La pupillometria: una tecnica recente per indagare sincerità e menzogna

Guglielmo Gulotta
Sara Marieni
23 Febbraio 2021

Investigazioni e processi sono permeati da una tensione verso la verità. I processi, però, non si fondano soltanto su ciò che si sa essere accaduto, ma anche sulle ricostruzioni di quello che sarebbe successo: talvolta a partire da tracce documentali e, nel mondo odierno, spesso tecnologiche; per gran parte dei casi sulla base di quanto dichiarano imputato, vittima e testimoni. Il rischio associato a quest'ultima linea d'azione deriva dal fatto che le persone...
Premessa

Investigazioni e processi sono permeati da una tensione verso la verità. I processi, però, non si fondano soltanto su ciò che si sa essere accaduto, ma anche sulle ricostruzioni di quello che sarebbe successo: talvolta a partire da tracce documentali e, nel mondo odierno, spesso tecnologiche; per gran parte dei casi sulla base di quanto dichiarano imputato, vittima e testimoni. Il rischio associato a quest'ultima linea d'azione deriva dal fatto che le persone coinvolte possono essere: false, poiché affermano ciò che non ritengono vero; confuse, in quanto non sono certe di ciò che hanno percepito o ricordano; oppure sincere, ma con diversi gradi di certezza in relazione a ciò che ricordano e dicono.

L'ansia di chi investiga e giudica deriva proprio dalla necessità di districarsi tra queste differenti fonti di tipo dichiarativo. Infatti, non disponendo, come Pinocchio, di un segno inequivocabile della menzogna, ci si ritrova ad andare a caccia di segni verbali e non verbali che possano individuare la verità o meglio la sincerità altrui (De Cataldo Neuberger & Gulotta, 2008; Gulotta & Tuosto, 2017; Gulotta, 2018).

Da qui l'attrattiva per il volto, uno specchio in cui da sempre cerchiamo di scoprire atteggiamenti, motivazioni, sincerità e menzogna, le cui massime potenzialità informative non sono ancora ben chiare mancando una precisa modalità discriminante (De Cataldo Neuberger & Gulotta, 2008).

Nelle prossime righe parleremo di pupillometria, una nuova metodica di difficile applicazione nell'arena processuale, ma che vale la pena cominciare a conoscere. D'altronde, già Cicerone diceva imago animi vultus, indices oculi.

Gli occhi: lo specchio dell'anima

Nel periodo attuale dove, per difenderci dal virus Covid-19, siamo costretti a indossare una maschera, gli occhi sono diventati l'unico indice che possa, come dice Cicerone, rivelare l'immagine dell'animo altrui.

L'interesse scientifico per gli occhi e più in generale per l'intero volto deriva dal fatto che gli esseri umani sono creature visive in quanto interpretano l'ambiente facendo affidamento a tale senso più che a qualsiasi altro (Gillath, Bahns, & Burghart, 2017). Esso diventa lo strumento privilegiato tramite cui ci costruiamo una prima impressione dell'altro e cerchiamo di stabilirne affidabilità e credibilità (Gulotta & Tuosto, 2017). E dove, se non all'interno del mondo investigativo e processuale, tale valutazione potrebbe avere le massime implicazioni? È in tale contesto, infatti, che diventa cruciale comprendere la sincerità o meno del testimone, dell'indagato o dell'imputato in questione. Anzi, se si considera che da un punto di vista logico il sistema della menzogna evade la semplice dicotomia sincero/falso prevedendo anche la categoria dell'inganno, diventa lampante la necessità di una valutazione dell'atteggiamento e del comportamento altrui ancora più approfondita. Esiste una sottile ma irriducibile differenza tra menzogna e inganno, tale per cui la prima attiene al contenuto della comunicazione e cioè alla rivelazione di un messaggio che non si ritiene vero, mentre il secondo risulta un comportamento teso ad incidere non solo sulle conoscenze ma anche sui comportamenti, le aspettative e le motivazioni. Nella menzogna l'accento è quindi posto sulla funzione informativa della comunicazione, mentre nell'inganno sulla funzione di influenza personale (Gulotta, 2020).

Nel corso del tempo, gli addetti ai lavori hanno messo a punto diverse tecniche per indagare la credibilità delle persone, alcune focalizzate sullo studio delle caratteristiche verbali e non verbali, altre sull'identificazione di una traccia di memoria (memory detection), altre ancora incentrate sulla misurazione delle risposte fisiologiche (Gulotta, 2020). È proprio all'interno di quest'ultima categoria che si colloca, a fianco di strumenti più datati quali il poligrafo e la scansione termica del volto, l'analisi dei movimenti oculari. Diversamente da quanto si potrebbe pensare, sebbene osservare sia una delle attività più basilari che ciascun individuo svolge, la sua indagine è tutt'altro che semplice in quanto richiede una strumentazione specifica e sofisticata, in grado di cogliere variazioni e dettagli invisibili dall'esterno o a occhio nudo. Ecco però che entrano in gioco le tecniche di eye-tracking. Esse consentono infatti di reperire informazioni sulle caratteristiche dei movimenti oculari quali le preferenze, la frequenza e la durata di fissazione degli individui, così come la dilatazione e la contrazione delle pupille. Sul mercato sono oggi disponibili due tipologie di dispositivi di tracciamento oculare in grado di effettuare tali misurazioni: da un lato quelli posizionabili su un tavolo posto di fronte alla persona e che dunque operano da remoto servendosi di videocamere e luci infrarosse; dall'altro quelli indossabili come se fossero una sorta di occhiale.

Il vantaggio che tali metodologie offrono non risiede solo nella possibilità di identificare le strategie di ricerca visuo-spaziale delle persone, ma anche nel bypassare i bias associati alle misure self-report, in cui si chiede al soggetto di esprimere la propria opinione, come ad esempio quello della desiderabilità sociale (Hoppe, Loetscher, Morey, & Bulling, 2018). Questa caratteristica dei sofisticati strumenti di eye-tracking rappresenta sicuramente un vantaggio per tutte quelle ricerche che negli ultimi tempi si sono occupate di indagare come le persone identifichino e selezionino potenziali partners romantici al fine di comprendere su quali elementi ci si sofferma nella valutazione dell'attrattività dell'altro (Gillath, Bahns, & Burghart, 2017).

La pupillometria al servizio della ricerca della verità

Tra le tecniche di eye-tracking più innovative rientra sicuramente la pupillometria. Essa si fonda sull'ipotesi che la grandezza della pupilla non sia determinata esclusivamente dalla luminosità dell'ambiente, ma anche dai processi di elaborazione cognitiva (Zekveld et al., 2014), affettiva (Prehn, Heekeren & van der Meer, 2011) e mnestica (van Rijn, Dalenberg, Borst & Sprenger, 2012), tanto che la maggioranza delle ricerche suppone che ad un maggiore carico cognitivo, inteso come impegno mentale, corrisponda una maggiore dimensione pupillare (Dionisio, Granholm, Hillix, & Perrine, 2001; Murphy, Groeger & Greene, 2016).

Uno dei campi di applicazione più promettenti per l'analisi pupillometrica sembra essere quello forense: in alcuni casi viene utilizzata per osservare il numero e le caratteristiche dei movimenti oculari in coloro che mentono, in altri si presta alla valutazione della dimensione pupillare durante quella che in linguaggio tecnico viene chiamata la ricognizione di persona (comunemente definita “confronto all'americana” o lineup). Comprendere quali siano i meccanismi oculari sottostanti all'azione del mentire e al riconoscimento di volti non familiari potrebbe infatti essere decisivo all'identificazione di false testimonianze ed errori di cui sempre più spesso si sente parlare all'interno dei sistemi giudiziari di tutto il mondo.

Nel caso specifico della ricerca sulla menzogna, l'assunto principe sostiene che mentire è un'attività impegnativa, in altri termini richiede un maggiore dispendio di risorse cognitive rispetto al dire la verità. Coloro che mentono hanno a disposizione una quota minore di attenzione e memoria di lavoro da dedicare ad un'altra attività, proprio perché già impegnati nell'azione del mentire. La memoria di lavoro, così chiamata perché responsabile del lavoro cognitivo effettuato dal soggetto tramite l'acquisizione e la manipolazione di informazioni percettive verso cui si è focalizzata l'attenzione, può infatti contenere un numero limitato di informazioni e solo per un breve periodo di tempo (Balabio, Sartori, & Vacondio, 2018). Per tale ragione, i soggetti che mentono sembrano avere maggiori difficoltà a svolgere due compiti contemporaneamente.

Alla luce di ciò, alcune recenti ricerche (Walczyk et al., 2012) hanno unito questo paradigma sperimentale definito del “doppio compito” (dual tasking) all'analisi pupillometrica. I dati rilevati hanno evidenziato che coloro che dicono la verità, oltre a fornire risposte più coerenti e rapide, presentano anche un numero maggiore di movimenti oculari rispetto a coloro che commettono errori inconsapevolmente o che mentono intenzionalmente. Proprio in merito a quest'ultima categoria di soggetti sperimentali, Walczyk e colleghi hanno mostrato che coloro che mentono consapevolmente sono le persone in cui viene registrato il minor numero di movimenti oculari, forse perché concentrate nel generare o richiamare alla memoria risposte falsate oppure intente nel mantenere il contatto visivo con chi hanno di fronte o ancora focalizzate nel minimizzare le distrazioni provenienti dall'ambiente. Gli autori non hanno invece rilevato dati a sostegno dell'ipotesi secondo cui le persone che cercano di ingannare l'interlocutore presentano anche una dilatazione pupillare maggiore rispetto a coloro che dicono la verità. Questo può essere però dovuto al fatto che la dilatazione pupillare riflette sia il carico cognitivo, quindi l'impegno mentale necessario per l'esecuzione di un compito in termini di utilizzo di memoria di lavoro, che l'attivazione emotiva (o arousal) (Walczyk et al., 2012).

Applicazioni pratiche

Come abbiamo accennato in precedenza, anche la ricerca in tema di riconoscimento e ricognizione di persona si è servita dell'analisi pupillometrica. Nel 2019 un gruppo di ricercatori inglesi (Elphick, Pike, & Hole, 2020) si è infatti occupato di indagare la possibilità che la dimensione pupillare sia informativa rispetto all'avvenuta identificazione di una persona tra una serie di soggetti, potendo dunque essere applicata durante le procedure di lineup all'interno delle stazioni di polizia. Intenzionati a misurare il riconoscimento implicito tramite un eye-tracker in grado di rilevare la dimensione pupillare, i ricercatori hanno mostrato ai partecipanti un video in cui veniva simulato un reato seguito poi da due registrazioni di lineup, con o senza la presenza del colpevole. Dall'analisi dei risultati ottenuti (Elphick, Pike, & Hole, 2020), è emerso che a fronte di un'identificazione corretta del soggetto colpevole tra una serie di individui estranei alla situazione, è rilevabile un incremento della grandezza pupillare. Tale modifica è apprezzabile solo la prima volta che il soggetto sperimentale riconosce il target. Oltre a ciò, è stato ipotizzato che siccome avvengono modificazioni a livello pupillare anche quando il soggetto sperimentale pur mostrandosi incerto viene posto di fronte ad una serie di persone tra cui è presente il colpevole, tale cambiamento sia indice di un riconoscimento implicito. In aggiunta, poiché non sono state rilevate modifiche della grandezza pupillare quando tra le persone visionate dai soggetti sperimentali non era presente il target, cioè il vero sospettato, si è ipotizzato che la pupillometria possa essere d'aiuto nella valutazione dell'accuratezza dell'identificazione oculare da parte di un testimone. In relazione a quest'ultimo risultato, preme però precisare che l'analisi pupillometrica non ha permesso di differenziare coloro che giustamente non riconoscevano alcuna faccia poiché il target non era presente, da coloro che fornivano un'identificazione erronea. Infine, appare particolarmente importante segnalare come in questo studio l'ansia non sembra aver giocato alcun ruolo nelle fluttuazioni registrate a livello pupillare (Elphick, Pike, & Hole, 2020).

In conclusione

La panoramica appena delineata non illustra che una piccola parte del corpus di ricerche incentrate sullo studio dei movimenti oculari e dei loro correlati. A tal proposito, è bene ricordare che anche gli studi sui tratti di personalità hanno beneficiato dall'applicazione dell'analisi pupillometrica al fine di dimostrare come questi ultimi giochini un ruolo chiave nel determinare la qualità e le caratteristiche del comportamento di osservazione (Rauthmann, Seubert, Sachse, & Furtner, 2012). Risulta tuttavia ancora poco chiaro quali parametri di movimento oculare siano indicativi di specifici aspetti personologici e quale sia l'utilità clinica e diagnostica di tali scoperte (Hoppe, Loetscher, Morey, & Bulling, 2018).

Quello di cui si può essere certi, poiché da sempre, dal cavallo di Troia al bombardamento di Pearl Harbor, siamo accaniti alla ricerca del quid capace di far scoprire la menzogna (De Cataldo Neuburger, 2000, p.338), è che qualsiasi tecnica potenzialmente informativa circa la sincerità o falsità di gesti e parole non potrà sfuggire il vaglio delle scienze investigative e giuridiche. Ed è proprio dalla riflessione circa le implicazioni operative di un ipotetico utilizzo dell'analisi pupillometrica all'interno del sistema giudiziario italiano che riteniamo che tale tecnica non violerebbe l'art. 188 c.p.p. in quanto essa né influisce sulla libertà di autodeterminazione né altera la capacità di ricordare e di valutare i fatti. La pupillometria si limita semplicemente ad osservare una variazione dell'organismo della persona mentre è impegnata a rilasciare delle dichiarazioni.

Potrebbe essere utile nelle indagini? Di certo non nel processo, dove mancherebbe comunque l'apparecchiatura per poter rilevare cambiamenti fisiologici di tale finezza.

Solo ricerche e studi più approfonditi potranno fugare dubbi e perplessità circa l'efficacia o meno di tale metodologia nell'identificare in maniera certa ed accurata chi mente. È tuttavia accattivante immaginare che in un futuro, forse non troppo distante, potrebbero trovare un fondamento scientifico le parole scritte dal drammaturgo russo Michail Bulgakov secondo cui la lingua può nascondere la verità, ma gli occhi mai.

Guida all'approfondimento

Balabio A., Sartori G., & Vacondio R., 2018. La memoria del testimone, in Camerini G.B., Di Cori R., Sabatello U., Sergio G. (a cura di), Manuale psicoforense dell'età evolutiva, Giuffrè, Milano, pp. 647-680;

De Cataldo Neuberger L., 2000. Esame e controesame nel processo penale. Diritto e psicologia, Edizioni CEDAM;

De Cataldo Neuberger L., & Gulotta G., 2008. Trattato della menzogna e dell'inganno. Con appendice di aggiornamento, Giuffrè, Milano;

Dionisio D.P., Granholm E., Hillix W.A., & Perrine W.F., 2001. Differentiation of deception using pupillary response as an index of cognitive processing, Psychophysiology, 38, pp. 205-211;

Elphick C.E.J., Pike G.E., & Hole G.J., 2020. You can believe your eyes: Measuring implicit recognition in a lineup with pupillometry, Psychology, Crime & Law, Vol.26, 1, pp.67-92;

Gillath O., Bahns A.J., & Burghart H.A., 2017. Eye movements when looking at potential friends and romantic partners, Archives of Sexual Behavior, 46, pp. 2313-2325;

Gulotta G., & Tuosto E.M., 2017. Il volto nell'investigazione e nel processo. Nuova fisiognomica forense, Giuffrè, Milano;

Gulotta G., 2018. Innocenza e colpevolezza sul banco degli imputati. Commento alle linee guida psicoforensi per un processo sempre più giusto, Giuffrè, Milano;

Gulotta G., 2020. Compendio di psicologia giuridico-forense, criminale e investigativa. Aggiornamento 2020 con rinvii a contenuti multimediali, Giuffrè, Milano;

Hoppe S., Loetscher T., Morey S.A., & Bulling A., 2018. Eye movements during everyday behavior predict personality traits, Frontiers in Human Neuroscience, Vol.12, 105, pp.1-8;

Murphy G., Groeger J.A., & Greene C.M., 2016. Twenty years of load theory—where are we now, and where should we go next? Psychonomic Bulletin & Review, Vol. 23, 5, pp. 1316–1340;

Prehn K., Heekeren H.R., & van der Meer E., 2011. Influence of affective significance on different levels of processing using pupil dilation in an analogical reasoning task, International Journal of Psychophysiology, Vol.79, 2, pp. 236-243;

Rauthmann J.F., Seubert C.T., Sachse P., & Furtner M.R., 2012. Eyes as windows to the soul: Gazing behavior is related to personality, Journal of research in personality, 46, pp. 147-156;

Van Rijn H., Dalenberg J.R., Borst J.P., & Sprenger S.A, 2012. Pupil dilation co-varies with memory strength of individual traces in a delayed response paired-associate task, PLoS ONE, Vol. 7, 12, p. e51134;

Walczyk J.J., Griffith D.A., Yates R., Visconte S.R., Simoneaux B., & Harris L.L., 2012. Lie detection by inducing cognitive load: Eye movements and other cues to the false answers of “witnesses” to crimes, Criminal Justice and Behavior, Vol.29, 7, pp. 887-909;

Zekveld A.A., Heslenfeld D.J., Johnsrude I.S., Versfeld N.J., & Kramer S.E., 2014. The eye as a window to the listening brain: Neural correlates of pupil size as a measure of cognitive listening load, NeuroImage, 101, pp. 76–86.

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