La Corte Edu definisce i confini della libertà di espressione. Il caso Travaglio c. Italia

25 Maggio 2017

Nonostante la stampa giochi un ruolo essenziale in una società democratica e sia suo preciso dovere divulgare notizie e opinioni con riferimento a tutte le questioni di pubblico interesse, i giornalisti sono nondimeno soggetti a doveri e responsabilità ...
Massima

Nonostante la stampa giochi un ruolo essenziale in una società democratica e sia suo preciso dovere divulgare notizie e opinioni con riferimento a tutte le questioni di pubblico interesse, i giornalisti sono nondimeno soggetti a doveri e responsabilità. La tutela accordata ai giornalisti dall'articolo 10 della Convenzione è infatti subordinata alla condizione che essi agiscano in buona fede, per fornire informazioni accurate e affidabili, in conformità ai principi del giornalismo responsabile, che rinvia principalmente al contenuto raccolto e/o divulgato mediante mezzi giornalistici.

Il caso

Il tribunale di Roma in data 15 ottobre 2008 condannò l'imputato (Marco Travaglio) colpevole del reato di diffamazione a mezzo stampa nei confronti dell'onorevole P. alla pena di otto mesi di reclusione (con la sospensione dell'esecuzione), al pagamento di una multa di 100 euro, al pagamento della somma di 20.000 euro a titolo di risarcimento, in solido con il direttore responsabile della rivista), e al pagamento delle spese legali sostenute dall'onorevole Previti. L'imputato ricorse in appello avverso la condanna. Con sentenza dell'8 gennaio 2010, la Corte di appello di Roma confermò le motivazioni del tribunale. In particolare, ribadì la portata diffamatoria del passo dell'articolo contestato e la dolosità della condotta dell'appellante. Aggiunse che il ricorrente avrebbe dovuto astenersi del tutto dal menzionare l'onorevole P., o avrebbe dovuto citare per intero la dichiarazione del colonnello R., al fine di riportare accuratamente i fatti riferiti dalla fonte originaria. La Corte di appello confermò pertanto la responsabilità penale del giornalista Marco Travaglio. La Corte ritenne tuttavia che la pena inflitta dal tribunale fosse eccessiva, in relazione alla pena detentiva sospesa, e la sostituì pertanto con il pagamento di una multa di 1.000 euro. L'appellante propose ricorso per Cassazione in punto di diritto, sostenendo che la motivazione della Corte di appello era inadeguata e illogica. Con sentenza del 28 marzo 2014 la Corte di cassazione dichiarò il ricorso irricevibile, ritenendo che le motivazioni indicate sia dal tribunale che dalla Corte di appello fossero complete e sufficienti. Il giornalista proponeva ricorso alla Corte europea dei diritti dell'uomo lamentando che la condanna per diffamazione costituiva violazione della sua libertà di espressione, tutelata dall'articolo 10 della Convenzione.

La questione

Con la decisione in commento la Corte europea dei diritti dell'uomo ha dichiarato inammissibile, in quanto manifestamente infondato, il ricorso con il quale il giornalista Marco Travaglio lamentava la violazione dell'art. 10 Cedu da parte dei giudici italiani che, con sentenza passata in giudicato nel marzo 2014, lo avevano condannato per aver diffamato Cesare Previti nell'articolo ‘Patto scellerato tra mafia e Forza Italia‘ pubblicato su L'Espresso. La Corte Edu prende le mosse dalla considerazione che la condanna del ricorrente costituisse un'interferenza della sua libertà di espressione, provvista di un adeguato fondamento normativo nell'ordinamento nazionale (l'art. 595 c.p. che, come noto, punisce la diffamazione a mezzo stampa) e volta a tutelare uno degli scopi legittimi tassativamente elencati dall'art. 10, § 2, Cedu (nella specie la protezione della reputazione o dei diritti altrui). Al fine di valutare se, ciononostante, vi fosse stata una violazione dell'art. 10 Cedu nel caso di specie, la Corte ha quindi esaminato se tale interferenza fosse necessaria in una società democratica.

A tal riguardo, richiamando i propri precedenti in materia, la Corte ha evidenziato la necessità di verificare se le autorità nazionali avessero operato un giusto bilanciamento tra i diversi interessi in rilievo nel caso in esame: la libertà di espressione, da un lato, e l'onore e la reputazione di Cesare Previti, dall'altro, interessi entrambi convenzionalmente tutelati (§ 26 e § 30). Se, infatti, la libertà di espressione trova copertura nell'art. 10, Cedu, qualora l'esercizio di tale diritto si risolva in un attacco all'altrui reputazione che raggiunga un certo grado di severità, in a manner causing prejudice to personal enjoyment of the right to respect for private life (§ 26, cfr. altresì la sentenza del 9 aprile 2009, A. c. Norvegia, richiamata dalla Corte), viene necessariamente in rilievo anche l'art. 8, Cedu (Diritto al rispetto della vita privata e familiare). Ciò premesso, la Corte, pur riconoscendo che nel caso di specie l'articolo giornalistico in discussione godesse di un livello di protezione particolarmente alto ai sensi dell'art. 10, Cedu, in quanto «it is undisputable that the article addressed a topic relevant to Italian politics and Italy's recent past and thus constituted information of public interest», ha ritenuto che la natura delle accuse mosse fosse tale da raggiungere quel livello di serietà richiesto dalla giurisprudenza europea perché venisse in rilievo anche l'art. 8, Cedu (§ 32).

La Corte ha ribadito che, nonostante la stampa giochi un ruolo essenziale in una società democratica, e sia suo preciso dovere divulgare notizie e opinioni con riferimento a tutte le questioni di pubblico interesse, i giornalisti sono nondimeno soggetti a doveri e responsabilità. La tutela accordata ai giornalisti dall'articolo 10 della Convenzione è infatti subordinata alla condizione che essi agiscano in buona fede, per fornire informazioni accurate e affidabili, in conformità ai principi del giornalismo responsabile, che rinvia principalmente al contenuto raccolto e/o divulgato mediante mezzi giornalistici(Pentikäinen c. Finlandia [GC], n. 11882/10, § 90, Cedu 2015 e i ricorsi ivi citati). Infine, la Corte ha ritenuto moderata la pena irrogata al ricorrente, come riformata dalla Corte d'Appello che aveva sostituito la pena detentiva di otto mesi, a suo tempo inflitta dal primo giudice, pur se con il beneficio della sospensione, con la pena pecuniaria (pari a euro 1.000). In conclusione, la Corte ha ritenuto che a livello nazionale sia stato raggiunto un giusto equilibrio tra i diritti contrapposti e che i tribunali nazionali abbiano fornito motivi sufficienti e pertinenti per giustificare la necessità dell'ingerenza nella libertà di espressione del ricorrente. Ne consegue che il ricorso è stato considerato manifestamente infondato e quindi è stato rigettato dalla Corte in applicazione dell'articolo 35 §§ 3, lettera a) e 4 della Convenzione.

Le soluzioni giuridiche

La Corte ha dichiarato inammissibile, in quanto manifestamente infondato, il ricorso con il quale il giornalista Marco Travaglio lamentava la violazione dell'art. 10 Cedu. La Corte ha sottolineato che, benché la stampa giochi un ruolo essenziale in una società democratica, e abbia il dovere di comunicare informazioni e idee su qualsiasi questione di interesse pubblico, i giornalisti sono comunque soggetti a obblighi e responsabilità. La tutela accordata ai giornalisti dall'articolo 10 della Convenzione è infatti subordinata alla condizione che essi agiscano in buona fede, per fornire informazioni accurate e affidabili, in conformità ai principi del giornalismo responsabile, che rinvia principalmente al contenuto raccolto e/o divulgato mediante mezzi giornalistici. Inoltre, la Corte ha ritenuto che a livello nazionale sia stato raggiunto un giusto equilibrio tra i diritti contrapposti e che i tribunali nazionali abbiano fornito motivi sufficienti e pertinenti per giustificare la necessità dell'ingerenza nella libertà di espressione del ricorrente con il diritto al rispetto della vita privata.

Osservazioni

Una norma fondamentale in materia di libertà di stampa e di diritto di cronaca è l'art. 10 della Convenzione Europea dei diritti dell'uomo. La giurisprudenza creatasi intorno a numerose pronunce della Corte ha permesso di fissare alcuni principi fondamentali intorno al diritto alla libertà di espressione. La Corte in primo luogo ha evidenziato: la libertà di espressione costituisce uno dei fondamenti essenziali di una società democratica e una delle condizioni essenziali per il suo progresso e dello sviluppo di ciascuno. L'art. 10 Cedu, dunque, nel tutelare la libertà di espressione e la libertà di stampa, ammette che gli Stati possano prevedere delle condizioni, restrizioni e sanzioni al loro esercizio, che costituiscano delle misure necessarie in una società democratica a tutela tra l'altro della reputazione e dei diritti altrui. Nel difficile bilanciamento ed equilibro tra libertà di espressione e protezione della reputazione altrui vengono in rilievo alcune pronunce della Corte europea come la sentenza nel caso Belpietro c. Italia del 24 settembre 2014 ove i giudici di Strasburgo costatavano la violazione dell'art. 10 della Convenzione solo in merito alla sanzione irrogata al giornalista e la sentenza c. Perna c. Italiaove anche in questo caso i giudici di Strasburgo hanno concluso per la non violazione dell'art.10 Cedu.

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