Il permesso di soggiorno del familiare e la riserva in favore del giudice di merito nell'apprezzamento dei gravi motivi

Federico Colangeli
15 Febbraio 2021

La valutazione da parte del giudice del merito dei “gravi motivi” richiesti dall'art. 31, comma 3, del d. lgs. n. 286/1998, ai fini del rilascio dello speciale permesso di soggiorno temporaneo in favore degli stranieri che siano genitori di figli minori, costituisce un apprezzamento in fatto ed insindacabile in sede di legittimità.
Massima

La valutazione da parte del giudice del merito dei “gravi motivi” richiesti dall'art. 31, comma 3, del d. lgs. n. 286/1998, ai fini del rilascio dello speciale permesso di soggiorno temporaneo in favore degli stranieri che siano genitori di figli minori, costituisce un apprezzamento in fatto ed insindacabile in sede di legittimità; del resto, né l'età prescolare del minore, né il rischio del suo allontanamento dall'Italia, possono costituire, di per sé e in assenza di qualsiasi altra specificità del caso concreto, circostanze sufficienti a ritenere la sussistenza dei detti gravi motivi. Infine, la presenza di condanne penali a carico del familiare del minore non comporta in automatico un pronunciamento negativo del giudice di merito, ma ha una sua rilevanza significativa ai fini dell'esame circostanziato del caso e all'interno del giudizio di bilanciamento tra interessi giuridici opposti.

Il caso

I genitori cinesi di tre bambini, di cui due presenti sul territorio del nostro paese, ricorrevano al Tribunale per i minorenni di Napoli, al fine di ottenere l'autorizzazione giudiziale alla permanenza in Italia, nell'interesse dei minori e per l'effetto dell'art. 31, comma 3, del T.U. Immigrazione. Il competente Tribunale emetteva, all'esito del giudizio, un provvedimento di rigetto dell'istanza, che i ricorrenti reclamavano presso la Corte d'appello di Napoli – Sezione minorenni. Il giudice di secondo grado con decreto n. r.g. 1529/2018, depositato in data 22 novembre 2018, respingeva il reclamo proposto dagli interessati.

Pertanto, questi ultimi decidevano di ricorrere in Cassazione per la riforma della decisione, resa dalla predetta Corte territoriale. Nel relativo giudizio, le Procure intimate non svolgevano alcuna difesa, mentre i ricorrenti depositavano, in aggiunta, una memoria di trattazione. In data 22 settembre 2020 veniva celebrata l'udienza in camera di consiglio non partecipata, nella quale il Consigliere Relatore, Dott. F. Terrusi esponeva ai colleghi del Collegio la propria relazione e, successivamente, in data 29 ottobre 2020 avveniva il deposito in cancelleria dell'ordinanza in commento.

La questione

Il decreto di rigetto del reclamo, proposto dai coniugi cinesi nei confronti della pronuncia negativa resa dal Tribunale per i minorenni di Napoli, valorizzava, ai fini del diniego dell'istanza ex art. 31, comma3, del d. lgs. n. 286/1998, due aspetti fattuali fondamentali.

Da una parte, la Corte d'appello partenopea rilevava che dagli accertamenti effettuati dalla Procura presso il competente T.M. era stato comprovato per tabulas che i genitori dei minori interessati si erano resi responsabili sul territorio nazionale di gravi e reiterate condotte antisociali, oggetto di vari procedimenti penali per i reati di ricettazione ex art. 648 c.p. e di introduzione nello Stato di prodotti con segni falsi ex art. 474 c.p.

I medesimi erano, pertanto, stati destinatari di diverse sentenze di condanna definitive, che lasciavano fondatamente supporre che il nucleo familiare fosse giunto in Italia ed ivi stabilitosi, solamente al preciso scopo di svolgere attività illegali.

Dall'altra parte, i giudici di secondo grado evidenziavano che, né nel presente giudizio, né, tantomeno, nel precedente, gli istanti avevano indicato ed allegato specifiche necessità riferibili ai minori e tali da supportare una pronuncia di segno favorevole.

Per contro, in sede di istruttoria veniva accertato che tutti e tre i figli della coppia ricorrente non mostravano avere forti legami con l'Italia, dato che nessuno di loro aveva avviato in alcun modo un apprezzabile e concreto processo di radicamento territoriale nel nostro Paese.

Ciò premesso, i coniugi cinesi impugnavano quest'ultima decisione, sottoponendo alla Suprema Corte un unico motivo di gravame, che denunciava l'errore della Corte d'appello per essere la stessa incorsa nell'omissione dell'esame di un fatto decisivo per il giudizio ai sensi ed agli effetti dell'art. 360, n. 5, c.p.c.

Nello specifico, la difesa di parte ricorrente si doleva per il mancato accertamento giudiziale, avente ad oggetto l'eventuale sussistenza nel caso de quo di un grave danno allo sviluppo psicofisico dei minori.

Le soluzioni giuridiche

La prima sottosezione della Sezione VI della Corte di Cassazione, investita ex lege del compito di verificare preliminarmente l'ammissibilità del ricorso, avanzato dai genitori dei tre minori di nazionalità cinese, ne dichiarava l'inammissibilità con l'Ordinanza n. 23810 del 2020.

Con detta pronuncia i giudici di legittimità, ripercorrendo il proprio orientamento formatosi in materia, ribadivano alcuni aspetti essenziali dell'istituto in esame.

In prima battuta, si riconfermava l'argomentazione secondo la quale la valutazione dell'eventuale sussistenza dei gravi motivi, contemplati nel penultimo comma dell'art. 31, T.U.I., è un apprezzamento riservato normativamente al giudice di merito e, per ciò stesso, non sindacabile in sede di legittimità.

In seconda battuta, richiamando una recente pronuncia resa da altra Sezione della Corte, si precisava che l'età prescolare del minore e il rischio contestuale del suo allontanamento dall'Italia non rappresentano, di per sé e in mancanza di altri elementi significativi nella fattispecie specifica, circostanze idonee alla concessione dell'autorizzazione temporanea al soggiorno sul T.N. in favore dei genitori.

Gli stessi ermellini rinviavano, poi, a quanto statuito nel 2019 dalle Sezioni unite della Cassazione, laddove si era sottolineato che la presenza di condanne in capo al familiare non comporta in automatico il rigetto dello speciale permesso in trattazione e che quest'ultima circostanza va comunque ponderata con le altre allegazioni fattuali della particolare fattispecie, in modo da operare un corretto bilanciamento tra l'esigenza di salvaguardia dell'ordine e della sicurezza pubblica e la tutela dell'interesse del minore coinvolto.

Tutto ciò premesso, la sottosezione procedente giustificava la declaratoria d'inammissibilità del ricorso per omesso esame del fatto decisivo “relativo alla prospettiva del grave danno sviluppo psicofisico dei minori, constatando che, in realtà, i ricorrenti tralasciavano di individuare nel proprio atto di impugnazione i fatti storici, l'esame dei quali sarebbe stato ignorato dalla Corte d'appello.

Di conseguenza, il motivo di ricorso si traduceva in una mera richiesta di rivalutazione di tutte le allegazioni, già prese in considerazione dal giudice di merito, demandando al giudice di legittimità un'indagine preclusa dalle norme di diritto processuale civile.

Osservazioni

La decisione in oggetto coincide con l'ultimo punto di approdo della giurisprudenza di legittimità nel percorso, di lunga data, relativo all'interpretazione e all'applicazione dell'art. 31, comma 3, T.U. sull'immigrazione.

A tal proposito, è già sufficiente ricordare che la Corte di Cassazione, a Sezioni unite, si è pronunciata ben tre volte sulla predetta norma, rispettivamente nel 2006 con la sentenza n. Cass. 22216/2006, nel 2010 con la sentenza Cass. n. 21799/2010 e, infine, nel 2019 con la sentenza Cass. n. 15750/2019.

Senza dover necessariamente ripercorrere l'intera evoluzione ermeneutica dell'istituto analizzato, è pur possibile, in questa sede, dare conto dell'attuale stato dell'arte nella lettura e nell'utilizzo della disposizione normativa in esame da parte della Suprema Corte.

Innanzitutto, va rilevato che l'Ordinanza in commento ricalca fedelmente, tanto da richiamarla testualmente al proprio interno, la recente sentenza Cass., sez. I, n. 277/2020, pronunciata dalla Sezione I della Cassazione, discostandosi, nel contempo, da un precedente e difforme orientamento, sempre espresso dalla prima sezione, con la sentenza Cass. n. 19433/2017.

La sottosezione I della Sezione c.d. “filtro” riprende, infatti, i due principi cardini della decisione, assunta dalla Cassazione all'inizio dell'anno in corso: da un lato, si conferma che la valutazione dei “gravi motiviè un apprezzamento in fatto riservato soltanto alla giurisprudenza di merito e, per ciò stesso, insindacabile in sede di giudizio di legittimità, dall'altro, si puntualizza, in parziale divergenza con la tesi risalente al 2017, che le circostanze dell'età prescolare del minore e del rischio di un'espulsione di quest'ultimo dall'Italia non sono sufficienti alla concessione del permesso speciale ex art. 31, comma 3, T.U.I., in mancanza di altri fatti in tal senso rilevanti.

Stante quanto sopra riportato, si osserva, in questa fattispecie processuale, la duplicità dell'approccio della Suprema Corte, la quale, pur premettendo che l'indagine sui gravi motivi, menzionati dalla norma in studio, è compito riservato ex lege ai tribunali e alle corti di merito, senza possibilità di una rivalutazione fattuale da parte del giudice di legittimità, fornisce contestualmente alla giurisprudenza di merito i criteri ermeneutici necessari per una corretta ed efficace applicazione della norma presa in considerazione.

È evidente, tuttavia, che l'atteggiamento degli ermellini è teso qui al perseguimento della finalità nomofilattica di esatta osservanza e di uniforme applicazione della legge, che il nostro ordinamento giuridico riconosce exart. 65 del R.D. n. 12 del 30 gennaio 1941 alla Suprema Corte di Cassazione.

In ossequio all'indirizzo recentemente affermatosi, l'Ordinanza Cass. n. 23810/ 2020 dichiara inammissibile il ricorso, poiché non vengono indicate nello stesso le presunte circostanze fattuali, che la Corte d'Appello di Napoli avrebbe omesso di esaminare, sotto il profilo della verifica della sussistenza o meno di un grave danno allo sviluppo psicofisico dei minori.

Infatti, i ricorrenti si limitavano semplicemente a censurare l'indagine già svolta dal giudice di merito su aspetti fattuali, che erano già stati dedotti ed esaminati nei precedenti giudizi e, di conseguenza, la Sezione VI dichiara l'inammissibilità dell'impugnazione proposta.

Tuttavia, il Collegio procedente, come sopra già evidenziato, riassume nella parte argomentativa del suo provvedimento l'orientamento prevalente, in seno alla Cassazione, sulla valutazione e sull'interpretazione di elementi fattuali importanti nella fattispecie, quali la tenera età del minore, le conseguenze rischiose di un suo allontanamento dal territorio italiano e la presenza in capo ai genitori di quest'ultimo di precedenti penali.

La Suprema Corte chiosa sullo specifico punto, rammentando che il bene giuridicamente tutelato dal legislatore mediante l'introduzione dell'art. 31, comma 3, T.U.I. va necessariamente identificato con l'interesse del minore e con la doverosa salvaguardia del suo “equilibrio psicofisico”.

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