenza e l'ammontare dei crediti anche in fase distributiva sia mediante l'introduzione dell'opposizione ex art. 512 c.p.c. che a mezzo dell'opposizione ai sensi dell'art. 615 c.p.c..

Va segnalato, per completezza, che quanto precede è stato contraddetto da alcune pronunce della Suprema Corte (cfr. Cass. civ., n. 15654/13).

Il contrasto interpretativo può essere superato considerando non solo la sovrapponibilità delle questioni proponibili nelle due diverse opposizioni, ma anche la natura e l'ampiezza del giudicato: l'esecutato, difatti, potrebbe avere interesse a contestare il piano di riparto con l'opposizione all'esecuzione per ottenere una sentenza idonea a fare stato in diverso processo.

Osservazioni

Le motivazioni addotte dalla Corte nomofilattica si allineano al prevalente orientamento giurisprudenziale nonché all'indirizzo ormai prevalente in dottrina secondo il quale il rinvio dell'art. 512 c.p.c. all'art. 617 c.p.c. prescinde dalle ragioni della controversia e delimita la propria fattispecie applicativa solo in base alla natura della stessa, implicando l'applicazione anche dell'art. 618 comma 2 c.p.c., secondo cui le sentenze pronunciate ai sensi dell'art. 617 comma 2 c.p.c., non sono impugnabili, residuando il solo strumento del ricorso straordinario per cassazione ai sensi dell'art. 111 comma 7 Cost.

Non va trascurato che, sebbene l'opposizione agli atti esecutivi sia stata configurata dal legislatore del 1940 come un rimedio previsto in favore del debitore avverso le irregolarità formali che inficiano gli atti d'esecuzione, ha subito un progressivo ampliamento della sua sfera di applicazione, divenendo un mezzo di controllo anche dell'opportunità e congruità dell'atto esecutivo, fino ad assumere la funzione di strumento idoneo a risolvere le controversie che incidono sui diritti soggettivi allorquando il provvedimento impugnato definisce implicitamente questioni di merito per le quali è richiesto da parte del g.e. un accertamento relativo alla sostanza della pretesa creditoria.

Tale evoluzione è proseguita proprio con la modifica dell'art. 512 c.p.c. che ha reso l'ordinanza conclusiva della fase sommaria impugnabile ex art. 617 c.p.c.. Per effetto dell'opposizione agli atti si istaura un autonomo giudizio a cognizione piena che termina con sentenza idonea a produrre effetti preclusivi, non meramente interni al quel processo esecutivo, qualora la contestazione investa l'esistenza stessa e l'ammontare del credito o una ragione di prelazione.

Riferimenti
  • M. Bove, La distribuzione, in Le riforme più recenti del processo civile Bove-Balena, Bari, 2006;
  • B. Capponi, L'opposizione distributiva dopo la riforma dell'espropriazione forzata, in Corr. Giur., 2006, 1761;
  • A. Carratta, Le controversie in sede distributiva, tra diritto al concorso e sostanza delle ragioni creditorie, in Corr. Giur 2009, 489; M. Fabianii, Le controversie distributive. L'oggetto del procedimento e l'impugnazione dell'ordinanza del giudice, in www.judicium.it,
  • Vincre, Profili delle controversie sulla distribuzione del ricavato, Padova 2010.

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