Ancora un passo verso l'operatività dell'EPPO: l'Italia adotta le proprie norme interne

Andrea Venegoni
08 Marzo 2021

E' stato pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale del 5 febbraio 2021 il d.lgs n. 9/2021 con cui l'Italia ha adottato disposizioni per l'adeguamento della normativa nazionale al regolamento UE 2017/1939 istitutivo della Procura Europea (c.d. EPPO)...
Premessa

E' stato pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale del 5 febbraio 2021 il d. lgs n. 9/2021 con cui l'Italia ha adottato disposizioni per l'adeguamento della normativa nazionale al regolamento UE 2017/1939 istitutivo della Procura Europea (per indicare la quale, come d'abitudine non solo in moltissimi scritti sul tema, ma ormai anche nella legislazione italiana - come dimostra lo stesso decreto legislativo in commento - si userà l'acronimo “EPPO”, dalla denominazione inglese European Public Prosecutor's Office). Un passo atteso, peraltro ineludibile, ed un ulteriore avanzamento verso l'inizio dell'attività dell'Ufficio, in quanto il nostro Paese era rimasto uno degli ultimi Stati partecipanti a non avere adottato le norme interne di adeguamento alla normativa europea. Dal punto di vista formale, mancano ancora pochi adempimenti, il principale dei quali è la designazione dei procuratori europei delegati. Poi, si entrerà nel vivo ed allora dubbi, osservazioni e commenti di tutti questi anni si confronteranno con la realtà delle indagini.

Con il d.lgs. n. 9/2021, l'Italia adempie alla necessità - propria di tutti gli Stati partecipanti - di adottare i provvedimenti interni per permettere il funzionamento dell'EPPO.

Per quanto, infatti, l'Ufficio sia stato creato con regolamento dell'Unione (regolamento UE 2017/1939 del 12.10.2017) e quindi con normativa direttamente applicabile, una innovazione così rilevante e con implicazioni così estese, dalla procedura penale all'ordinamento giudiziario, necessitava forzatamente di qualche intervento a livello nazionale perché il nuovo ufficio possa iniziare ad operare.

Peraltro, poiché, come molti sanno, il regolamento prevede che la legge applicabile alle indagini penali che l'EPPO andrà ad iniziare da qui a poco sia quella nazionale dello Stato in cui l'indagine è aperta, la normativa processual-penalistica interna di adattamento non aveva bisogno, almeno in Italia, di modifiche radicali e strutturali.

Ciò di cui vi era bisogno, invece, ed è ciò su cui ci si concentrerà maggiormente in questo testo, era la normativa sugli aspetti organizzativi e sullo status dei magistrati italiani che faranno parte dell'EPPO, un versante su cui, questa volta, non poteva in effetti esistere normativa preesistente, che tocca questioni molto delicate per gli aspetti anche di ordinamento giudiziario che esso coinvolge, confermando così la grande portata innovativa del nuovo organismo dell'UE.

E' importante, poi, tenere conto che, poiché la disciplina complessiva del funzionamento della Procura Europea è molto articolata e consiste in una serie di atti normativi e regolamentari, sia a livello nazionale che europeo, le norme del presente decreto devono essere lette in coordinamento con altre disposizioni: non solo, ovviamente, il regolamento UE 1939/2017, ma anche le regole interne di cui l'EPPO ha già iniziato a dotarsi, in quanto, come noto, l'Ufficio è già costituito in quello che si definisce il “livello centrale”, il Collegio, con sede a Lussemburgo, composto dai singoli Procuratori Europei per ogni Stato.

Ci si riferisce, in particolare, alle Regole interne di procedura (Internal rules of procedure) adottate dal Collegio dell'EPPO, pubblicate in italiano sulla Gazzetta Ufficiale dell'Unione Europea del 21.1.2021, ed alle “Condizioni di Impiego dei PED”, adottate, sempre dal Collegio, con decisione 1/2020 del 29.9.2020 e consultabili, anche in italiano, sul sito https://ec.europa.eu/info/sites/info/files/2020.001_conditions_of_employment_edps_translation-it.pdf.

La nomina e lo status del procuratore europeo per l'Italia

Il decreto detta la disciplina per la procedura ordinaria di nomina del Procuratore europeo per l'Italia, cioè il magistrato che siede nell'ufficio centrale dell'EPPO a Lussemburgo, il c.d. collegio, e si occupa del suo status nell'ordinamento nazionale. La procedura descritta nel decreto è quella che varrà per il futuro, perché, in realtà, tra aprile e ottobre 2019, una prima procedura è già stata espletata per la nomina dell'attuale magistrato italiano con tale qualifica (il quale si è insediato a settembre 2020 e resterà in carica tre anni), atteso che, a livello centrale, il collegio è già stato costituito e ha già iniziato ad operare sugli aspetti organizzativi dell'EPPO. La prima disciplina di tale procedura era provvisoriamente prevista nell'art. 4, commi da 4 a 8, della legge delega n. 117 del 2019 (il cui termine per l'esercizio della delega è stato prorogato in virtù della normativa anti-Covid).

Nella disciplina del d.lgs. n. 9/2021, agli artt. 2 e 3, tra gli altri aspetti, spiccano due elementi:

1) l'individuazione della rosa di tre candidati è effettuata di concerto tra Consiglio Superiore della Magistratura e Ministro della Giustizia, ma con un ruolo preminente del primo, cui spetta anche l'ultima parola;

2) il Procuratore europeo per l'Italia è collocato fuori ruolo.

È bene ricordare, in breve, che, secondo quanto prevede lo stesso regolamento europeo, la nomina del Procuratore Europeo per ogni Stato non è compiuta dallo Stato medesimo, ma dal Consiglio dell'Unione Europea (art. 16 regolamento 2017/1939), previa valutazione dei candidati da parte di un comitato di selezione europeo (art. 14 comma 3). Il compito di ogni Stato è quello di individuare, previa selezione interna, ed inviare alle istituzioni europee una rosa di tre nomi. Per ciascuno Stato, poi, i tre candidati sono soggetti a valutazione da parte del suddetto comitato di selezione, anche tramite un colloquio, il quale forma una graduatoria che non è necessariamente vincolante per il Consiglio. Quindi il Consiglio dell'Unione designa, con propria decisione che può tenere conto della graduatoria - mentre il parere del comitato è vincolante solo in caso di giudizio negativo su un candidato -, il Procuratore europeo per ciascuno Stato.

La disciplina italiana ha, quindi, la funzione di disegnare la prima parte della procedura per arrivare all'indicazione della terna con i nominativi da inviare all'UE per la seconda fase, che, invece, è interamente europea e disciplinata dalla normativa dell'Unione.

In questo senso, il primo dei due dati sopra evidenziati, e cioè il ruolo preminente del CSM, conferma implicitamente la natura strettamente attinente alla giurisdizione dell'attività del procuratore europeo. Del resto, anche senza tornare in questa sede in maniera diffusa sulle sue funzioni, basta ricordare che, secondo il regolamento UE 2939/2017, egli ha, tra l'altro, il compito di supervisionare le indagini condotte negli Stati dai procuratori europei delegati (art. 12 comma 1), di far parte di una delle camere permanenti a livello centrale (art. 10) per decidere sugli aspetti essenziali delle indagini assegnate alla relativa camera (rinvio a giudizio o archiviazione, allocazione dell'indagine nel caso di potenziale conflitto tra PED) e, in casi eccezionali, ha il potere di condurre egli stesso l'indagine (art. 28 comma 4), per cui svolge senza dubbio una funzione che può certamente definirsi giudiziaria. A conferma di ciò, pur essendo fuori ruolo, il periodo di servizio come Procuratore europeo è espressamente escluso dal computo del termine decennale, che oggi, ai sensi dell'art. 1, comma 68, l. n. 190/2012 (c.d. legge Severino) rappresenta il termine massimo di permanenza fuori ruolo per un magistrato ordinario. In questo senso, la sua funzione è trattata, a questi specifici fini, alla stregua dei “fuori ruolo” puramente giudiziari, ed in particolare degli incarichi dei magistrati come componenti di corti internazionali, già esclusi dal termine di dieci anni dalla suddetta legge.

E, tuttavia, e questo è il secondo elemento che vale la pena sottolineare, egli è, appunto, collocato fuori ruolo.

La norma chiarisce così un aspetto su cui vi erano teorie diverse. Se, infatti, da un lato, il fatto che il magistrato nominato quale Procuratore europeo per l'Italia sieda all'estero, appartenga ad un ufficio estraneo allo Stato ed alla giurisdizione italiana, che provvede anche al pagamento della sua retribuzione, e svolga un'attività che, per una parte, consista nella supervisione di indagini più che di indagine in senso stretto, giustificavano il suddetto regime, dall'altro si tratta pur sempre di magistrato che, tra le sue funzioni, ha anche quella di esercitare, o di contribuire ad esercitare, l'azione penale davanti all'autorità giudiziaria italiana, e questo poteva far propendere verso la configurazione di uno status “in ruolo”.

La verità è che si tratta di una figura del tutto nuova nel nostro sistema giudiziario, che non ha precedenti, per cui il suo inquadramento non era, e non è, semplice, tanto è vero che il fatto che sia designato con un ruolo determinante del CSM, in quanto incarico prevalentemente giudiziario, ma sia collocato fuori ruolo, potrebbe quasi suonare come una contraddizione.

È vero, si potrebbe obiettare, che anche per i componenti delle Corti internazionali la procedura prevede l'autorizzazione da parte del CSM ed il collocamento fuori ruolo per lo svolgimento di una funzione puramente giudiziaria, ma la particolarità dell'EPPO è che esso, a differenza degli altri incarichi giudiziari esteri, svolge la sua attività inquirente anche secondo la normativa italiana, e, come detto, esercita l'azione penale davanti all'A.G. italiana.

Mentre, cioè, di regola un magistrato collocato fuori ruolo, anche per lo svolgimento di funzioni giurisdizionali in Corti internazionali, esce funzionalmente dalla giurisdizione italiana, in questo caso l'EPPO mantiene, per la natura del suo lavoro, un ruolo ben saldo all'interno di quest'ultima, così come in quelle degli altri Stati partecipanti.

Il legislatore delegato ha scelto, comunque, il collocamento fuori ruolo, temperato dall'esonero dal limite decennale.

Per il resto, è interessante sottolineare il limite di età posto dalla normativa nazionale, secondo cui possono prestare la loro disponibilità, ai fini della formazione della rosa di tre nomi, i magistrati italiani che, alla data di presentazione della dichiarazione, non hanno compiuto il cinquantanovesimo anno di età ed hanno conseguito almeno la quarta valutazione di professionalità.

Se il secondo requisito si giustifica agevolmente nel volere considerare solo magistrati dotati di una certa anzianità di servizio ed esperienza per svolgere un compito così nuovo e delicato, il primo requisito si spiega con la normativa europea in materia pensionistica.

Poiché il Procuratore europeo diventa, a tutti gli effetti, anche un dipendente dell'Unione Europea, soggetto alle Staff Regulations di questa, evidentemente l'età pensionabile dei funzionari dell'Unione (66 anni, secondo l'art. 52 delle Staff Regulations) e la durata dell'incarico di sei anni hanno determinato tale limite di età per la dichiarazione di disponibilità, in modo da permettere al Procuratore Europeo di compiere il pieno mandato di sei anni fino al raggiungimento dell'età pensionabile prevista dalla normativa europea.

La nomina dei procuratori europei delegati per l'Italia

I procuratori europei delegati (PED) sono, in estrema sintesi, i magistrati dell'EPPO che conducono le indagini in ciascuno Stato Membro, sotto la supervisione del Procuratore Europeo a livello centrale.

Il d.lgs. n. 9/2021 tratta di numerosi aspetti relativi alle funzioni ed allo status dei PED. Come si è detto in apertura di questo scritto, la materia dei PED deve necessariamente essere esaminata anche alla luce della decisione n. 1/2020 del Collegio dell'EPPO, relativa alle condizioni di impiego degli stessi.

Quanto alla nomina, la stessa è, nella fase nazionale, ad esclusivo appannaggio del Consiglio Superiore della Magistratura, il quale delibera previamente i criteri e la procedura per la valutazione delle dichiarazioni di disponibilità, sempre all'interno dei requisiti generali previsti dal regolamento 1939/2017.

È recentissima la relativa delibera, adottata dal CSM nella seduta del 25.2.2021. La stessa prevede che possano presentare la dichiarazione di disponibilità per ricoprire il ruolo di PED i magistrati italiani con le seguenti caratteristiche:

- non abbiano compiuto il cinquantanovesimo anni di età;

- abbiano conseguito la terza valutazione di professionalità;

- abbiano una conoscenza adeguata della lingua inglese;

- siano in possesso dei requisiti di cui all'art. 17 del Regolamento (UE) 2017/1939.

Poiché, come si vedrà, i PED non sono collocati fuori ruolo, ma restano magistrati in ruolo, l'età pensionabile è quella ordinaria dei magistrati italiani (70 anni). Potendo un PED, ai sensi dell'art. 17, comma 1, regolamento 1939/2017, restare in carico fino a 10 anni (5 anni rinnovabili), questo spiega il limite di età di 59 anni per poter compiere un intero mandato.

La conoscenza della lingua inglese è necessaria perché in molti casi, ed in particolare nelle indagini transnazionali che coinvolgono altri Stati EPPO, si potrà porre la necessità per il PED italiano di venire a contatto diretto con il PED di un altro Stato EPPO, in base a quella che è una delle caratteristiche principali delle indagini transnazionali dell'EPPO, che superano tutti gli strumenti di cooperazione finora esistenti, ai sensi dell'art. 31 regolamento UE 1939/2017.

Inoltre, il PED potrà venire a contatto con i magistrati del Collegio a livello centrale, ed in particolare non solo del Procuratore Europeo per l'Italia, ma anche con quelli degli altri Paesi che, per ipotesi, dovessero comporre la camera permanente alla quale è assegnato lo specifico caso italiano. La possibilità di dialogare direttamente e personalmente tra tutti i magistrati dell'EPPO e di utilizzare una lingua comune, individuata nell'inglese, è quindi essenziale per il buon funzionamento dell'ufficio.

I requisiti dell'art 17 del regolamento sono molto ampi e consistono nel fatto di essere “membri attivi delle procure o della magistratura dei rispettivi Stati membri che li hanno designati”, di offrire “tutte le garanzie di indipendenza” e di possedere “le qualifiche necessarie e una rilevante esperienza pratica relativa al loro sistema giuridico nazionale”.

Il decreto n. 9 del 2021 e la delibera del 24.2.2021 del CSM hanno, poi, specificato il requisito dell'esperienza necessaria nel senso di dare specifico rilievo per la selezione a quella “maturata dal magistrato nella conduzione di indagini relative a reati contro la pubblica amministrazione e in materia di criminalità economica e finanziaria, in particolare se commessi in danno degli interessi finanziari dell'Unione Europea, nonché le sue competenze nel settore della cooperazione giudiziaria internazionale con particolare riguardo alla materia penale”.

Individuati i candidati, in base al numero di PED assegnati all'Italia ed alle sedi sul territorio nazionale, il CSM trasmette i nominativi al procuratore capo europeo, il quale procede alla nomina.

Due aspetti interessanti, nella delibera del CSM del 25.2.2021, sono quelli cui fa riferimento l'art. 1.

Il primo, secondo cui non si applica il termine di legittimazione di cui all'art. 194 r.d. n. 12/1941, si riferisce al termine quadriennale per i trasferimenti ordinari dei magistrati. Il dubbio è se questo termine valga solo “in entrata”, cioè per entrare a far parte dei PED, cosicché ciò significherebbe che anche magistrati che occupano un posto da meno di 4 anni possono dare la loro disponibilità come candidati PED, o anche “in uscita”, se cioè, una volta nominato, un PED, il cui mandato, come detto, dura 5 anni, possa in realtà ritornare nella giurisdizione italiana non solo prima di tale termine, ma anche prima del termine di 4 anni per la legittimazione ai trasferimenti previsto dalla legge italiana.

Dal combinato disposto della suddetta previsione nella delibera del CSM e dell'art. 24 delle Condizioni di Impiego dei PED, in cui si prevede che un PED può risolvere il proprio rapporto di lavoro con l'EPPO anticipatamente con un preavviso di tre mesi, sembra dedursi che in qualunque momento un PED possa abbandonare la propria funzione presso l'EPPO, con il suddetto preavviso, e rientrare nella giurisdizione nazionale, quindi anche prima del compimento del termine ordinario di legittimazione di 4 anni, che nella specie, appunto, non si applica per espressa disposizione.

L'altro riferimento, nell'art. 1 della delibera, all'art. 13, commi 3, 4 e 5, d.lgs. n. 160/2006 indica che, come in tutti i trasferimenti ordinari, il passaggio all'EPPO come PED di un magistrato italiano che esercita funzioni giudicanti – possibilità ammessa pacificamente anche dal suddetto art. 17 del regolamento 1939/2017 - richiede il parere per il mutamento della funzione, esercitando il PED funzione requirente.

L'organizzazione dei PED

La procedura per la nomina dei PED presuppone, poi, due ulteriori passaggi: l'individuazione del numero di PED presenti in Italia e la loro organizzazione interna, in termini prima di tutto di collocazione territoriale.

Si tratta di due aspetti ancora non definiti, e tuttavia necessari per il funzionamento dell'EPPO.

L'art. 13, comma 2, del regolamento UE 1939 del 2017, dopo avere posto l'unico limite della presenza di almeno due procuratori europei delegati per ciascuno Stato afferma che:

“il procuratore capo europeo, dopo essersi consultato e aver raggiunto un accordo con le competenti autorità degli Stati membri, approva il numero dei procuratori europei delegati nonché la ripartizione funzionale e territoriale delle competenze tra i procuratori europei delegati all'interno di ciascuno Stato membro”.

Nel momento in cui si scrive, l'Italia non ha ancora definito il numero di PED e la loro sede o sedi.

Quanto allo svolgimento dell'attività, il regolamento prevede la possibilità di un esercizio part-time delle funzioni di PED (art. 13, comma 3). Si tratta di una norma pensata soprattutto per i Paesi con un numero non elevato di casi EPPO o con una struttura giudiziaria di ridotte dimensioni, nei quali la destinazione anche di soli tre o quattro magistrati alle funzioni di PED, e la loro “sottrazione” alle funzioni ordinarie, poteva creare importanti problemi organizzativi. Per questo, il regolamento prevede la possibilità dello svolgimento della funzione part-time. Anche se questo, si può ipotizzare, non sarà il caso dell'Italia, il suddetto art. 6 prevede che, qualora i PED continuino a svolgere anche le mansioni di procuratore nazionale, gli stessi godranno di esonero parziale dall'attività giudiziaria ordinaria nazionale per la parte corrispondente a quella di esercizio delle funzioni di PED.

Quello che è certo, perché è esplicitato nell'art. 9 d.lgs. n. 9/2021, e comunque ricavabile dal regolamento, è che i PED saranno gli unici magistrati autorizzati a trattare i procedimenti di competenza dell'EPPO, sia nel corso delle indagini che in udienza, e che il loro ruolo si svolgerà fino alla definizione del procedimento. Gli stessi, quindi, dovrebbero partecipare non solo al giudizio di primo grado, ma anche al giudizio di appello e all'eventuale giudizio in cassazione.

Non sembra, quindi, possibile per i PED essere sostituiti in udienza da magistrati nazionali o vice-procuratori onorari.

Ugualmente, per quanto essi siano assegnati a sedi determinate, lo stesso art. 9 precisa che essi esercitano le funzioni requirenti su tutto il territorio nazionale, indipendentemente dalla sede di assegnazione.

L'incarico di PED si presenta, quindi, a prima vista, particolarmente oneroso perché, anche se i procedimenti, specie nella fase iniziale, non dovessero essere particolarmente numerosi, è prevedibile che i magistrati saranno impegnati in frequenti spostamenti territoriali o per compiere atti di indagine, qualora non volessero delegarli alla polizia giudiziaria (e tenendo conto che non dovrebbero poterli delegare al magistrato nazionale del luogo) o per partecipare ai processi. La pratica, comunque, chiarirà meglio questi aspetti del lavoro del PED.

Si è già accennato come i PED, pur operando per una giurisdizione diversa da quella nazionale, siano comunque magistrati “in ruolo”. Essi, a differenza dei Procuratori Europei, non diventano (anche) dipendenti dell'Unione Europea, ma assumono il ruolo di “special advisors”, una figura prevista dalle Staff Regulations dell'Unione che permette ad un soggetto esterno alla funzione pubblica europea di svolgere attività per conto di essa.

Questo, però, proprio perché gli stessi rimangono anche magistrati italiani “in ruolo”, comporta una serie di complesse implicazioni in termini di disciplina di vari aspetti della loro vita professionale mentre ricoprono la funzione di PED.

Certamente rilevanti sono, tra le altre, quelle che attengono alle valutazioni di professionalità ed agli aspetti disciplinari.

Le valutazioni di professionalità e la responsabilità disciplinare dei PED

Quanto alle prime, i PED rimangono soggetti alle ordinarie valutazioni di professionalità dei magistrati italiani da parte del CSM, e, per queste, l'organo di autogoverno riceve dall'EPPO un rapporto sull'attività del magistrato italiano come PED.

Da notare, al riguardo, che, secondo l'art. 12 delle Condizioni di impiego dei PED approvate internamente all'EPPO (la già citata Decisione 1/2020 del Collegio), la carriera del procuratore europeo delegato avanza su una scala di 8 livelli e che ogni tre anni il procuratore europeo delegato passa al livello successivo, a meno che il collegio non abbia ritenuto le sue prestazioni non soddisfacenti in almeno due dei tre esercizi di valutazione precedenti.

I livelli ed i passaggi sono rilevanti anche ai fini retributivi, come descritti nell'art. 14.

In altre parole, come ricordato espressamente nell'art. 13, i PED sono soggetti a valutazione interna dell'EPPO ogni due anni, per cui può concludersi che un PED è soggetto ad un doppio livello di valutazione di professionalità: uno interno all'EPPO biennale, che è rilevante anche per il passaggio di livello triennale e di retribuzione, ed uno da parte del CSM, l'ordinaria valutazione di professionalità.

Quanto ai profili disciplinari, un PED, restando allo stesso tempo anche magistrato nazionale, è soggetto a tale giurisdizione sia per fatti commessi al di fuori dell'esercizio delle funzioni di PED, che per fatti commessi nello svolgimento di tali funzioni.

È interessante, in primo luogo, quanto afferma l'art. 12, comma 1, d.lgs. n. 9/2021, secondo cui i provvedimenti disciplinari adottati dallo Stato nei confronti di un magistrato che svolge la funzione di PED, ma non riconducibili a quest'ultima, sono eseguiti solo previa comunicazione al procuratore capo europeo.

Si tratta di un principio presente anche nel regolamento e che ha il chiaro intento di evitare che il sistema disciplinare nazionale possa essere strumentalizzato da uno Stato partecipante all'EPPO per rimuovere o trasferire un magistrato che, come PED, stava conducendo indagini che, per la natura dei procedimenti EPPO, potrebbero essere molto delicate per l'oggetto ed i soggetti coinvolti. In questo senso, non sembra errato affermare che l'appartenenza all'EPPO si risolva, per il singolo magistrato, in una maggiore garanzia di indipendenza.

Per i fatti connessi allo svolgimento della funzione di PED, per contro, il magistrato potrebbe essere soggetto ad un doppio livello di responsabilità disciplinare: quella interna dell'EPPO e quella dello Stato.

La prima è prevista dall'art. 18 delle Condizioni di impiego dei PED, il quale fonda la responsabilità disciplinare su una condotta descritta molto genericamente come “mancanza agli obblighi professionali” accompagnata dall'elemento soggettivo della volontarietà o negligenza. Una descrizione, quindi, molto generica e per nulla tipizzata. Peraltro, lo stesso art. 18, al comma 4, si premura di ribadire il principio per cui le disposizioni sugli illeciti disciplinari “non pregiudicano l'indipendenza dei procuratori europei delegati, come previsto dall'articolo 6, paragrafo 1, del regolamento EPPO”.

Il procedimento disciplinare dovrebbe, poi, essere regolato da una apposita decisione del Collegio, in corso di adozione nel momento in cui si scrive.

Ma una condotta rilevante disciplinarmente ai fini EPPO lo può essere ugualmente anche ai fini nazionali, potendo rientrare nelle ipotesi tipizzate dalla normativa interna, in particolare il d.lgs. n. 109/2006.

In tal caso, l'art. 13 del d.lgs. n. 9/2021 prevede che il procedimento disciplinare contro il PED, in quanto magistrato italiano, possa essere iniziato solo dopo avere acquisito il consenso del procuratore capo europeo. È interessante, però, notare che, ai sensi del comma 5, l'azione disciplinare non può essere iniziata o proseguita quando la rilevanza disciplinare del fatto è stata già esclusa dall'EPPO, a seguito della propria procedura di valutazione interna. La norma sancisce, quindi, una sorta di prevalenza della valutazione dell'EPPO rispetto a quella degli organi nazionali, nell'ambito delle condotte commesse nello svolgimento delle funzioni di PED.

Ugualmente interessante è il comma 8 che, nel prefigurare una sorta di possibile “bis in idem” nei due procedimenti disciplinari, afferma che, in caso di doppia sanzione, l'autorità italiana terrà conto di quella già eventualmente irrogata dall'EPPO, allo scopo, così si può interpretare, di raggiungere quel profilo di “proporzionalità” della sanzione complessiva, che emerge come requisito essenziale per escludere la violazione del divieto in base all'evoluzione giurisprudenziale delle Corti sovranazionali europee, la Corte EDU e la Corte di Giustizia.

Le altre previsioni

Infine, le restanti previsioni del decreto, dall'art. 14 all'art. 19, sono dedicate ad aspetti peculiari dell'indagine derivanti dall'introduzione dell'EPPO.

Qualche riflessione è determinata dall'art. 14 comma 1 secondo cui le notizie di reato attinenti a reati PIF, e quindi di competenza dell'EPPO, sono trasmesse sia al PED che al pubblico ministero nazionale. L'esigenza è probabilmente quella di rendere subito edotte le due autorità della situazione, per gestire meglio eventuali conflitti, ma l'autonomia dell'EPPO rispetto alla giurisdizione nazionale richiederebbe che le notizie di reato di competenza EPPO vadano trasmesse solo a quest'ultimo e sia l'EPPO, poi, a valutare l'eventuale coinvolgimento dell'A.G. nazionale.

Poiché anche l'EPPO farà uso del mandato di arresto europeo per le consegne di persone detenute, ma, a differenza delle situazioni ordinarie, i PED che siedono in due Stati EPPO diversi non sono due autorità giudiziarie distinte, ma la stessa autorità giudiziaria (elemento che, a rigore, avrebbe dovuto portare ad escludere l'utilizzo del MAE all'interno del territorio EPPO, così come è avvenuto per l'ordine europeo di indagine che all'interno del territorio EPPO non è più operativo), l'art. 15 ricorre ad una fictio per qualificare lo Stato in cui siede il PED che ha emesso il MAE come “Stato emittente”. In realtà, come detto, non è l'autorità giudiziaria di uno Stato ad emettere il MAE, ma è l'EPPO stesso, tramite il suo PED che fisicamente siede in un determinato Stato, e l'autorità richiesta non è un altro Stato, ma, di nuovo, il medesimo EPPO tramite il PED che siede nello Stato in cui si trova la persona da consegnare.

La Procura generale della Cassazione è, poi, l'organo competente a decidere sui conflitti tra EPPO e procure nazionali in merito alla giurisdizione sui reati, nelle situazioni di cui agli artt. 25 e 34 del regolamento EPPO in cui si tratta di valutare quale autorità debba procedere.

Infine, quando lo Stato italiano riceve procedimenti da PED di altri Stati EPPO, anche in virtù de decisione di una camera permanente dell'EPPO ai sensi degli artt. 26 e 36 del regolamento 2017/1939, eventualità che può certamente verificarsi in indagini transnazionali, la situazione è regolata ai sensi dell'art. 746-ter c.p.p. sull'assunzione da parte dello Stato di procedimenti penali da Stati esteri, che disciplina l'eventuale presentazione della querela, se necessaria in Italia, le misure cautelari ed il computo di quanto già sofferto all'estero e la validità delle prove già assunte all'estero.

In conclusione

Non si può che ribadire l'importanza del d.lgs. n. 9/2021 poiché costituisce un'altra tappa di avvicinamento al completamento delle procedure per permettere all'EPPO di iniziare finalmente a condurre le proprie indagini, eventualità che, al momento, si può forse ragionevolmente collocare nella tarda primavera o inizio estate di quest'anno, e quindi ormai imminente.

Se ci si può permettere una brevissima notazione personale, per chi, come lo scrivente, ha avuto l'avventura professionale di ritrovarsi - quale componente del team della Commissione Europea incaricato di scrivere la proposta di regolamento EPPO -, quasi dieci anni fa, un pomeriggio del settembre 2012, seduto alla propria scrivania, davanti alla pagina bianca del computer con il compito di scrivere letteralmente “art. 1” del suddetto documento, parlare di questo tema e pensare che l'EPPO sta per iniziare la propria attività suscita ancora oggi una certa emozione.

Lasciando da parte i ricordi personali, l'essenziale, comunque, è che questo ora avvenga in tempi rapidi e che l'EPPO sia efficiente ed efficace, soprattutto in un momento storico come questo, dove una grande quantità di denaro dall'Unione sta per raggiungere il nostro Paese.

In questo senso, il sistema di selezione dei PED a livello nazionale sarà ugualmente molto importante.

Sarà poi la pratica a rivelare punti deboli o ambiti nei quali i testi, nazionali ed europei, debbano essere modificati, ma sarà molto interessante vedere come i vari meccanismi di funzionamento dell'ufficio, finora studiati molto sulla carta, opereranno in concreto e come l'EPPO muoverà i suoi primi passi.

Guida all'approfondimento

L. Salazar, Habemus EPPO! La lunga marcia della Procura europea, in Archivio Penale, 2017, n. 3;

A. Barletta, Pubblico Ministero Europeo: il nodo della competenza e le sfide per il diritto di difesa, in Giurisprudenza Penale Web, 2020, 12;

A. Venegoni – M. Minì, I nodi irrisolti della nuova Procura Europea, in Giurisprudenza Penale Web, 2017, 12;

R. Belfiore, L'adeguamento della normativa nazionale al regolamento sulla Procura Europea: il punto della situazione, in Sistema Penale, 30 luglio 2020.

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