Sistema penitenziario e diritti individuali

15 Marzo 2021

La condizione di detenzione non comporta per il soggetto ristretto la perdita delle garanzie dei diritti che, al contrario, assumono specifica rilevanza proprio a causa della situazione di particolare vulnerabilità in cui si trova la persona...

La recente sentenza delle Sezioni Unite in tema di modalità della restrizione penitenziaria – con specifico riferimento alle metrature delle celle – ha affermato che “La condizione di detenzione non comporta per il soggetto ristretto la perdita delle garanzie dei diritti che, al contrario, assumono specifica rilevanza proprio a causa della situazione di particolare vulnerabilità in cui si trova la persona. Uno dei valori fondamentali delle società democratiche pone a carico degli Stati non soltanto obblighi negativi, ma anche più incisivi obblighi positivi per assicurare ad ogni individuo detenuto condizioni compatibili con il rispetto della dignità umana. Di conseguenza una pena, pur legalmente inflitta, può tradursi in una compressione dei diritti non giustificata dalle condizioni di restrizione. In altri termini, le modalità di esecuzione della restrizione in carcere non devono provocare all'interessato un'afflizione di intensità tale da eccedere l'inevitabile sofferenza legata alla detenzione” (Cass. pen., Sez. Un., 19 febbraio 2021, n. 06551).

Va, del resto, considerato che la fase esecutiva, pur legata a quella cognitiva, se ne distacca profondamente, quanto meno con riferimento all'elemento della sua diversa funzione. La fase cognitiva pone al centro della sua ricerca la ricostruzione di un fatto in una dimensione retrospettiva; quella esecutiva pone al centro la persona nelle sue varie configurazioni, anche nella sua dimensione prospettica.

L'affermazione – al di là del profilo specifico – si presta ad alcune considerazioni di ordine generale.

Bisogna, quindi, considerare le tutele soggettive riconosciute dalle norme ordinarie dell'ordinamento penitenziario, interpretate alla luce dei principi costituzionali e di quelli convenzionali (Conv. Eur. Dir. Uomo e Carta di Nizza).

Il dato si salda con l'elemento della progressiva giurisdizionalizzazione della fase esecutiva, in considerazione del fatto che un diritto, per essere tale, deve essere azionabile.

Ora, dato per scontato che il momento della costituzione del titolo (incidente di esecuzione) e gestione del titolo esecutivo davanti al giudice di sorveglianza ed il tribunale di sorveglianza sono garantite dalla tutela giurisdizionale e dalle garanzie della relativa procedura a seguito del d.l. n. 140/2013 conv. nella l. n. 10/2014., conseguente alla sentenza C. Edu Torregiani, anche al momento del trattamento è assicurata una adeguata tutela.

Dando concreta attuazione alla effettiva tutela di quanto previsto dall'art. 69-bis ord. penit. si è prevista la possibilità per il detenuto di attivare lo strumento desunto del reclamo di cui all'art. 35-bis ord. penit. – significativamente definito reclamo giurisdizionale – contrapposto al reclamo amministrativo di cui all'art. 14-ter ord. penit. e del connesso strumento del giudizio ottemperanza di cui all'art. 35-ter ord. penit.

Questo dato finisce inevitabilmente per canalizzare i diritti del detenuto dentro un percorso nel quale per un verso si prospettano le questioni più strettamente procedurali, legate anche alla collocazione sistematica del rimedio, in relazione al suo archetipo più garantito (le impugnazioni), nonché il quanto di espansione (o meno) della tutela richiesta.

Sotto quest'ultimo profilo il progressivo rafforzamento (o involuzione) è innestato dall'evoluzione (a raffreddamento del riferimento della società) spesso innestata dai media, percepiti dalla politica, per ragioni di consenso. Il discorso penitenziario, e non sempre quello cognitivo, tiene spesso conto anche del background culturale ed etico di un paese (propensioni indulgenziali alimentate da sentimenti religiosi).

Comunque, al di là di questo fatto – variamente contrassegnato da stop and go – il dato positivamente evolutivo trova riscontro nelle decisioni delle Corti nazionali e sovranazionali, alla luce di alcuni principi generali nei quali i suddetti diritti hanno riferimento e sublimazione.

Si tratta dei principi di dignità e di solidarietà, nei quali confluiscono le diverse anime ispiratrici delle Carte costituzionali, di quelle convenzionali e di quella europea.

La presenza di questi principi di ampio respiro, di vasto contenuto, pregni di significati inevitabilmente entrano in dialogo con la legislazione ordinaria, di cui è necessario verificare l'adeguatezza.

Va, infatti, sottolineato come a presidio di questo diritto alla verifica della loro rispondenza ai valori espressi dalle norme siano previste le Corti nazionali e quelle sovranazionali, chiamate sempre più spesso ad adeguare le situazioni ai principi e valori che si progressivamente incrementano di contenuti in linea con l'evoluzione sociale.

Invero, se la previsione di regole precise e circostanziate è in grado, pur nella sua forza espansiva, di assicurare stabilità al sistema, la presenza di valori e principi, inevitabilmente, richiede un'opera esegetica e ricostruttiva più complessa.

In altri termini, pur con i limiti storici contingenti delle previsioni normative, tuttavia, la scelta dei loro contenuti è stata fatta dal legislatore attraverso la valutazione delle diverse situazioni e il confronto con le altre esigenze, contrapposte o concorrenti, ferma restando la possibilità di avviare un'azione riformatrice che ponga rimedio all'inadeguatezza delle previsioni. Ma quando si tratta di elementi valoriali che si possono implementare con l'evoluzione del sentimento della società, con la capacità della dottrina, degli operatori di dischiudere significative profondità di contenuti, il discorso pone l'operatore e il giurista di fronte ad un'opera nella quale deve essere effettuata quella scelta di equilibrio, di prevalenza o di subvalenza delle situazioni che si pongono a confronto.

Va detto, infatti, che in materia di esecuzione della pena, e più in generale nel tema della giustizia penale, a fronte dei diritti individuali, si contrappongono le istanze di tutela generale, costituite dalla sicurezza, dalla convenienza dei cittadini, di cui il sistema deve farsi carico.

Questi elementi impongono il problema del c.d. bilanciamento dei valori posti a confronto, della prevalenza dell'uno sull'altro e della conseguenza subvalenza dell'uno rispetto all'altro.

Il quadro è inevitabilmente composito. Cercando qualche esemplificazione esplicativa si può affermare, ad esempio, che le esigenze di tutela dei minori debbono essere considerate prevalenti rispetto alle esigenze sicuritarie, soggettive o dei genitori. Si deve riconoscere che le istanze sicuritarie prevalgono sui profili più dirompenti della criminalità organizzata. L'operazione di bilanciamento consente, tuttavia, trattandosi comunque di beni tutelati a livello costituzionale, di non escludere la possibilità di una valutazione che possa tenere conto di una considerazione complessiva attraverso la presenza dei c.d. rimedi compensativi.

Invero, la possibile soccombenza delle posizioni soggettive rispetto alle esigenze collettive non esclude la presenza di situazioni suscettibili di rimediare alla posizione di sfavore attraverso strumenti che ne riducono o attenuano l'impatto.

Qualora nei fatti la legittima attuazione del diritto non possa essere completamente realizzata, il suo riconoscimento richiede di valutare la possibilità che le sue estrinsecazioni concrete possano materializzarsi anche in altro modo, nel contesto di una più ampia valutazione della situazione concreta, per la presenza di altri elementi capaci di colmare il deficit che nei fatti si è evidenziato.

Tutto questo rischia, almeno in questa fase iniziale, di imbrigliare la materia del rapporto tra esigenze di sicurezza e diritti individuali in una dimensione accentuatamente casistica ed atomizzata. Da questa prospettiva è significativa la materia delle dimensioni della cella, degli arredi valutabili, delle varie circostanze compensative; quella dell'affettività (il cane), quella della dimensione delle fotografie della madre da appendere al muro, quella della tipologia delle letture consentite, quella dell'orario della televisione, quella dell'uso dei cellulari e dei computer, quella del vestiario e del cibo.

Da questa affermazione dovrebbe emergere con chiarezza il diverso bilanciamento che i diritti individuali trovano rispetto alle esigenze generali di sicurezza in relazione ai soggetti ristretti secondo le indicazioni di cui all'art. 41-bis ord. penit.

Invero, le esigenze restrittive sottese alla pericolosità dei soggetti condannati per criminalità organizzata sono decisamente prevalenti rispetto a quelle individuali, nei limiti in cui il loro riconoscimento non sia irragionevolmente limitativo.

Il dato è confortato dalla previsione che la posizione prevalente o soccombente deve essere retta da una valutazione concreta della sua ragionevolezza, autentico criterio che è suscettibile di tenere unito ed in equilibrio il sistema. Sotto questo aspetto, il panorama delineato si completa con la logica conseguenza della necessità di escludere situazioni presuntive suscettibili di far comunque prevalere o subvalere le ipotesi a confronto.

In linea con il principio di eguaglianza, sotto il profilo della non discriminazione, infatti, le presunzioni parificano e omologano situazioni che devono, invece, essere differenziate. Solo la ponderazione soggettiva e concreta, nel quadro generale di riferimento, è suscettibile di dare concretezza a quella difficile opera di valutazione del giudice che, nel porre a confronto le diverse situazioni, è suscettibile di dare la risposta ai contrapposti beni, diritti, interessi posti a confronto.

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