Richiesta di rinvio pregiudiziale e contenuto del dovere motivazionale della Corte di cassazione

05 Luglio 2018

Il ricorrente, rivolgendosi alla Corte di Strasburgo, si è lamentato che la Corte Suprema, pur essendo giudice di ultima istanza, avesse rifiutato di operare il rinvio pregiudiziale alla Corte di Giustizia Ue ai sensi dell'art. 267 del Trattato Ue, nonostante la sua espressa richiesta, fornendo una motivazione sommaria basata ...
Massima

Non contrasta con l'art. 6§1 della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali la decisione della Corte Suprema, che, nel contesto di procedure accelerate, dichiari inammissibile o rigetti un ricorso in cassazione, anche quando venga formulata una richiesta di rinvio pregiudiziale alla Corte di giustizia Ue, utilizzando una motivazione sintetica, laddove emerga chiaramente dalle circostanze del caso che la decisione non è arbitraria o altrimenti manifestamente irragionevole.

Il caso

Per quanto rileva, il Baydar era stato condannato per traffico di esseri umani.

In particolare, i giudici di merito avevano ritenuto che il Baydar e i suoi coimputati avessero, per finalità di lucro, agevolato la residenza non autorizzata di 20 migranti iracheni in Olanda, Germania e Danimarca. L'imputato aveva sostenuto che la sua condanna era fondata sulla nozione di residenza non autorizzata definita dall'art. 197a, par. 2 del codice penale, mentre le risultanze processuali non avevano dimostrato che i migranti avessero avuto la residenza negli Stati indicati, in quanto le prove rivelavano soltanto che egli aveva organizzato un trasporto degli stessi verso la Danimarca, attraverso l'Olanda, trasporto che era stato intercettato in ogni occasione in Germania. Pertanto, i migranti erano stati in Olanda e Germania per un periodo breve e transitorio e non avevano mai fatto ingresso in Danimarca.

Secondo il ricorrente, poiché l'art. 197a, par. 2 del codice penale era stato modificato al fine di recepire le indicazioni contenute nella direttiva 2002/90/EG del 28 novembre 2002 e la decisione quadro del Consiglio 2002/946/JBZ del 28 novembre 2002, la nozione di residenza doveva essere intesa come permanenza di lungo periodo, ossia in modo distinto dalla nozione di transito o di ingresso, come definite nel par. 1 del medesimo art. 197a, aggiunto proprio in occasione della modifica finalizzata al recepimento della direttiva.

In relazione a tali profili, l'imputato, non nel ricorso ma nella memoria depositata a seguito delle conclusioni dell'Avvocato Generale presso la Corte Suprema, aveva formulato richiesta di rinvio pregiudiziale con riferimento alla interpretazione di tali nozioni.

La questione

Il ricorrente, rivolgendosi alla Corte di Strasburgo, si è lamentato che la Corte Suprema, pur essendo giudice di ultima istanza, avesse rifiutato di operare il rinvio pregiudiziale alla Corte di Giustizia Ue ai sensi dell'art. 267 del Trattato Ue, nonostante la sua espressa richiesta, fornendo una motivazione sommaria basata sull'art. 81 della legge nazionale sull'ordinamento giudiziario, in tal modo violando il suo diritto ad un equo processo, ai sensi dell'art. 6§1 della Convenzione.

Le soluzioni giuridiche

La Corte europea dei diritti dell'uomo, dopo avere ribadito che rientra nelle attribuzioni dei giudici nazionali l'interpretazione e l'applicazione delle leggi interne, anche con riguardo alla decisione di operare il rinvio pregiudiziale alla Corte di Giustizia, ha precisato che la questione sollevata dal ricorrente non era, tuttavia, priva di connessione con l'art. 6, par. 1 della Convenzione, dal momento che il rifiuto di garantire il rinvio può realizzare una violazione del diritto ad un giusto processo in determinate circostanze, ossia quando appaia arbitrario.

In particolare, il rifiuto può essere ritenuto arbitrario quando la legge interna lo caratterizza come obbligatorio e senza eccezione alcuna o quando sia fondato su ragioni diverse da quelle previste o quando non sia adeguatamente giustificato.

In realtà, osserva la Corte, il diritto a una decisione motivata è strumentale alla regola generale della Convenzione che protegge gli individui dall'arbitrio, dimostrando che le ragioni di questi ultimi sono state prese in considerazione e che le decisioni giurisdizionali sono fondate su ragioni oggettive.

La Corte ha però aggiunto che l'art. 6§1 della Convenzione non implica la necessità di una risposta dettagliata a ogni argomentazione giuridica, in quanto il dovere di motivare i provvedimenti ha un'estensione che varia in relazione alla natura della decisione e ha ricordato i propri precedenti nei quali si è deciso che la reiezione di una richiesta di decisione preliminare può essere giustificata col mero richiamo alle pertinenti previsioni normative, quando la prima sia prospettata in modo inadeguato o in termini generali e la materia non sollevi importanti questioni legali (John c. Germania, del 13 febbraio 2007) o ancora quando manchino prospettive di accoglimento (Wallishauser c. Austria, (n.2) del 20 giugno 2013; Rutar Marketing D.O.O. c. Slovenia del 15 aprile 2014).

Nel caso di specie, la Corte ha concluso che non contrasta con l'art. 6§1 della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali la decisione della Corte Suprema, che, nel contesto di procedure accelerate, dichiari inammissibile o rigetti un ricorso in cassazione, anche quando venga formulata una richiesta di rinvio pregiudiziale alla Corte di Giustizia Ue, utilizzando una motivazione sintetica, laddove emerga chiaramente dalle circostanze del caso che la decisione non è arbitraria o altrimenti manifestamente irragionevole.

La Corte di Strasburgo ha quindi ritenuto che quando viene respinto un ricorso in cassazione, non c'è bisogno di richiedere una pronuncia pregiudiziale alla C.G.Ue in quanto la controversia non solleva una questione giuridica che deve essere risolta. La Corte ha aggiunto che la Corte di giustizia ha stabilito che i giudici nazionali, ai sensi dell'articolo 267, par. 3, T.F.Ue non sono obbligati a sollevare una questione sull'interpretazione del diritto dell'Ue prospettata dalle parti, se essa non è rilevante.

Osservazioni

La soluzione raggiunta dalla Corte di Strasburgo, come a volte capita, se esaminata alla stregua dei principi e dei precedenti ricordati in motivazione, non risulta di agevole lettura.

Ad es., rispetto alla questione sulla interpretazione della nozione di residenza prospettata dal ricorrente – cruciale della delimitazione dell'ambito oggettivo di applicazione della fattispecie incriminatrice – non si comprendono agevolmente i precedenti che attengono alla non rilevanza della questione di interpretazione del diritto eurounitario e ancor meno quelli che investono la scarsa possibilità di successo dell'impugnazione.

La realtà è che è proprio la tecnica argomentativa della Corte dei diritti dell'uomo a non esprimere sempre un adeguato collegamento tra le soluzioni raggiunte nei precedenti richiamati e il caso concreto sottoposto alla sua attenzione.

Ora, esaminando la scarna motivazione della decisione della Suprema Corte Olandese, riportata nei par. 14 e 15 della sentenza in rassegna, anche il più attento lettore non riuscirà ad andare oltre una mera enunciazione di formule di stile e, in particolare, di quella, tratta dall'art. 81 della legge sull'ordinamento giudiziario nazionale, che consente una procedura accelerata di definizione delle procedure di impugnazione, quando le doglianze non offrano argomenti per riformare il provvedimento impugnato e non pongano la necessità di risolvere questioni giuridiche nell'interesse della uniformità dell'ordinamento e dello sviluppo dello stesso.

Il tema cruciale – peraltro non valorizzato in alcun modo dalla motivazione della sentenza della Corte di Strasburgo – parrebbe allora essere il richiamo implicito alle conclusioni dell'Avvocato Generale, il quale aveva ritenuto che l'ampia nozione di residenza accolta dalla norma applicata prima del recepimento della direttiva europea non potesse essere intesa in termini riduttivi dopo la riforma, che aveva perseguito il fine di ampliare lo spettro applicativo della previsione.

In definitiva, nel quadro dei tentativi nazionali di rendere celeri le procedure di definizione dei ricorsi dinanzi alle Corti Supreme, in modo da consentire a queste ultime di concentrare le proprie energie sulle questioni di reale rilievo, il significato della sentenza che si riporta sembra essere quello di esprimere rispetto per le valutazioni interne, ogni qual volta emerga che, in un modo o nell'altro e quale che sia la tecnica adoperata, la questione posta sia stata esaminata.

In tale prospettiva, si potrebbe cogliere una coerenza interna della decisione con la giurisprudenza espressa in Dhahbi c. Italia dell'8 aprile 2014 e Schipani ed altri c. Italia del 21 luglio 2015, in cui la Corte di Strasburgo ha ritenuto sussistente una violazione dell'art. 6, in assenza di qualunque riferimento, nel primo caso, e di un adeguato riferimento, nel secondo caso, alla richiesta di rinvio pregiudiziale formulata dal ricorrente e alle ragioni per le quali la questione non era stata sottoposta alla Corte di Giustizia.

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