L'accertamento dello stato di ebbrezza o di alterazione da sostanze stupefacenti mediante il prelievo ematico: le ultime pronunce della Corte di Cassazione

19 Febbraio 2021

Negli ultimi anni la Corte di Cassazione è stata più volte chiamata a dirimere delicate questioni interpretative in materia di circolazione stradale: tra le tematiche più ricorrenti, oggetto di contrasto, si inserisce quella inerente all'utilizzabilità, ai fini del processo penale, degli esiti degli accertamenti tecnici relativi alla guida in stato di ebbrezza o sotto l'effetto di sostanze stupefacenti...
Premessa

Negli ultimi anni la Corte di Cassazione è stata più volte chiamata a dirimere delicate questioni interpretative in materia di circolazione stradale.

Tra le tematiche più ricorrenti, oggetto di contrasto, si inserisce quella inerente all'utilizzabilità, ai fini del processo penale, degli esiti degli accertamenti tecnici relativi alla guida in stato di ebbrezza o sotto l'effetto di sostanze stupefacenti per l'inosservanza di specifiche norme che prevedono garanzie difensive a favore del soggetto sottoposto a controlli.

Tali problematiche si verificano non solo nell'ipotesi in cui gli accertamenti vengano compiuti dalla polizia giudiziaria mediante il c.d. alcoltest, ma anche quando – a seguito di un incidente stradale – la persona alla guida del veicolo venga trasportata presso una struttura ospedaliera e sottoposta ad una serie di controlli da parte dei sanitari.

Non è infrequente, in questi casi, che alle finalità diagnostiche e curative si aggiungano ulteriori esigenze di natura investigativa, rivolte ad accertare la sussistenza di un reato e ad acquisire tempestivamente elementi di prova necessari per le indagini.

Ciò si verifica, in particolar modo, nel caso in cui i sanitari eseguono un prelievo ematico nei confronti del conducente del veicolo, valutando l'eventuale presenza nel sangue di bevande alcoliche e sostanze stupefacenti ed arrivando a quantificarne il contenuto e l'incidenza.

Con conseguenze rilevanti rispetto all'accertamento del reato, ma non per questo suscettibili di trovare una più generalizzata utilizzazione in sede penale, specie laddove si riscontri il mancato espletamento di specifiche garanzie del diritto di difesa.

La questione interpretativa, su cui si registrano le più recenti pronunce di annullamento in sede di legittimità, riguarda la necessità o meno di dare un previo avviso al soggetto, già indiziato di reato, della facoltà di farsi assistere dal difensore prima di procedere al prelievo ematico, rispondente ad esigenze curative e rientrante nell'ambito dei protocolli sanitari, ma in ordine al quale l'accertamento del tasso alcolemico o di alterazione da sostanze stupefacenti si pone come un quid pluris, in quanto richiesto espressamente dalla polizia giudiziaria o rispondente anche per facta concludentia ad un'esigenza puramente investigativa.

Il quadro normativo

Come è noto, la guida sotto l'effetto di sostanze alcoliche o stupefacenti prevede una specifica disciplina sanzionatoria, regolata dagli artt. 186 e 187 Codice della Strada (D.lgs. 30.04.1992, n. 285).

Per l'accertamento del reato, agli operatori della Polizia stradale è riconosciuta la funzione di sottoporre i conducenti dei veicoli ad accertamenti qualitativi non invasivi o a prove, anche attraverso l'utilizzo di apparecchiature portatili (art. 186 comma 3 C.d.S. e 187 comma 2 C.d.S.).

Qualora le verifiche preliminari diano esito positivo, nonché nei casi di incidente stradale ovvero quando si ha motivo di ritenere che il conducente si trovi in stato di alterazione psicofisica derivante dall'assunzione di bevande alcoliche, gli organi di Polizia stradale possono accompagnare lo stesso presso il più vicino ufficio o comando per effettuare ulteriori verifiche (art. 186 comma 4 C.d.S.)

Quando invece il conducente del veicolo, coinvolto in un incidente stradale, sia sottoposto alle cure mediche, l'accertamento del tasso alcolemico viene effettuato, su richiesta degli organi di Polizia stradale, dalle strutture sanitarie di base o da quelle accreditate o a ciò equiparate (art. 186 comma 5 C.d.S.).

Analoga disciplina troviamo anche in relazione all'accertamento dello stato di alterazione psicofisica da sostanze stupefacenti o psicotrope, con la precisazione che il conducente può essere sottoposto ad accertamenti clinico-tossicologici e strumentali ovvero analitici su campioni di mucosa del cavo orale, prelevati dal personale sanitario, operante come ausiliario delle forze di polizia (art. 187 comma 2 e 2-bis C.d.S.).

Tuttavia, qualora non sia possibile eseguire il suddetto prelievo, ovvero quando il conducente rifiuti di sottoporsi allo stesso, gli agenti di Polizia stradale possono accompagnarlo presso strutture sanitarie per il prelievo su campioni di liquidi biologici ai fini dell'effettuazione degli esami necessari ad accertare la presenza di sostanze stupefacenti o psicotrope (art. 187 comma 3 C.d.S.). Inoltre, le strutture sanitarie effettuano gli accertamenti sui conducenti coinvolti in sinistri stradali e sottoposti a cure mediche, per le medesime finalità (art. 186 comma 4 C.d.S.).

Ciò chiarito, è opportuno precisare che un siffatto accertamento del tasso alcolemico o della presenza di sostanze stupefacenti, in presenza di elementi integrativi di una notizia di reato, rientra nel paradigma dell'attività di polizia giudiziaria urgente e indifferibile, disciplinata dall'art. 354 c.p.p.

Quest'ultima norma prevede, quando vi è pericolo che cose o tracce pertinenti al reato o lo stato dei luoghi si alterino o disperdano o si modifichino prima che il Pubblico Ministero possa intervenire ovvero quando non ha ancora assunto la direzione delle indagini, che gli ufficiali e agenti di polizia giudiziaria compiano i necessari accertamenti e rilievi sullo stato dei luoghi e delle cose (art. 354 comma 2 c.p.p.).

Se ricorrono i medesimi presupposti, gli ufficiali di polizia giudiziaria compiono i necessari accertamenti e rilievi sulle persone, diversi dall'ispezione personale (art. 354 comma 3 c.p.p.).

Nell'espletamento di tali attività, qualora siano richieste specifiche competenze tecniche, la polizia giudiziaria può avvalersi di persone idonee le quali non possono rifiutare la propria opera e che intervengono quindi come ausiliari (art. 348 comma 4 c.p.p.).

A tutto questo si aggiungono, però, una serie di garanzie a favore del soggetto interessato da tale attività.

Tra queste, in particolare, è prevista la facoltà di essere assistito da un difensore prima dell'espletamento di tale attività accertativa (art. 356 c.p.p.).

Inoltre, per dare effettività a tale garanzia, soprattutto nell'ipotesi in cui il soggetto indiziato non sia a conoscenza dei meccanismi procedurali caratterizzanti l'attività di accertamento del reato, si prevede altresì che la polizia giudiziaria dia specifico avviso alla persona della facoltà di farsi assistere dal difensore di fiducia (art. 114 disp. att. c.p.p.).

La nullità degli accertamenti tecnici per omesso avviso della facoltà di farsi assistere dal difensore: entro quale termine deve essere rilevata?

Come chiarito dalla prevalente giurisprudenza in materia, l'attività di accertamento del tasso alcolemico o dell'alterazione derivante da sostanze stupefacenti svolta dalla polizia giudiziaria, anche attraverso personale ausiliario, rientra nell'ambito degli accertamenti urgenti ex art. 354 c.p.p., in ordine ai quali – si è visto – operano le garanzie difensive degli artt. 356 e 114 disp. att. c.p.p.

Ne consegue che l'omissione dell'avviso della facoltà di nominare un difensore, prima di procedere a tali attività, comporta una nullità a regime intermedio dei risultati dei risultati e la relativa inutilizzabilità ai fini decisori.

Si tratta quindi di una causa di invalidità probatoria in base all'art. 178 comma 1 lett. c) c.p.p. concernente “l'assistenza” dell'imputato, il cui vizio deve essere rilevato, a pena di decadenza, ai sensi del combinato disposto degli artt. 180 e 182 comma 2 c.p.p., “fino al momento della deliberazione della sentenza di primo grado”(Cass. pen., Sez. Un., 29.01.2015, n. 5396).

Tale regime di rilevazione dell'eccezione procedurale trova applicazione anche nel caso di giudizio dibattimentale conseguente ad opposizione a decreto penale di condanna.

Si è infatti recentemente chiarito che la nullità di cui trattasi può essere rilevata non necessariamente in sede di opposizione, ma entro la deliberazione della sentenza di primo grado (Cass. pen.,sez. IV, 25.07.2019, n. 33795).

Diversamente, nel caso in cui l'imputato formuli istanza di patteggiamento, la suddetta invalidità non sarà più deducibile e anzi verrà sanata.

Si ritiene infatti che la richiesta di patteggiamento presuppone la rinuncia a far valere qualunque eccezione di nullità, anche assoluta, diversa da quelle attinenti alla richiesta di patteggiamento e al consenso ad essa prestato (Cass. pen.,sez. IV, 14.02.2019, n. 10081).

Ad analoghe conclusioni si arriva quando l'imputato abbia presentato richiesta di definizione del processo mediante il rito abbreviato.

Si ritiene infatti che, accedendo al rito speciale, la parte presti acquiescenza alla mancata deduzione delle nullità intermedie, chiedendo di essere giudicata allo stato degli atti.

Ciò, del resto, è confermato dalla previsione contenuta nell'art. 438 comma 6-bis c.p.p., secondo cui la richiesta di giudizio abbreviato determina la sanatoria delle nullità, sempre che non siano assolute, e la non rilevabilità delle inutilizzabilità, salvo quelle derivanti dalla violazione di un divieto probatorio (Cass. pen.,sez. IV, 04.06.2019, n. 40802).

Da ultimo, è stato precisato che, quando si procede nelle forme del giudizio ordinario, ma le parti abbiano prestato il consenso ai sensi dell'art. 431 comma 2 c.p.p. all'acquisizione degli atti contenuti nel fascicolo del Pubblico Ministero,tra cui gli esiti di accertamento tecnico compiuto in mancanza del prescritto obbligo di fornire avviso della facoltà di farsi assistere da un difensore, questi non saranno utilizzabili ai fini decisori.

Si è infatti messo in evidenza che l'acquisizione della prova su accordo delle parti è un istituto che va tenuto distinto dal giudizio abbreviato.

In altre parole, gli accordi che possono intervenire tra le parti in ordine alla formazione del fascicolo del dibattimento, finalizzati unicamente a snellire l'attività processuale, non fanno venire meno il diritto della parte stessa di eccepire l'inutilizzabilità dell'atto acquisito.

Del resto, a differenza del giudizio abbreviato, in quello ordinario il consenso prestato a far transitare uno o più atti di indagine nel fascicolo dibattimentale e ad utilizzarli ai fini della decisione non produce ex se alcun effetto premiale in termini di pena (Cass. pen.,sez. IV, 16.01.2020 n. 4896).

La nullità ex art. 114 disp. att. c.p.p. nelle ipotesi di accertamento tecnico compiuto dai sanitari all'interno della struttura ospedaliera: l'orientamento tradizionale

Si è detto, in premessa, che maggiori problemi applicativi ha sollevato la questione relativa all'estensione delle garanzie inerenti al diritto di difesa nell'ipotesi in cui l'accertamento del tasso alcolemico o dello stato di alterazione da sostanza stupefacenti o psicotrope venga compiuto dagli operatori sanitari.

A questo riguardo, secondo un indirizzo giurisprudenziale più risalente, gli organi di polizia giudiziaria, che intendono far eseguire un prelievo ematico presso la struttura sanitaria finalizzato all'accertamento del tasso alcolemico o di alterazione da sostanza stupefacente, sono tenuti a dare il previo avviso al conducente della facoltà di farsi assistere da un difensore di fiducia.

Tale adempimento, è necessario quando il prelievo non avvenga nell'ambito degli ordinari protocolli sanitari, ma dipenda da una autonoma richiesta degli operanti di polizia giudiziaria.

A sostegno di tale impostazione, è stato osservato che l'accertamento del tasso alcolemico, laddove avvenga in un contesto prettamente curativo, seguendo un protocollo avente “finalità più ampia” di quello esclusivo di verifica del livello di concentrazione alcolica o da stupefacenti, risponde ad esigenze di tutela dell'incolumità fisica della persona e non ha alcuna attinenza con l'esercizio del diritto di difesa da parte del soggetto sottoposto a quel trattamento.

Per converso, quando l'esecuzione del prelievo da parte del personale medico non rientri nel contesto degli ordinari protocolli sanitari, ma sia espressamente richiesto dalla polizia giudiziaria al fine di acquisire la prova del reato nei confronti di soggetto già indiziato, il personale sanitario chiamato ad intervenire, finisce per agire come vera e propria longa manus della polizia giudiziaria, con obbligo quindi di fornire le garanzie difensive previste dall'art. 114 disp. att. c.p.p.

Pertanto, seguendo tale indirizzo interpretativo, l'avviso della facoltà di farsi assistere da un difensore è necessario soltanto quando l'esecuzione del prelievo non risponda (anche) a finalità di cura della persona, ma sia richiesto unicamente dalla polizia giudiziaria esclusivamente per finalità di ricerca della prova della colpevolezza del soggetto indiziato (Cass. pen.,sez. IV, 18.01.2018, n. 6514).

(segue) Le ultime novità introdotte con le pronunce della quarta sezione penale della Corte di cassazione nn. 11722/2019, 31058/2020, 32191/2020

La soluzione sopra prospettata dall'orientamento tradizionale in materia è stata messa, più di recente, in discussione da alcune interessanti pronunce, che hanno avuto il merito di affinare il suddetto indirizzo, dando maggiore rilievo alle garanzie difensive.

Per comprendere ciò, è utile partire dalla pronuncia della Cass. pen., sez. IV, 19.02.2019 n. 11722: nella vicenda esaminata dagli Ermellini, l'imputato aveva presentato ricorso per cassazione avverso la sentenza della Corte d'appello di Reggio Calabria, che lo aveva ritenuto responsabile del reato di guida in stato di ebbrezza, deducendo violazione di legge in relazione all'art. 114 disp. att. c.p.p., per l'omesso avviso da parte dei verbalizzanti, prima di sottoporre il conducente a prelievo ematico presso la struttura medica, della facoltà di farsi assistere da un difensore.

In relazione a ciò, i Giudici di legittimità hanno preliminarmente dato conto dell'orientamento tradizionale, secondo cui, ai fini dell'espletamento delle garanzie difensive, assume rilievo decisivo la provenienza o titolarità della decisione di eseguire il prelievo: in altre parole, se questa viene presa dai sanitari, non è necessario l'avviso; diversamente, se è stata assunta dagli operanti di polizia giudiziaria, occorre fornire l'avviso.

Senonché, osserva la Suprema Corte, una simile ricostruzione non appare sufficientemente appagante, se si considera – ad esempio – l'ipotesi in cui il prelievo ematico sia stato deciso dai sanitari per compiere analisi idonee ad indirizzare la diagnosi e la cura, ma tra i cui valori non è compreso quello della verifica del tasso alcolemico.

È evidente, infatti, che l'analisi del campione biologico verrebbe così estesa alla ricerca di un valore, corrispondente al tasso alcolemico, non necessario a fini curativi, ma chiaramente destinato a finalità di natura investigativa.

Muovendo da questo ragionamento, con la pronuncia in questione, la Suprema Corte ha inaugurato un nuovo indirizzo, secondo il quale l'obbligo di avviso vale anche nell'ipotesi in cui la polizia giudiziaria richieda l'esecuzione di una ulteriore analisi su campione biologico prelevato a fini di diagnosi e di cura.

Diversamente, non è necessario fornire l'avviso ex art. 114 disp. att. c.p.p., quando i sanitari abbiano ritenuto di procedere all'accertamento del tasso alcolemico e la polizia giudiziaria abbia quindi rivolto una richiesta sostanzialmente inutileo si sia limitata ad acquisire la documentazione dell'analisi fatta.

In applicazione a tale nuovo principio, la Suprema Corte ha osservato che, nella vicenda esaminata, la Corte territoriale non aveva chiarito se l'accertamento del tasso alcolemico fosse stato disposto dai sanitari a prescindere dalla sollecitazione rivolta dai Carabinieri, lasciando intendere invece il contrario ed enfatizzando soltanto la mera connessione con il protocollo medico, rendendo “assolutamente marginale” (ma non ininfluente) l'intervento della polizia giudiziaria.

Pertanto, secondo gli Ermellini, doveva in questo caso essere dato il previo avviso della facoltà di farsi assistere da un difensore di fiducia. Con la conseguenza che la suddetta omissione rendeva inutilizzabile l'esito dell'accertamento e, in assenza di prova dello stato di ebbrezza, l'imputato doveva essere assolto perché il fatto non sussiste.

Tale indirizzo interpretativo è stato ripreso anche da Cass. pen.,sez. IV, 22.09.2020 n. 31058, che si è occupata anche della problematica inerente il mancato consenso del conducentea sottoporsi ataliaccertamenti.

Nella vicenda in questione, l'imputato proponeva ricorso per cassazione avverso la sentenza della Corte d'appello di Brescia, rilevando che il prelievo del sangue presso la struttura sanitaria era avvenuto senza il consenso e, in ogni caso, in mancanza dell'avviso della facoltà di farsi assistere dal difensore.

La Suprema Corte ha ritenuto infondato il primo motivo di impugnazione, osservando che il prelievo di campioni biologici (sangue, urine e saliva) compiuto presso una struttura sanitaria non per motivi terapeutici, ma esclusivamente su richiesta della polizia giudiziaria, quindi al fine di accertare il tasso alcolemico, non richiede uno specifico consenso dell'interessato, oltre a quello eventualmente richiesto dalla natura delle operazioni sanitarie strumentali a detto accertamento.

Si ritiene infatti che, per l'accertamento del reato, non è necessario il consenso, assumendo semmai rilievo l'eventuale dissenso rispetto all'operazione strumentale, da cui però deriverebbe una sanzione penale per l'indisponibilità del conducente a cooperare nell'acquisizione probatoria ai sensi dell'art. 186 comma 7 C.d.S.

La Suprema Corte, però, ha accolto il secondo motivo di impugnazione, sottolineando che i giudici d'appello non avevano chiarito in motivazione se le analisi del sangue volte ad accertare il tasso alcolemico fossero state effettuate per finalità terapeutiche e in via indipendente dalla richiesta della polizia giudiziaria.

A tale quesito si poteva trovare risposta nella motivazione della sentenza di primo grado, laddove infatti risultava in modo esplicito che la richiesta di accertamenti per la verifica dello stato di alterazione era stata avanzata dagli operanti di p.g. alla struttura medica.

Pertanto, trattandosi di accertamento effettuato solo a fini di giustizia e non per motivi sanitari, la polizia giudiziaria avrebbe dovuto dare l'avviso della facoltà di farsi assistere da un difensore di fiducia. Detto avviso non era stato dato all'imputato in occasione della verifica clinica diretta ad accertare l'entità del tasso alcolemico contenuto nel sangue, sicché doveva essere riconosciuta l'inutilizzabilità dei relativi risultati.

Infine, si segnala la pronuncia della Cass. pen.,sez. IV, 27.10.2020 n. 32191 che ha portato ad un ulteriore elemento chiarificatore in subiecta materia.

Nel caso di specie, la ricorrente proponeva ricorso per cassazione avverso la sentenza della Corte d'appello di Venezia, lamentando che gli esami ematici fossero stati compiuti per ragioni investigative, in quanto la richiesta era stata formulata e trasmessa all'ospedale dalla polizia giudiziaria, prima ancora che la paziente raggiungesse il Pronto soccorso per essere presa in carico.

La circostanza quindi che l'accertamento del tasso alcolemico rientrasse nell'ambito del protocollo sanitario, come indicato nelle sentenze di merito di primo e secondo grado, non trovava conferma nella cartella clinica, che piuttosto suggeriva il contrario.

Del resto, proprio nella cartella clinica, vi era traccia di singole attività compiute dai medici che non permettevano di ritenere necessario il prelievo ematico: in particolare, sia i sintomi iniziali (mero dolore senza perdite di sangue) sia gli esami disposti (visita obiettiva, radiografica ed ecografia) costituenti l'effettivo protocollo seguito non suggerivano affatto di procedere al controllo ematico. A riprova di ciò, si richiamava la diagnosi di dimissione, per algia lieve, che dimostrava l'inutilità del prelievo ai fini terapeutici.

In tutto questo, la Corte territoriale aveva, secondo la prospettazione del ricorrente, compiuto un travisamento probatorio e decisorio, basando il proprio convincimento su un dato inesistente nella cartella clinica e giungendo alla conclusione errata che il prelievo ematico avesse natura sanitaria e fosse documentalmente acquisibile.

Rilevava ancora la ricorrente che il protocollo sanitario da valutare non era quello astratto relativo agli accessi al pronto soccorso, ma quello specifico terapeutico del paziente, che prevedeva esclusivamente un esame obiettivo, un'ecografia e una radiografia.

Un ulteriore profilo di illegittimità veniva sollevato nella parte in cui la Corte territoriale aveva sostenuto che gli accertamenti ematici, condotti su un campione prelevato a fini sanitari, non rientrano nella previsione delle garanzie difensive degli artt. 356 c.p.p. e 114 disp. att. c.p.p.

In contrapposizione a questa ricostruzione fornita nella sentenza di secondo grado, la parte ricorrente osservava che il vero discrimen per comprendere in quali casi sia necessario l'avviso della facoltà di fasi assistere da un difensore è rappresentato dalla funzione a cui è diretto l'atto”, sicché è evidente che le garanzie difensive debbano essere riconosciute anche quando l'accertamento investigativo venga compiuto su un campione già prelevato per finalità sanitarie.

E ancora ci si doleva che la Corte lagunare avesse ritenuto pacifico che il prelievo ematico fosse stato effettuato nell'ambito di un protocollo sanitario di pronto soccorso, in quanto esame di routine e non invece un atto svolto ad esclusivi fini investigativi, sulla base esclusivamente della classificazione attribuita alla paziente del codice giallo. Tali affermazioni, contenute nella sentenza di secondo grado, si ponevano in contrasto con le emergenze probatorie e, in particolare, con la circostanza che la cartella clinica non faceva alcun accenno a fattori legati alla circolazione e composizione del sangue, ma si basavano unicamente sulla sintomatologia del dolore e su esami volti a determinarne l'origine.

Peraltro il consulente della difesa, sentito in primo grado, aveva affermato la mancanza in tale sintomatologia e all'esame obiettivo di elementi tali da determinare la necessità di prelievi tossicologici, come del resto emergeva dalla stesa corrispondenza tra medici, che semmai dimostrava il carattere non spontaneo ma invero determinato da sollecitazioni degli operatori di p.g., ad eseguire tale ulteriore analisi.

Ebbene, la Suprema Corte di Cassazione, con la pronuncia sopra richiamata, ha ritenuto accoglibile il motivo inerente all'omesso avviso della facoltà di farsi assistere dal difensore di fiducia.

Nel far ciò, con una motivazione sintetica rispetto alle plurime e interessanti questioni sollevate dalla difesa della ricorrente, ha sottolineato come si debba dare continuità al più recente orientamento giurisprudenziale, secondo cui l'avviso ex artt. 356 c.p.p. e 114 disp. att. c.p.p. vale non soltanto quando la polizia giudiziaria richieda l'effettuazione di un prelievo ematico presso la struttura sanitaria ai fini dell'accertamento del tasso alcolemico, ma anche quando – a fronte di un prelievo già operato autonomamente presso la struttura sanitaria ai fini di diagnosi e di cura –si richieda che tale ulteriore accertamento venga svolto. Per queste ragioni, la sentenza di secondo grado è stata annullata.

In conclusione

Alla stregua delle considerazioni sopra svolte, è possibile affermare che incombe negli organi di polizia giudiziaria o nei sanitari, che operano come longa manus dei primi, l'obbligo di fornire l'avviso della facoltà di farsi assistere dal difensore nei confronti del conducente del veicolo, che si trova presso la struttura sanitaria, prima di procedere al prelievo ematico rispondente a finalità esclusivamente investigative e di accertamento di reati.

Oltre a questo, come più recentemente puntualizzato dalle pronunce di legittimità, tale obbligo vale anche nell'ipotesi in cui il prelievo ematico venga compiuto sulla base di una scelta autonoma dei sanitari, determinata da esigenze di cura e di diagnosi, rientrante nell'ambito dei protocolli sanitari, qualora venga richiesta dalla polizia giudiziariaun'estensione dell'analisi volta ad accertare anche l'effettivo tasso alcolemico o di alterazione da sostanze stupefacenti.

Diversamente, non sussiste alcun obbligo di avviso inerente le garanzie difensive allorché la polizia giudiziaria, senza aver operato alcuna preventiva richiesta ai sanitari, si limiti soltanto ad acquisire la documentazione di analisi effettuate dai sanitari, comprensive anche dell'accertamento della quantità di alcol o di sostanze stupefacenti o psicotrope presenti nel sangue, rientrando tale più pregnante verifica nell'ambito dei protocolli sanitari ed essendo giustificata da esigenze di cura e di diagnosi; in tal caso, risultando inutile l'eventuale richiesta fatta dagli operatori della polizia giudiziaria.

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