Applicabili gli artt. 61-62 l .fall. solo ai coobbligati in solido del fallito
11 Marzo 2021
Un dipendente di una società fallita veniva ammesso al passivo per ratei di stipendio e TFR. Una s.r.l. finanziatrice del lavoratore e cessionaria del quinto del suo stipendio veniva anch'essa ammessa al passivo della fallita poiché non soddisfatta. Dopo il fallimento la finanziaria veniva pagata solo in parte con l'intervento di un'assicurazione che il dipendente aveva autonomamente stipulato per il rischio di non onorare il debito in conseguenza della perdita del lavoro. Il lavoratore impugnava ex art. 98 L. fall. il credito ammesso della finanziaria s.r.l. Il Tribunale respingeva il gravame e così il dipendente ricorreva in Cassazione.
Il Tribunale riteneva non fondata l'impugnazione sebbene l'assicurazione avesse pagato quasi integralmente il credito insinuato nel passivo dalla finanziaria cessionaria del quinto dello stipendio del lavoratore. I Giudici fondavano tale decisione sul principio per cui il creditore, insinuato al passivo del coobbligato per il credito effettivo, continua a concorrere per l'importo ammesso anche nel caso in cui abbia ricevuto nelle more pagamenti parziali da parte di altri coobbligati. Poiché quindi il credito della finanziaria non era stato integralmente saldato dal terzo, l'impugnazione non poteva trovare accoglimento ed ogni altra questione doveva essere rimandata alla fase di riparto effettivo e il relativo regresso al pagamento finale. Quanto sopra in applicazione degli artt. 61-62 L. fall. In particolare, l'art. 61 L. fall. stabilisce che il creditore di più obbligati in solido concorre nel fallimento di quelli falliti per l'intero credito sino al totale pagamento. Il regresso tra i coobbligati falliti può poi essere esercitato solo dopo che il credito è stato soddisfatto per l'intero credito. La norma è applicazione del generale principio di cui all'art. 1292 c.c. in base al quale il creditore è libero di agire nei riguardi degli obbligati in solido pretendendo da ciascuno il pagamento integrale del proprio credito. Si è inoltre osservato che il primo comma dell'art. 61 l. fall., letto in combinato disposto con l'art. 62 L. fall., prevede che il creditore può mantenere l'insinuazione per l'intero importo fino all'integrale soddisfazione delle proprie ragioni come indicato nel principio generale sopra richiamato e applicato per l'appunto dal Tribunale per decidere il gravame. Gli articoli della legge fallimentare menzionati rappresentano un'eccezione rispetto all'esecuzione individuale, ma ciò è comprensibile: infatti il fallimento dei debitori coobbligati falliti può comportare pagamenti in misura solo percentuale e generalmente molto ridotta. La ratio della norma è quindi quella di consentire una tutela rafforzata per il creditore di fronte alla (inevitabile) falcidia fallimentare (Maffei Alberti, Commentario breve alla legge fallimentare, Cedam, V ed., 2009, 297). L'importo determinato e ammesso al passivo rimane poi fermo per tutta la procedura fino al pagamento integrale non dovendosi tener conto di eventuali pagamenti parziali ricevuti durante il fallimento da parte di altri coobbligati sia in bonis, sia falliti (in tal senso Cass. 703/1962 e App. Torino, 07.02.2007).
La Cassazione accoglie il ricorso del dipendente perché osserva che il Tribunale - pur enunciando correttamente i principi sopra riepilogati – non avrebbe dovuto applicarli al caso in esame, giacché la fattispecie concreta non rientrava in realtà tra quelle previste dagli artt. 61-62 L. fall. I coobbligati cui le norme citate fanno riferimento sono infatti i coobbligati del fallito, ma nella vicenda oggetto della pronuncia in commento il rapporto assicurazione-dipendente-finanziaria era del tutto estraneo ed esterno rispetto alla società fallita datore di lavoro. Nello specifico infatti l'assicurazione non era coobbligata della fallita, ma operava in ragione di un autonomo contratto stipulato con il lavoratore. La società datore di lavoro, era dunque debitrice verso il proprio lavoratore e, nei limiti in cui questi veniva ammesso al passivo, poteva subire le pretese creditorie anche della finanziaria s.r.l. quale creditrice del proprio creditore. In altri termini la posizione della finanziaria dipendeva certamente dalla sussistenza o meno della pretesa creditoria del dipendente per ratei di stipendi e TFR verso la fallita, ma le ragioni di credito della s.r.l. dovevano essere valutate autonomamente se effettivamente sussistenti non potendo operare i meccanismi di cui agli artt. 61-62 L. fall. La società fallita era dunque l'unica debitrice verso il proprio debitore, ma non poteva essere tenuta alla restituzione dei finanziamenti già contratti dal dipendente con la finanziaria. Stante la non applicazione delle norme fallimentari richiamate, osserva la Suprema Corte, discende che il credito della s.r.l. finanziaria poteva essere solo quello residuo al netto dei pagamenti nel frattempo corrisposti dall'assicurazione stipulata in via autonoma dal dipendente. La Corte accoglie quindi il ricorso e rinvia al giudice di merito per l'accertamento concreto di tali riduzioni con le relative ripercussioni sulla partecipazione della finanziaria al concorso.
Fonte: www.dirittoegiustizia.it
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