Diritto all'assistenza legale gratuita e applicazione dei criteri di Engel

Sergio Beltrani
04 Dicembre 2015

La Corte Edu (sentenza 19 novembre 2015, Mikhaylova c. Russia) ha ritenuto che risulta violato il diritto ad un processo equo ex art. 6, § 3, lett. c), della Convenzione Edu, in caso di diniego di assistenza legale gratuita per il soggetto che non abbia i mezzi per retribuire il proprio difensore.

La Corte Edu (sentenza 19 novembre 2015, Mikhaylova c. Russia) ha ritenuto che risulta violato il diritto ad un processo equo ex art. 6, § 3, lett. c), della Convenzione Edu, in caso di diniego di assistenza legale gratuita per il soggetto che non abbia i mezzi per retribuire il proprio difensore.

Nel caso di specie, la ricorrente, premesso di non essere in condizione di retribuire un difensore, lamentava che, nell'ambito di un procedimento culminato con l'applicazione in suo danno di una sanzione amministrativa pecuniaria pur lieve (per non avere rispettato l'ordine di disperdersi, intimato dalle autorità di pubblica sicurezza ad alcuni manifestanti che sfilavano in un corteo di protesta), non le era stato consentito di avvalersi dell'ausilio di un difensore a spese dello Stato, previsto dall'ordinamento interno solo nell'ambito dei procedimenti civili e penali, non anche di quelli amministrativi.

In Italia, il patrocinio a spese dello Stato è concesso non solo nei processi civili e penali, ma anche nei processi amministrativi, contabili e tributari (artt. 74 ss. d.P.R. 115/2002).

La sentenza rileva, tuttavia, perché fa il punto sulla distinzione sostanziale tra accuse penali e non penali.

Un consolidato orientamento della Corte Edu ritiene che tre siano i criteri cui fare ricorso per determinare se si sia, o meno, al cospetto di un'accusa penale, comunemente noti come i criteri di Engel (da Corte Edu, sentenza Engel ed altri c. Paesi Bassi, 8 giugno 1976):

  1. la qualificazione data dal sistema giuridico dello Stato convenuto all'illecito contestato: questa indicazione ha, peraltro, un valore meramente formale, e non è valida in assoluto, perché la Corte Edu deve valutare la correttezza di tale qualificazione anche in considerazione di altri indici sintomatici del carattere penale dell'accusa;
  2. la natura sostanziale dell'illecito commesso: la Corte Edu deve, infatti, valutare se si sia in presenza di una condotta posta in essere in violazione di una norma posta a tutela del funzionamento di una determinata formazione sociale ovvero a tutela erga omnes di beni giuridici facenti capo all'intera collettività, anche in considerazione delle normative di settore di tutti gli Stati contraenti;
  3. la concreta misura di afflittività della sanzione applicabile all'interessato, considerato che rientrano nell'ambito penale le privazioni della libertà personale, e non vi rientrano le sanzioni che, per natura, durata o modalità di esecuzione non risultino idonee a cagionare un danno apprezzabile.

Nel caso di specie, la Corte Edu (in applicazione del primo criterio Engel) ha ritenuto non decisivi il nomen juris interno del procedimento (definito amministrativo) e la minima entità della sanzione applicabile (mille rubli, pari a circa 26 euro, peraltro non convertibile – in caso di mancato pagamento – in detenzione) ed ha ritenuto la natura penale dell'accusa valorizzando (in applicazione del terzo criterio Engel) il rilievo che la sanzione perseguiva fini preventivi e/o repressivi e non meramente risarcitori, come risultava dal fatto che la condotta sanzionata avrebbe anche potuto essere sanzionata, sia pur ricorrendo circostanze di fatto particolari, con la privazione della libertà fino ad un massimo di 25 giorni.

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