Ricorso avverso cartella di pagamento per violazione del beneficio di preventiva escussione del patrimonio sociale.

Stanislao De Matteis

Formula

Corte di Giustizia Tributaria di Primo Grado DI ______________1 RICORSO AVVERSO

CARTELLA DI PAGAMENTO N.  …… EMESSA DA AGENZIA DELLE ENTRATE RISCOSSIONE

 

Tizio, nato a __________, il __________,  e residente in …….,  codice fiscale: ______________, elettivamente domiciliato in __________, via __________, presso lo Studio dell’Avv. __________, il quale lo rappresenta e difende giusta procura in calce al presente atto2;

  • Ricorrrente  –

 

 

Agenzia delle Entrate Riscossione;

  • Resistente -

 

P R E M E S S O CHE

  • in data __________ è stata notificata allo scrivente, a cura della Agenzia delle Entrate Riscossione,  la cartella di pagamento3 n. __________, con la quale si intima al ricorrente il pagamento dell’importo complessivo di Euro __________ a titolo di ___________, relativamente all’anno  di imposta________

Ciò premesso il contribuente

R I C O R R E

Contro il predetto atto per i seguenti motivi4:

Con l’unico motivo si denunzia la illegittimità della cartella di pagamento impugnata per mancata preventiva escussione del patrimonio sociale.

Si premette che la parte ricorrente è socio della società Alfa in nome collettivo ed in quanto tale è coobbligato illimitatamente responsabile.

La cartella è illegittima per violazione dell’art. 2304 c.c., secondo cui si può agire nei confronti dell’obbligato in via sussidiaria solo dopo esservi la prova della preventiva escussione del patrimonio sociale (laddove il debito portato dalla cartella impugnata per vizio proprio scaturisce, come nel caso in esame, da un avviso di accertamento per IVA ed IRAP emesso a carico della società e non impugnato).

Come chiarito dalla recente giurisprudenza di legittimità (Cass., Sezioni Unite Civili, n. 28709/2020), infatti, è onere dell’Amministrazione provare la totale incapienza patrimoniale della società, ciò che nel caso di specie non è stato provato.

Non solo. Con la documentazione allegata, si è infatti provata la sufficienza del patrimonio sociale a far fronte alla obbligazione tributaria portata dalla cartella.

Si chiede, previa sospensione dell’atto impugnato, l’accoglimento del ricorso per illegittimità della cartella impugnata.

 

PER QUESTI MOTIVI

Il sottoscritto, come rappresentato, domiciliato e difeso,

CHIEDE

all’Ill.maCorte di Giustizia Tributaria di Primo Grado adita di annullare la cartella di pagamento impugnata.

Ai sensi dell’art. 10 comma 6 del d.P.R. 115/2002 si dichiara che il valore della presente causa è stabilito in € __________ e che dunque viene versato un contributo unificato di importo pari ad € _______________5

 

Con vittoria di spese.

 

ISTANZA DI DISCUSSIONE IN PUBBLICA UDIENZA

Si chiede, altresí, ai sensi e per gli effetti dell'art. 33, comma 1, del D.Lgs. n. 546/1992, che il ricorso venga discusso in pubblica udienza6. Si fa riserva di produzione di memorie, in ragione delle difese della parte resistente, e si allega la seguente documentazione:

1. Atto impugnato;

2. _____________;

3. _____________

Luogo, data

Firma del difensore

 

________________

PROCURA7

    Tizio, nomina proprio procuratore alle liti l’Avv..., e per l'effetto, lo autorizza a rappresentarlo e difenderlo nel giudizio, conferendo allo stesso ogni più ampia facoltà di legge, ed eleggendo domicilio presso lo studio del predetto legale in __________, via _________

   Luogo, li ________________

 Firma del mandante

________________

Autentica della Firma

________________

 

[1] La competenza per territorio delle Corti di Giustizia Tributaria di Primo Grado e di Secondo Grado  deve essere determinata avendo riguardo al disposto dell’art. 4 del D.Lgs. n. 546/1992, come modificato dell’art. 9, comma 1, lett. b), del D.Lgs. n. 156/2015. Più in particolare, la competenza per territorio deve essere individuata secondo i seguenti criteri: a) per le controversie proposte nei confronti degli enti impositori, degli agenti della riscossione e dei soggetti iscritti all’albo di cui all’art. 53 del D.Lgs. n. 446/97, sono competenti le corti Tributarie nella cui circoscrizione i primi hanno la sede; b) per le controversie proposte nei confronti di articolazioni dell’Agenzia delle Entrate, con competenza su tutto o parte del territorio nazionale, sono competenti le Corti tributarie nella cui circoscrizione hanno sede, non le articolazioni medesime, ma l’ufficio al quale spettano le attribuzioni sul rapporto controverso.

[2] Occorre considerare che l’art. 12 del D.Lgs. n. 546/1992 contempla l’obbligo dell’assistenza in giudizio di un difensore abilitato, per le parti diverse dagli enti impositori, dagli agenti della riscossione, dai soggetti iscritti nell’albo di cui all’art. 53 del D.Lgs. n. 446/1997. L’obbligo non sussiste per le controversie il cui valore non sia maggiore di tremila euro, calcolato sulla base dell’importo del tributo, al netto degli interessi e delle eventuali sanzioni. In caso di difetto di rappresentanza di assistenza o di autorizzazione, o in caso di vizio che determina la nullità della procura al difensore, si applica, per espresso rinvio dell’art. 12, la disciplina dell’art. 182 c.p.c. Possono essere abilitati all’assistenza tecnica: -gli avvocati, i commercialisti (iscritti nella sezione A del relativo albo), i consulenti del lavoro; -se iscritti nell’elenco tenuto a cura del Dipartimento delle finanze del Ministero dell’economia e delle finanze ed in possesso degli ulteriori requisiti richiesti per ciascuna categoria, a titolo esemplificativo:  gli impiegati delle carriere dirigenziale; gli ufficiali e ispettori della guardia di finanza; i dipendenti delle associazioni di categoria rappresentate dal CNEL, e i dipendenti delle imprese, o delle loro controllate; i dipendenti dei centri di assistenza fiscale (CAF) e delle relative società di servizi, limitatamente alle controversie dei propri assistiti, se scaturite da adempimenti per i quali i CAF hanno prestato assistenza. L’elenco di cui sopra è tenuto secondo le modalità stabilite nel decreto del Ministero dell’economia e delle finanze, sentito il Ministero della giustizia, congiuntamente alla determinazione delle ipotesi di incompatibilità, diniego, sospensione e revoca della iscrizione, anche sulla base dei principi contenuti nel codice deontologico forense. Allo stato attuale il decreto è in fase di approvazione; -se iscritti nei relativi albi professionali, e per le controversie concernenti l’intestazione, la delimitazione, la figura, l’estensione, il classamento dei terreni e la ripartizione dell’estimo di una particella e la consistenza, il classamento delle unità immobiliari e l’attribuzione della rendita catastale: gli ingegneri, gli architetti, i geometri, i periti industriali, i dottori agronomi e forestali, gli agrotecnici, i periti agrari; -se iscritti nel relativo albo e per le controversie relative ai tributi doganali: gli spedizionieri doganali. I soggetti  indicati possono stare in giudizio personalmente limitatamente alle controversie rientranti nell’ambito della loro attività.

[3] Occorre specificare la tipologia di atto dell’Amministrazione finanziaria oggetto di contestazione. Sono impugnabili esclusivamente gli atti, rientranti nella giurisdizione tributaria i cui limiti sono tracciati secondo i criteri di cui all’art. 2 del D.Lgs. n. 546/1992, di cui all’art. 19 dello stesso decreto. Tuttavia a riguardo va considerato che, in accordo con un orientamento ormai consolidato della Suprema Corte, l’elencazione degli atti impugnabili contenuta nell' art. 19 del d.lgs. n. 546 del 1992 ha natura tassativa, ma non preclude la facoltà di impugnare anche altri atti, ove con gli stessi l'Amministrazione porti a conoscenza del contribuente una ben individuata pretesa tributaria (Cass. Civ., n. 3775/2018).

[4] Sono indicati di seguito, in via esemplificativa, alcuni “tipici” motivi di ricorso contro le cartelle esattoriali.

[5] Per la determinazione del contributo unificato tributario si deve prendere in considerazione la somma del tributo portato dall’atto impugnato, al netto delle eventuali sanzioni e/o interessi. Nel caso di atto relativo alle sole sanzioni pecuniarie, il contributo unificato andrà calcolato sulla base del valore delle stesse.

[6] In mancanza di tale istanza, il ricorso viene trattato in camera di consiglio.

[7] L’incarico deve essere conferito: con atto pubblico o scrittura privata autenticata; in calce o a margine di un atto nel processo, con certificazione dello stesso incaricato dell’autografia della sottoscrizione; oralmente in udienza pubblica, dandone atto nel verbale.

Inquadramento

Le Sezioni Unite Civili della Cassazione sono state chiamate a decidere se, in tema di riscossione coattiva tributaria a mezzo ruolo, in caso di mancata preventiva escussione del patrimonio sociale, il socio di una s.n.c., coobbligato illimitatamente responsabile, possa impugnare la cartella di pagamento deducendone, quale vizio proprio, la violazione dell’art. 2304 c.c. Il nodo problematico si inscrive entro la più ampia – e complessa – questione della responsabilità solidale d’imposta del socio di società di persone. La formula contiene il ricorso davanti al giudice chiamato a decidere sull’impugnazione della cartella di pagamento ricevuta dall’obbligato in via sussidiaria in relazione ad un debito dell’obbligato principale che scaturisce da un avviso di accertamento non impugnato.

Commento

Le Sezioni Unite Civili con la sentenza n. 28709/2020 hanno posto fine ad una questione interpretativa in ordine alla possibilità del socio illimitatamente responsabile, e quindi coobbligato in solido con la società in nome collettivo, in accomandita semplice e per azioni, di poter impugnare dinnanzi al giudice tributario la cartella notificatagli nella sopra detta qualità, eccependo la violazione del beneficio di preventiva escussione del patrimonio sociale.

Per meglio inquadrare la questione va precisato che si è in tema di riscossione ed esecuzione a mezzo ruolo di tributi il cui presupposto impositivo si è realizzato in capo alla società e la cui debenza risulti da un avviso di accertamento notificato alla società stessa e da questa non impugnato: in tal caso il socio si duole, appunto, della mancata preventiva escussione del patrimonio sociale da parte dell'Amministrazione ovvero, come si legge dalla sentenza sopra detta, della mancata prova, posta a carico dell'Amministrazione stessa, della totale incapienza del patrimonio sociale.

Sussiste in tal caso la giurisdizione del giudice tributario in quanto la sua cognizione si estende sino all'inizio della fase dell'esecuzione forzata, sicché sono sottratte alla giurisdizione tributaria le sole controversie attinenti alla fase dell'esecuzione forzata, mentre quelle scaturite dall'impugnazione degli atti prodromici all'esecuzione, quali la cartella di pagamento o l'intimazione di pagamento, se autonomamente impugnabili ai sensi del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 19, sono devolute alla giurisdizione delle Corti di Giustizia Tributaria di Primo Grado e di Secondo grado.

Non può ritenersi condivisibile la tesi secondo cui la violazione della sussidiarietà dell'obbligazione, introdotto mediante la denuncia di violazione del beneficium excussionis, previsto dall'art. 2304 c.c., non possa trovare ingresso nella fase antecedente all'inizio dell'esecuzione forzata, salvo che nel caso in cui sia stata notificata l'intimazione ad adempiere prevista dal D.P.R. n. 602 del 1973, art. 50.

La tesi non può essere seguita, perché comporta un vistoso vuoto di tutela per il coobbligato sussidiario, che sarebbe costretto ad aspettare il pignoramento, per natura invasivo della sua sfera giuridica, per far valere l'improcedibilità dell'azione esecutiva, oppure a sperare, per poterlo fare, che gli sia notificata l'intimazione ad adempiere, la quale è soltanto eventuale (D.P.R. n. 602 del 1973, art. 50, comma 2 e del cit. D.L. n. 78 del 2010, art. 29, comma 1, lett. e), come convertito).

Del resto in caso d'impugnazione dell'accertamento esecutivo (c.d. atto impoesattivo), si realizza l'accorpamento in un solo atto delle funzioni di atto impositivo, titolo esecutivo e precetto. Eliminata l'iscrizione a ruolo, non v'è più necessità di notificare la cartella di pagamento. Sicché il coobbligato deve ricevere la notificazione dell'accertamento esecutivo, e non può che impugnarlo dinanzi al giudice tributario.

Ciò precisato in termini di riparto di giurisdizione, la questione della violazione del beneficium excussionis si pone nell'ordinaria dinamica processuale tra parti contrapposte.

E precisamente l'inoperatività della responsabilità sussidiaria, è, quanto al rapporto società/soci, la dimostrazione che la società ha la capacità patrimoniale di soddisfare i propri debiti (Cass. 8 luglio 1983, n. 4606; 3 marzo 2011, n. 5136). La responsabilità sussidiaria può difatti scattare soltanto quando il creditore non riesca a soddisfarsi, in tutto o in parte, sui beni dell'obbligato principale.

Si tratta, quindi, di una questione di prova di esistenza, o di inesistenza, di quella capacità.

Per cui nella società semplice (e nelle società irregolari) è sul socio che incombe l'onere di provare che il creditore può agevolmente soddisfarsi sul patrimonio sociale (arg. da Cass. 15 dicembre 1990, n. 11921 e da Cass. n. 7000/2003, cit.).

Nel caso della società in nome collettivo e di quelle in accomandita semplice e per azioni l'onere della prova si rovescia: qui è il creditore a dover provare l'insufficienza del patrimonio sociale.

Queste diverse modalità processuali si spiegano nel sistema del codice civile per la diversa condizione giuridica della società registrata rispetto a quella non registrata: è soltanto in relazione alla prima, difatti, che il creditore sociale è posto in grado di conoscere, attraverso la pubblicità del contratto sociale e delle sue modificazioni, i conferimenti dei soci e le loro successive vicende, sicché il socio è giustamente dispensato dall'onere d'indicargli i beni sui quali potersi soddisfare. Una scelta analoga a quella relativa alla società registrata è stata adottata in favore del cessionario d'azienda o di ramo di essa (D.Lgs. n. 472 del 1997, ex art. 14)

Le modalità della prova divengono poi tanto più gravose, e il coefficiente di rischio di soccombenza aumenta, quanto più dubbie siano le circostanze. Così, quando risulti aliunde dimostrata in modo certo l'insufficienza del patrimonio sociale per la realizzazione anche parziale del credito (ad esempio, in caso in cui la società sia cancellata), non c'è necessità per il creditore di sperimentare l'azione esecutiva sul patrimonio della società (Cass. n. 4606/1983, cit.). Sul versante opposto, anche l'esito negativo del pignoramento presso terzi è inidoneo a far ritenere certa l'incapienza del patrimonio societario, potendo la società disporre di altri beni sufficienti a garantire il soddisfacimento del credito (così Cass. n. 5136/2011, cit.).

Sicchè se l'amministrazione prova la totale incapienza patrimoniale, il ricorso proposto dal socio coobbligato andrà respinto. Se, invece, il coobbligato beneficiato prova la sufficienza del patrimonio, il ricorso andrà accolto. Se la prova della capienza è parziale, il ricorso sarà accolto negli stessi limiti. Se nessuna prova si riesce a dare, l'applicazione della regola suppletiva posta dall'art. 2697 c.c., comporterà che il ricorso sarà accolto o respinto, a seconda che l'onere della prova gravi sul creditore, oppure sul coobbligato sussidiario.

E l'accoglimento, totale o parziale, del ricorso non potrà che condurre al corrispondente annullamento della cartella nei confronti del socio. Il che esclude in radice che si ponga il problema della decadenza.

Il coobbligato beneficiato, inoltre, non decade dal diritto di far valere il beneficio sicchè, se non lo fa valere impugnando la cartella, lo potrà fare contro l'eventuale intimazione successiva e, in mancanza, impugnando il pignoramento, ma stavolta dinanzi al giudice dell'esecuzione: e ciò perché la natura sussidiaria della propria obbligazione resta tale anche se non la si fa valere immediatamente.

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