Mancata integrità del contraddittorio e cassazione con rinvio della sentenza: conseguenze sull’attività istruttoria già compiuta e designazione del giudice

Antonino Barletta
17 Febbraio 2021

Una volta rimessa al primo giudice la causa, a seguito dell'accoglimento del ricorso per cassazione per difetto dell'integrità del contraddittorio, cosa accade agli atti istruttori raccolti in assenza della parte necessaria pretermessa?

Una volta rimessa al primo giudice la causa, a seguito dell'accoglimento del ricorso per cassazione per difetto dell'integrità del contraddittorio, in violazione dell'art. 102 c.p.c., che succede agli atti istruttori raccolti in assenza della parte necessaria pretermessa?

Una volta integrato il contraddittorio il responsabile civile, in caso di assenza di costituzione, può fare nuove richieste istruttorie?

I testi, che venissero eventualmente nuovamente citati, possono essere dichiarati attendibili qualora dovessero modificare le precedenti dichiarazioni?

Il giudice, a cui torna la causa ed individuato dalla norma, è colui che ha scritto materialmente la sentenza inutiliter data?

Tali quesiti sono di grande attualità soprattutto in considerazione del fatto che la Cassazione ritiene che le azioni civili per il risarcimento del danno disciplinate dagli artt. 144, 149 e 141 cod. ass. prevedano corrispondenti ipotesi di litisconsorzio necessario (anche) nei confronti dell'effettivo responsabile civile del danno. In assenza di quest'ultimo, pertanto, la sentenza impugnata viene riconosciuta nulla con rimessione della causa a primo giudice al fine di consentire l'integrazione del contraddittorio.

Quando la Cassazione accerta la nullità della sentenza impugnata ai sensi dell'art. 360, n. 4, c.p.c. e rimette la causa al primo giudice, a norma dell'art. 383, comma 3, c.p.c., si verifica un rinvio c.d. restitutorio, finalizzato cioè a rimettere le parti nelle condizioni stabilite dalla legge.
Ragion per cui, in linea quantomeno tendenziale, «occorre rifare tutto il processo» (così Luiso, Diritto processuale civile, II, Milano, 2020, 490).

Tuttavia, in base ad un consolidato orientamento della S.C. in relazione alla nullità degli atti processuali compiuti prima dell'integrazione del contraddittorio si applica la regola generale di cui all'art. 157, comma 2, c.p.c. Cosicché il litisconsorte necessario pretermesso, nel suo primo atto difensivo, deve eccepire la nullità degli atti compiuti anteriormente alla propria costituzione, allegando la sussistenza di un pregiudizio al proprio diritto di difesa (cfr. in tal senso Cass., sez. II, 22 gennaio 2019, n. 1644, in relazione ad una consulenza tecnica; Cass., sez. III, 14 novembre 2002, n. 16034, in relazione ad una prova testimoniale assunta prima dell'integrazione del contraddittorio; nonché Cass., 17 giugno 1974, n. 1757; sulla tendenziale conservazione dell'attività compiuta nella fase istruttoria in senso lato, in tali ipotesi di rinvio restitutorio, (cfr. E.F. Ricci, Il giudizio civile di rinvio, Milano, 1967, 272 s.).

Dal che si deduce la piena utilizzabilità delle prove di cui non sia stata dichiarata la nullità, vuoi perché sanate in assenza di una eccezione della parte necessaria pretermessa, vuoi perché quest'ultima non sia riuscita a dimostrare la sussistenza di un vulnus al proprio diritto di difesa in relazione alle prove assunte precedentemente al proprio ingresso, in senso formale, nel processo.

Per altro verso, il carattere restitutorio del giudizio di rinvio – di cui si è già accennato – consente solo alla parte pretermessa di svolgere tutte le difese consentite dalla legge, specie in punto di allegazione e prova, compatibilmente al fatto che nel caso di specie l'integrazione del contraddittorio deve avvenire avanti al primo giudice. Per le altre parti l'integrazione delle deduzioni difensive e istruttorie può avvenire unicamente nei limiti di quanto è necessario per difendersi in relazione alle deduzioni effettuate e alle prove introdotte nel processo dalla parte pretermessa (cfr. Cass., sez. III, 1° aprile 2010, n. 7996.

Più specioso è il quesito relativo alla possibilità di utilizzare le prove raccolte anteriormente all'integrazione del contraddittorio, ad esempio, nell'ambito della pronuncia sull'attendibilità del teste che abbia mutato la propria versione successivamente alla rinnovazione disposta ad esito dell'eccezione della parte pretermessa. La Cassazione non ha escluso del tutto l'utilizzabilità delle prove assunte prima dell'integrazione del contraddittorio rispetto alle quali venga eccepita la nullità, almeno quando l'utilizzabilità possa essere motivata sulla base del comportamento tenuto dalla stessa parte pretermessa.

Tale dictum è però assai problematico (cfr. Proto Pisani nella nota critica cit.). Il ricorso alle prove assunte anteriormente alla partecipazione al processo della parte necessaria dovrebbe senz'altro essere escluso, almeno quando le risultanze istruttorie emergano da atti funestati dalla declaratoria di nullità, per evitare di compromettere il diritto di difesa della parte necessaria pretermessa. Ogni impiego di tali prove, anche nell'ambito della valutazione dell'attendibilità del teste chiamato per una nuova deposizione in presenza della parte necessaria, finirebbe per assegnare un effetto residuo a tali prove, pregiudicando proprio le prerogative processuali della parte in precedenza pretermessa che la declaratoria di nullità mira a salvaguardare. Per altro verso, nell'ipotesi in discorso in sede di deposizione il giudice della rinnovazione, nell'ambito delle proprie potestà, ben potrebbe sottoporre il teste a congrue richieste di chiarimento.

Ai sensi dell'art. 383, comma 1, c.p.c. la Cassazione rinvia la causa ad altro giudice di pari grado. Nel caso di specie si dovrebbe trattare di altro magistrato rispetto a quello che ha pronunciato la sentenza in assenza della parte necessaria, pure nel caso in cui la Cassazione abbia disposto il rinvio nei confronti dello stesso ufficio giudiziario che aveva deciso la causa in primo grado.

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