La Tabella Unica Nazionale ex art. 138 Codice Assicurazione: analisi critica e schede di raffronto con la Tabella milanese e la Tabella romana (prima parte)

Maurizio Hazan
Filippo Martini
Marco Rodolfi
15 Febbraio 2021

Lo scorso 13 gennaio il Ministero dello Sviluppo Economico ha avviato la pubblica consultazione sullo schema di DPR che dovrebbe conferire certezza e uniformità ai risarcimenti dei danni non patrimoniali derivanti da lesioni gravi da circolazione stradale (e nautica) o da responsabilità sanitaria. Tale schema normativo contiene la Tabella Unica nazionale volta a fornire, anzitutto, i criteri attraverso i quali valutare la misura del danno permanente biologico corrispondente alle menomazioni all'integrità psicofisica comprese tra 10 e 100 punti di invalidità.

Lo scorso 13 gennaio il Ministero dello Sviluppo Economico ha avviato la pubblica consultazione sullo schema di DPR che, da lungo tempo atteso, dovrebbe finalmente conferire certezza e uniformità ai risarcimenti dei danni non patrimoniali derivanti da lesioni gravi da circolazione stradale (e nautica) o da responsabilità sanitaria.

Tale schema normativo contiene la Tabella Unica nazionale volta a fornire, anzitutto, i criteri attraverso i quali valutare la misura del danno permanente biologico corrispondente alle menomazioni all'integrità psicofisica comprese tra 10 e 100 punti di invalidità; e a consentire, poi, di tradurre tale misura in una quantificazione economica, attraverso l'indicazione del valore pecuniario da attribuire, per ciascuna menomazione, a ogni singolo punto di invalidità.

Si tratta di un provvedimento che dovrebbe perfezionare, con un ritardo di quindici anni, i lavori di attuazione dell'art. 138 del Codice delle Assicurazioni: una norma che sin dal 2005 aveva – vanamente - previsto ed atteso l'emanazione della Tabella del macro danno relativo ai sinistri della circolazione stradale. Le esigenze di certezza proprie di quel settore hanno peraltro assunto un'urgenza maggiore dopo l'entrata in vigore della c.d. legge “Gelli” (L. n. 24/2017 il quale recita: “Il danno conseguente all'attività della struttura sanitaria o sociosanitaria, pubblica o privata, e dell'esercente la professione sanitaria è risarcito sulla base delle tabelle di cui agli articoli 138 e 139 del codice delle assicurazioni private, di cui al d.lgs. 7 settembre 2005, n. 209, integrate, ove necessario, con la procedura di cui al comma 1 del predetto articolo 138 e sulla base dei criteri di cui ai citati articoli, per tener conto delle fattispecie da esse non previste, afferenti alle attività di cui al presente articolo.”), che ha definitivamente esteso al settore della RC sanitaria l'applicazione della disciplina del risarcimento del danno alla persona da RC auto, regolato dagli artt. 138 e 139 cap..
Al riguardo la Suprema Corte (n. 28990 del 11 novembre 2019) ha statuito che: “Non intervenendo a modificare con efficacia retroattiva gli elementi costitutivi della fattispecie legale della responsabilità civile (negando od impedendo il risarcimento di conseguenze - dannose già realizzatisi), il d.l. 13 settembre 2012, n. 158, art. 3, comma 3, convertito, con modificazioni, nella l. 8 novembre 2012, n. 189 (cd. legge Balduzzi che dispone l'applicazione, nelle controversie concernenti la responsabilità - contrattuale od extracontrattuale - per esercizio della professione sanitaria, del criterio di liquidazione equitativa del danno non patrimoniale secondo le Tabelle elaborate in base agli artt. 138 e 139 del cap. - criteri di liquidazione del danno non patrimoniale, confermati anche dalla successiva l. 8 marzo 2017, n. 24 cd. Gelli-Bianco), trova diretta applicazione in tutti i casi in cui il Giudice sia chiamato a fare applicazione, in pendenza del giudizio, del criterio di liquidazione equitativa del danno non patrimoniale, con il solo limite della formazione del giudicato interno sul quantum”.

Come ben rimarcato nella relazione introduttiva allo schema l'emanazione di una tabella unica nazionale per entrambi i settori non può che “migliorare la situazione complessiva, sia dal punto di vista delle relazioni impresa assicurativa/danneggiato, sia con riferimento ai costi del contenzioso. La tabella, infatti, riduce notevolmente i margini di discrezionalità e, di conseguenza, l'incertezza sui valori dei risarcimenti”.

Non è un caso, del resto, che entrambi i sistemi risarcitori siano obbligatoriamente assicurati e reclamino, più di altri, regole tali da consentire una miglior prevedibilità dei valori dei potenziali risarcimenti, anche in considerazione delle esigenze di più generale sostenibilità dei costi assicurativi posti a carico dei soggetti tenuti per legge a garantirsi dal rischio della circolazione o sanitario (proprietari dei veicoli, medici o strutture sanitarie).

Merita dunque un plauso l'impegno con cui il Ministero dello Sviluppo Economico, coadiuvato dall'Ivass, ha dato finalmente un serio impulso alla delega attuativa, così come prevista dal citato art. 138, nella sua versione riformata dalla legge 124/2017.

Peraltro, la non ulteriore procrastinabilità dei lavori di redazione della Tabella Unica Nazionale appare ancor più evidente nel presente momento storico.

È noto infatti che, nel vuoto lasciato dalla mancata attuazione dell'art. 138, la criteriologia liquidativa di riferimento, da utilizzarsi in assenza delle tabelle di legge per le lesioni di grave entità nella rc auto (e oggi nella rc sanitaria) è sempre stata individuata dalla Suprema Corte, nelle tabelle licenziate dall'Osservatorio per la giustizia civile del Tribunale di Milano. Tabelle alle quali, a far tempo dalla c.d. sentenza Amatucci (Cass. 7 giugno 2011, n. 12408), la terza sezione della Cassazione ha riconosciuto vocazione nazionale, e dunque valore di misura “autentica” e generale dell'equità risarcitoria. Tale pronuncia statuisce che le tabelle milanesi sono l'unico parametro da prendere in considerazione per tutto il territorio nazionale: i valori di riferimento per la liquidazione del danno alla persona adottati dal Tribunale di Milano “costituiranno d'ora innanzi, per la giurisprudenza di questa Corte, il valore da ritenersi equo, e cioè quello in grado di garantire la parità di trattamento e da applicare in tutti i casi in cui la fattispecie concreta non presenti circostanze idonee ad aumentarne o ridurne l'entità”. La Corte, tuttavia,precisa che l'aver assunto la tabella milanese a parametro in linea generale attestante la conformità della liquidazione equitativa del danno non comporterà automaticamente «la ricorribilità in Cassazione, per violazione di legge, delle sentenze di appello che abbiano liquidato il danno in base a diverse tabelle per il solo fatto che non sia stata applicata la tabella di Milano e che la liquidazione sarebbe stata di maggiore entità se fosse stata effettuata sulla base dei valori da quella indicati. Perché il ricorso non sia dichiarato inammissibile per la novità della questione posta, non sarà sufficiente che in appello sia stata prospettata l'inadeguatezza della liquidazione operata dal primo giudice, ma occorrerà che il ricorrente si sia specificamente doluto in secondo grado, sotto il profilo della violazione di legge, della mancata liquidazione del danno in base ai valori delle tabelle elaborate a Milano. La violazione della regola iuris potrà essere fatta valere in sede di legittimità ex art. 360 n. 3 c.p.c., in quanto la questione sia stata specificamente posta nel giudizio di merito”.

Sennonché in tempi recenti le cose sono andate via via cambiando, mettendo in qualche modo in discussione non tanto la centralità dei riferimenti economici portati dalla Tabella milanese, quanto l'impostazione seguita dalla Corte meneghina nella costruzione della sua tabella. Soprattutto per ciò che attiene alla (mancata) valorizzazione del danno morale, quale posta autonoma di pregiudizio non patrimoniale, diversa dal danno biologico, nella sua accezione dinamico relazionale. Al riguardo la Cassazione, come recentemente ribadito in termini netti (Cass. civ., 10 novembre 2020, n. 25164), ha affermato il principio della autonomia del danno morale rispetto al danno biologico, postulando la necessità di accertarne in concreto l'esistenza in ciascun singolo caso di specie, con separata - ma mai automatica – valorizzazione in aggiunta al danno biologico. Più in particolare tale pronuncia della Corte di Cassazione evidenzia che il danno biologico dinamico-relazionale e quello da sofferenza interiore sono ontologicamente diversi e si devono liquidare separatamente; in tal senso (Cass. civ., sent. n. 2788/2019 Cass. civ., sent. n. 29373/2018, Cass. civ., sent. n. 901/2018, Cass. civ., sent. n. 25817/2017, Cass. civ., ord. n. 7513/2018).
Emerge con chiarezza che questo principio di diritto si pone in netto contrasto con le “sentenze di San Martino”, in cui si afferma la necessità della liquidazione congiunta del danno dinamico-relazionale e di quello da sofferenza soggettiva, entrambe “voci” del danno biologico: “dovrà il giudice, qualora si avvalga delle note tabelle, procedere ad adeguata personalizzazione della liquidazione del danno biologico, valutando nella loro effettiva consistenza le sofferenze fisiche e psichiche patite dal soggetto leso, onde pervenire al ristoro del danno nella sua interezza”.
La S.C. ha ribadito, in linea con i precedenti arresti (Cass. civ., n. 910/2018, Cass. civ., n. 7513/2018 e Cass civ. n. 28989/2019), il principio che la voce di danno morale è autonoma e non conglobabile nel danno biologico, trattandosi di sofferenza di natura del tutto interiore e non relazionale e, quindi, meritevole di un compenso aggiuntivo al di là della personalizzazione. Il danno morale, pertanto, si distingue: - sia dal danno biologico stricto sensu, in quanto non suscettibile di accertamento medico-legale, sostanziandosi, invece, in uno stato d'animo di sofferenza interiore; - sia dalla menzionata personalizzazione per incidenza su specifici aspetti dinamico-relazionali.
La Suprema Corte coglie anche l'occasione per ribadire che, per il danno morale, il ricorso alla prova presuntiva assume particolare rilievo e può costituire anche l'unica fonte di convincimento del Giudice. Rimane di fondamentale rilevanza il principio dell'onere di allegazione delle conseguenze pregiudizievoli da parte della vittima, che consente di stabilire il thema decidendum e alla controparte di esercitare il legittimo diritto di difesa. Tuttavia, il danno morale, quale danno da sofferenza interiore, potrà essere provato principalmente con il ragionamento presuntivo fondato in larga misura sulle massime di esperienza.

In tale esigenza di liquidare separatamente il danno morale, ove allegato e provato, senza automaticamente accorparlo al biologico, si è dunque individuato un elemento di forte critica al metodo milanese, attorno al quale si è imbastita una contrapposizione, anche, ideologica e contenutistica alimentata, a far tempo dal 2018, dall'Osservatorio del Tribunale di Roma, che ha apertamente dichiarato di non poter, e comunque, non voler più aderire al metodo tabellare milanese.
Nelle nuove Tabelle adottate dal Tribunale di Roma, una parte della relazione introduttiva di queste ultime viene dedicata proprio al calcolo dell'ulteriore danno non patrimoniale o “danno morale” (paragrafi 110-132). Vengono quindi riproposti, in buona sostanza, i principi che il Tribunale capitolino ha deciso di adottare in materia fin dal 2011. Rammentiamo che il Tribunale di Roma, in contrasto con quanto effettuato dal Tribunale di Milano, sin dal 2009 ha preferito tenere separata la liquidazione del danno morale rispetto al danno biologico, prendendo come parametro di riferimento la metà di quanto veniva liquidato a titolo di danno biologico. Sullo sfondo, l'entrata in vigore, dell'art. 1, c. 17, l. 4 agosto 2017, n. 124, che provvedeva a riformare la disciplina degli artt. 138 e 139 del codice delle assicurazione, introducendo la nuova disciplina del Danno non patrimoniale per lesioni di non lieve entità e dettando criteri innovativi di costruzione della tabella delle cd. Macrolesioni; criteri ai quali il Tribunale di Roma, in attesa dell'attuazione della delega governativa, ha ritenuto di volersi conformare nel licenziare le proprie nuove tabelle, in aperto conflitto con quelle milanesi.

Ne è discesa una sorta di insidiosa incertezza dei riferimenti valutativi, attesa la difficoltà di coordinare la conclamata prevalenza applicativa del metodo milanese sull'intero territorio nazionale (almeno quanto a valori risarcibili), con le indicazioni correttive predicate dalla giurisprudenza di legittimità e con le recenti mire di primazia del metodo capitolino.

Insomma, è fortemente avvertita la sensazione che, dopo un'attesa che ha del surreale, questa sia la “volta buona”.

È per questo motivo che, anche in considerazione della straordinaria importanza socio-economica che il provvedimento potrebbe rivestire, qualora diventasse definitivo, riteniamo sin da ora opportuno passarne in rassegna i contenuti.

Lasciando al seguito una miglior specificazione di dettaglio, va subito osservato che, nella parte più attesa, quella relativa al valore pecuniario dei punti di invalidità, lo schema di DPR dichiara di aver seguito, grosso modo, l'impostazione delle tabelle di valutazione del danno già in uso presso il Tribunale di Milano; il tutto con alcuni importanti correttivi, dettati proprio dall'art. 138 del CAP.

E dunque i valori economici delle singole invalidità sono stati determinati con il cd sistema del punto variabile in funzione dell'età e del grado di invalidità, con conseguente incremento del valore economico del punto all'aumentare dell'invalidità e suo decremento al crescere dell'età del danneggiato. Ma a differenza di quanto previsto nella Tabella di Milano l'incremento del valore economico del punto rispetto alla percentuale di invalidità è stato calcolato sulla base di un moltiplicatore, conforme alle indicazioni della delega normativa, più che proporzionale rispetto all'aumento percentuale assegnato ai postumi.

In ossequio poi a quanto già in precedenza ricordato (e stabilito dalla “consolidata giurisprudenza di legittimità”) il danno non patrimoniale, pur unitariamente inteso, è stato separatamente valorizzato nelle due componenti del danno biologico (inteso come lesione dell'integrità fisica, a matrice dinamico relazionale) e del danno morale (inteso come danno da sofferenza e turbamento dell'animo).

Proprio la separata valorizzazione del danno morale costituisce una delle più rilevanti novità dello schema di DPR, la cui tabella provvede a tal fine ad incrementare i valori del danno biologico in via percentuale e progressiva per ogni singolo punto di invalidità, attraverso il così detto “moltiplicatore per danno morale”. Moltiplicatore che, al fine di consentire una miglior personalizzazione di tale voce può essere minimo, medio o massimo. Rimane fermo il fatto che l'incremento per danno morale non è automatico, come ormai insegna la Cassazione, ma subordinato a rigorosa allegazione e prova.

Alla luce di tali prime indicazioni, è interessante osservare che lo schema del DPR, pur porgendo tributo al metodo milanese (quanto alle generalissime impostazioni di base), in realtà se ne discosta in modo piuttosto marcato proprio nei fondamentali passaggi appena citati (incremento più che proporzionale del valore del punto, al crescere dell'invalidità, e separata valorizzazione del danno morale con tre fasce di personalizzazione incrementali per ciascun punto di invalidità).

Ma non solo: il valore del punto economico di base, su cui poi viene costruita la progressione ascendente in funzione dell'aumento delle invalidità, è stato stabilito in conformità a quanto già previsto dall'art. 139 per le lesioni di lievi entità (seppur calcolato su di un valore aggiornato pari ad € 814,27). Valore ampiamente inferiore a quello stabilito dal Tribunale di Milano.

Tale scelta, che risponde anche ad un'esigenza di coerenza e continuità nel passaggio dalle microlesioni (fino a 9 punti) a quelle più gravi, pur in assenza di una tabella unitaria generale.

Esaminata nel complesso, dunque, la Tabella Unica Nazionale portata dallo schema di DPR si modella, quanto a caratteristiche del suo funzionamento, in termini più prossimi alla tabella romana che a quella milanese.

Il riferimento al metodo milanese si conserva però intatto quanto ai valori espressi dalla (ipotizzata) curva di legge, più vicini, per quel che attiene alla risultante quantitativa, alle liquidazioni ottenute in applicazione dei parametri milanesi.

Risulta invero che, nella costruzione valoriale della tabella siano stati presi in considerazione, i valori complessivi dei risarcimenti erogati, nelle scorse annualità, nei due settori di applicazione della tabella (rc auto e rc sanitaria). Ciò al fine di fare in modo che i nuovi parametri non conducessero ad incongrui aumenti di costo per i due sistemi obbligatoriamente assicurati, rispetto a quanto sostenuto negli esercizi passati in applicazione (prevalente) della tabella milanese.

Ancora una volta si pone, sullo sfondo, il principio di base che governa l'art. 138 del CAP e che mira a garantire la sostenibilità del sistema, contemperando l'esigenza di un pieno risarcimento del danno non patrimoniale effettivamente subìto con quella di razionalizzare i costi gravanti sul sistema assicurativo e sui consumatori. E proprio per soddisfare tali esigenze di sostenibilità, i risarcimenti previsti dalla nuova tabella sono stati concepiti, almeno a livello teorico, per non essere, nel loro complesso, superiori ai valori degli importi sino ad oggi liquidati in forza della tabella milanese. La quale conserva dunque, pur a fronte della non perfetta analogia di metodo seguita dal DPR, il suo ruolo di riferimento nella quantificazione finale dei costi risarcitori posti a carico dei due sistemi obbligatoriamente assicurati.

Più in particolare, l'analisi statistica effettuata dal Ministero nel sottoporre il modello a prova di resistenza, ha evidenziato che l'applicazione dalla nuova Tabella conduce a risultati un poco più bassi rispetto a quelli previsti dalla tabella milanese. Tale distanza potrebbe però essere colmata dal potere di personalizzazione che il giudice ancora conserva in caso di straordinarie conseguenze della menomazione, nei suoi aspetti dinamico relazionali (“personalizzazione” liquidabile entro un valore massimo del 30%, ai sensi dell'art. 138 del CAP, comma 3).

Rimane da comprendere se, a fronte della differente tipologia e della frequenza della sinistrosità e del sistema assicurativo nella rc auto e nella sanità, la nuova tabella riesca a fornire, sul piano dei risultati, risposte coerenti ed ugualmente efficaci. Rammentiamo che per danno iatrogeno si intende quel pregiudizio alla salute, causato da colpa di un sanitario, che ha per effetto l'aggravamento di una lesione già esistente, a sua volta ascrivibile a colpa di un terzo od a cause naturali. La sussistenza di un danno iatrogeno può far sorgere problemi particolari nella liquidazione, quando il danneggiato agisca nei confronti del medico chiedendo non il risarcimento dell'intero danno patito, ma soltanto il risarcimento dell'ulteriore danno iatrogeno; oppure quando uno dei corresponsabili, che abbia risarcito il danneggiato per intero, agisca in regresso ex art. 2055 c.c. nei confronti dell'altro coobbligato. Infatti, vertendosi in tema di obbligazioni solidali, nulla vieta al danneggiato di domandare il risarcimento dell'intero danno in giudizi promossi separatamente sia contro il medico, sia contro l'autore della prima lesione. In tutti i casi in cui sia necessario “scorporare” l'aggravamento del danno alla salute dal danno originario, il calcolo differenziale va compiuto non sottraendo il grado di invalidità permanente effettivamente residuato, da quello che sarebbe residuato se non vi fosse stato l'aggravamento dovuto all'imperizia del medico, ma sottraendo il risarcimento effettivamente dovuto, da quello che sarebbe stato dovuto se non vi fosse stato il danno iatrogeno. La metodologia di calcolo è stata spiegata efficacemente da Cass. civ., 19 marzo 2014, n. 6341, con la quale il giudice di legittimità è stato per la prima volta chiamato ad affrontare il delicato nodo dei criteri di liquidazione del danno biologico causato da un errore medico, il quale abbia reso più grave una invalidità che comunque il paziente non avrebbe potuto evitare.
Il danno iatrogeno è infatti un danno differenziale, per liquidare il quale occorre procedere col metodo logico della “prognosi postuma”, e quindi:

a) stabilire quale sarebbe stato il grado di invalidità permanente, la durata della malattia, il danno morale ed il danno patrimoniale che la vittima avrebbe subìti ove il sanitario non fosse incorso in colpa professionale; b) stabilire quale è l'effettivo grado di invalidità permanente, l'effettiva durata della malattia, l'effettivo danno morale e l'effettivo danno patrimoniale patito dalla vittima;

c) detrarre il valore sub a) da quello sub b).

Tuttavia, nel compiere tale operazione, sottraendo e sottrattore non possono essere rappresentati dall'espressione percentuale di un certo grado di invalidità permanente, perché il valore monetario del punto di invalidità cresce più che proporzionalmente rispetto al crescere dell'invalidità, mentre decresce in progressione aritmetica con l'aumentare dell'età del danneggiato. Pertanto, la differenza va compiuta non sul grado di invalidità permanente, ma sui valori monetari. Sarà pertanto necessario dapprima liquidare il danno biologico complessivo patito dalla vittima; quindi liquidare il danno biologico che sarebbe verosimilmente residuato in assenza del fatto illecito: la differenza costituirà il danno iatrogeno del quale il medico deve rispondere. (cfr. Marco Rossetti in Ridare.it, 24 ottobre 2014).

Ovviamente, stiamo parlando di sviluppi attuariali complessivi. La comparazione puntuale dei valori espressi dalla curva milanese rispetto a quelli proposti dal DPR mostra invece un andamento sinusoidale. Come meglio sarà indicato in seguito, il valore economico della Tabella Unica per danni rimane tra il 30 ed il 70% circa di postumi permanenti e rimane inferiore al valore punto del danno non patrimoniale di Milano, mentre dal 70% in su il valore economico della Tabella Unica si eleva progressivamente sino ad esprimere valori superiori a quello del punto del danno non patrimoniale di Milano.

Eloquente, in tal senso, l'esempio esposto nell'ultima pagina dell'allegato III allo schema di DPR. Prendendo a riferimento il caso di un individuo di 35 anni, con invalidità del 50%, il testo propone un risarcimento pari ad euro 363.224,65 (con applicazione del moltiplicatore morale “medio”), che si colloca circa 30.000 euro al di sotto del valore ottenibile in piena applicazione della attuale tabella milanese.

Rimangono da comprendere i criteri di selezione nell'applicazione di uno dei tre moltiplicatori del danno morale previsto dallo schema del DPR. Per quanto l'esempio di cui sopra applichi, per default, il coefficiente medio, non possiamo dimenticarci che tale posta di danno rimane fermamente assoggettata a precisi oneri di allegazione e prova, ancorché presuntiva. Il che equivale a dire, a parere di chi scrive, che, in assenza di prove qualificate (e pur sempre in presenza di un percorso presuntivo sostenibile, a carico del richiedente), il moltiplicatore applicabile dovrà essere quello minimo.

Ciò detto, quanto alla Tabella Unica dei valori economici attribuiti a ciascun punto di invalidità, rimane da far cenno alla parte di tabella toccata dal primo dei due allegati allo schema di legge, che contiene la tavola “delle menomazioni”, che sviluppa il metodo per la valutazione del danno permanente biologico attraverso l'indicazione, sia pur indicativa, dei punteggi attribuiti alle casistiche di menomazione ivi espressamente riportata. Tale tabella illustra anche i “criteri applicativi” da seguire nella valutazione medico legale del danno, rivelando una particolare attenzione per le menomazioni psichiche e trattando in modo interessante il tema dell'incidenza delle protesi sulla portata biologica della menomazione e sulla conseguente valutazione del danno.

Va dato atto che tale ultima tabella costituisce riedizione aggiornata di quelle già messe a punto, nel lontano 2004, dalla Commissione Ministeriale all'uopo, in quell'epoca, istituita.

Molte sono le voci critiche già levatesi, da parte di numerosi esponenti della medicina legale, sulla effettiva validità tecnica, attualità e qualità della nuova tabella delle menomazioni. Ma si tratta di temi che, certamente, saranno oggetto di approfondimento ulteriore nel corso dell'ancora lunga istruttoria che accompagnerà la genesi, comunque auspicabile, del DPR.

* Ringraziamo per la ricerca ed il contributo all'approfondimento gli avvocati Susanna Tellatin, Valerio Zinga e Luca Perini

Guida all'approfondimento:
  • ZOJA D., Di MAURO L., Progetto di DPR con tabelle per la valutazione del danno biologico 0-100%: SIMLA scrive al MISE, in Ridare.it, 28 Gennaio 2021;
  • CANNAVO' G., CIAVARELLA M., Tabella delle menomazioni da 10 a 100 punti di invalidità: commento allo schema di decreto del Presidente della Repubblica, in Ridare.it, 1° Febbraio 2021.
  • SPERA D., Risarcimento del danno non patrimoniale, in Ridare.it, 28 Maggio 2020;
  • SPERA D., Tabella del Tribunale di Milano, in Ridare.it, 14 Maggio 2018.

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