Sulle nuove prove in appello nei giudizi di separazione e divorzio

Caterina Costabile
05 Marzo 2021

La Cassazione ha affrontato la questione afferente alla ammissibilità di nuovi mezzi di prova nel giudizio di appello avverso le sentenze di divorzio e di separazione personale.
Massima

Nel giudizio divorzile in appello, che si svolge, ai sensi della l. n. 898 del 1970, art. 4, comma 15, secondo il rito camerale, di per sé caratterizzato dalla sommarietà della cognizione e dalla semplicità delle forme, va esclusa la piena applicabilità delle norme che regolano il processo ordinario ed è quindi ammissibile l'acquisizione di nuovi mezzi di prova, in specie documenti, a condizione che sia assicurato un pieno e completo contraddittorio tra le parti

Il caso

La Corte d'appello aveva parzialmente riformato la decisione di primo grado che aveva dichiarato lo scioglimento del matrimonio contratto tra i coniugi Tizio e Caia, revocando l'assegno divorzile previsto in favore della moglie ed a carico del marito.

In particolare, la Corte d'appello aveva ritenuto che, alla luce delle complessive risultanze istruttorie, sussistesse un sostanziale "equilibrio" tra la condizione patrimoniale e la capacità di reddito della moglie e quelle del marito, con conseguente non debenza dell'assegno di divorzio a favore della prima.

Avverso tale decisione Caia ha proposto ricorso in Cassazione deducendo tra l'altro: 1) la violazione e falsa applicazione, ex art. 360 c.p.c., n. 3, artt. 2702 c.c. e segg. e art. 257-bis c.p.c., avendo la Corte d'appello basato la decisione su documenti nuovi, prodotti da Tizio solo in appello e da ella tempestivamente contestati; 2) la violazione e falsa applicazione, ex art. 360 c.p.c., n. 3, dell'art. 345 c.p.c., dovendo ritenersi inammissibili i documenti nuovi prodotti dall'appellante Caio.

La questione

La Cassazione ha affrontato la questione afferente alla ammissibilità di nuovi mezzi di prova nel giudizio di appello avverso le sentenze di divorzio e di separazione personale.

Le soluzioni giuridiche

Secondo il costante orientamento dei giudici di legittimità, il rito camerale previsto per l'appello avverso le sentenze di divorzio e di separazione personale, essendo caratterizzato dalla sommarietà della cognizione e dalla semplicità delle forme, esclude la piena applicabilità delle norme che regolano il processo ordinario (cfr. Cass. civ., sez. I, 20 gennaio 2006, n.1179; Cass. civ., sez. I, 06 luglio 2004, n.12309).

Pertanto, deve ritenersi ammissibile anche una produzione documentale al di fuori degli stretti limiti dettati dall'art. 345 c.p.c., purché sia garantito il diritto dell'altra parte ad interloquire sulla tardiva produzione documentale e quindi il principio del contraddittorio (cf. Cass. civ., sez. I, 13 aprile 2012, n.5876; Cass. civ., 27 maggio 2005, n.11319; Cass. civ., sez. I, 28 maggio 2003, n.8547).

Nel giudizio di divorzio in appello l'acquisizione dei mezzi di prova, e segnatamente dei documenti, è dunque ammissibile sino all'udienza di discussione in camera di consiglio, sempre che sulla produzione si possa considerare instaurato un pieno e completo contraddittorio, che costituisce esigenza irrinunciabile anche nei procedimenti camerali (cfr. Cass. civ., sez. VI, 08 giugno 2016, n.11784; Cass. civ., sez. I, 20 marzo 2014, n.6562).

Osservazioni

Com'è noto, l'appello avverso la sentenza di separazione personale dei coniugi o di divorzio, per espressa previsione di legge (artt. 23 l. n. 74/1987 e 4 l. n. 898/1970), è trattato e deciso in camera di consiglio. Tale previsione postula, secondo la S.C., che l'intero giudizio di impugnazione è regolato dal rito camerale (Cass. civ., sez. VI, 10 gennaio 2019, n.403; Cass. civ., sez. I, 13 ottobre 2011, n.21161).

Come correttamente osservato in dottrina, il rito camerale nei procedimenti di separazione e divorzio trova una propria obiettiva giustificazione nella necessità di dare agile veste formale a giudizi nei quali l'allegazione di fatti nuovi non incontra le consuete preclusioni previste dal rito ordinario. Si tratta d'una soluzione conforme all'esigenza di adattare il contenuto della sentenza di primo grado all'evolversi della situazione fattuale che valga a modificare le condizioni dei provvedimenti nell'interesse dei coniugi e della prole questo non soltanto utilizzando all'uopo il giudizio d'appello ma anche i giudizi di revisione, essi pure assoggettati al rito camerale, che permettono di modificare finanche le statuizioni contenute in sentenze di divorzio passate in giudicato.

La previsione del rito camerale comporta che la proposizione dell'appello avverso la sentenza di separazione personale dei coniugi o di divorzio si perfeziona con il deposito del relativo ricorso in cancelleria, nel termine perentorio di cui agli artt.325 e 327 c.p.c., costituendo, per converso, la notifica del ricorso e del decreto di fissazione dell'udienza un momento meramente esterno e successivo alla fattispecie processuale introduttiva del giudizio di impugnazione, funzionale soltanto all'instaurazione del contraddittorio.

Pertanto, il termine per la notifica del ricorso e del decreto presidenziale di fissazione dell'udienza di comparizione non ha carattere perentorio, sicché la sua inosservanza non comporta la dichiarazione di inammissibilità o improcedibilità dell'impugnazione, ma impone soltanto, ove l'appellato non si sia costituito, l'assegnazione di un nuovo termine, perentorio, mentre la sua avvenuta costituzione ha efficacia sanante del vizio di omessa o inesistente notifica, in applicazione analogica del regime previsto dagli artt. 164 e 291 c.p.c. (cfr. Cass. civ., sez. I, 07 ottobre 2014, n.21111; Cass. civ., sez. I, 08 novembre 2013, n.25211).

Ove l'appello sia stato introdotto con atto di citazione e non con ricorso, la nullità dell'impugnazione non risulta predicabile, in applicazione del generale principio di conservazione degli atti processuali, sempre che l'atto viziato abbia i requisiti formali indispensabili per il raggiungimento dello scopo, ed il relativo deposito nella cancelleria del giudice adito sia avvenuto entro i termini perentori fissati dalla legge (cfr. Cass. civ., sez. I, 10 agosto 2007, n.17645; Cass. civ., sez. I, 17 novembre 2006, n.24502).

I giudici di legittimità hanno, altresì, chiarito che il rito camerale, previsto per l'appello avverso le sentenze di divorzio e di separazione personale, da un lato, non preclude la proponibilità dell'appello incidentale (tardivo) indipendentemente dalla scadenza del termine per l'esperimento del gravame in via principale e dall'altro, risultando caratterizzato dalla sommarietà della cognizione e dalla semplicità delle forme, esclude la piena applicazione delle norme che regolano il processo ordinario e, in particolare, del termine perentorio fissato, per la relativa proposizione, dall'art. 343, comma 1, c.p.c., con la conseguenza che il principio del contraddittorio deve ritenersi rispettato per il solo fatto che il gravame incidentale sia portato a conoscenza della parte avversa entro limiti di tempo tali da assicurare a quest'ultima la possibilità di far valere le proprie ragioni mediante l'organizzazione di una tempestiva difesa tecnica. Da ciò consegue che la tardiva proposizione dell'appello incidentale non comporta l'inammissibilità del gravame, consentendo semmai all'appellante principale di ottenere, ove lo richieda, il differimento dell'udienza, per meglio articolare le proprie difese (cfr. Cass. civ., sez. I, 20 febbraio 2018, n.4091).

Riferimenti

Danovi, L'appello nella separazione e nel divorzio, in Famiglia e Diritto, 2017, 2, 180 ss.;

Ravera, Appello avverso la sentenza di separazione: si propone con ricorso e si applica il rito camerale, in Ilfamiliarista.it, 30 aprile 2019;

Tommaseo, Appello in cause di divorzio, rito camerale e deduzioni probatorie, in Famiglia e Diritto, 2008, 8-9, 772 ss.

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