Giudizio di opposizione avverso il decreto emesso per la liquidazione delle spese relative all’esecuzione degli obblighi di fare

Giulio Cicalese
23 Febbraio 2021

Per la Suprema Corte, nell'ambito del giudizio di opposizione avverso un decreto ottenuto ex art. 614 c.p.c. per la liquidazione delle spese di attuazione di un obbligo di fare o di non fare, il giudice dell'esecuzione, funzionalmente competente, è dotato di poteri ufficiosi volti ad accertare l'avvenuta caducazione del titolo esecutivo azionato.
Massima

Il procedimento monitorio previsto dall'art. 614 c.p.c. è strumento idoneo a chiedere il rimborso anche delle sole spese di assistenza tecnica e rappresentanza legale sostenute per l'esecuzione di obblighi di fare o di non fare, con l'unica differenza che il decreto così pronunciato non può esser dotato della provvisoria esecutività prevista dall'art. 614 comma 2 c.p.c., a meno che non sussistano i presupposti generali previsti dall'art. 642 c.p.c.

Nel caso di caducazione in corso di esecuzione del titolo azionato, contenente un obbligo di fare o di non fare, gli effetti che ne derivano, relativi al venir meno dell'azione esecutiva, si estendono anche al diritto del creditore al rimborso delle spese sostenute; ne deriva quindi che, in sede di opposizione a decreto ingiuntivo pronunciato per la liquidazione delle spese relative all'esecuzione di obblighi di fare e di non fare, il giudice dell'esecuzione deve poter rilevare d'ufficio l'elisione del titolo e, conseguentemente, giudicare illegittima la pretesa creditoria di rimborso.

Il caso

Con la sentenza in oggetto la Suprema Corte si è occupata della seguente vicenda processuale: l'attore, vittorioso in un giudizio promosso innanzi al Giudice di Pace di Palermo, azionava il suo diritto, consistente in un obbligo di fare relativo alla potatura e all'estirpazione di alcuni alberi.

L'attore vittorioso, in corso di esecuzione, proponeva inoltre istanza ai sensi dell'art. 614 c.p.c. per l'emanazione dell'ingiunzione al rimborso delle spese fino a quel momento sostenute per l'attuazione dell'obbligo di fare, ancorché consistenti nelle sole spese di rappresentanza tecnica ed assistenza giudiziale, stante lo spontaneo (seppur parziale) adempimento da parte del debitore. Accolta l'istanza ed emesso il decreto ingiuntivo, avverso di esso veniva proposta opposizione, poi rigettata dal Tribunale di Palermo, con sentenza poi confermata anche dalla Corte d'appello.

Il debitore soccombente proponeva avverso tale ultima decisione ricorso per Cassazione, deducendo, con i primi due motivi, che il giudice di seconde cure aveva mancato di considerare che il Tribunale «aveva annullato la sentenza del Giudice di Pace posta alla base dell'esecuzione (...) con conseguente effetto espansivo interno rilevabile officiosamente e idoneo a travolgere anche il decreto ingiuntivo emesso per il recupero delle viste spese sul processo esecutivo».

La questione

La Corte di cassazione ha preliminarmente dovuto occuparsi della questione relativa alla rimborsabilità ex art. 614 c.p.c. e, prima ancora, di quella relativa alla competenza spettante al giudice dell'esecuzione per la liquidazione delle spese sostenute dal creditore per gli onorari maturati in un procedimento esecutivo di obblighi di fare o di non fare, stante il riferimento codicistico alle sole spese anticipate e vistate dall'ufficiale giudiziario.

Infine, è stato necessario verificare le conseguenze del venir meno del titolo esecutivo sul procedimento monitorio di liquidazione delle spese del processo esecutivo: discussa, infatti, è stata la portata dell'effetto espansivo esterno riconducibile all'annullamento, in sede di impugnazione, della sentenza-titolo esecutivo; inoltre, poi, ci si è chiesto quale sia il regime di rilevabilità a cui sottoporre l'avvenuta caducazione del titolo azionato, stante la sua avvenuta deduzione solo all'interno delle memorie di replica del giudizio d'appello al rigetto dell'opposizione a decreto ingiuntivo.

Le soluzioni giuridiche

In relazione alla prima questione, la Corte di cassazione ha riaffermato l'orientamento prevalente in dottrina e in giurisprudenza (cfr. Cass. civ., sez. III, 26 maggio 2003, n. 8339), secondo il quale il procedimento monitorio previsto dall'art. 614 c.p.c. è strumento idoneo a chiedere il rimborso anche delle sole spese di assistenza tecnica e rappresentanza legale sostenute per l'esecuzione di obblighi di fare o di non fare, con l'unica differenza che il decreto così pronunciato non può esser dotato della provvisoria esecutività prevista dall'art. 614 comma 2 c.p.c., a meno che non sussistano i presupposti generali previsti dall'art. 642 c.p.c.

Inoltre, pur giudicando inammissibile il relativo punto del ricorso per violazione dell'art. 366 nn. 3 e 6 c.p.c., la Suprema Corte ha colto l'occasione per ribadire (Cass. civ., sez. III, 11 novembre 2003, n. 16936) la competenza funzionale del giudice dell'esecuzione a conoscere della richiesta di ingiunzione per il recupero degli onorari.

Con riguardo, invece, al venir meno del titolo esecutivo nel corso del procedimento monitorio, la soluzione offerta dalla Suprema Corte, nell'accogliere il ricorso del debitore, è la seguente: la caducazione del titolo esecutivo giudiziale comporta l'immediata illegittimità dell'esecuzione, intrapresa dal creditore nelle more del giudizio di cognizione all'interno del quale quel titolo si era formato; tale illegittimità si estende, quindi, anche alla pretesa di rimborso delle spese sostenute per l'esecuzione in parola.

Il ragionamento analogico, inoltre, si applica anche al regime della rilevabilità della caducazione del titolo esecutivo: così come è possibile che il giudice dell'esecuzione o il giudice del merito delle opposizioni esecutive possano rilevare d'ufficio l'avvenuta caducazione del titolo, questo potere deve essere esteso al giudice dell'esecuzione competente per l'opposizione a decreto ingiuntivo nel momento in cui si trovi a dover decidere sulle spese dell'esecuzione il cui titolo fondante è venuto meno.

Osservazioni

Quanto alla prima questione, attinente all'estensione dell'art. 614 c.p.c. anche agli onorari del difensore (oltre che a quelli del consulente tecnico d'ufficio, per i quali il discorso, nel corpus della sentenza, è il medesimo), la soluzione offerta dalla decisione in commento, inserita nel solco di orientamenti ormai consolidati (cfr. Tribunale di Monza, 23 luglio 1981), è da ritenersi pienamente condivisibile. Secondo la Corte di cassazione, infatti, negare la rimborsabilità ex art. 614 c.p.c. delle spese di rappresentanza tecnica sarebbe inadeguato rispetto alla necessità di tutela di diritti costituzionali, e nello specifico il diritto alla ragionevole durata del processo e il diritto alla tutela giurisdizionale (cfr. Cass. civ., sez. III, 26 maggio 2003, n. 8339). A ben vedere però, il motivo, come sottolineato da più attenta dottrina, deve essere probabilmente individuato nel rispetto dei diversi principî di ragionevolezza ed economicità processuale: infatti, qualora si volesse negare il ricorso all'art. 614 c.p.c. per i compensi del difensore, questi ultimi sarebbero comunque liquidabili attraverso il ricorso ad un autonomo procedimento monitorio, il quale, unito al procedimento sulle spese anticipate e vistate dall'ufficiale giudiziario, comporterebbe un'inutile duplicazione dei processi (Farina, op. cit., p. 455).

Innovativa è la decisione quanto agli effetti e alla rilevabilità della caducazione del titolo all'interno del procedimento monitorio sulle spese.

Al riguardo, più che condivisibile è l'osservazione effettuata dalla decisione in commento secondo cui una sentenza, solo provvisoriamente esecutiva, non è ancora protetta dalla formazione del giudicato, con la conseguenza che il diritto da attuare in essa contenuto è suscettibile di estinzione non solo per motivi sopravvenuti. Sembra quindi coerente la ricostruzione della scelta, da parte del creditore, di intraprendere comunque l'esecuzione come di una scelta di rischio, il cui pericolo sta proprio nel fatto che le spese sostenute potrebbero esser destinate ad un'esecuzione poi risultata sprovvista di valido titolo. D'altronde, infatti, se in caso di estinzione del processo esecutivo (sempre ascrivibile al creditore, il quale è rimasto inerte o ha rinunciato), il codice, con il richiamo all'art. 310 ultimo comma c.p.c. effettuato nell'ultimo comma dell'art. 632 c.p.c., afferma il principio di imputazione delle spese a carico delle parti che le hanno anticipate, a conclusione analoga si deve arrivare nel momento in cui il processo esecutivo diviene improcedibile a causa della caducazione del titolo esecutivo: in questo ultimo caso, infatti, il fatto che l'esecuzione non abbia potuto raggiungere il proprio scopo deve essere parimenti ricondotta al creditore, il quale, deliberatamente, non ha atteso la definitiva conclusione del giudizio di cognizione in cui il titolo è sorto.

Sviluppando il discorso proprio a partire da ciò che avviene nel processo esecutivo in caso di sua improcedibilità, la Corte di cassazione si spinge a sostenere che il motivo che fonda l'accoglimento dell'opposizione al decreto ingiuntivo che liquida le spese, cioè l'avvenuto annullamento della sentenza-titolo esecutivo, deve poter essere anche rilevato d'ufficio (a prescindere, cioè, dalla sua rituale allegazione da parte del debitore opponente).

Il maggioritario degli orientamenti di legittimità, infatti, afferma che l'avvenuta caducazione del titolo esecutivo, nel corso di un giudizio di opposizione ex art. 615 c.p.c., possa essere rilevata d'ufficio; da tale rilievo, però, non sono sempre state fatte derivare conseguenze univoche: da un lato, infatti, si è sostenuto che il giudice dell'opposizione, tenuto conto del fatto che l'interesse delle parti ad accertare il diritto a procedere ad esecuzione forzata è in ogni caso venuto meno con l'elisione del titolo, deve dichiarare la cessazione della materia del contendere (cfr. Cass. civ., sez. III., 11 dicembre 2018, n. 31955, citata anche nella sentenza in esame, in cui si affronta anche il tema delle spese del processo di opposizione, sostenendo che devono essere liquidate, coerentemente con quanto generalmente avviene per le pronunce di cessazione della materia del contendere, secondo il criterio della soccombenza virtuale, per far sì che l'opponente non si giovi della sopravvenuta caducazione del titolo anche qualora proponga un'opposizione di per sé infondata; cfr. invece Cass. civ., sez. II., 9 agosto 2019, n. 21240, in cui, diversamente, si afferma che l'opposizione, conclusasi con un pronuncia di cessazione della materia del contendere, deve ritenersi comunque come fondata, qualsiasi sia motivo sia stata proposta, con la conseguenza che il giudice dell'opposizione non può in nessun caso condannare il debitore al pagamento delle spese dell'opposizione); dall'altro lato, invece, si è anche opinato che la caducazione del titolo nelle more del giudizio di opposizione, rilevabile d'ufficio in ogni suo stato e grado, comporta l'illegittimità ex tunc dell'esecuzione forzata, e, di conseguenza, la sopravvenuta fondatezza della domanda dell'opponente, da dichiarare con una pronuncia di accoglimento dell'opposizione (cfr. Cass. civ., sez. III., 13 luglio 2011, n. 15363).

Nella giurisprudenza di merito, però, si è provato anche a negare che all'interno del giudizio di opposizione all'esecuzione possa essere rilevata la sopravvenuta caducazione del titolo esecutivo: quest'ultima, infatti, se non già specificamente dedotta in sede di ricorso ex art. 615 c.p.c., sarebbe un motivo esterno alla causa petendi configurata dall'opponente e, quindi, il giudice, qualora la ponesse comunque a fondamento della propria decisione, violerebbe il principio di corrispondenza tra chiesto e giudicato (cfr. Corte d'appello di Firenze, 5 dicembre 2016, n. 1932).

Conscia di questi contrasti, la Corte di cassazione, interpellata con ricorso proposto avverso la sentenza da ultimo citata, ha deciso di rimettere la questione alle Sezioni Unite (cfr. Cass. civ., sez. III, ord., 6 marzo 2020, n. 6422), le quali, ad oggi, non si sono ancora pronunciate; nel corpus del provvedimento, però, ben si evince la volontà del giudice rimettente, il quale, nel tentare di dare un inquadramento alla questione, espressamente si inserisce nel solco degli orientamenti maggioritari già espressi dalla Suprema Corte, secondo i quali, in definitiva, l'avvenuta caducazione del titolo esecutivo è rilevabile d'ufficio anche nelle more del giudizio di opposizione all'esecuzione.

Ulteriormente, poi, la Suprema Corte ha già affermato la possibilità, da parte del giudice dell'esecuzione, pur in mancanza di un'apposita opposizione esecutiva promossa dal debitore, di rilevare d'ufficio la mancanza di un titolo idoneo e di ordinare, quindi, l'estinzione atipica del processo esecutivo (cfr. Cass. civ., sez. III, 12 febbraio 2008, n. 3276) o, per meglio dire, la sua improcedibilità (o improseguibilità: cfr. Cass. civ., sez. VI, 20 novembre 2014, n. 24775), visto soprattutto l'orientamento della Suprema Corte che nega l'esistenza di ipotesi di estinzione del processo esecutivo al di fuori di quelle tipicamente previste dal codice (cfr. Cass. civ., sez. III, 1 aprile 2004, n. 6391).

Addirittura, le più recenti aperture della giurisprudenza di legittimità si sono spinte fino ad affermare la rilevabilità ex officio non solo dell'avvenuta caducazione del titolo esecutivo, ma anche del diritto di credito in esso iscritto (cfr. Cass. civ., sez. VI, ord., 24 maggio 2017, n. 13108). Tale affermazione, invero, presta il fianco a possibili contestazioni, stante la mancanza di un apposito contraddittorio all'interno del giudizio esecutivo, diversamente, invece, a quanto previsto per il giudizio di opposizione all'esecuzione, che dovrebbe quindi rimanere la sede deputata a tali valutazioni di merito; pertanto, se si vuole evitare di estendere eccessivamente la portata di questo potere (in dottrina c'è addirittura chi ha parlato – probabilmente a ragione – di potere-dovere) del giudice dell'esecuzione, lo si può circoscrivere alle sole ipotesi in cui eventuali vicende modificative o estintive del credito siano allegate dal debitore senza che gli siano mosse contestazioni dalla controparte (cfr. Cass. civ., sez. un., 18 gennaio 1983, n. 413, relativamente al pagamento del credito azionato pacificamente riconosciuto dal creditore).

In ogni caso, quest'ultima problematica, a cui si è fatto cenno per dimostrare lo spazio che ormai trova il riconoscimento di tali poteri d'ufficio nella giurisprudenza di legittimità, rimane esclusa dalla fattispecie oggetto del provvedimento in esame, riguardando questa il più semplice caso di annullamento della sentenza azionata: in virtù dell'effetto espansivo esterno della sua riforma che, a norma dell'art. 336 comma 2 c.p.c., travolge anche i provvedimenti e gli atti da essa dipendenti, è ben più facile comprenderne la rilevabilità d'ufficio anche in sede di procedimento monitorio per la liquidazione spese.

Ad ogni modo, e prescindendo dal merito della questione sottoposta alla Suprema Corte che in questa sede può essere solo accennata, appare più che condivisibile la scelta della decisione in commento di estendere il discorso sviluppato in relazione a diverse fattispecie (il processo esecutivo e le opposizioni di merito) anche al procedimento monitorio previsto dall'art. 614 c.p.c., stante l'identità tra le prime e quest'ultimo nella necessità di prevedere la presenza di un valido titolo esecutivo come antecedente logico necessario per la loro naturale conclusione.

Riferimenti
  • Cirulli, Valori funzionali del processo esecutivo e poteri ufficiosi, in Riv. esec. forz., 2019, p. 2.
  • Farina, Le spese giudiziali nel processo di esecuzione forzata di obblighi di fare e non fare. Una lettura costituzionalmente orientata della Cassazione dell'art. 614 c.p.c., in Riv. esec. forz., 2004, 2, pp. 444 ss.
  • Felloni, Interferenze tra improcedibilità dell'esecuzione e sospensione ex art. 624 c.p.c., in Giur. it., 2017, 11, p. 2385.
  • Finocchiaro, Le spese nei processi esecutivi, in Riv. esec. forz., 2019, 2, pp. 405 ss.
  • Iannicelli, Sul provvedimento del giudice dell'esecuzione che dichiara improcedibile il processo esecutivo rilevando il pagamento del credito portato dal titolo azionato, in Riv. esec. forz., 2019, 3, p. 612.
  • Metafora, L'esecuzione degli obblighi di fare (fungibili) e di non fare, in Riv. esec. forz., 2012, 3-4, p. 487.
  • Oriani, Opposizione all'esecuzione, in Digesto delle discipline privatistiche, Sezione civile, vol. XIII, Torino, UTET, 1995, p. 8.

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