Legittima la delibera che suddivide le rendite derivanti dai canoni di locazione in compensazione degli importi dovuti in ragione dei millesimi di proprietà

09 Marzo 2021

Con l'ordinanza in commento, si è confermata la decisione della Corte capitolina che, in linea con il Tribunale, aveva rigettato l'impugnativa avverso la deliberazione assembleare, la quale aveva suddiviso le rendite derivanti dai canoni di locazione in compensazione degli importi dovuti a titolo di contributi da ciascun condomino in ragione dei millesimi di proprietà, atteso che tale decisione, espressione del potere discrezionale dell'assemblea, non pregiudica l'interesse dei condomini alla corretta gestione del condominio, né il loro diritto patrimoniale all'accredito della proporzionale somma, perché compensata dal corrispondente minore addebito degli oneri di contribuzione alle spese.
Massima

In tema di condominio negli edifici, non inficia la validità della deliberazione assembleare di approvazione del rendiconto presentato dall'amministratore la circostanza che, in essa, si provveda all'impiego degli attivi di gestione, costituiti dai proventi che il condominio trae dalla locazione a terzi delle parti comuni, al fine di ridurre, per parziale compensazione, l'importo totale delle spese da ripartire tra i singoli condomini, con conseguente proporzionale incidenza sui conti individuali di questi ultimi e sulle quote dovute dagli stessi.

Il caso

In primo grado, il Tribunale aveva respinto l'impugnazione delle deliberazioni assembleari del Condominio, che avevano approvato i preventivi ed i consuntivi 2009/2010 e 2010/2011, segnatamente riguardo alla ripartizione dei proventi delle locazioni del lastrico di copertura dell'edificio condominiale, concesso in uso a diverse compagnie telefoniche per ubicarvi impianti ripetitori dei segnali audio.

Nello specifico, le deliberazioni dell'assemblea avevano suddiviso le rendite derivanti dai canoni di locazione in compensazione degli importi dovuti a titolo di contributi da ciascun condomino in ragione dei millesimi di proprietà: essendo le entrate pari al 55,61% delle spese, ogni spesa era stata così “abbattuta” in misura di tale percentuale.

Siccome il condomino impugnante era proprietario di 308 millesimi, lo stesso si lamentava di essersi visto attribuire le rendite provenienti dalla locazione delle parti comuni solo in relazione a quanto detratto per far fronte alle spese, con violazione dei criteri legali di riparto.

La Corte d'Appello, in linea con la pronuncia di prime cure, aveva ritenuto non specifiche le critiche dell'appellante, in quanto le deliberazioni impugnate - dalle quali era poi derivato il credito azionato dal Condominio con decreto ingiuntivo - si erano attenute ad una precedente deliberazione (con cui all'unanimità era stato deciso di “imputare i canoni di locazione delle antenne telefoniche a parziale copertura dei costi di gestione condominiale”), nonché ad una specifica norma del regolamento contrattuale (secondo cui “l'assemblea ordinaria delibera sull'erogazione dei sopravanzi della gestione e delle eventuali rendite dei beni comuni”).

La questione

Ricorreva in cassazione il condomino soccombente, ribadendo la necessità di ripartire i proventi secondo i criteri di cui all'art. 1123 c.c. ed ipotizzando che le entrate, derivanti dalle locazioni dei lastrici alle compagnie telefoniche, potessero essere state utilizzate per il pagamento di spese condominiali alle quali il ricorrente non era tenuto; inoltre, ci si doleva dell'illegittimità della delibera che, senza l'unanimità dei condomini, aveva ripartito le entrate condominiali in misura non proporzionale ai millesimi: oggetto delle doglianze era, quindi, “il nuovo metodo di riparto” delle entrate ricevute dal lastrico solare, giacché lo svantaggiava.

Le soluzioni giuridiche

I giudici di Piazza Cavour hanno ritenuto tali motivi di gravame “inammissibili”.

Per quel che qui rileva, in ordine alla portata delle deliberazioni di approvazione dei consuntivi e dei preventivi 2009/2010 e 2010/2011 - oggetto di impugnazione ex art. 1137 c.c. - si è osservato che l'art. 1135, comma 1, n. 3), c.c., attribuisce all'assemblea la competenza non solo all'approvazione del rendiconto, ma anche all'impiego del residuo attivo della gestione.

Di tale eventuale saldo attivo, pur riferibile ai singoli condomini, l'assemblea può, quindi, disporre a maggioranza per finalità condominiali, non potendosi ammettere il sindacato di legittimità dell'autorità giudiziaria sul merito delle deliberazioni assembleari inerenti all'impiego dell'attivo di gestione; ove, come nella specie, la rendita provenga dai canoni di locazione di parti comuni, insorge in capo a ciascun condomino un credito corrispondente alla rispettiva quota millesimale.

Non è, comunque, causa di invalidità della deliberazione assembleare di approvazione del rendiconto la circostanza che, in essa, si provveda all'impiego degli eventuali attivi di gestione, costituiti dai proventi che il condominio trae dalla locazione a terzi di parti comuni, al fine di ridurre, per parziale compensazione, l'importo totale delle spese da ripartire tra i singoli condomini, con conseguente proporzionale incidenza sui conti individuali di questi ultimi e sulle quote dovute dagli stessi (argomentando da Cass. civ., sez. II, 7 luglio 1999, n. 7067; Cass. civ., sez. II, 28 agosto 1997, n. 8167; Cass. civ., sez. II, 25 novembre 1975, n. 3936).

Per esemplificare, a fronte di spese generali di gestione pari a € 1.000,00 da ripartire ex art. 1123, comma 1, c.c., e di proventi attivi pari a € 500,00, nulla cambia, per il condomino titolare di quota di proprietà pari a 308 millesimi, se allo stesso siano, dapprima, corrisposti € 154,00 come quota dei proventi e, poi, richiesti contributi pari ad € 308,00, oppure se, ridotta dapprima la spesa da ripartire ad € 500,00 (€ 1.000,00 di voci di uscita - € 500,00 di voci di entrata), gli venga direttamente intimato di contribuire per l'importo di e 154,00.

Non era stato, altrimenti, specificamente dedotto, né comunque provato che il Condominio avesse utilizzato i proventi della locazione dei lastrici, spettanti a tutti i condomini pro quota, per ridurre l'importo di spese dovute, invece, dai singoli in misura diversa proporzionata all'uso delle cose, oppure di spese da porre a carico soltanto di un più ristretto gruppo di condomini.

Osservazioni

In termini generali, va ricordato che, ove non sia possibile o ragionevole l'uso promiscuo della cosa comune, e questa non sia tale da permettere una (ancorché approssimativa) divisione del suo godimento tra i vari partecipanti alla comunione, sorge l'esigenza di ricorrere al c.d. godimento indiretto, che tende appunto a sopperire all'impossibilità di procedere ad una conveniente utilizzazione diretta da parte dei vari comproprietari; il godimento c.d. indiretto postula, peraltro, non solo che sia impossibile, o non ragionevole, o dannoso, in forma promiscua o frazionata, ma postula anche che esso sia stato deliberato, o consensualmente sia pure con il sistema maggioritario, oppure mediante un provvedimento del giudice; l'obbligo, da parte dei vari partecipanti alla comunione, di non esercitare il godimento diretto della cosa comune - che, di norma, compete a ciascun partecipante ai sensi dell'art. 1102 c.c. - sorge, quindi, solo se sia stato deliberato e solo dal momento della deliberazione, in sede di amministrazione della cosa comune, di procedere alla sua utilizzazione con il sistema del godimento indiretto.

L'ipotesi tipica dell'uso indiretto - che si esplica anche attraverso l'acquisto dei frutti che la cosa stessa produce - è quella della locazione che, pertanto, presuppone che la cosa comune non sia suscettibile di godimento diretto di tutti i partecipanti al condominio, promiscuamente oppure con il sistema dei turni temporali o del frazionamento degli spazi, pena, altrimenti, trattandosi di incidere sull'estensione del diritto reale che ciascun comunista possiede sull'intero bene indiviso, l'invalidità della relativa deliberazione assembleare, salvo il caso in cui la decisione sia adottata all'unanimità dei condomini.

La possibilità della locazione del bene comune evidenzia così quella nota peculiare che caratterizza la posizione relativa al diritto del condomino sulla cosa comune, che incontra tutti i limiti imposti dal godimento solidale, spingendosi talvolta fino ad una vera e propria impossibilità di utilizzo del bene comune, sostituito soltanto dalla percezione degli eventuali frutti che lo stesso è idoneo a conferire (nel caso di specie, il ricevimento, pro quota, del corrispettivo all'altrui godimento sotto la forma di canone di locazione).

Con particolare riferimento al contenuto della deliberazione impugnata, preme rammentare che, con due sentenze “gemelle” (Cass. civ., sez. un., 30 aprile 2020, nn. 8434 e 8435), le Sezioni Unite della Cassazione hanno affermato, di recente, che il programma negoziale con cui il proprietario di un lastrico solare intenda cedere in godimento ad altri, a titolo oneroso, la facoltà di installarvi e mantenervi per un certo tempo un ripetitore, o altro impianto tecnologico, con il diritto di mantenere la disponibilità ed il godimento dell'impianto ed asportare il medesimo alla fine del rapporto, può astrattamente essere perseguito sia attraverso un contratto ad effetti reali, sia attraverso un contratto ad effetti personali, precisando che la riconduzione del contratto concretamente dedotto in giudizio all'una o all'altra delle suddette categorie rappresenta una questione di interpretazione contrattuale, che rientra nei poteri del giudice di merito.

Nel primo caso, ossia qualora le parti abbiano inteso attribuire all'accordo con cui il proprietario di un lastrico solare conceda in godimento ad altri, a titolo oneroso, la facoltà di installarvi e mantenervi per un certo tempo un ripetitore, o altro impianto tecnologico - con il diritto di mantenere la disponibilità ed il godimento dell'impianto ed asportare il medesimo alla fine del rapporto - effetti reali, lo schema negoziale di riferimento è il contratto costitutivo di un diritto di superficie, che attribuisce all'acquirente la proprietà superficiaria dell'impianto installato sul lastrico solare, può essere costituito per un tempo determinato e può prevedere una deroga convenzionale alla regola che all'estinzione del diritto per scadenza del termine il proprietario del suolo diventi proprietario della costruzione; il contratto con cui un condominio costituisca in favore di altri un diritto di superficie, anche temporaneo, sul lastrico solare del fabbricato condominiale, finalizzato all'installazione di un ripetitore, o altro impianto tecnologico, richiede l'approvazione di tutti i condomini.

Nel secondo caso, ossia qualora le parti abbiano inteso attribuire all'accordo con cui il proprietario di un lastrico solare conceda in godimento ad altri, a titolo oneroso, la facoltà di installarvi e mantenervi per un certo tempo un ripetitore, o altro impianto tecnologico effetti obbligatori, lo schema negoziale di riferimento è il contratto atipico di concessione ad aedificandum di natura personale, con rinuncia del concedente agli effetti dell'accessione, con il quale il proprietario di un'area concede ad altri il diritto personale di edificare sulla stessa, di godere e disporre dell'opera edificata per l'intera durata del rapporto e di asportare tale opera al termine del rapporto; tale contratto è soggetto alla disciplina dettata, oltre che dai patti negoziali, dalle norme generali contenute nel titolo II del libro IV del codice civile (art. 1323 c.c.), nonché, per quanto non previsto dal titolo, dalle norme sulla locazione (tra cui quelle dettate dagli artt. 1599 c.c. e 2643, n. 8, c.c.), e, ove stipulato da un condominio per consentire a terzi l'installazione del ripetitore sul lastrico solare del fabbricato, richiede l'approvazione di tutti i condomini solo se la relativa durata sia convenuta per più di nove anni.

Sul versante fiscale, è possibile che il condominio negli edifici sia titolare di diritti reali su beni immobili, come, ad esempio, l'alloggio del portiere o altri locali di proprietà comune censiti ed individuati in catasto.

La disciplina dei redditi fondiari trova il suo riferimento negli artt. 25 ss. del d.p.r. 22 dicembre 1986, n. 917, dove viene definito reddito fondiario quello inerente a terreni e fabbricati situati nel territorio dello Stato che sono o devono essere iscritti, con attribuzione di rendita, nel catasto dei terreni o nel catasto edilizio urbano; i redditi fondiari si distinguono, poi, in tre sub-sistemi: reddito dominicale, reddito da fabbricati (forme di produzione del reddito collegate alla messa a reddito di un cespite), e reddito agrario (avente ad oggetto la realizzazione di un'attività stabilmente funzionale allo sfruttamento della potenzialità produttiva del fondo agricolo).

Il presupposto per la tassazione è considerato il possesso dell'immobile in base a proprietà, usufrutto, enfiteusi o altro diritto reale; i redditi fondiari sono determinati indipendentemente dalla relativa percezione, per il solo fatto della titolarità di un diritto reale che attribuisce il possesso del bene immobile (principio di competenza).

La determinazione del reddito fondiario, nel caso di proprietà ricadenti in questa categoria da parte dei partecipanti al condominio ed a loro intestati pro quota, può essere effettuato utilizzando il sistema catastale nel caso di immobili disponibili o dati in uso gratuito oppure attraverso l'utilizzo del maggior valore tra la rendita catastale ed il reddito da eventuali locazioni assunto nella misura del 95% delle somme di competenza del periodo (percepite o non percepite), fatti salvi i casi di insolvenza accertata attraverso sentenza di risoluzione contrattuale per morosità.

Qualora il bene censito ed individuato in catasto sia concesso in locazione, il condomino negli edifici, per il tramite dell'amministratore, dovrà provvedere a redigere apposito contratto di locazione nel rispetto di quanto previsto dalle leggi speciali in subiecta materia, versare l'imposta di registro nella misura del 2% del canone annuo convenuto, bollare il contratto e depositarlo presso il competente Ufficio finanziario direttamente o a mezzo intermediario abilitato.

L'imposta di registro dovrà essere versata per ogni annualità di vigenza dell'atto; l'amministratore, al termine del periodo di imposta (1° gennaio - 31 dicembre), a prescindere da eventuali diversi periodi stabiliti dal regolamento o dall'assemblea per la chiusura del rendiconto di esercizio dell'ente, dovrà indicare ai partecipanti la quota di reddito prodotto pro quota dal cespite al fine di poter inserire tali valori nella loro dichiarazione unificata dei redditi.

Il suddetto reddito per i partecipanti rientrerà, in base alla classificazione ex art. 6 del d.p.r. 22 dicembre 1986, n. 917, tra quelli “fondiari”; tale adempimento dovrà essere eseguito compatibilmente in anticipo con le scadenze degli obblighi dichiarativi, che si suggerisce essere il 28 febbraio di ogni anno, tenendolo in linea con le dichiarazioni uniche dei sostituti di imposta.

Lo svolgimento di quanto sopra rientra nelle attribuzioni dell'amministratore previste ex art. 1130, n. 5), c.c., che, appunto, contempla l'esecuzione degli “adempimenti fiscali

Qualora l'amministratore non comunichi tali dati ai condomini, l'obbligo per il partecipante non cessa in quanto il soggetto passivo di imposta relativamente al reddito prodotto è il condomino che, attraverso il diritto sul bene o la deliberazione autorizzativa della locazione, è obbligato a conoscere il valore a lui imponibile, non potendo anteporre, nel caso di contestazione da parte dell'Amministrazione finanziaria, la mancata ricezione da parte dell'amministratore di tale informativa come elemento giustificativo all'omessa dichiarazione del reddito.

Per tale motivo, si ritiene che la mancata comunicazione non rivesta “grave irregolarità”, né tantomeno “grave irregolarità fiscale”, mentre si ritiene sussistente quest'ultima, e quindi rientrante nella fattispecie contemplata dall'art. 1129, comma 11, c.c., giustificante la destituzione giudiziaria dell'amministratore, l'aver sottoscritto un contratto di locazione e non aver provveduto al versamento delle imposte di registro e/o non aver registrato il contratto di locazione presso l'Ufficio finanziario competente nei termini previsti, né tantomeno entro quelli previsti per il “ravvedimento”.

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