Il condominio é un “non consumatore” a dirlo l’arbitro bancario finanziario

03 Marzo 2021

Con una recente pronuncia, l'Arbitro Bancario Finanziario - dovendo verificare, in via preliminare, la correttezza della sua composizione come collegio decidente, atteso che il ricorrente condominio, nel denunciare come illegittimo il comportamento dell'intermediario riguardo al blocco di un suo conto corrente oggetto di pignoramento presso terzi, si era qualificato come “consumatore” - ha negato tale qualifica sul presupposto che il condominio, soprattutto alla luce della Riforma entrata in vigore il 18 giugno 2013, costituisce un ente distinto dalle persone fisiche che lo compongono ed è dotato di autonoma soggettività giuridica, sicchè non soddisfa una delle condizioni contemplate dalla direttiva europea per l'applicabilità della normativa consumeristica.
Massima

Atteso che il condominio è un soggetto giuridico autonomo e distinto rispetto alle persone che lo compongono, segnatamente a seguito della riforma della normativa di settore introdotta dalla l. n. 220/2012, tale natura giuridica preclude sia un'interpretazione estensiva della direttiva n. 93/13/CEE del Consiglio del 5 aprile 1993 - che ha trovato ingresso, nel nostro ordinamento, da ultimo con il d.lgs. 6 settembre 2005, n. 206 (c.d. Codice del consumo) - sia un'applicazione delle tutele consumeristiche “di riflesso”.

Il caso

Davanti al Collegio di Roma dell'Arbitro Bancario Finanziario - d'ora in poi, per brevità, A.B.F., adìto in sede di risoluzione stragiudiziale delle controversie - il Condominio aveva lamentato che l'Istituto di credito aveva ingiustificatamente mantenuto il blocco del proprio conto corrente, oggetto di una procedura esecutiva presso terzi, nonostante l'estinzione del debito nei confronti del creditore procedente, così continuando ad essergli preclusa qualunque operazione sul medesimo conto (sul quale, peraltro, continuavano ad essere addebitate cospicue spese a vario titolo).

Pertanto, il ricorrente chiedeva lo svincolo delle somme giacenti sul conto, il riaccredito delle somme illegittimamente addebitate dal momento del pignoramento ed il risarcimento dei danni subiti.

L'intermediario - in qualità di terzo esecutato, a seguito di un atto di pignoramento promosso in danno del ricorrente - aveva eccepito, in via preliminare, l'inammissibilità della domanda, per un verso, in quanto assolutamente sprovvista di prova (segnatamente, poiché non corredata da idonea documentazione di sostegno, in spregio all'art. 2697 c.c.), e, per altro verso, in quanto volta ad ottenere una pronuncia costitutiva (come tale esulante dalla competenza del suddetto A.B.F.).

Nel merito, il resistente, invocando il rigetto dell'avverso ricorso, aveva dedotto: a) che, in esecuzione di tale atto di pignoramento, aveva apposto, di conseguenza, le dovute limitazioni all'operatività del conto; b) che aveva rilasciato al creditore procedente la dichiarazione exart. 547 c.p.c. in cui si specificava il saldo esistente; c) che, al fine di considerare cessati gli effetti della procedura esecutiva, era necessario che pervenisse la dichiarazione prevista dall'art. 164-ter disp. att. c.p.c.; d) che, nonostante le indicazioni fornite, nessuna comunicazione gli veniva trasmessa, non essendo informato neanche dell'accordo transattivo raggiunto tra il creditore procedente ed il Condominio; e) che la nota, con cui il creditore procedente dava conto dell'avvenuta corresponsione delle somme dovute, veniva inviata dall'amministratore ai soli condomini e non anche alla Banca; f) che, solo successivamente, una volta avuta effettiva contezza dell'intervenuta estinzione della procedura esecutiva in conseguenza della rinuncia agli atti da parte del creditore, si provvedeva a ripristinare la piena operatività del conto corrente intestato al Condominio.

Orbene, atteso che, nel modulo del ricorso di cui sopra, parte ricorrente si era qualificato come consumatore, il giudice privato adìto ha rilevato l'opportunità - anche alla luce di un suo precedente del 2012 - di rimettere al Collegio di Coordinamento la questione della qualificazione del condominio come “consumatore” o “non consumatore”.

La questione

Si trattava, preliminarmente, di affrontare la questione - oggetto della suddetta rimessione - relativa alla qualità o meno di “consumatore” in capo al condominio.

Tale questione, nell'àmbito del procedimento innanzi all'A.B.F., rilevava soprattutto (ma non solo) in relazione alla composizione del Collegio decidente, stante che, sulla scorta delle Disposizioni sui sistemi di risoluzione stragiudiziale delle controversie in materia di operazioni e servizi bancari e finanziari (par. 2 della sez. III) - emanate dalla Banca d'Italia al fine di regolare il funzionamento dell'Arbitro - “la composizione dell'organo decidente … varia secondo quanto previsto dal paragrafo 4”, dovendo, in particolare, essere “adeguata alla tipologia delle parti coinvolte nel ricorso oggetto di trattazione, verificando che siano presenti i membri designati dalle pertinenti associazioni dei clienti e degli intermediari”.

La questione de qua è apparsa meritevole di un approfondimento, anche alla luce della recente sentenza della Corte di Giustizia dell'Unione Europea, 2 aprile 2020, causaC-329/19.

In quest'ultima pronuncia, i giudici di Lussemburgo avevano osservato - al fine di rispondere alla questione pregiudiziale posta dal Tribunale di Milano (v. ordinanza 1 aprile 2019) - che, secondo la formulazione dell'art. 2, lett. b), della direttiva 93/13, la nozione di “consumatore” doveva intendersi riferita a “qualsiasi persona fisica che, nei contratti oggetto della presente direttiva, agisce per fini che non rientrano nel quadro della sua attività professionale”, per cui, affinché un soggetto potesse rientrare in questa nozione, dovevano essere soddisfatte due condizioni cumulative, ossia che si trattasse di una persona fisica e che quest'ultima svolgesse la sua attività a fini non professionali.

Da ciò, la Corte di Giustizia aveva ritenuto che il condominio non integrava la prima delle condizioni di cui al citato art. 2, sicché il contratto stipulato tra esso ed un professionista era escluso dall'àmbito di applicazione della suddetta direttiva, tuttavia, si era chiarito che, anche se una persona giuridica, quale il condominio nel diritto italiano, non rientrava nella nozione di “consumatore”, gli Stati membri potevano applicare le disposizioni di tale direttiva a settori che esulavano dall'àmbito di applicazione della stessa, “a condizione che una siffatta interpretazione da parte dei giudici nazionali garantisca un livello di tutela più elevato per i consumatori e non pregiudichi le disposizioni dei Trattati”.

Le soluzioni giuridiche

Ad avviso del Collegio decidente, la sentenza della Corte di Giustizia di cui sopra, più che suggerire un mutamento dell'orientamento oramai consolidato in seno all'A.B.F. - la cui più importante pronuncia è la decisione del Collegio di Coordinamento n. 3501/2012 - ne conferma appieno la correttezza.

Come già notato in quell'occasione, anche in assenza di un formale riconoscimento della personalità giuridica, un gruppo di persone, unite da una comunanza di interessi e dotate di un'organizzazione unitaria - ciò che avviene nel condominio - possono dare vita ad un soggetto dotato di autonomia sul piano soggettivo.

A questo proposito, vengono ribadite le serie perplessità già illustrate nel precedente del 2012 dal Collegio in merito alla teoria secondo la quale l'amministratore del condominio agirebbe quale mandatario dei singoli condomini, atteso che l'attività gestoria del medesimo amministratore avviene secondo quanto l'assemblea condominiale - la quale assume delibere vincolanti per la minoranza dissenziente (art. 1137, comma 1, c.c.) -abbia deciso, circostanza, questa, fondamentale per affermare che l'amministratore, lungi dal rappresentare i singoli condomini - che ben potrebbero aver espresso il loro dissenso in seno all'assemblea condominiale - agisce quale amministratore dell'ente.

Inoltre, la conclusione secondo la quale il condominio non può essere qualificato consumatore, in quanto, esistendo un'organizzazione che determina una chiara distinzione tra il gruppo dei condomini e i suoi singoli componenti, non si identifica nella “persona fisica” contemplata dalla normativa in materia, risulta oggi - secondo la pronuncia in commento - rafforzata da ulteriori considerazioni.

Invero, la legge di riforma della normativa condominiale, ossia la I. 11 dicembre 2012, n. 220, contiene diversi elementi che corroborano la conclusione appena formulata: pur essendo innegabile che il condominio è privo della personalità giuridica - opzione che il legislatore aveva preso in considerazione nei lavori preparatori, ma aveva, poi, successivamente abbandonato - non possono sottacersi diversi aspetti che inducono a ritenere che “il condominio sia un ente distinto rispetto alle persone fisiche che lo compongono e dotato di autonoma soggettività giuridica”.

Nello specifico, numerosi indici attualmente rafforzano la conclusione secondo la quale il condominio appare dotato di una stabile organizzazione al pari di altri enti (profit e no profit) contemplati dal nostro ordinamento: 1) la necessaria compresenza di due organi - l'amministratore e l'assemblea dei condomini - ciascuno dotato di proprie attribuzioni (v., rispettivamente, gli artt. 1130 e 1135 c.c.); 2) il fatto che l'assemblea deliberi sulla base di un procedimento improntato ai principi della collegialità e della maggioranza - sono, infatti, previsti quorum costitutivi e deliberativi dall'art. 1136 c.c. ed è disciplinato il regime delle impugnazioni delle deliberazioni dell'assemblea all'art. 1137 c.c. - con statuzioni che sono vincolanti per tutti i condomini ancorché assenti o dissenzienti; 3) la circostanza che a tali organi possono affiancarsi, dietro espressa decisione assembleare, un revisore che verifichi la contabilità del condominio (ai sensi dell'art.1130-bis, comma 1, c.c.) ed un consiglio di condominio, composto da almeno tre condomini (negli edifici di almeno dodici unità immobiliari), al quale sono affidate “funzioni consultive e di controllo” (art. 1130-bis comma 2, c.c.); 4) il fatto che il condominio debba essere dotato di uno specifico conto corrente, postale o bancario, sul quale “l'amministratore è obbligato a far transitare le somme ricevute a qualunque titolo dai condomini o da terzi, nonché quelle a qualsiasi titolo erogate per conto del condominio” (art. 1129, comma 7, c.c.); 5) l'obbligo dell'amministratore, contemplato dall'art. 1129, comma 12, n. 4), c.c., di tenere distinta la gestione del patrimonio del condominio ed il proprio personale proprio o di altri condomini; 6) l'espressa disciplina del rendiconto condominiale, finalizzato a dar conto della situazione patrimoniale del condominio, oltre che dei fondi disponibili e delle eventuali riserve, composto da “un registro di contabilità, (…) un riepilogo finanziario, nonché (… da) una nota sintetica esplicativa della gestione con l'indicazione anche dei rapporti in corso e delle questioni pendenti” (art. 1130-bis,comma 1, c.c.); 7) la previsione della costituzione di un fondo speciale per le opere di manutenzione straordinaria e per le eventuali altre innovazioni, contenuta nell'art. 1135, n. 4), c.c.; 8) la disciplina, contemplata dall'art. 2659, comma 1, c.c., in tema di note di trascrizione, la quale prevede che, per i condominii, è necessario indicare l'eventuale denominazione, l'ubicazione e il codice fiscale; 9) la disposizione dell'art.71 bis disp. att. c.c., secondo cui l'incarico di amministratore condominiale può essere svolto anche da una società del libro V del codice.

In estrema sintesi - secondo il Collegio decidente - gli elementi per ritenere che il condominio sia un soggetto giuridico autonomo e distinto rispetto alle persone che lo compongono sono oggi molteplici e tali, dunque, da indurre a concludere che la qualificazione del medesimo non possa essere un “mero riflesso” della natura attribuita ai singoli condomini, i quali non sono necessariamente persone fisiche e, anche se persone fisiche, non sono necessariamente consumatori (ovvero soggetti che agiscono al di fuori della propria attività professionale o imprenditoriale).

Non potendo attribuirsi al condominio la natura di consumatore, ai fini che interessavano la questione preliminare di cui sopra, il Collegio giudicante non doveva, pertanto, riunirsi nella composizione prevista per le decisioni relative ai consumatori.

Per quanto concerne, poi, il merito della lamentela del ricorrente, si è statuito nel senso della correttezza del comportamento dell'intermediario, posto che la richiesta, da parte di quest'ultimo, di avere contezza dell'inefficacia del pignoramento (ovvero della rinuncia del creditore al pignoramento) appariva del tutto legittima; ma, quand'anche si ritenesse illegittima, si è evidenziato che il ricorrente non aveva prodotto alcuna evidenza per documentare il danno asseritamente subìto, sicché l'istanza risarcitoria avanzata non sarebbe stata, comunque, degna di accoglimento, e ad analoga conclusione si giungeva anche in relazione alla doglianza in tema di spese maturate sul conto corrente colpito dalla misura esecutiva nel periodo in cui esso era stato reso indisponibile a parte ricorrente.

Osservazioni

La pronuncia in commento dà atto che la questione della qualificazione giuridica del condominio è stata, da tempo, affrontata dalla giurisprudenza di legittimità, con esiti non sempre collimanti.

Riguardo alla tematica che più ci interessa da vicino, i magistrati di Piazza Cavour non hanno, però, avuto soverchi dubbi nell'affermare che, al contratto concluso con il professionista dall'amministratore del condominio, “ente di gestione sfornito di personalità giuridica distinta da quella dei suoi partecipanti”, si applica la normativa a tutela del consumatore, argomentando dal fatto che l'amministratore agisce quale mandatario con rappresentanza dei vari condomini, i quali devono essere considerati consumatori, in quanto persone fisiche operanti per scopi estranei ad attività imprenditoriale o professionale (v. Cass. civ., sez. VI/II, 22 maggio 2015, n. 10679; Cass. civ., sez. III, 24 giugno 2001, n. 10086).

Si riconosce che, in altre occasioni, gli stessi ermellini, discostandosi da tale consolidato orientamento e argomentando dalle innovazioni introdotte con la riforma del condominio dalla l. n. 220/2012, sono giunti - sia pure in tema di c.d. legge Pinto, ossia di risarcimento del danno da irragionevole durata del processo - a conclusioni differenti, chiarendo che il condominio, pur privo di personalità giuridica e di autonomia patrimoniale perfetta, deve considerarsi sicuramente “dotato di soggettività giuridica autonoma” (v., soprattutto, Cass. civ., sez. un., 18 settembre 2014, n. 19663; cui adde Cass. civ., sez. VI/III, 29 marzo 2017, n. 8150, secondo cui, in materia di esecuzione forzata, “il condominio è soggetto distinto da ognuno dei singoli condomini, ancorché si tratti di soggetto non dotato di autonomia patrimoniale perfetta”).

La pronuncia in commento omette, però, di richiamare un altro arresto del supremo organo di nomofilachia, il quale ha sottolineato - sia pure sul versante processuale, ma con rilievi che, nelle premesse logiche, prendono le distanze dall'autorevole precedente - che, nelle controversie condominiali che investono i diritti dei singoli condomini sulle parti comuni, ciascun condomino ha, in considerazione della natura dei diritti contesi, un autonomo potere individuale, “concorrente, in mancanza di personalità giuridica del condominio, con quello dell'amministratore”, di agire e resistere a tutela dei suoi diritti di comproprietario pro quota, sicché è ammissibile il ricorso incidentale tardivo del condomino che, pur non avendo svolto difese nei precedenti gradi di merito, intenda evitare gli effetti sfavorevoli della sentenza pronunciata nei confronti del condominio senza risentire dell'analoga difesa già svolta dallo stesso (v. Cass. civ., sez. un., 18 aprile 2019, n. 10394).

Ad ogni buon conto, in disparte la vexata quaestio in ordine alla natura giuridica del condominio, la Corte di Giustizia U.E. - la quale, peraltro, era stata indotta in errore, dando per scontato che il condominio, nel diritto italiano, fosse dotato di piena soggettività giuridica, autonoma rispetto a quella del proprietari delle singole unità abitative inserite nell'edificio condominiale - ha ritenuto possibile l'estensione, in via interpretativa, ad opera della giurisprudenza nazionale delle norme consumeristiche derivanti dall'attuazione della direttiva n. 93/13, e ciò anche senza un intervento legislativo.

Ad esempio, in Germania, pur essendo statuito dalla legislazione vigente che il condominio ha una soggettività giuridica autonoma (anche se la capacità giuridica sia parziale e limitata) rispetto alla soggettività dei singoli componenti, e pur essendo la nozione di “consumatore” espressamente circoscritta dal § 13 del codice civile alle sole persone fisiche, la Corte di Cassazione tedesca non ha esitato a ritenere invocabile anche da parte del condominio l'applicazione delle norme di attuazione delle direttive europee di tutela del consumatore, ogni qual volta i contratti siano stati conclusi dall'amministratore per procurare beni o servizi destinati a soddisfare esigenze dell'edificio condominiale e delle parti comuni.

Invece, l'A.B.F., in controtendenza con una (quasi coeva) decisione di un magistrato meneghino - v. Trib. Milano 26 novembre 2020, il quale ha riconosciuto, invece, la qualifica di consumatore in capo al condominio, a seguito di un accertamento di “prevalenza” delle persone fisiche, all'interno della compagine condominiale, proprietarie di unità immobiliari dell'edificio - sul presupposto, appunto, che il condominio sia attualmente un soggetto giuridico autonomo e distinto rispetto alle persone che lo compongono, ha reputato, senza, però, una convincente motivazione, che tale natura giuridica precluda sia un'interpretazione estensiva della direttiva europea, che ha, di recente, trovato attuazione nel nostro ordinamento mediante il d.lgs. n. 206/2005 (c.d. Codice del consumo), sia un'applicazione delle tutele consumeristiche c.d. “di riflesso”, concludendo nel senso che il condominio è un “non consumatore” (definizione, quest'ultima, che di certo non brilla per eleganza giuridica).

Riferimenti

Cerri, Il condominio è qualificabile come consumatore? La questione rimessa alla Corte di Giustizia, in Corr. giur., 2020, 199;

Petrelli, La Corte di Giustizia dell'Unione Europea si pronuncia sull'applicabilità al condominio della disciplina consumeristica, in Condominioelocazione, 9 aprile 2020;

Trubiani, Applicabilità delle tutele consumeristiche al condominio: (nonostante l'intervento della Corte della Giustizia UE) un dubbio ancora da sciogliere, in Resp. civ. e prev., 2020, fasc. 5, 1502;

Spoto, Il condominio non è un consumatore ma ha le stesse tutele, in Corr. giur., 2020, 893;

Belli, Per la Corte di Giustizia UE il condominio in Italia può essere un consumatore, in Consulenza, 4 maggio 2020;

De Cristofaro, Diritto dei consumatori e rapporti contrattuali del condominio: la soluzione della Corte di Giustizia UE, in Nuova giur. civ. comm., 2020, 842;

Celeste, Il condominio diventa “consumatore” sia pure solo se le unità immobiliari dell'edificio risultino prevalentemente di proprietà di persone fisiche, in Condominioelocazione.it., 11 gennaio 2021.

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