Assegno divorzile e nuova famiglia di fatto: la Prima Sezione chiede l'intervento delle Sezioni Unite

09 Febbraio 2021

La formazione da parte del coniuge divorziato di una nuova famiglia, ancorché di fatto, fa venire meno in maniera automatica il diritto all'assegno divorzile a carico dell'altro coniuge?
Massima

La formazione da parte del coniuge divorziato di una nuova famiglia, ancorché di fatto, non fa venire meno in maniera automatica il diritto all'assegno divorzile a carico dell'altro coniuge, restando tuttalpiù al giudice di merito l'accertamento dell'esistenza di ragioni per un'eventuale rimodulazione della sua entità, laddove la formazione della nuova famiglia abbia migliorato le condizioni economiche-patrimoniali del beneficiario.

Il caso

Il Tribunale di Venezia, con sentenza pubblicata il 10 luglio 2015, pronuncia la cessazione degli effetti civili del matrimonio contratto tra Caia e Sempronio, condannando quest'ultimo al versamento di un assegno divorzile di euro 850,00 mensili in favore dell'ex moglie.

Su ricorso di Sempronio, la Corte di Appello di Venezia revoca il contributo divorzile, in ragione del fatto che Caia ha instaurato una stabile convivenza con un nuovo compagno, con il quale ha anche avuto una figlia (sentenza n. 470/2016).

Caia propone ricorso per cassazione e con il secondo dei quattro motivi di impugnazione deduce la violazione e falsa applicazione dell'art. 5, comma 10 legge divorzio nella parte in cui la corte territoriale ha ritenuto che «la semplice convivenza more uxorio con altra persona provochi, senza alcuna valutazione discrezionale del giudice, l'immediata soppressione dell'assegno di divorzio».

La ricorrente chiede la riconferma del principio di diritto secondo cui il diritto all'assegno di divorzio non può essere automaticamente negato per il solo fatto che il suo titolare abbia intrapreso una convivenza more uxorio, influendo tale convivenza solo sulla misura dell'assegno ove si dia prova, da parte dell'onerato, che essa influisca in melius sulle condizioni economiche dell'avente diritto.

In concreto, durante i nove anni di vita matrimoniale, Caia ha rinunciato ad un'attività lavorativa per dedicarsi all'accudimento dei figli, così permettendo all'ex coniuge di concentrarsi sulla propria realizzazione professionale e di diventare un imprenditore di successo. Dopo il divorzio, Caia non ha più l'età per reperire un'occupazione lavorativa e il suo nuovo compagno percepisce uno stipendio di circa mille euro mensili ed è onerato dal mutuo per l'acquisto della casa in cui abitano.

Rilevando la necessità di riconsiderare l'orientamento in tema di riflessi della convivenza more uxorio sull'assegno divorzile e vista la particolare importanza della questione di massima ai sensi dell'art. 374, comma 2 c.p.c., la Prima Sezione della Suprema Corte ne investe il Primo Presidente, affinché valuti l'opportunità di rimetterne l'esame alle Sezioni Unite.

La questione

La formazione da parte del coniuge divorziato di una nuova famiglia, ancorché di fatto, fa venire meno in maniera automatica il diritto all'assegno divorzile a carico dell'altro coniuge, ovvero al contrario se ne può affermare la perduranza, valorizzando il contributo dato dall'avente diritto al patrimonio della famiglia e dell'altro coniuge?

Le soluzioni giuridiche

La posizione della giurisprudenza di legittimità riguardo al rapporto tra assegno divorzile e convivenza more uxorio ha attraversato diverse fasi.

Sebbene la l.n. 898/1970 non preveda la decadenza del diritto all'assegno divorzile in caso di nuova convivenza more uxorio, ma solo nell'ipotesi di passaggio a nuove nozze dell'ex coniuge beneficiario (art. 5, comma 10), ad eccezione di isolate pronunce che hanno ritenuto la convivenza more uxorio priva di qualsiasi effetto sull'assegno divorzile (Cass. n. 9505/1996, Cass. n. 12557/2004), la giurisprudenza di legittimità è sempre stata propensa a riconoscerne l'incidenza, seppur di varia natura, sull'assegno divorzile.

E' chiaro che non assume rilevanza la mera coabitazione o la convivenza temporanea, ma unicamente la formazione di una famiglia di fatto, avente i caratteri di stabilità, continuità e condivisione di un progetto di vita, intesa quale formazione sociale di rilevanza costituzionale in cui l'individuo esprime la propria personalità (art. 2 Cost.).

Inizialmente, secondo il prevalente orientamento, la convivenza more uxorio era considerata una mera circostanza potenzialmente idonea a ridurre la quantificazione del contributo, sul presupposto dei vantaggi economici che da essa derivano al richiedente/beneficiario dell'assegno (Cass. n. 4761/1993, Cass. n. 5024/1997 e Cass. n. 3503/1998).

In seguito, la Corte di legittimità ha ritenuto che, raggiunta la prova della stabilità della convivenza e del miglioramento economico che essa aveva determinato sull'ex coniuge, il diritto all'assegno divorzile poteva entrare in una fase di “quiescenza”, di modo che, all'eventuale venire meno del beneficio economico derivante dall'instaurazione della nuova convivenza, fosse conseguibile il ripristino dell'obbligo di corresponsione dell'assegno divorzile (Cass. n. 17195/2011).

Infine, la Cassazione è approdata all'attuale rigorosa soluzione (Cass. n. 6855/2015, Cass. n. 2466/2016, Cass. n. 29317/2019 e Cass. n. 22604/2020), fatta propria anche dalla impugnata sentenza della Corte di appello di Venezia, secondo cui l'instaurazione di una stabile convivenza more uxorio da parte dell'ex coniuge beneficiario dell'assegno divorzile determina il venir meno di ogni presupposto di riconoscibilità dell'assegno divorzile, il quale resta così definitivamente escluso.

Secondo tale orientamento, la formazione di una famiglia di fatto rileva ex se, essendo ininfluente l'eventualità che non incida positivamente sulla concreta situazione economica dell'ex coniuge. Essa è considerata quale causa di esclusione irreversibile della solidarietà post coniugale, poiché rescinde ogni legame con la precedente esperienza matrimoniale ed il relativo tenore di vita. In applicazione del principio di auto-responsabilità, il coniuge divorziato è tenuto a sopportare le conseguenze delle proprie scelte di vita, assumendo anche il rischio di una eventuale cessazione della nuova convivenza, senza possibilità di ripristinare l'assegno divorzile.

La Corte di Cassazione, nell'ordinanza in commento, rileva la necessità di un ripensamento del suddetto consolidato orientamento giurisprudenziale, proprio alla luce di un completo scrutinio del canone dell'auto-responsabilità in materia di assegno divorzile. Tale principio, infatti, opera non soltanto per il futuro (onerando l'ex coniuge all'assunzione delle responsabilità conseguenti alla formazione di un nuovo nucleo familiare), ma anche per il passato (riconoscendo all'ex coniuge il diritto all'assegno divorzile quale conseguenza del contributo personale ed economico fornito in costanza di matrimonio).

Una simile lettura si rende tanto più necessaria alla luce del nuovo orientamento in tema di assegno divorzile (Cass. S.U. 18287/2018), che ha riconosciuto a quest'ultimo funzione non più solo assistenziale, diretta al mantenimento del pregresso tenore di vita, ma anche e soprattutto retributivo-compensativa, volta a riconoscere all'ex coniuge economicamente più debole un livello reddituale adeguato all'apporto fornito all'interno della disciolta comunione nella formazione del patrimonio familiare e di quello personale dell'altro coniuge. Di conseguenza, acquista il diritto all'assegno divorzile l'ex coniuge che, per un apprezzabile arco temporale, abbia contribuito al tenore di vita della famiglia con personali sacrifici, anche rispetto alle proprie aspettative professionali, per occuparsi dei figli e della casa. In tale ottica, l'ex coniuge ha diritto all'assegno non solo in quanto soggetto economicamente più debole, ma in ragione di quanto dallo stesso fatto e sacrificato in costanza di matrimonio nell'interesse della famiglia.

Il principio di auto-responsabilità deve, quindi, essere declinato tenendo conto delle concrete fattispecie in cui si combinano la creazione di nuovi modelli di vita con la conservazione di pregresse posizioni, entrambe frutto di consapevoli ed autonome scelte dell'individuo.

Alla luce di tali considerazioni, secondo la Prima Sezione Civile della Suprema Corte potrebbe ritenersi che permanga il diritto all'assegno divorzile nella sua natura compensativa, restando tuttalpiù al giudice di merito l'accertamento dell'esistenza di ragioni per un'eventuale rimodulazione della sua entità, laddove la formazione della nuova famiglia di fatto abbia migliorato le condizioni economiche-patrimoniali del beneficiario.

Diverso è il caso, a parere degli Ermellini, dell'assegno di mantenimento per il coniuge separato, in relazione al quale la formazione del nuovo nucleo familiare, segnando la definitiva rottura con il preesistente tenore di vita - al quale l'assegno è tutt'ora parametrato - determina il venir meno in via definitiva del diritto alla contribuzione periodica (Cass. 32871/2018).

Al termine delle motivazioni, la Prima Sezione Civile sollecita l'intervento delle Sezioni Unite affinché stabiliscano se «instaurata la convivenza di fatto, definita all'esito di un accertamento pieno su stabilità e durata della nuova formazione sociale, il diritto dell'ex coniuge, sperequato nella posizione economica, all'assegno divorzile si estingua comunque per un meccanismo ispirato ad automatismo, nella parte in cui prescinde di vagliare le finalità proprie dell'assegno, o se siano invece praticabili altre scelte interpretative che, guidate dalla obiettiva valorizzazione del contributo dato dall'avente diritto al patrimonio della famiglia e dell'altro coniuge, sostengano dell'assegno divorzile, negli effetti compensativi suoi propri, la perdurante affermazione, anche, se del caso, per una modulazione da individuarsi, nel diverso contesto sociale di riferimento».

Osservazioni

Sempre più spesso, dopo la rottura del vincolo matrimoniale, uno o entrambi gli ex coniugi danno vita ad una nuova famiglia, di fatto o matrimoniale. In quest'ultima ipotesi non vi è dubbio che l'ex coniuge beneficiario perda il diritto all'assegno divorzile, ex art. 5, comma 10 legge divorzio.

Nell'ipotesi di famiglia di fatto sorge l'esigenza di stabilire se, pur in assenza di una espressa previsione normativa, la sua formazione influisca o meno sul diritto all'assegno divorzile, a quali condizioni e se con effetti reversibili.

La Prima Sezione Civile della Corte di legittimità, nell'ordinanza de qua, prende le distanze dal più recente e consolidato orientamento sul tema e, pur motivando la propria posizione, ritiene che per l'importanza della questione debbano esserne investite le Sezioni Unite.

Si tratta di un argomento di grande interesse e dagli evidenti risvolti pratici.

La Corte correttamente ritiene necessario un ripensamento dell'orientamento, in seguito al drastico ridimensionamento del parametro del tenore di vita operato dalla sentenza delle S.U. 18287/2018. Se, infatti, il diritto all'assegno divorzile sorge non per conservare il tenore di vita goduto in costanza di matrimonio, ma in conseguenza dei contributi personali ed economici forniti durante il matrimonio dall'ex coniuge economicamente più debole, non può ritenersi che esso decada automaticamente per il solo e semplice fatto di aver dato vita ad una convivenza more uxorio.

Riferimenti

G. Ferrando, Famiglia di fatto e assegno di divorzio. Il nuovo indirizzo della corte di cassazione. in Famiglia e Diritto, Milano, 2015, 6, 554 ss..

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