“Non graditi” i cittadini stranieri positivi al test Hiv. La Cedu condanna il Foreign Nationals Act russo

18 Luglio 2017

La negazione del permesso di soggiorno o la dichiarazione di presenza indesiderata sul territorio russo basata sullo stato di salute del richiedente risultato positivo al virus HIV viola gli articoli 8 (diritto alla vita privata e alla famiglia) e 14 (divieto di discriminazione) della Cedu.
Massima

La negazione del permesso di soggiorno o la dichiarazione di presenza indesiderata sul territorio russo basata sullo stato di salute del richiedente risultato positivo al virus HIV viola gli articoli 8 (diritto alla vita privata e alla famiglia) e 14 (divieto di discriminazione) della Cedu.

Il caso

Il caso deriva da cinque ricorsi riuniti presentati, separatamente, da cinque cittadini stranieri, ai sensi dell'art. 34 della Cedu, che assumevano di essere stati vittime di discriminazione da parte del Governo russo a causa delle loro condizioni di salute, rilevate nelle rispettive domande di permesso di soggiorno.

Il primo ricorso è quello presentato il 10 maggio 2011 dal Mikhail Novruk, moldavo, già divorziato da una cittadina russa, dalla quale ha avuto un figlio, successivamente risposato con un'altra cittadina russa. Nel marzo 2010 scopre di essere sieropositivo e, dopo aver fatto domanda all'Ufficio Federale per i Migranti per un permesso temporaneo di soggiorno, gli viene comunicato il rigetto della sua istanza in base all'art. 7§1 del c.d. Foreign Nationals Act, che limita il rilascio dei permessi di soggiorno ai soli cittadini stranieri che possono dimostrare di non essere affetti dal virus HIV. Le Corti sovietiche distrettuali, adite dal sig. Novruk in prima istanza ed in appello, hanno confermato in pieno l'operato dell'ufficio federale dell'immigrazione, dichiarando che è la legge a stabilire tale divieto.

Il secondo caso, presentato il 24 luglio del 2011, concerne la vicenda della signora Kravchenko, cittadina ucraina, sposata con un cittadino russo, che scopre di essere HIV positiva durante la gravidanza. Anche la sua domanda di permesso temporaneo di soggiorno è stata rifiutata dall'ufficio migrazione, in base al medesimo articolo 7§1 del Foreign Nationals Act, il quale le ha anche ingiunto di lasciare la Russia entro 15 giorni, pena la deportazione. La Corte distrettuale di Mosca, adita dalla ricorrente, accoglie per ben due volte il suo ricorso, rilevando che l'ufficio non aveva considerato che marito e figlio della signora erano entrambi cittadini russi e che la decisione era contraria ai principi della Costituzione. Ciononostante l'ufficio migrazione rigetta anche la seconda domanda presentata dalla ricorrente.

Il terzo caso, depositato il 30 ottobre 2012, è quello del sig. Khalupa, cittadino moldavo, sposato con una cittadina russa, dalla quale ha avuto due figli. In questa occasione è stato l'ospedale, dove il ricorrente aveva fatto un esame al sangue, essendo risultato positivo all'HIV, a trasmettere il risultato all'ufficio migrazione, il quale ha emesso una decisione con la quale ha sancito la sua «non desiderabilità (undesirability) a causa del suo stato di malattia», costituendo una reale minaccia alla salute pubblica. Inutili, anche in questo caso, tutti i tentativi di ricorso, con la conseguenza che al signor K. è stato impedito anche di visitare i suoi figli in Russia.

Il quarto caso, gennaio del 2013, è quello della signora Ostrovskaya, di nazionalità uzbeka. La sua richiesta di permesso di soggiorno in Russia per raggiungere il figlio è stata respinta dall'ufficio federale della migrazione a causa del suo stato di malata HIV. Anche nel suo caso, ordine di lasciare la Russia o deportazione, oltre alla dichiarazione di indesiderabilità nel territorio russo. Tutti gli organi giudiziari aditi hanno respinto i suoi ricorsi,assumendo che i provvedimenti adottati erano conformi alla legge o adducendo cause di improcedibilità.

L'ultimo caso, depositato nel febbraio del 2014, è quello del signor V.V., nazionalità kazaka, omosessuale, HIV positivo, al quale, a causa del suo stato di malattia, è stata respinta la domanda di permesso di soggiorno. Nel caso in esame la Corte distrettuale ha rilevato, oltre alla “solita” minaccia per la salute pubblica, anche il fatto che la condizione di convivenza del signor V.V. con un partner dello stesso sesso non può essere equivalente ad una famiglia ma piuttosto ad una mera relazione sessuale, non ad un “legame sociale”. Al ricorrente è stato impedito l'accesso in Russia sul rilievo che egli, oltre al fatto di essere malato di AIDS, non aveva fornito i nominativi dei suoi partners precedenti e risultava risiedere in un ostello, mettendo in pericolo il dormitorio, dato che usava le strutture comuni (Corte regionale). In sentenza è riportato anche il verbale dell'interrogatorio del partner del ricorrente, al quale il Governo ha fatto innumerevoli domande sulla sua vita privata.

La questione

L'art. 8 della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell'uomo sancisce il diritto al rispetto della vita privata e familiare, del suo domicilio e della sua corrispondenza. L'esercizio di questo diritto può subire ingerenze da parte di una pubblica autorità solo se «prevista dalla legge e costituisca una misura che, in una società democratica, è necessaria per la sicurezza nazionale, per la sicurezza pubblica, per il benessere economico del paese, per la difesa dell'ordine e per la prevenzione dei reati, per la protezione della salute o della morale o per la protezione dei diritti e delle libertà degli altri». Il successivo articolo 14 prevede che «il godimento dei diritti e delle libertà riconosciuti nella presente Convenzione deve essere garantito, senza alcuna distinzione fondata soprattutto sul sesso, la razza il colore, la lingua, la religione, le opinioni politiche o altre opinioni, l'origine nazionale o sociale, l'appartenenza ad una minoranza nazionale, sui beni di fortuna, nascita o ogni altra condizione».

Il Foreign Nationals Act russo del 2002 richiede tra i documenti da allegare alla domanda di permesso di soggiorno anche un certificato medico che dimostri di non essere affetto dal virus HIV. In caso positivo gli stranieri non possono entrare nel territorio russo. La sezione 7 contiene la lista dei motivi per rifiutare un permesso temporaneo di soggiorno o per cancellare un permesso concesso precedentemente. Un cittadino straniero (non russo) può non essere ammesso in Russia se una tra le Autorità competenti emette un ordine a seguito del quale la sua presenza sul territorio russo viene considerata “non gradita”. L'art. 6.1 del medesimo provvedimento prevede che se un individuo HIV positivo si rifiuta di rivelare la fonte del contagio o di identificare gli individui con cui ha avuto contatti può essere sanzionato con una pena pecuniaria. Nel 2006 e nel 2015 la Corte costituzionale russa ha riconosciuto che, nel caso di virus HIV, in realtà manca il requisito dell'attentato alla salute pubblica poiché il virus non è trasmesso in base alla mera presenza dell'individuo sul territorio dello Stato e ha sancito la sistematica non applicazione del principio sopra enunciato da parte delle Autorità governative.

Le soluzioni giuridiche

Esaminando congiuntamente i cinque ricorsi sopra indicati, la Corte Edu rileva innanzitutto che le autorità russe hanno rifiutato ai ricorrenti il permesso di soggiorno e li hanno dichiarati “non graditi” solo ed esclusivamente sulla base del loro status di HIV positivi e che per questo motivo hanno ricevuto un trattamento diverso rispetto ai non residenti HIV negativi. Elementi, questi, sufficienti a considerare i ricorrenti soggetti discriminati e vulnerabili. Nei casi in esame – osserva la Corte – nessuno degli istanti ha mai assunto condotte contrarie alla legge legate alla sua condizione di malato di HIV. Ovviamente, il caso di V.V., omosessuale, è quello che suscita maggior clamore, essendo il c.d. rischio di condotte non sicure una pura congettura. In nessuno dei cinque casi è stata comunque fornita dalle Autorità una spiegazione ulteriore rispetto alla constatazione dello stato di malattia e non sono stati presi in considerazione i legami con i familiari in Russia. La Corte Edu rimarca che una decisione idonea a spezzare un legame familiare deve sempre essere preceduta da un giudizio individualizzato e non invece su una “classificazione predeterminata di un intero gruppo di individui vulnerabili”. Pena, la violazione dell'art. 14 della Convenzione. A ciò si aggiunga – rileva la Corte – che le decisioni di “non desiderabilità” pronunciate a carico di alcuni tra i ricorrenti non hanno nessuna indicazione di durata, traducendosi in un bando permanente.

I casi esaminati sono contrari all'orientamento europeo ed internazionale di escludere qualunque restrizione per l'ingresso, il soggiorno e la residenza degli individui non residenti HIV positivi. I quali, invece, rappresentano un gruppo particolarmente vulnerabile.

Sulla base delle motivazioni sin qui esposte la Corte Edu ha condannato la Russia per la violazione dell'art. 14, letto congiuntamente con l'art. 8 della Cedu.

Tuttavia, nelle more della decisione, in Russia vi sono stati due importanti sviluppi: il primo è la sentenza della Corte costituzionale russa del 12 marzo 2015 (sopra riportata) che ha sancito la illegittimità costituzionale delle norme del Foreign Nationals Act laddove consentono alle autorità di rifiutare l'ingresso o di espellere i cittadini stranieri HIV positivi con legami familiari in Russia esclusivamente in ragione del loro stato di salute. Il secondo è un disegno di legge del 20 agosto 2015 che introduce alcune modifiche al F.N. Act e all'HIV Prevention Act, segnatamente che gli stranieri HIV positivi che non hanno infranto la legge sulla diffusione del virus e le cui mogli, genitori o figli sono russi, non possono subire alcun divieto di entrare in Russia e non devono esibire un certificato HIV negativo. Sul punto, la Corte osserva che il citato disegno di legge non sembrerebbe tuttavia tutelare gli individui omosessuali e non si comprende neanche se la nuova legge sarà retroattiva. In attesa della stesura finale, la Corte prende in ogni caso atto di questa apertura e si limita, per il momento, a condannare la Russia alla corresponsione di un risarcimento dei danni pari ad euro 15 mila rubli per ciascun ricorrente (oltre spese e tasse).

Osservazioni

La sentenza in commento è l'ennesima condanna da parte della Corte Europea dei diritti dell'uomo alla discriminazione delle persone affette dal virus HIV. In precedenza la Corte si era già occupata di un caso simile, nel caso Kiyutin v. Russia, nel quale i giudici di Strasburgo sono assurti a veri e propri leader nella battaglia contro la discriminazione dei malati di HIV. Resta, in ogni caso, un vuoto normativo con riferimento alle figure veramente deboli, ossia gli stranieri omosessuali affetti dal virus HIV, e gli stranieri eterosessuali affetti da HIV senza parenti in Russia, non considerati nel disegno di legge.

Forse la Corte Edu avrebbe potuto essere più incisiva, anche in considerazione del fatto che la Russia è ormai tra i pochissimi Paesi europei ad ammettere restrizioni per l'ingresso degli stranieri affetti da HIV, in assoluta controtendenza rispetto al trend europeo e, più in generale, internazionale, fondato, invece, sul valore diametralmente opposto, ossia la tutela assoluta e primaria del c.d. soggetto vulnerabile. In Italia (e in Europa) i cittadini extracomunitari “irregolari” sieropositivi sono ospitati (e curati) in apposite strutture, possono beneficiare di un permesso di soggiorno per cure mediche o per motivi umanitari e non possono essere espulsi nel caso in cui siano sottoposti ad un trattamento sanitario indifferibile e urgente somministrato da una Azienda ospedaliera italiana (v. Tar Palermo, Sez. III, 28 maggio 2015 n. 1252 che ha chiarito che l'amministrazione competente non può rigettare un'istanza di permesso di soggiorno per motivi umanitari nel caso in cui il richiedente gravemente malato abbia la necessità di avvalersi di cure mediche urgenti o comunque essenziali. Di talché ha ritenuto illegittimo il diniego opposto dalla P.A. alla richiesta di rilascio di permesso di soggiorno presentata da cittadino extracomunitario affetto da HIV e sottoposto ad un trattamento sanitario indifferibile e non suscettibile di interruzione). Certamente, per la Russia il cammino è ancora molto lungo, soprattutto nei confronti degli omosessuali stranieri e affetti da HIV ai quali, come si è visto, è riservato un trattamento decisamente disumano, tale apparendo, infatti, la scelta di imporre la comunicazione dei partners precedenti, dai quali sarebbe potuto derivare il contagio. Si tratta, a ben vedere, di una violentissima violazione della privacy e di una probatio diabolica, atteso che non sempre vi è la certezza del momento in cui è avvenuto il contagio e non sempre il virus è trasmesso per via sessuale. Oltre al fatto di non riconoscere alcuna “rilevanza sociale” alla convivenza tra soggetti omosessuali, con tutte le prevedibili conseguenze sul piano della discriminazione assoluta da tutte le altre categorie di soggetti extracomunitari e non.

Guida all'approfondimento

The Political Declaration on HIV and AIDS (Atti dell'Assemblea Generale delle Nazioni Unite per il 95° meeting plenario, 10 giugno 2011).

Coprte Edu, 10 marzo 2011, caso Kiyutin v. Russia

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